Slider Terremoti Vulcani — 22 Maggio 2017
I Campi Flegrei, uno dei supervulcani più pericolosi al mondo, sembrano essere più vicini ad un’eruzione di quanto non si ritenesse, secondo alcuni scienziati.
I segni di risveglio si sono susseguiti negli ultimi 67 anni ed una nuova ricerca indica come in questo periodo il vulcano sia andato accumulando energia, incrementando il rischio di eruzione.

 

L’enorme campo vulcanico noto come Campi Flegrei, che si trova a circa 15 km ad ovest di Napoli, è composto da 24 crateri e strutture varie ed appare come una vasta depressione. Il vulcano ha eruttato per l’ultima volta nel 1528 dopo quasi un secolo nel quale la pressione si era andata accumulando.
Comunque sia, nonostante la sua durata di una settimana, quell’evento fu relativamente piccolo se paragonato con l’eruzione “super-colossale” prodotta 40.000 anni fa. Questa è la seconda più alta classificazione dell’Indice di esplosività vulcanica: la prima è quella “mega-colossale”, come ad esempio quella verificatasi nel supervulcano di Yellowstone, negli USA, 640.000 anni fa.
In uno studio pubblicato su Nature Communications, alcuni scienziati hanno creato un modello che prende in esame segni di risveglio e sollevamento del suolo ai Campi Flegrei dagli anni ’50 per capire se il vulcano si stia preparando ad un’eruzione. Episodi di risveglio della durata di due anni sono stati registrati negli anni ’50, ’70 e ’80: responsabile di quell’attività fu il movimento di magma a 2,9 km sotto la superficie, con una serie di piccoli terremoti e di sollevamenti del terreno che si verificavano ognuna di queste volte.
Ricerche precedenti hanno mostrato che il terreno intorno ai Campi Flegrei si sta sollevando, con un ritmo di 33 centimetri negli ultimi 10 anni. In totale, i tre episodi di sollevamento hanno fatto sì che il porto di Pozzuoli, vicino l’epicentro dell’attività, si sia alzato di tre metri dal mare. Qualcosa di simile era stato registrato anche prima dell’eruzione del 1538.
Anche se è impossibile prevedere con esattezza quando un vulcano erutterà, ci sono dei segni rivelatori che possono aiutare gli scienziati a valutare il rischio. Quando il terreno intorno ad un vulcano viene posto in tensione fino a raggiungere il proprio punto di rottura, il magma è in grado di fuoriuscire e può avvenire un’eruzione. Questo però non avviene sempre: a volte il magma si ferma prima di raggiungere la superficie.
In quest’ultimo studio, gli scienziati dell’University College London (UCL) e dell’Osservatorio Vesuviano di Napoli hanno mostrato come ogni episodio di attività abbia portato ad un accumulo progressivo dell’energia necessaria a mettere in tensione la crosta.
“Episodi individuali sono stati convenzionalmente trattati come eventi indipendenti”, scrivono gli autori. “Soltanto i dati di un episodio in corso sono considerati pertinenti per la valutazione del potenziale eruttivo”. In precedenza si era ritenuto che la crosta del vulcano si rilassasse dopo ogni episodio di attività. Invece, il team di ricercatori ha mostrato come ogni successivo episodio portasse ad un “accumulo di stress di lungo periodo”, coi loro risultati che forniscono “la prova quantitativa che i Campi Flegrei stiano evolvendo verso una condizione più favorevole all’eruzione“.
“Avendo studiato in che modo il terreno si spacchi e si muova ai Campi Flegrei, pensiamo che ci si possa stare avvicinando ad una fase critica nella quale un’ulteriore attività aumenterà la possibilità di un’eruzione, ed è un imperativo che le autorità siano preparate a questo”, Christopher Kilburn, direttore dell’Hazard Centre dell’UCL.
“Non sappiamo se e quando questa attività di lungo periodo condurrà ad un’eruzione, ma i Campi Flegrei stanno seguendo una tendenza che abbiamo visto quando abbiamo testato il nostro modello su altri vulcani, incluso il Rabaul in Papua Nuova Guinea, El Hierro nelle Isole Canarie e le Soufriere Hills sull’isola caraibica di Montserrat”. Nello studio gli scienziati spiegano come i dati raccolti sul campo indichino che il sollevamento ai Campi Flegrei dovrà raggiungere una misura tra i 4,9 ed i 10 metri prima che un’eruzione sia probabile.
“Non stiamo dicendo che ci sarà un’eruzione”, spiega Kilburn in un’intervista a Newsweek. “C’è differenza fra ‘ce ne sarà una’ e ‘è più probabile di quanto si pensasse in precedenza’. Se si valuta la probabilità che avvenga, si deve comprendere che la crosta si sta sempre più spaccando, quindi le possibilità aumentano col tempo“.
Kilburn spiega che il team ha dati solamente su due o tre altri periodi di attività, quindi trarne delle conclusioni non è l’ideale. “Ma se tracciassimo un’analogia, prima dell’ultima eruzione ci sono stati 17 metri di sollevamento. La domanda è: aspettiamo di nuovi i 17 metri o potrebbe arrivare prima? La nostra conclusione è che potrebbe arrivare prima, ed anche che il modo nel quale la crosta si sta rompendo stia raggiungendo un punto nel quale il suo comportamento potrebbe cambiare, facendoci avere più sismicità con ogni metro di ulteriore sollevamento”.
“Per quanto ne sappiamo, il vulcano non farà nulla di più. Potremmo non avere alcun problema per altri 500 anni. Ma se avessimo un altro rapido sollevamento, come abbiamo visto nel passato, dovremmo soltanto tenere in mente che questo potrebbe portare ad uno stato più vicino ad un’eruzione. La probabilità sarebbe più alta”.
Parlando di quanto grande sarebbe un’eruzione, Kilburn ha spiegato che il caso peggiore sarebbe quello di un evento equivalente a quello del Vesuvio nel 79 d.C., ossia l’eruzione che distrusse Pompei ed Ercolano. “Ma questo è piuttosto improbabile”, afferma il ricercatore. “È molto più probabile che sia 100 volte più piccola. Il problema reale è non sapere dove questo accadrà. Dovremo evacuare un’area maggiore rispetto a quella che sarà probabilmente affetta perché non si saprà da dove uscirà fino all’ultimo momento, mentre in un vulcano come il Vesuvio il magma normalmente esce dalla cima”.
Tra gli anni ’70 e ’80, migliaia di persone che vivevano nell’area intorno ai Campi Flegrei sono state evacuate per timore che il vulcano potesse eruttare. “La maggior parte del danno nelle crisi precedenti è stato causato dallo scuotimento sismico degli edifici”, spiega Giuseppe De Natale, ex-direttore dell’Osservatorio Vesuviano e co-autore dello studio. “I nostri risultati mostrano che dobbiamo essere pronti per una maggiore quantità di sismicità locale durante un altro sollevamento e che dobbiamo adattare i nostri preparativi ad un’altra emergenza, che questa porti ad un’eruzione o meno”.
Per migliorare la capacità di previsione per i Campi Flegrei, gli scienziati hanno bisogno di una migliore comprensione della struttura sotterranea fino a 2,9 km, visto che questa è l’area nella quale il magma causa questi movimenti. “Come si comporterà dipende dalla forma che prenderà e da quanto ce n’è”, spiega Kilburn.

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