Editoriali — 22 Aprile 2015

Il Lago d’Aral è ridotto ad una grossa pozzanghera, ma resiste. Il famoso lago salato in cui si poteva leggere il giornale in acqua senza temere di andare a fondo, sta rischiando però di prosciugarsi per sempre.

Nel 2005 grazie alla costruzione di una diga, il livello dell’acqua era tornato a salire nelle zone più a nord e contemporaneamente ne era diminuita la salinità, erano tornati i pesci e c’era stata anche una discreta ripresa economica.

Nel 2010 però le immagini scattate dal satellite hanno mostrato che il prosciugamento è continuato senza pietà.

Ed ora, nel 2015, la situazione è quella di un micro laghetto agonizzante.
Le zone da salvare sono soprattutto quelle meridionali: la deviazione di un fiume, un progetto ambizioso ma soprattutto molto costoso, che prevede anche accordi politici importanti.

In ogni caso ciò che è stato compiuto dall’uomo al quarto lago più grande del mondo rappresenta un vero attentato alla natura.

Al posto del lago ora troviamo chilometri di steppa, sabbia, desolazione, solitudine. Il deserto. Il lago d’Aral, per chi non lo sapesse si trova in Asia centrale, tra Uzbekistan e Kazakistan. In passato pare avesse un emissario che portava le sue acque fino al mar Caspio e che fungeva da via navigabile collegata alla “via della seta”.
Chi ne ha voluto allora il prosciugamento? I russi, che hanno deciso di tagliargli i viveri, chiudendo i rubinetti dei due immissari per irrigare campi di cotone in aree altrimenti desertiche. Il progetto era quello di trasformare il lago in una risaia, per mandarci poi le mondine a raccogliere riso.

Per favorire l’attecchimento del riso sono stati usati diserbanti e pesticidi in gran quantità, con danno ambientale e alla salute umana incalcolabile. In 40 anni la linea della costa è arretrata in alcuni punti anche di 150km lasciando al posto del lago un deserto di sabbia salata invece del previsto acquitrino.

Il ritiro del Lago d’Aral ha fatto emergere un altro scheletro nell’armadio dei russi, una potenziale minaccia non solo per l’Asia, ma anche per l’Europa. Nell’ex Urss i fondi destinati alla sanità venivano drammaticamente tagliati ed inviati sull’isola della Rinascita, proprio sul lago d’Aral, in Kazakistan, dove un gruppo di specialisti preparava armi batteriologiche disponibili per ogni evenienza.

Si iniettavano alle scimmie e ai topi i batteri delle malattie più terribili, tra cui quello della peste bubbonica, dell’antrace. Ma con la “glasnost” e la “perestroika” di Gorbaciov tutto è stato abbandonato, finchè il prosciugamenteo del lago non ha provocato qualcosa di tremendo: l’isolotto è diventato una penisola, sulla quale hanno scorazzato, ignari, animali di ogni tipo. Nell’agosto del 2001 un uomo e suo figlio di 13 anni avevano perso un cammello nella zona.

Fonte: Meteolive.it__070246___lago_daral

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