Terremoti — 05 Aprile 2014

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Una città e un territorio in cui cittadini e istituzioni, ciascuno con i propri mezzi, lottano per non arrendersi e alimentare la speranza per una rinascita di una realtà ancora in ginocchio. Dopo 1.825 giorni, a cinque anni interi dal sisma che squarciò la notte alle 3:32 a cavallo tra il 5 e 6 aprile 2009 seminando distruzione e causato 309 morti, all’Aquila e negli altri 56 comuni del cratere si cerca di recuperare il tempo perduto.

Una ricostruzione di cui solo oggi si intravvede qualche numero e che ha sofferto di lungaggini burocratiche, confusione nelle regole e carenza di fondi. Anni in cui la parola d’ordine tra i giovani è stata fuggire lontano, non solo per la mancanza di lavoro ma soprattutto per la sfiducia sul futuro.

Ora serve una seconda fase. Qualche tiepido segnale di maggiore serenità anche rispetto all’anniversario numero 4, arriva da chi amministra e dagli imprenditori, da iniziative singole e corali. Da ragazzi che vanno da Papa Francesco e il Papa risponde con un “Jemo ‘nnanzi”. Nonostante ciò tra la gente regnano ancora stanchezza e depressione. Sono ancora vive nella mente le risate di alcuni imprenditori che si sfregavano le mani per gli affari che avrebbero fatto all’Aquila, emerse dalle intercettazioni.

Restano indelebili i crolli e le giovani vittime della Casa dello Studente, i processi e le rassicurazioni a restare in casa della Commissione Grandi Rischi per cui sono stati condannati in sette a sei anni in primo grado. Mentre la magistratura va avanti per rendere giustizia al passato, il comune spinge il piede sulla ricostruzione.

Nodo caldo è l’incertezza dei fondi per il quale si confida nel governo Renzi, altrimenti è emergenza, perché, come sottolinea l’assessore comunale alla ricostruzione Piero Di Stefano, se il governo nazionale non invia 700 milioni aggiuntivi per il 2014 “tra un mese le risorse sono esaurite e si ferma tutto”. D’altra parte, la battaglia con il governo Letta ha caratterizzato l’ ultimo anno con le proteste del sindaco, Massimo Cialente, che ha riconsegnato la fascia tricolore al presidente della Repubblica.

Un anno difficile per il Comune dell’Aquila che per la prima volta è stato coinvolto in una inchiesta per presunte tangenti con dimissioni del vicesindaco, Roberto Riga, indagato, e l’annuncio di lasciare del sindaco, non indagato, poi rientrato al suo posto dopo gli attestati di stima.

Nel capitolo fondi, dopo i circa 12 miliardi di euro già spesi, per rispettare il crono programma stilato dal Comune che prevede la ricostruzione entro il 2018, secondo Di Stefano occorrono circa quattro miliardi per l’edilizia privata e circa mezzo miliardo per quella pubblica. E dice: “La città non si arrende, anche se soffre”. Sulle risorse arriva l’impegno del sottosegretario all’Economia, Giovanni Legnini, che ha appena ricevuto la delega alla ricostruzione. “Lavoro a una soluzione finanziaria e legislativa stabile. Non si può tirare la giacchetta al Governo ogni sei mesi”, ha detto.

Quindi la ricostruzione: oltre 300 cantieri di aggregati nel centro storico del capoluogo e 1.500 nelle zone periferiche; oltre 11.500 addetti occupati e 1.400 imprese da 86 province italiane. Nei comuni del cratere sono 662 i cantieri nelle periferie e 138 nei centri storici. In 46 mila sono rientrati in casa. Per i beni architettonici, simbolo della ripresa il restauro in corso della Basilica di Collemaggio. In tutto i cantieri avviati in aggregati con edifici vincolati sono 101. E sabato notte tutti insieme, all’Aquila, fiaccole in mano, per non dimenticare.
Ansa.it

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