Paganella — 16 Aprile 2014

Resoconto storico degli eventi meteorologici accaduti nel giugno 1957, mese molto ricco di eventi estremi, tra cui anche un devastante tornado che ha colpito l’Oltrepo Pavese

1 GIUGNO 1957

LA STAMPA 2 GIUGNO 1957 UN NUOVO NUBIFRAGIO SI E’ ABBATTUTO SUL PIEMONTE DUE METRI D’ACQUA NELLE STRADE PER UN FURIOSO TEMPORALE A CASALE UN CROLLO PRESSO PONTESTURA LINEA FERROVIARIA INTERROTTA DAL FRANAMENTO D’UNA GALLERIA PAUROSA GRANDINATA A CERESETO CASALE MONFERRATO 1 GIUGNO 1957 Oggi pomeriggio, quasi all’improvviso, mentre lunghe colonne di automobilisti e motociclisti stavano tornando dalle località percorse dalla Carovana del Giro d’Italia, il cielo si è oscurato. Erano le 17,15. Nel volgere di pochi minuti una densa cortina di nubi ha ricoperto il sole. Poi di colpo si è udita la fragorosa eco del tuono ed ha cominciato a scendere una pioggia violentissima. Le raffiche d’acqua hanno assunto un’intensità paurosa. In pochi minuti il temporale ha trasformato tutte le strade collinari in autentici torrentelli che riversandosi verso il piano hanno travolto quanto incontravano sul loro passaggio. Nella borgata casalese di Sant’Anna sono state invase via Sosso e due strade trasversali. In strada della Morana la corrente ha fatto crollare per una ventina di metri il muro perimetrale della fattoria agricola Buzzi. Mattoni e calcinacci, trascinati dall’impetuoso defluire delle acque, hanno formato uno sbarramento tanto che è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco i quali si sono alacremente adoperati per rimuovere le barricate. L’enorme massa d’acqua defluente dalle colline ha allagato nei rioni di Sant’Anna e del Ronzone parecchie vie fino all’altezza di due metri, bloccato nelle case numerose famiglie. Sebbene non vi fosse un vero pericolo per le persone, vi è stato parecchio panico ed i vigili del fuoco si sono dovuti adoprare soprattutto per ristabilire la calma. Le conseguenze del temporale sono state purtroppo disastrose nelle campagne. Ovunque, tra il rimbombo dei tuoni, sono entrate in azione le postazioni antigrandine. Il paese più colpito è stato Ceresio Monferrato dove la gragnuola, grossa come nocciole e fittissima, ha sferzato vigneti e campi distruggendo tutte le colture e dando al paesaggio un aspetto invernale come dopo una nevicata. Molte zone sono allagate. I corsi d’acqua Collibrio e Gattola hanno invaso anche la linea ferroviaria Casale Monferrato – Asti nel tratto compreso fra le stazioni di Ozzano e San Giorgio. La galleria fra queste due località è stata tramutata in un torrente che ad un tratto ha provocato il franamento della parte frontale della galleria stessa verso Casale Monferrato. La linea naturalmente è interrotta; un’automotrice diretta ad Asti è stata tempestivamente fermata alla stazione di San Giorgio: i viaggiatori ora trasbordati con autocorriera alla stazione di Ozzano e viceversa. Sulla strada asfaltata fra le frazioni di Quarti e Vialarda, in territorio di Pontestura Monferrato, si è prodotta frana dell’ampiezza di 18 metri che impedisce il transito agli automezzi. Il repentino e forte abbassamento della temperatura fa temere che la zona colpita dalla grandine sia molto vasta. Ma l’estensione è per ora incontrollabile.

  LA STAMPA 2 GIUGNO 1957 E’ TORNATO IL BEL TEMPO SULLE DUE RIVIERE LIGURI GENOVA 1 GIUGNO 1957 Nonostante il cielo nuvoloso e la mancanza di sole, migliaia di persone hanno invaso oggi i centri rivieraschi, e l’afflusso aumenterà certamente nella giornata di domani. La temperatura è calda e soffia un leggero vento di scirocco; il mare continua a mantenersi calmo. Sulle due riviere il tempo tende al bello.

 

3 GIUGNO 1957

 

 

LA STAMPA 4 GIUGNO 1957
IL MALTEMPO COLPISCE SPECIALMENTE PIEMONTE E LIGURIA
LA PIOGGIA QUASI AUTUNNALE
PORTA NUOVI DANNI NEI CAMPI
PAESI NEL MONFERRATO SENZA ACQUA POTABILE PER UNA NUOVA FRANA
NELL’ASTIGIANO I CONDADINI NON RIESCONO A RACCOGLIERE IL FIENO AMMUCCHIATO DA QUINDICI GIORNI
CASALE MONFERRATO 3 GIUGNO 1957
Una nuova frana dell’ampiezza di 130 metri circa, si è prodotta oggi un frazione Lussello di Villadeati, proprio nella zona attraversata da una delle tubazioni più importanti dell’acquedotto del Monferrato, provocandone la rottura.
Una trentina di paesi, parte della provincia di Asti e parte di quella di Alessandria, sono rimasti privi dell’acqua potabile.
Un simile grave incidente era avvenuto una settimana fa, press’apoco nello stesso punto dell’attuale cedimento, e da soli due giorni era stato ripristinato il servizio idrico.
Sul posto del sinistro il prefetto di Alessandria, dottor Adami, ha mandato i tecnici del Genio Civile per prendere conoscenza della situazione e adottare adeguati provvedimenti per risolverla.

 

ASTI 3 GIUGNO 1957
Il maltempo non è cessato.
Le brinate prima e le piogge incessanti poi hanno provocato gravissime distruzioni in tutti iraccolti agricoli.
I danni subiti dalle varie colture si calcolano nell’ordine di alcuni miliardi.
Il raccolto è andato quasi completamente distrutto, specie nei vigneti di fondovalle, dove in certe zone il danno ascende dal 90 al 100 per cento del raccolto, come a Moncalvo e a Costigliole.
Secondo i tecnici, anche le colture orticole specialmente di Motta di Costigliole e della periferia di Asti avranno quest’anno un raccolto pressochè dimezzato.
I contadini, in questi due giorni di sole, hanno cercato di ricuperare il fieno maggengo, di cui quindici giorni di pioggia hanno pressochè distrutto la maggior parte.
Anche i pescheti e i frutteti di Refrancore e di tutta la zona settentrionale della provincia hanno subito danni irreparabili.
Nei vigneti colpiti dalle gelate primaverili ormai si è accertato che il raccolto per la prossima vendemmia è sfumato in gran parte.
I primi germogli sbocciati in primavera sono stati distrutti e gli agricoltori disperano che i nuovi possano raggiungere un grado di maturità sufficiente da poter portare l’anno prossimo tralci fruttiferi.
E’ noto infatti che se la nuova germogliazione non raggiunge la maturità è anche gravemente pregiudicato il raccolto dell’anno successivo.
Un primo elenco dei danni è stato redatto dagli organi tecnici.
Secondo tale classifica, i danni maggiori, che vanno da un 90 a un 100 per cento della perdita del raccolto (viti e frutteti), si registrano a Moncalvo, Tonco e Penango; tra un 70 e un 90 per cento a Coazzolo, Calliano e Castell’Alfero; tra il 50 e il 60 per cento ad Asti, Casorzo, Montemagno, Grazzano, Frinco, Montegrosso, Nizza e Calamandrana; dal 30 al 50 per cento ad Avigliano, nelle zone di Portocomaro, Isola, Castelnuovo Don Bosco e Incisa Scapaccino; dal 20 al 30 per cento nelle zone di Montechiaro, Albugnano, Rocchetta Tanaro, Vigliano, Berzano San Pietro e altre ancora.
Gravi danni la pioggia ha causato alle strade provinciali e comunali, provocando molte frane e affossamenti che hanno richiesto dei tecnici del Genio Civile e dell’amministrazione provinciale per ripristinare il traffico interrotto.
Si calcola che per sistemare tutti i tronchi stradali danneggiati dal maltempo occorreranno oltre duecento milioni di lire.

 

VERCELLI 3 GIUGNO 1957
Nel pomeriggio è cessato di piovere e stasera il cielo si è alquanto alleggerito di nubi, promessa di una buona giornata per domani, cosicchè le mondariso potranno scendere in risaia e procedere nel loro lavoro.
Ai danni della gelata del 5 maggio, che hanno inciso nella provincia per un miliardo e mezzo di lire colpendo campi di grano e frutteti – particolarmente noci e peschi – le ultime piogge non hanno aggiunto altri danni gravi.

VOGHERA 3 GIUGNO 1957
Dopo una breve schiarita è tornato il maltempo e questa notte e durante la giornata odierna è caduta altra pioggia che ha provocato nuovi allagamenti nella campagna.
Lo sfavorevole andamento atmosferico minaccia di compromettere il raccolto del grano.
Anche per le altre colture si temono serie conseguenze.
La Amministrazione provinciale e la camera di commercio di Pavia hanno stanziato quindici milioni da devolvere agli agricoltori più bisognosi.

 

 

SBIGOTTITI GLI ALBERGATORI
PER IL FREDDO
IN RIVIERA
GENOVA 3 GIUGNO 1957
Ancora maltempo a Genova e sulle due riviere.
E’ iniziato a piovere stanotte e nel pomeriggio la città è stata investita da violenti acquazzoni.
La temperatura si è notevolmente abbassata.
I meteorologi non prevedono nulla di buono per i prossimi giorni.
Così la stagione balneare è notevolmente ritardata con grave danno per gli albergatori rivieraschi, che guardano sbigottiti il succedersi delle piogge.

 

7 GIUGNO 1957

 

LA STAMPA 8 GIUGNO 1957

MILANO PARALIZZATA
DA MEZZ’ORA DI NUBIFRAGIO
APPARTAMENTI ALLAGATI:
MEZZO METRO D’ACQUA
INGENTI DANNI NELLE CAMPAGNE
TEMPESTA DI FULMINI SU CREMONA
MILANO 7 GIUGNO 1957

Un violentissimo nubifragio abbattutosi poco dopo le 14 su Milano ha paralizzato per circa mezz’ora il traffico cittadino: gli scrosci d’acqua frammista a grandine e le raffiche del vento hanno indotto i cittadini ad attendere che la bufera si placasse per poter circolare impunemente.
I pompieri hanno dovuto fronteggiare nel breve giro di trenta minuti ben cinquecento chiamate per allagamenti.
Per parecchio tempo sono rimaste in preda al panico 25 famiglie abitanti in piccole case sorte di recente fra le vie San Giusto, Novara e lo Stadio.
Il temporale ha infatti scoperchiato il tetto delle costruzioni e l’acqua ha raggiunto in alcuni appartamenti un altezza di circa mezzo metro: un bambino che dormiva nella sua culla ha rischiato di rimanere anneggato.
I vigili del fuoco e gli agenti di polizia giunti sul posto hanno aiutato gli abitanti della zona a mettere in salvo persone e mobili, per provvedere poi al prosciugamento dei locali.
Un centinaio di automobili inoltre è rimasto bloccato in via Farini.
Mentre i vigili del fuoco si prodigavano per far defluire l’acqua, che aveva raggiunto in certi punti cinquanta centimetri di altezza, un giovane, stanco di attendere, ha tentato di attraversare la vicina linea ferroviaria delle Varesine.
Il poveretto, assordato dai tuoni e dai sibili del vento, non si è accorto che in quel momento stava sopraggiungendo un diretto da varese.
Il convoglio, sbucato dalla curva, lo ha investito in pieno straziandolo orribilmente.
Il cadavere dello sconosciuto, trasportato all’obitorio, è stato identificato per Michele Lolodice di 16 anni, abitante in via Pellegrino Rossi 34.
I danni arrecati dal nubifragio ( i chicchi di grandine erano grossi come nocciole) , alle colture agricole nelle campagne adiacenti a Milano sono ingenti: l’Ispettorato compartimentale dell’agricoltura e foreste sta portando a termine un’indagine per una prima valutazione sommaria dei danni.
I convogli ferroviari in arrivo e partenza da Milano hanno subito notevoli ritardi:
CREMONA – Un violentissimo temporale ha flagellato oggi la città.
Numerosi fulmini si sono abbattuti in pieno centro abitato, attratti in gran parte dagli apparati antifulmine.
Molti però si sono scaricati sulle linee telefoniche ed elettriche; di conseguenza ancora stasera moltissimi telefoni di vaste zone della città sono paralizzati e parecchie vie sono al buio.

Saette sono pure cadute sulla torre di Sant’Agostino, sul collegio Beata Vergine, nel cortile della Amministrazione provinciale, sulla centrale elettrica della Bresciana, danneggiando gli impianti, e al passaggio a livello di via Brescia, ustionando un operaio che stava lavorando sui binari.
BERGAMO – Violenti temporali si sono abbattuti, nella zona bergamasca, durante la nottata di ieri.
A Sorisole la grandine è caduta per circa mezz’ora danneggiando varie abitazioni.
La comunale che sale dal capoluogo a Bondo è stata interrotta dal torrente Albina, uscito dal suo alveo.
Brevi interruzioni del traffico sono state provocate sulla provinciale Bergamo – Clusone, fra Comenduno e Cene, da piccole frane.
La grandine ha danneggiato le piante da frutto; la vite era già stata devastata dal gelo alcune settimane or sono.
A Cene, è straripato il torrente della Val Selvana e ha allagato varie vie ed abitazioni.
VERONA – Un violentissimo temporale, come da anni non si ricordava, si è abbattuto nel pomeriggio di oggi su Verona e sulla periferia della città.
L’eccezionale nubifragio ha avuto inizio alle 16 ed è durato fino alle 19,30; sono caduti chicchi di grandine grossi come noci che hanno coperto le campagne d’una coltre bianca alta venti centimetri.
Circa il 95 per cento delle colture è andato distrutto.

8 GIUGNO 1957

8 GIUGNO 1957
LA STAMPA 9 GIUGNO 1957
TORINO 8 GIUGNO 1957
CRONACA CITTADINA
IERI LA CITTA’ SOTTO VIOLENTI ROVESCI DI PIOGGIA
CERCHIAMO UN PO’ DI SOLE PER TOGLIERCI L’UMIDITA’
SI AGGRAVA LA SITUAZIONE NELLE CAMPAGNE
UN TERZO DEL GRANO E’ GIA’ PERDUTO
ANCHE L’ANNO SCORSO IN QUESTI GIORNI PIOVEVA
MA LA PIOGGIA CADEVA DOPO UNA LUNGA SICCITA’
IN RIVIERA E’ SERENO
Anche ieri il cielo corruggiato ha impedito al più piccolo lembo d’azzurro di occhieggiare tra le nuvole dense e scure.
La pioggia, quasi un pulviscolo, è cominciata a cadere verso le 11,30, poi ha smesso mentre l’aria diventava più scura e minacciosa.
Alle tre del pomeriggio il primo rovescio: impetuoso, accompagnato da raffiche di vento che s’ingolfavano per le strade levando dal suolo sventagliate d’acqua.
Alle 18 secondo rovescio; poco dopo le 19 il terzo, il più violento di tutti accompagnato stavolta tuono e lampi.
In alcune zone della città sono caduti 12 millimetri d’acqua in un quarto d’ora.
Con la pazienza che viene ormai da un’assuefazione quasi quotidiana al maltempo, che sa d’autunno più che d’estate, i torinesi hanno un’altra volta indossato soprabiti e impermeabili.
La temperatura in poche ore è caduta a 13 gradi.
Per le strade l’acqua ruscellava verso i chiusini; a Madonna del Pilone, incapaci di smaltirla, le condutture sotterranee, zampillavano con getti impetuosi sull’asfalto.
“Sono lingue d’aria fredda che vengono da nord e da nord – est – dicono i meteorologi dell’Ufficio regionale – s’incontrano ad alta quota con l’aria umida e calda e provocano precipitazioni.
Ma ormai lo strato delle nubi è compreso tra i 1000 ed i 2000 metri.
Al di sopra le condizioni sono migliori.
Per la domenica non ci dovrebbero essere che manifestazioni temporalesche locali”.
Previsioni ottimistiche, che non persuadono dopo tanto buio, tanta pioggia che fa pensare con nostalgia all’estate e al sole trionfante come ad un fenomeno di altri anni.
La primavera non esiste: cancellata dal calendario.
In Aprile sono caduti 110 millimetri d’acqua, in maggio 123 millimetri, in giugno non abbiamo avuto che nuvole e acquazzoni.
Si pensa con preoccupazione che incomincia il periodo delle vacanze;
I più hanno già dato la caparra per gli alloggi al mare e in montagna, hanno fissato le stanze negli alberghi per non trovarsi all’ultimo momento dinanzi al tutto esaurito.
I commercianti sono i primi a lamentarsi, dicendo che a causa della mancanza di primavera migliaia i negozi abbigliamento, di tessuti e di calzature sono in gravi difficoltà.
Gli unici lieti sono gli studenti che devono dare esami; col fresco di questi giorni lo studio intenso degli ultimi ripassi è meno pesante.
I più allarmati sono i contadini; ora che ai danni della brina e della grandine si sono aggiunti anche quelli dell’eccessiva pioggia (per trovare una primavera così piovosa occorre risalire al 1935) appare certa la perdita di un terzo del raccolto del grano e che altrettanto succederà per l’uva.
Quattro miliardi di danni ha provocato il gelo e la grandine; non si sa a quanto ammonteranno quelli della pioggia, ma saranno indubbiamente ingenti.
Anche l’anno scorso il 10 e l’11 giugno era piovuto e il 12 la temperatura era scesa a 10 gradi.
Ma la pioggia veniva dopo un lungo periodo di siccità, che aveva minacciato per altro le campagne.
Oggi avremo un’altra triste domenica? Dovremo rinunciare alla boccata d’aria fresca della vicina campagna, alla corsa all’aperto, alle camminate nei boschi? La maggioranza parte lo stesso, magari con l’ombrello e l’impermeabile.
Oggi è il giorno che molti hanno destinato ad un “sopraluogo” nella località scelta per la villeggiatura.
D’altra parte le previsioni che sui dati raccolti ieri sera si potevano fare per il tempo di oggi sulla riviera sono abbastanza confortanti.
Ci telefonano da Genova: Sarà un un sereno “Week – End” in Riviera: questa è la previsione dell’Istituto Idrografico della Marina.
Il tempo è al bello, con pochi annuvolamenti.
Alcuni stabilimenti balnerari hanno anticipato la data di apertura che di solito cade il 29, giorno di san Pietro e festa dei pescatori.
La temperatura su tutta la Riviera orientale, da Genova a Sestri Levante oscilla tra i 20 e i 25 gradi.
Ci telefonano da Sanremo: Cielo sereno con qualche annuvolamento pomeridiano.
Temperatura:
Massima +25
Minima +15,8
Buone le previsioni per la domenica.
Per il ritorno del bel tempo, movimento turistico in sensibilissima ascesa.
Le stazioni della Riviera dei Fiori sono affollate di ospiti stranieri in prevalenza tedeschi, svizzeri e inglesi.
Ci telefonano da Stresa:
Temperatura:
Massima +14;
Minima +10
Piove a Catinelle e purtroppo le previsioni per la domenica sono pessime, per quanto riguarda il tempo.
Gli alberghi però sono quasi al completo per l’afflusso di turisti francesi, svizzeri e tedeschi.
Ci telefonano da Rimini: Il cielo è poco nuvoloso.
Nelle ore più calde c’è sempre possibilità di formazioni nuvolose e di temporali.
La temperatura oscilla tra i 16 e i 22 gradi.
Ci telefonano da Courmayeur:
Tempo incerto, sole e pioggia si alternano di continuo.
Il cielo alla sera di sabato si è schiarito e lascia prevedere una bella giornata.
Temperatura minima di 10 gradi e massima 17.
Molti stranieri sono entrati in Italia attraverso i valichi del Piccolo e Gran San Bernardo.
Ci telefonano da Cervinia: Temperatura bassa e pioggia fino alle ore 22 del sabato.
Poi qualche schiarita.
Per la domenica si prevede un miglioramento.
Ci telefonano da Bardonecchia: La giornata prefestiva è stata tutta piovosa.
Non si spera meglio per la domenica.

9 GIUGNO 1957

LA STAMPA SERA 10 GIUGNO 1957
PIOGGIA SENZA PIETA’
ANCORA UNA DOMENICA ROVINATA DAL MALTEMPO
TORINO 9 GIUGNO 1957

C’era tanta speranza di bel tempo, ma le previsioni, cautamente ottimistiche, sono state smentite.
Ieri è piovuto al mattino; verso il mezzogiorno il cielo ha lasciato credere che finalmente riuscisse a rimettersi e gli occhi si alzavano a guardare tra gli squarci delle nubi il sereno invitante; invece nel primo pomeriggio si è avuto un temporalaccio.
Verso le 16 ha smesso di piovere ed è tornato il sereno.
A sera siè vista anche la luna, ma per breve tempo, chè subito le nubi si sono riunite a minacciare altra pioggia.
Se si fa un bilancio con sabato c’è da dire che ieri è piovuto di meno: 12 millimetri di acqua sono caduti sabato, e ieri appena cinque millimetri.
Per oggi i tecnici della meteorologia dicono che continuerà l’incertezza e con la pioggia potrà venire anche la grandine.
Ci sarà sereno invece nell’Italia Meridionale.
Ieri domenica 9 giugno, i torinesi si sono mossi in gran numero, più di quanto fosse lecito credere, per andare a cercare il sole.
Li ha spinti il bisogno di reagire all’uggia di una triste settimana e di fuggire alla pesante umidità.
Si sono diretti al mare; purtroppo hanno avuto poca fortuna.
Sono partiti che il cielo era nuvoloso, ma non pioveva, e tutti speravano che le nubi si sarebbero alzate dissolvendosi.
Quando sono arrivati al mare pioveva.
A rapallo l’acqua è caduta sino alle 16, a Genova sino alle 15, ad Alassio sino alle 14.
Nel pomeriggio le nubi si sono ritirate, ma i torinesi hanno dovuto mestamente riprendere la via del ritorno.

LA STAMPASERA 10 GIUGNO 1957
IL MALTEMPO CONTINUA
LE PREVISIONI SONO ANCORA PESSIMISTICHE
PER TRE ORE
GENOVA PERCOSSA DA UN VIOLENTO NUBIFRAGIO
INTERROTTO IL TRAFFICO FERROVIARIO CON SAVONA
DALLA CADUTA DI UN FULMINE SU UNA CENTRALE ELETTRICA
IL SERVIZIO RIPRISTINATO CON MACCHINE A VAPORE
PIOGGE TORRENZIALI ANCHE SULLE DUE RIVIERE E SU QUASI TUTTO IL PIEMONTE
SOTTO IL TEMPORALE UN’AUTO AD ALESSANDRIA INVESTE UN CICLISTA E SFASCIA UNA GARIFFA: LA SENTINELLA ILLESA
ANCORA NEVE SUI MONTI BIELLESI

GENOVA 10 GIUGNO 1957
Contrariamente alle previsioni, il maltempo, anche ieri, è imperversato su Genova e le due Riviere.
In città, dalle 9 a ezzogiorno, si è abbattuto un violento temporale con intense precipitazioni e scariche elettriche.
Un fulmine, caduto sulla centrale elettrica della stazione di Sampierdarena, ha colpito la cabina di trasformazione.
Il traffico ferroviario è stato di conseguenza interrotto da Sampierdarena alla stazione Principe e da Sampierdarena a Savona.
Nel primo tratto tuttavia il transito è stato quasi subito ripreso normalmente, mentre i treni da e per Savona, per tutto il pomeriggio hanno funzionato con macchine a vapore.
La pioggia torrenziale ha provocato numerosi allagamenti, specie nella parte bassa della città e causato anche interruzioni tranviarie.
I vigili del fuoco hanno ricevuto un’infinità di chiamate.
Dopo mezzogiorno il temporale è cessato ma solo nel tardo pomeriggio ha fatto capolino il sole.
Le decine di migliaia di turisti, che tra sabato e ieri si erano riversati a Genova e nelle Riviere, hanno trascorso così una giornata poco piacevole.
Le previsioni non sembrano ancora buone: sono annunciate nuove precipitazioni.
La temperatura è calda, il mare continua a mantenersi calmo.
A SAVONA la pioggia torrenziale è durata circa due ore, accompagnata da scariche elettriche.
Numerosi gli allagamenti nella parte bassa della città e specialmente in via Piave, Belloro, via Torino, via Paolo Boselli.
Vari negozi e scantinati sono stati invasi dall’acqua provocando danni alle merci e hai materiali depositati.
Grazie però al tempestivo intervento dei vigili del fuoco i danni sono limitati.
Alla sera il cielo si è rasserenato.
Anche in quasi tutto il Piemonte ieri è piovuto a dirotto.
Un furioso temporale si è scatenato nella mattinata nella zona di NOVI LIGURE, accompagnato da frequenti scariche elettriche.
Abbondanti precipitazioni sono segnalate pure nelle vallate dello Scrivia, del Borbera e del Lemme.
Parecchie cantine sono state allagate
Ad ACQUI e nella Valle Bormida è piovuto ieri per quasi tutto il giorno.
In alcune zone di collina è anche caduta la grandine.
Nuovi gravi danni sono segnalati ai vigneti e alle altre colture, già provate duramente dal persistere del maltempo.
Un violento temporale con acqua a catinelle e forte vento si è abbattuto ieri verso le 15 su alcuni comuni dell’ASTIGIANO.
Le batteria antigrandine sono entrate subito in funzione.
Un fulmine caduto in regione Valle Tanaro ha abbattuto un grosso albero.
Ad ALESSANDRIA durante il temporale scatenatosi verso le 14 un’automobile è sbandata sull’asfalto bagnato in corso Cento Cannoni e, dopo avere urtato un’altra automobile, ha travolto l’impiegato Giovanni Chiumello di anni 43, il quale procedeva in bicicletta, quindi è piombata sylla garitta della caserma Valfrè, sfasciandola.
La sentinella è rimasta illesa mentre il Chiumello ha riportato la frattura della gamba sinistra.
Sul BIELLESE nel pomeriggio di ieri si è abbattuto un ennesimo temporale caratterizzato da copiosi scrosci d’acqua, che hanno sensibilmente ostacolato il traffico.
Sul monte Camino si è avuta una nuova nevicata e di conseguenza la temperatura nell’intera regione è sensibilmente calata.
A VERCELLI, poco dopo le 14 si è scatenata una bufera di vento e di acqua e per oltre quarantacinque minuti ha diluviato.
L’acqua è penetrata in tre cantine nelle vie Avogadro di Quaregna, Jacopo Durandi e Rodi e, per un ingombro del canale, nel Maglificio Bocchio.
Sono dovuti intervenire i vigili del fuoco.

 

 

10 GIUGNO 1957
LA STAMPA 11 GIUGNO 1957
I METEOROLOGI NON SONO OTTIMISTI
SI PREVEDE UNA BRUTTA ESTATE
SPECIE NELL’ITALIA SETTENTRIONALE
IL SERENO DOVREBBE TORNARE VERSO LA META’ DI GIUGNO
MA SARA’ UN MIGLIORAMENTO PASSEGGERO
IERI E’ PIOVUTO SU TUTTO IL PIEMONTE E LA LIGURIA
CALDO IN CALABRIA

ROMA 10 GIUGNO
L’estate meteorologica comincia col primo di giugno, diversamente da quanto avviente per l’estate civile, che è invece in ritardo di un mese rispetto a tale data.
Si poteva quindi sperare che in questo periodo le condizioni generali del tempo tendessero a riassestarsi, tanto più che (come chi segue queste colonne avrà presente), nel nostro ultimo articolo, pubblicato una decina di giorni fa, avevamo previsto, in generale, un tempo variabile e instabile, ma anche un miglioramento, sia pure temporaneo, che si sarebbe potuto verificare ai primi del mese.
Ora, in effetti, mentre la fine di maggio (quale maggio!) era stata caratterizzata da precipitazioni e temporali sparsi quasi ovunque sulle nostre regioni settentrionali e centrali, i primi due giorni di giugno avevano finalmente veduto ritornare il tempo buono, o almeno, un tempo tollerabile su tutta l’Italia.
Ai primi di Giugno si era finalmente verificato quel “felice evento”, normale per la stagione, che già la evoluzione dei giorni precedenti era andata preannunciando: l’anticiclone Atlantico, cioè, dopo numerosi tentativi non coronati da successo, era avanzato sulla media Europa e sul Mediterraneo, dando luogo almeno in apparenza, alla situazione tipica estiva, apportatrice del sole e del buon tempo.
Tuttavia il meteorologo sperimentato non poteva non notare alcuni sintomi che inducevano a moderare l’ottimismo.
E in effetti già il 3 giugno l’alta pressione oceanica, nella sua avanzata verso levante aveva ceduto a ovest, spezzandosi in due nuclei, uno principale sulla regione iberica e un altro, che già presentava segni di dissoluzione, sulla penisola Balcanica.
Fra questi due nuclei, e più precisamente dal Mare del Nord alla Tunisia, si allungava una irregolare area di bassa pressione, nella quale venivano a confluire da sud – est e da Nord – Ovest, masse di aria di diverse caratteristiche; il che come si sa, è quasi sempre causa di maltempo.
Per conseguenza , il 4 e il 5 del mese, le condizioni atmosferiche sono sensibilmente peggiorate su quasi tutta l’Italia.
Un ulteriore tentativo di avanzata dell’anticiclone, che ha avuto luogo fra il giorno 6 e il 7, non ha sortito esito migliore dei precedenti.
Esso ha portato, è vero, a un’attenuazione ma non è bastato a risolvere definitivamente la situazione.
Come si vede, le condizioni generali sono rimaste da molto tempo pressocchè le stesse; nè, purtroppo, sembra che anche stasera, 10 giugno, si possa sperare in un loro capovolgimento imminente e sostanziale.
E’ vero che le attuali perturbazioni,accennano a passare con una certa rapidità, come attesta il notevole aumento di pressione che si sta verificando sull’Europa Occidentale, per cui si è indotti a pensare che all’incirca entro domani , o al massimo nella giornata dopodomani, l’attuale area di maltempo si sarà spostata sull’Europa Orientale: ma si tratta, per così dire, degli alti e bassi di una malattia, se non proprio cronica, certo a lenta evoluzione.
E a questa conclusione conducono particolarmente due fatti: l’uno, che l’anticiclone atlantico è ancora piuttosto debole, sicchè è improbabile che esso sia per affermarsi in maniera permanente o quasi – permanente; l’altro che la sua tendenza ad avanzare si manifesta non soltanto sull’europa centrale e meridionale, ma anche sull’Europa Settentrionale.
Il che, come i nostri lettori sanno, costituisce, a causa delle correnti relativamente fredde e instabili che ne sono la conseguenza, un presupposto tutt’altro che favorevole per gli sviluppi immediati della situazione.
Quel che si può prevedere per i prossimi giorni è quindi un permanere delle condizioni variabili, con possibilità di precipitazioni anche temperolasche specialmente sulle regioni settentrionali e anche centrali.
Non è tuttavia da escludere una lenta tendenza a miglioramento, più evidente verso la metà del mese.
Nell’insieme però, sembra che i lineamenti generali di questa estate, almeno per il nord e per il centro, siano per mantenersi piuttosto a lungo quali si sono manifestati fin da principio; cioè, nel complesso, alquanto peggiori di quanto non sogliano esserlo normalmente. RAUL BILANCINI

PIOGGIA E GRANDINE
NELLE ULTIME 48 ORE
ALESSANDRIA –
La pioggia è caduta per tutto il giorno nella provincia di Alessandria.
In certe zone collinari della Valle Bormida si è tramutata in grandine provocando gravi danni alle colture e in special modo ai vigneti.
I corsi d’acqua sono nuovamente ingrossati e in parecchi punti minacciano di uscire dagli argini.
ASTI – Da 48 ore piove senza interruzione su Asti e provincia.
In parecchie zone le campagne sono allagate ed i corsi d’acqua si fanno minacciosi.
CASALE MONFERRATO – Il maltempo ha provocato una nuova grossa frana tra le borgate di Zanco e Trittango, in territorio di Villadeati, interrompendo il traffico stradale.
CUNEO – Continua a piovere incessantemente in città e in tutte le vallate.
La temperatura si mantiene stazionaria, con punte di carattere inversionale.
Ovunque i danni alle colture sono gravi.

BIELLA – Nel Biellese si sono susseguiti per l’intera giornata scrosci di pioggia che hanno causato ulteriori danni alle colture ostacolando inoltre il traffico.
In questi ultimi tre giorni i pluviometri dell’osservatorio di Oropa hanno registrato complessivamente 99 millimetri di pioggia che rappresentano una misura eccezionale per questo mese.
Sui monti che sovrastano il Santuario di Oropa è ancra nevicato e di conseguenza la temperatura in città si è mantenuta al di sotto dei 16 gradi.
AOSTA – Sull’intera regione piove da stamane ed il cielo è oscurato da una densa cortina di nubi; la temperatura è scesa oggi a 14 gradi.
LUINO – Dopo una breve schiarita mattutina, è ripreso a piovere su tutta la regione del Lago Maggiore.
Il lago Ceresio continua a salire rapidamente; a Sugano l’acqua lambisce le pancrelle dei pontili dei motoscafi.
GENOVA – Dopo il temporale di domenica, il tempo permane pessimo.
Per tutta la giornata il cielo è stato nuvoloso e in serata non sono mancate alcune brevi precipitazioni.
Il mare è calmo.
Il vento soffia da scirocco.
SAVONA – Piove da mezzogiorno su tutto l’arco della nostra riviera.
SANREMO – Per tutta la giornata cielo coperto con breve precipitazione in mattinata; alle 16 la pioggia è incominciata a cadere e continua tutt’ora.

ROVIGO – Un violento nubifragio si è abbattuto nella zona del medio e alto Polesine.
Per oltre un’ora è caduta una pioggia torrenziale, con forti e violente raffiche di vento che hanno sradicato vari alberi da frutto.
E’ pure caduta una violenta grandinata nella zona di Canaro, Polesella, Frassinelle, Fiesso Umbertiano, Occhiobello, Santa Maria Maddalena, Trecenta, Scienta, Salara, Ficarolo, Fratta che ha recato ingenti danni ai raccolti del frumento, granturco, canapa, uva e piante da frutto, aggirantisi dal 50 al 90 per cento.
TRIESTE – Oggi il tempo si è mantenuto discreto e la temperatura ha raggiunto i 25 gradi di massima.
COSENZA – Un’ondata di caldo ha investito tutto il Cosentino.
Nella valle del Crati si registra una temperatura di 30 gradi all’ombra.
Anche nelle zone lungo la fascia ionica la temperatura è alta.

11 GIUGNO 1957

 

 

LA STAMPA 12 GIUGNO 1957
LA DISASTROSA SITUAZIONE
DELLE CAMPAGNE SOTTO LA PIOGGIA
I DANNI DEL MALTEMPO IN PIEMONTE
SUPERANO ORMAI I VENTI MILIARDI
ASSEGNATI ALLE SINGOLE PROVINCE
FONDI DA UNO A TRE MILIONI
IN TUTTE LE ZONE UN SOLO GRIDO D’ALLARME
PERDUTO QUASI TOTALMENTE IL FIENO,
COMPROMESSO DAL 20 AL 30 PER CENTO IL RACCOLTO
DEL GRANO E DELL’UVA
LA CRISI SI RIFLETTERA’ NEI PROSSIMI DUE ANNI
I CONTADINI SOLLECITANO SGRAVI FISCALI
E AIUTI IMMEDIATI PER FRONTEGGIARE LA ROVINA

 Anche ieri pioggia scrosciante.
Dall’inizio d’aprile sono caduti 300 millimetri d’acqua, in maggio è piovuto tre volte il normale, giugno ci ha dato in 11 giorni 40 millimetri d’acqua.
La situazione nelle campagne è drammatica; se continua così tra pochi giorni sarà irreparabile.
E’ uno spettacolo che stringe il cuore: i campi sembrano una grande risaia, un acquitrino triste su cui s’incurvano fradice le fronde degli alberi.

UN PRIMO BILANCIO DEI DANNI
NEI VARI CENTRI DELLA PROVINCIA
MIGLIAIA DI FAMIGLIE SENZA SPERANZA:
SONO VENTIMILA NUCLEI SOLO NEL CANAVESE
MOLTO COLPITE ANCHE LE COLTURE DI ORTAGGI E DELLA FRUTTA.

 

12 GIUGNO 1957

LA STAMPA SERA 13 GIUGNO 1957
COLTIVAZIONI E RACCOLTI ROVINATI,
CASCINE ALLAGATE,
FRANE,
STRADE INTERROTTE
NELLE CAMPAGNE SATURE D’ACQUA
SI FA IL BILANCIO DEI GRAVI DANNI
NON VI E’ ZONA DEL PIEMONTE
CHE SIA IMMUNE DAL FLAGELLO DELLA PIOGGIA
I SINDACI DEI COMUNI COLPITI,
DAL PREFETTO E ALL’ISPETTORATO DELL’AGRICOLTURA
PER CHIEDERE SUSSIDI IMMEDIATI
I PARLAMENTARI SI RENDERANNO INTERPRETI
PRESSO LA CAMERA E IL SENATO DELLE URGENTI NECESSITA’ DEI CONTADINI
MOLTE VIE ALLAGATE IN CITTA’;
IN COLLINA I TERRENI SLITTANO INTERROMPENDO LE STRADE

 

LA STAMPA SERA 13 GIUGNO 1957
IL MALTEMPO CONTINUA
UNA FRANA INVESTE UN’AUTO NELL’ACQUESE
EVITATA UNA SCIAGURA PER PURO CASO
DRAMMATICA SITUAZIONE NELLE CAMPAGNE CASALESI
ALLAGAMENTI NEL NOVARESE

Il maltempo continua nell’Acquese, ieri sera verso le ore 20 una nuova grossa frana si è staccata presso le Rocche di Terzo investendo la statale numero 30 Alessandria – Acqui Terme.
La frana, precipitando con un boato, ha ostruito la strada per un tratto di 50 metri.
Mentre la frana stava precipitando transitava sulla statale una colonna di automobili e autocarri.
Fortinatamente soltanto una “600” pilotata dal signor Angelo Viarengo, di 41 anni, è rimasta colpita da un masso; il guidatore è illeso.
Gli altri automobilisti sono riusciti ad azionare in tempo i freni evitando così un disastro.
Dopo alcune ore di lavoro i cantonieri sono riusciti ad aprire un varco tra i massi e il pietrisco precipitati e il transito procede ora in un solo senso.
Vento e pioggia sferzano nuovamente da stanotte le campagne del Casalese aggravendo la situazione agricola e specialmente del grano che, quasi alla vigilia della mietitura, ancora non ha messo la spiga.
Il prezzo del grano al libero commercio è di 7800 – 7900 lire al quintale, ma è un prezzo puramente teorico per a carenza del cereale in questo periodo di congiuntura tra il vecchio e il nuovo raccolto.
Nel settore foraggero si lamenta la perdita dei maggenghi e si profila il pericolo che possa andare perduto anche l’agostano con notevoli conseguenti danni al patrimonio zootecnico e un ulteriore aumento del prezzo – già molto elevato – delle carni macellate.
Ad Asti stamane poco dopo le 6 si è abbattuto un violento temporale.
La pioggia è caduta a rovesci per oltre un’ora.
Temperatura: 8 gradi.
Nel Novarese il maltempo, tra ieri e stanotte, oltre che danni alla già tartassata agricoltura, ha provocato straripamenti di corsi d’acqua e allagamenti.
Le notizie dalla provincia parlano di danni per fortuna non gravi.
A Cerano un corso d’acqua che prende il nome dal paese è straripato allagando 10 ettari di terreno coltivato e la cascina Molino Prese.
Le acque hanno invaso anche le abitazioni coloniche, costringendo i contadini a riparare ai piani superiori.
Il tempo permane incerto.

 

LA STAMPA 13 GIUGNO 1957
NUOVE ROVINE NEI CAMPI GIA’ DEVASTATI DALLA GRANDINE E DALLA BRINA DI MAGGIO
LA PIOGGIA FA SALIRE A 33 MILIARDI
I DANNI NELLE CAMPAGNE DEL PIEMONTE
IL MALTEMPO HA SCONVOLTO L’ANDAMENTO STAGIONALE DELLA PRIMAVERA E DELL’ESTATE
I VIGNETI DEL MONFERRATO E DELL’ASTIGIANO HANNO PERSO QUASI META’
DEL FUTURO RACCOLTO
DISTRUTTO MEZZO MILIONE DI QUINTALI DI GRANO NEL CUNEESE
IN PERICOLO IL BESTIAME NELLA VALLE D’AOSTA
SVIGORITO IL RISO NEL VERCELLESE
URGENZA DI AIUTI PER LE FAMIGLIE COLPITE

SITUAZIONE DEL 12 GIUGNO 1957
La pioggia, che da quindici giorni si rovescia incessante sul Piemonte, ha aggiunto nuovi danni a quelli che il gelo di maggio e la grandine avevano portato nelle campagne.
Nelle sette province della regione sono valutati a complessivi 33 miliardi di lire.
LE SPIGHE DEL FRUMENTO SONO ASSOLUTAMENTE VUOTE
NOVARA 12 GIUGNO 1957
Il persistere del maltempo (anche oggi la pioggia è caduta quasi ininterrottamente e nel pomeriggio si è scatenato un nuovo violento temporale) è fonte di grande preoccupazione per gli agricoltori.
I danni alle colture fino a dieci giorni or sono e riferitisi in modo particolare alle gelate tardive, venivano fatti ascendere a oltre un miliardo e mezzo di lire.
Colpito e in gran parte irrimediabilmente perduto è il raccolto del grano;
le spighe sono assolutamente vuote.
Le persistenti piogge, i temporali e qualche grandinata hanno naturalmente aggravato ulteriolmente la situazione, ma un calcolo dei danni di questi ultimi giorni non è ancora possibile.
Si è al di sotto della realtà, dicono all’ispettorato, pensare che i danni arrivino a due miliardi e mezzo.
Lo straripamento di un canale a Cerano e l’allagamento di dieci ettati di campagna non destano alcuna preoccupazione.
I coloni di cascina Molino Crese, le cui abitazioni al pianoterreno sono state invase da 70 centimetri d’acqua, hanno riparato al piano superiore.
ALESSANDRIA 12 GIUGNO 1957
I danni del maltempo in provincia, accertati alla data del 25 maggio scorso, furono valutati in circa sei miliardi di lire.
Si lamenta la distruzione totale di un milione di quintali di uva.
La Val Cerrina e la Valle Curone hanno subito in modo particolarmente grave le conseguenze del maltempo.
La estensione della zona colpita è di almeno 20 mila ettari e ai vigneti è stato arrecato un danno pari al 25% dell’intera produzione , equivalente a 700 mila quintali.
Altra zona danneggiata quella del
CASALESE in cui due terzi del raccolto sono andati distrutti.
Per la cerealicoltura i danni ascendono a circa un miliardo di lire.
Le zone particolarmente colpite sono quelle di ovada ed Acqui, nonchè Cabella e Rocchetta Ligure.
Le colture orticole hanno pure grandemente sofferto per il maltempo e il danno è valutabile miliardo e mezzo di lire.
La zona maggiormente colpita è quella dell’Alessandrino specie nei sobborghi dove numerosi sono gli prticoltori, e quella di Castellazzo Bormida e comuni limitrofi.
I principali danni sono stati provocati dalle brinate del 7 e dell’8 maggio e dal freddo dei giorni successivi quando il termometro toccò in campagna valori minimi mai registrati prima di 1 e 2 gradi sotto lo zero.
La pioggia persistente ha poi fatto il resto e tuttora i danni sono in aumento con il persistere del maltempo.
L’ispettore ritiene siano già saliti a 7 miliardi di danni.
Per gli agricoltori della provincia il governo ha finora stanziato lire 2.500.000 da assegnarsi per l’acquisto di mais ( granturco da seme).
L’erogazione è più che altro di carattere stagionale.
PASCOLANO FRA LA NEVE
LE MANDRIE NEGLI ALPEGGI
AOSTA 12 GIUGNO 1957
Il maltempo imperversa ormai da settimane sull’intera regione valdostana e non accenna minimamente a diminuire.
Anche oggi, e così da ventiquattro ore ininterrotte, pioggia scrosciante nelle zone di fondovalle e neve sulle montagne fino ai 2 mila metri.
Le ripercussioni del maltempo sono senza dubbi allarmanti sia per il settore agricolo che per quello turistico.
Nelle campagme il foraggio rischia di marcire sotto l’infuriare incessante della pioggia che ne impedisce il regolare taglio; e danni per il momento non ancora accertabili si prevedono per le altre colture, in special modo per la vite.
Certo che se tale situazione non accennasse a migliorare la Regione dovrà prendere le opportune misure per soccorrere la categoria agricola così provata materialmente da questo violento e continuo maltempo.
Identiche le preoccupazioni in campo turistico dove gli alberghi di tutte le principali stazioni sono tuttora deserti.
Dopo la cattiva stagione dello scorso anno si sperava di poter pareggiare i bilanci con la prossima estate, ma se le piogge e le nevicate di questi giorni sono i sintomi di quella che sarà la stagione, gli albergatori, e con loro tutto il settore turistico, avranno danni incalcolabili.
In montagna la neve è scesa nuovamente fino ai 2 mila metri e questo fatto è causa di non pochi timori per gli allevatori di bestiame che già sono saliti con le mandrie agli alti pascoli, e così anche in questo settore le preoccupazioni sono parecchie.
Neve ai valichi del Piccolo e del Gran San Bernardo dove il transito è però possibile, ma è necessario che le vetture siano munite di catene poichè l’ultimo tratto è assai disagevole.

13 GIUGNO 1957

STAMANE NON PIOVE PIU’
MA I METEOROLOGI SONO ANCORA PESSIMISTI
MINACCIA DI INONDAZIONI
IN VARIE ZONE DEL PIEMONTE
AUMENTATO PAUROSAMENTE IL LIVELLO DEL TANARO
E DEL BORBORE NELL’ASTIGIANO
DEL GRANA E DELLO STURA NEL CASALESE
I RACCOLTI DEL GRANO
DELLA FRUTTA
E DEI VIGNETI COMPROMESSI PER META’ DELLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA:
SEI MILIARDI DI DANNI
PERICOLO DI UNA NUOVA FRANNA A GHIFFA:
ALCUNE CASE SGOMBERATE
GLI ALTI E BASSI DELLA TEMPERATURA:
SETTE GRADI AD ASTI, VENTIDUE A BIELLA, NEVE IN VALLE D’AOSTA

Il maltempo continua in tutto l’Alessandrino, dove da ormai 40 giorni, piove quasi senza interruzione..
I fiumi e i torrenti sono in piena e minacciano ovunque di straripare.
La situazione agricola si sta facendo drammatica, si prevede che il raccolto del grano sarà inferiore a quello del 1956, cosicchè dai 2 milioni e 200 mila quintali della decorsa campagna, si scenderà sicuramente a un milione e 800 mila quintali, con un danno di un miliardo di lire.
Ingenti pure i danni alla vite, agli ortaggi e alla frutta; in molte zone della nostra provincia le perdite variano in questi settori dal 40 al 60%; i danni sono fin d’ora calcolati in oltre cinque miliardi.
La temperatura in tutto l’Alessandrino si mantiene autunnale.
Ad ASTI la pioggia, caduta per tutta la notte, e stamane è cessata, ma il cielo si mantiene nuvoloso.
Il livello delle acque del fiume Tanaro e dei torrenti Versa e Borbore è aumentato paurosamente di volume, ma per ora non desta preoccupazione.
Temperatura sette gradi.
Anche nel
CASALESE stamane la pioggia è cessata ma le previsioni meteorologiche sono tutt’altro che favorevoli: il cielo è pieno di nubi minacciose.
La temperatura è leggermente superiore a quella di ieri: 15 gradi.
Tutti i corsi d’acqua sono gonfiati, specialmente i torrenti Grana, Granetta e Stura.
Per tutta la notte e fin verso le ore 9 di stamane la pioggia è caduta a catinelle nella zona di
CANELLI, particolarmente sui comuni di Cassinasco, Calosso d’Asti, e Castagnole Lanza, dove le campagne sono in parte allagate.
I torrenti Belbo e Tinella appaiono in piena.
Nella zona di
NOVI LIGURE minaccia di nuove precipitazioni.
La temperatura è sempre bassa; il termometro nella notte aveva toccato i 9 gradi; alle ore otto di stamane il termometro segnava 11 ghradi.
Nelle vallate del Borbera, del Lemma e dello Scrivia nella notte e nelle prime ore del mattino ha fatto la ricomparsa la nebbia.
I corsi d’acqua sono ulteriolmente ingrossati e minacciano di uscire dagli argini.
Su tutto
L’ACQUESE e la Valle Bormida stamane è cessato di piovere e un pallido sole ha fatto la sua apparizione.
Il cielo si mantiene però coperto con minaccia di nuove precipitazioni.
A
CUNEO pioggia abbondante durante la notte; stamane cade una leggera pioggerella che fa pensare non all’estate imminente ma all’autunno.
Temperatura 18 gradi; umidità 95 per cento.
Nella
VALLE D’AOSTA dopo trenta ore consecutive di pioggia violenta, la precipitazione è diminuita di intensità-
Vive, vanno facendosi le preoccupazioni sia in campo turistico che alberghiero e in tutta la vallata.
La neve è caduta fino ai 1900 metri di altezza.
Il transito al Piccolo e al Gran San bernardo è possibile solo alle autovetture munite di catene.

Nel BIELLESE continua a piovere.
E’ arrivata un ondata di caldo che ha hatto salire il termometro stamane a 22,5 gradi.
A Cossato, il Cervo, paurosamente ingrossato, ha travolto la passerella di cui si servono agli abitanti di Castellengo e Mottalciata per attraversare il torrente.
Continua il maltempo nel
VERCELLESE.
E’ piovuto tutta la notte, stamane il cielo si è però alquanto schiarito.
Ieri sera, per poco il crollo del soffitto, e di una buona parte del tetto di una casa in riparazione ha fatto due vittime.
Da
GHIFFA, sul Lago Maggiore, si apprendono nuovi particolari sulla frana che ha investito ieri parte del paese e una nota fabbrica di cappelli.
Ieri pomeriggio si erano formati due canaloni, da uno dei quali si è staccata la frana che ha suscitato forse eccessivo.
Non è che a Ghiffa non si siano trascorsi brutti momenti (alcuni operai hanno corso il rischio di essere schiattati da grossi massi), ma la notizia di quella frana, data contemporaneamente a quella della caduta a qualche chilometro di distanza di un altra frana, che aveva interrotto la statale numero 34, aveva fatto ritenere trattarsi di una unica cosa.
Ne si aggiunge l’equivoco sullo sgombero di una parte dello stabilimento e di alcune abitazioni, interpretato come esodo dell’intero paese, si capisce come allarmistica fosse la prima notizia.

STAMANE ALL’ALBA 20 GRADI
CALDO A MILANO
MILANO 13 GIUGNO 1957
Dopo giorni e giorni di pioggia e di cielo grigio, stamane i milanesi si sono finalmente svegliati col sole.
La temperatura nonostante l’uragano che ieri ha imperversato per tutto il giorno sulla città, già fin dall’alba s’era notevolmente rialzata; i termometri dell’osservatorio meteorologico di Linate segnavano 20 gradi.
E secondo i tecnici, un nuovo elemento ( nuovo per quest’anno) si fa luce sulle carte meteorologiche: l’anticiclone delle Azzorre, che sembra volersi spingere fino sulle nostre regioni e regolare di conseguenza l’evoluzione del tempo.

 

 

LA STAMPA SERA 14 GIUGNO 1957
SI SCRUTA IL CIELO NELLE CAMPAGNE ALLAGATE
UN PO’ DI LUCE
TRA LE DENSE NUBI
MA LA SITUAZIONE NON PROMETTE ANCORA NULLA DI BUONO
TREGUA DELLA PIOGGIA
DOPO IL NUOVO VIOLENTO TEMPORALE DELLA NOTTE
TORINO 13 GIUGNO 1957
Un’altra giornata di pioggia?
Dopo gli uragani di ieri sera e il temporale violentissimo di stanotte, i torinesi si sono svegliati stamane sotto un cielo estremamente incerto.
Qualche squarcio di azzurro qua e là, ma nere nuvoloe cariche d’acqua e foriere di altro maltempo coprivano tutto l’arco alpino intorno alla nostra città.
Le campagne sono sempre allagate e sempre più precario appare lo stato delle coltivazioni.
Intanto si attende di conoscere le decisioni che gli organi centrali riterranno di prendere in seguito agli appelli dei parlamentari piemontesi perchè senza indiugio si vada incontro alle tristi condizioni dei contadini che hanno avuto quasi tutto distrutto.
Grano, granoturco, vigneti, riso, alberi da frutta, ortaggi, non vi è coltura che non abbia risentito della eccezionalità della stagione.
Anche per il bestiame si cominciano a nutrire preoccupazioni: manca la possibilità di portare gli animali al pascolo (in valle d’Aosta la neve copre ancora gli alpeggi), non si sa come preparare le riserve di foraggio per l’inverno.
Un molte parti alle preoccupazioni per i raccolti distrutti si aggiungono quelle per i terreni che nelle zone collinose minacciano di franare e di interrompere le comunicazioni.
I corsi d0acqua sono tutti ingrossati; alcuni in procinto di straripare.
Le previsioni di oggi non sono molto più con fortanti di quelle dei giorni scorsi
Una zona di bassa pressione atmosferica localizzata sull’Italia settentrioanle ha dato un nuovo apporto al maltempo con un afflusso di masse d’aria fredda ed umida.
L’area depressiona accenna a spostarsi lentamente verso Est, determinando così un relativo miglioramento delle condizioni atmosferiche sul Piemonte, la Lombardia e la Liguria.
Si tratterà di annuvolamenti irregolari anche intensi, con alternativa di qualche debole schiarita e improvvisi rovesci anche temporaleschi.
In altri termini i risultati della situazione meteorologica, che si va gradualmente trasformando, sfoceranno in una evoluzione molto variabile;
Le conseguenze del maltempo sono ormai molte.
Oltre ai danni nelle campagne, di cui si è detto, in gravi imbarazzi si trovano i negozianti che hanno visto mancare completamente la clientela di primavera e ora temono di perdere anche quella estiva.
Gli albergatori guardano sconsolati il cielo.
Da Milano giunge notizia che molti turisti stranieri, dopo aver visto che la “terra del sole” è invasa dall’acqua, hanno chiesto il rimborso delle spese pagate magari da molti mesi e sono risaliti sui treni che li devono riportare in patria.
In molti uffici stamane per iniziare i turni delle ferie.
Gli interessati non sanno rassegnarsi al pensiero di passare le vacanze sotto la pioggia e prendono accordi, quando possono per rinviarle ad epoca più propizia.

LA STAMPA 14 GIUGNO 1957
DOPO IL GELO, LA BRINA E LE PIOGGE SI TEME UN’ONDATA DI CALDO IMPROVVISO
LA MINACCIA D’UNA CATASTROFE INCOMBE
SU MOLTE ZONE AGRICOLE DEL PIEMONTE
NEL CIRCONDARIO DI MONCALVO
NON POCHI PAESI HANNO PERSO L’80 PER CENTO DELLE COLTURE
NELLE PROVINCE DI ALESSANDRIA E DI ASTI
LA ROVINA SI ESTENDE
NEL NOVARESE E NEL VERCELLESE I DANNI AL GRANO
RAGGIUNGONO I 3 MILIARDI E MEZZO
IN PROVINCIA DI TORINO LA DISTRUZIONE
ASCENDE PER ORA A 5 MILIARDI DI LIRE
SUI COLLI DEL MONFERRATO
ALESSANDRIA 13 GIUGNO 1957

Da Chieri ad Asti, ad Alessandria, da Acqui Terme a Novi Ligure, a Tortona a Casale Monferrato, la prima giornata senza pioggia non ha portato consolazioni: i paesi sembravano deserti, gli uomini con i carri e i trattori infangati erano lungo i loro filari di viti ancora gocciolanti, lungo i loro campi dalle spighe piegate e battute, a tentare un bilancio del danno arrecato da una stagione implacabilmente ostile.
E mentre il cielo ancora cupo e minaccioso rinnovava la paura di altra acqua, l’aumento dell’afa col termometro che nel momeriggio ha segnato ventiquattro e più gradi destava un nuovo e altrettanto grave allarme, quello di un caldo eccessivo e improvviso che succedendo di colpo all’umidità, faccia “prendere la stretta” al grano superstite vuotando di chicchi le spighe, che faciliti il dilagare della peronospora nelle viti.
Provvisorie, incomplete, approssimate, le prime cifre sull’entità del danno subito dall’agricoltura astigiana e alessandrina sono impressionanti: complessivamente, cinque miliardi circa in ciascuna delle due province.
Per quella di Asti, l’Ispettorato dell’Agricoltura calcola che quasi un terzo dell’uva sia andato perduto: è una media che naturalmente tiene conto di località più fortunate.
Ma nella zona settentrionale il danno è stato pressochè totale, pari all’80 per cento in comuni come Calliano, Grana, Alfiano Natta, Odalengo Piccolo; al 70% a Moncalvo e Penango, al 60 – 65 per cento a Castelletto Merli, Montemagno, Casorzo.
Sono percentuali che, per zone che vivono delle loro uve e dei loro fini famosi, significano letteralmente il disastro.
E sono le stesse località , dove anche per i danni al grano, troviamo percentuali altissime del 50 per cento, del 60 per cento e del 70 per cento.
In tutta la provincia di Asti, i calcoli delle autorità indicano per il grano una perdita media dell’otto per cento, ma sono questi i calcoli più difficili anche per i più competenti, con le spighe che appaiono ancora sane e capaci di riprendersi vigorosamente e che sono già semivuote.
Più sensibile infatti la percentuale indicata dal mercato dove il prezzo del grano dell’anno scorso è aumentato di colpo di mille lire al quontale.
Se dall’Astigiano passiamo all’Acquese, la situazione non appare migliore: anche qui ci sono comuni (come Alice Belcolle, Bistagno, Melazzo, Spigno Monferrato, Trisobbio, Cartosio, Ponzone, Roccagrimalda, Cremolino) dove il danno alle viti si aggira sul 60 – 70 per cento e quello al grano sul 20 – 30 per cento.
Tra i filari, si vedono i contadini all’opera colle bombole del solfato di rame intenti alla battaglia con la peronospora che minaccia di dilagare in tanta umidità; una battaglia disperata, che nel tardo pomeriggio ha ripreso a piovere-
Son terre queste anche da uva da tavola: ne vedremo poca quest’autunno.
Ad Alessandria, è stato più difficile ottenere i dati ufficiali, ma le cifre del danno sono all’incirca quelle di Asti: un terzo del raccolto di uva distrutto un decimo di quello del grano; in totale, fra i cinque e i sei miliardi di lire.
Si va, per la viticoltura, dal 20 oer cento del Tortonese al 40 per cento del Casalese.
In questa zona è sembrato che l’inclemenza del tempo si abbattasse nelle ultime settimane in maniera implacabilmente razionale: ha cominciato il gelo a distruggere le uve in certe località di fondo valle nel basso Monferrato, ha continuato la pioggia colpendo anche i vigneti a mezza costa: ed ora si teme allo stesso modo o altre precipitazioni o un caldo troppo intenso e improvviso.
Anche per il grano, è impossibile tracciare oggi un bilancio: occorrerà attendere un paio di settimane, spiare i sintomi della “stretta” o della “ruggine”.
Ovunque, davanti alle proporzioni del danno alle voto e al grano, si acccenna appena ai foraggi dei quali pure è andato perduto il maggengo e problemato appare il taglio di agosto; alla frutta e agli ortaggi, ai granturchi stentati.
E anche soltanto limitatamente all’Astigiano e all’Alessandrino, sono certo altre centinaia di milioni che vanno aggiunti ai miliardi persi nei due principali raccolti.
E’ un quadro generale di estrema gravità quello che si delinea, e in questo quadro cominciano ad affiorare infiniti casi drammatici di singoli agricoltori fra i più colpiti.
In questa situazione, i primi “aiuti” della collettività, appaiono così irrisori che gli stessi incaricati della distribuzione sembrano verognarsene: qualche milione di lire di sementi, qualche milione di sussidi, in due province dove il danno supera la diecina di miliardi.
Gli agricoltori che hanno avuto pià di metà del raccolto distrutto, usufruiranno del singolare privilegio di non pagare a giugno e agosto l’imposta sui terreni, ma solo per sborsare poi tutto insieme ad ottobre, quando procederanno a quel raccolto le cui disastrose previsioni viene concesso il rinvio.
La strada dell’aiuto fiscale, se unita ad interventi diretti della collettività e del governo, è buona ma non può portare soltanto a rinvii parziali, non può risolversi nell’annullamento di un gravame sul reddito di chi reddito non avrà.
Per ora la gente del monferrato è fra i suoi filari, nei suoi campi, a contenere il disastro, a contendere la vite alla peronospora, il foraggio all’acquitrino, la terra all’acqua.
Non è gente abituata all’attesa querula dell’aiuto altrui; per questo, proprio per questo, il suo problema è anche un problema di noi tutti, che impone lo stesso solidale sforzo che il Paese pesse dimostrare per altre popolazioni, in altri gravi momenti.

GIOVANNI GIOVANNINI

 

LA STAMPA 14 GIUGNO 1957
ALLAGAMENTI, FRANE, PAESI ISOLATI
E RACCOLTI DISTRUTTI NEL CUNEESE

Nelle campagne del Cuneese, in queste ore, la preoccupazione si sta rapidamente trasformando in paura e disperazione.
L’80 per cento del reddito della provincia proviene dall’agricoltura.
I contadini delle 96 mila aziende agricole guardano il cielo che continua a rovesciare acqua e si chiedono sgomenti: cosa accadrà.
Piove a dirotto da quindici giorni e oggi pomeriggio, in molte zone, i temporali hanno assunto la violenza del nubifragio.
Le segnalazioni che questa sera giungono alla prefettura sono drammatiche: torrenti e fiumi straripati, strade interrotte per frane ed allagamenti, paesi bloccati, cascinali e ponti pericolanti, linee telefoniche ed elettriche inservibili.
Nei campi gli esili steli del grano sono piegati a terra come falciati; tonnellate di fieno maggengo galleggiano nei prati trasformati in risaia.
Gli alberi da frutto sono quasi spogli e gli orti sono semidistrutti.
Le mandrie già salite agli alpeggi si trovano davanti ai pascoli coperti di neve.
La “brutta annata”, anche per il Cuneese, è cominciata con il gelo e le brinate di aprile ed è proseguita con le piogge di maggio e di giugno.
I danni al momento superano i 10 miliardi di lire per la sola agricoltura.
Il Genio Civile, a sua volta, dovrà spendere anche per ripristino di opere pubbliche almeno mezzo miliardo e l’Amministrazione provinciale valuta ad oltre 100 milioni i danni sinora riportati dalla rete stradale di sua competenza.
La Prefettura sta distribuendo in questi giorni, attraverso gli Enti Comunali di Assistenza, 7 milioni di sussidi ai contadini più colpiti.
Altri 7 milioni si spera di poterli assegnare nel prossimo futuro.
Di fronte al tragico bilancio dei danni sono cifre irrisorie che, per di più, vengono elargite a “titolo di elemosina”.
La definizione non è nostra.
Ci è stato spiegato che per distribuire il poco denaro disponibile come “risarcimento parziale del danno subito” occorrerebbe una legge speciale come è stato fatto per le alluvioni di Calabria.
In mancanza di questa legge si può operare solo attraverso i consueti Enti Comunali di Assistenza che non erogano indennizzi ma sussidi ai poveri.
Una situazione assurda che esige provvedimenti adeguati alla drammaticità del momento.
I contadini chiedono inoltre: l’abbuono delle tasse dell’annata ( non la loro rateizzazione come pare si intenda fare) e la distribuzione gratuita di sementi per il ripristino delle colture distrutte.
Cominciamo con i danni ed i disastri provocati dai temporali di oggi.
I comuni di Argentera, Acceglio, Gaiola e Vinadio sono parzialmente allagati da fiumi e torrenti usciti dagli argini.
Ad Argentera i pompieri sono accorsi con “gruppi elettrogeni” perchè macava la luce.
A Demonte la piena dell Stura minaccia le frazioni di Festiana e Perdioni.
La strada da Sant’Anna alle Terme di Valdieri è praticamente interrotta.
Si temono allagamenti nelle Langhe ed a Santo Stefano Belbo.
Ad Alba le batterie antigrandine hanno sparato per un’ora a ritmo accelerato.
Alle 17 si è gratenato un temporale di violenza inaudita ma senza grandine.
Notizie di grandinate giungono invece da Dogliani, Carrù, Bossolasco, pezzolo, Valle Uzzone e circondario.
I danni sono molto rilevanti.
Risultano interrotte anche alcune linee telefoniche.
A Savigliano, nel tratto verso Marene, oggi la grandine ha colpito una striscia di alcuni chilometri rovinando ogni cosa.
Il torrente Macra è uscito dagli argini allagando la frazione Campasso.
Gli abitanti della zona “Madonna della Neve” sono in allarme.
A Saluzzo il temporale odierno ha arrecato danni ingenti.
Il vento ha sradicato alcuni alberi fra cui un grosso pino caduto sulla facciata del cimitero.
Per sgombrare dagli alberi le strade che da Saluzzo scendono a Pinerolo e Torino è stata necessaria l’opera dei pompieri.
Nell’Albese vi sono una trentina di strade parzialmente franate dove il traffico si svolge con difficoltà.
Un bilancio complessivo dei danni provocati dall’odierno nubifragio non è ancora possibile.
Una cosa purtroppo è certa sono invece i 10 miliardi di raccolto già perduto nelle scorse settimane causa il gelo, le brinate e la pioggia.
FRUMENTO: il danno oscilla tra il 20 e il 40 per cento.
Su una superficie di 80 mila ettari quella colpita è almeno di 25 mila ettari, con un minor raccolto di 230 mila quintali e un danno di miliardo e mezzo di lire.
Per la “ripresa vegetativa” degli steli superstiti c’è ancora tempo al massimo una settimana.
Dopo sarà disastro completo.
I comuni più colpiti sono sessanta.
VITE: su una superficie di 32 mila ettari quelli colpiti sono 5 mila.
Si produrranno almeno 300 mila quintali di uve in meno per un valore di circa 2 miliardi.
I danni, specie per il gelo in alcuni casi raggiungono l’80 per cento.
I comuni più colpiti sono una settantina.
FRUTTA: (pesco, pero, melo, nocciolo, ciliegio).
Nella provincia queste colture occupano 45 mila ettari; la superficie danneggiata più o meno gravemente è di 28 mila ettari con una perdita di oltre 250 mila quintali di prodotto per un valore approssimativo di un miliardo e 500 milioni di lire.
FORAGGI: nella provincia gli ettari “tenuti” a prato sono 140 mila.
Il danno è generale per tutti i 140 mila ettari.
Si calcola che siano andati perduti circa 1 milione e mezzo di quintali di foraggio con un danno di 3 miliardi e mezzo.
Il rimanente miliardo e mezzo di danni deriva dalle coltivazioni di granoturco ormai completamente distrutte e dalle colture orticole quasi totalmente perdute.
Questo drammatico bilancio stasera si è ancora aggravato.
Che i fiumi in piena risparmino almeno le vite umane.

ROVINA INTORNO A TORINO
LA STAMPA 14 GIUGNO 1957
Dovunque, a chi corre in macchina le strade della provincia di Torino è offerto un quadro desolante degli effetti del maltempo sull’agricoltura: vaste distese di terreno sono trasformate in acquitrini; campi di grano e di granturco sono invasi da erbacce; orti già promettenti ricchi raccolti sono ora uniformi pantani senza un filo di verde.
Lo spettacolo più squallido si ha nella zona di Carignano dove il Po è straripato nella tarda mattinata.
Il livello del fiume è salito minaccioso a vista d’occhio, le acque limacciose hanno sommerso un ponte e quindi si son rovesciate fuori degli argini dilagando nelle campagne circostanti.
La strada che collega la frazione Gai con la provinciale Carignano – Villastellone è stata tagliata e quattro grandi cascinali sono rimasti isolati.
Altre vaste distese di terreno sono state trasformate in acquitrini nei dintorni di Chieri: in questi campi tutto il raccolto è andato irrimediabilmente perduto.
Ma non soltanto la pianura ha subito danni: anche le zone colliari e delle prealpi, coltivate in genere a vigneti, sono state gravemente colpite.
Un bilancio è, fino a questo momento, appena approssimativo perchè nessuno ha potuto ancora fare un consuntivo completo in tutta la provincia.
Tuttavia si ritiene che le perdite non siano inferiori a cinque miliardi di lire e che questa cifra sarà superata quando l’Ispettorato dell’Agricoltura avrà i dati definitivi del censimento che ora sta compiento.
Ecco i dati finora raccolti, più eloquenti di ogni sia pur precisa descrizione dello stato delle campagne.
Nel
PINEROLESE (che comprende i ricchi terreni di Pinerolo, Volvera, Airasca, Scalenghe, ecc.) il 30 per cento dei trentamila ettari di coltura irrigua della pianura è stato danneggiato per un valore di circa 900 milioni.
L’ispettore agrario della zona ha rilevato che la maggior parte del fieno maggengo è andato perduto.
Il grano, già danneggiato dal gelo, si è allettato per circa il 40 per cento in seguito alle piogge; ne deriva, che oltre ad essere ritardata la maturazione, verrà impedito il taglio a macchina con grave dispendio di manodopera qualificata.
Gravi preoccupazioni si nutrono per la frutta perchè l’impossibilità di compiere i normali trattamenti preventivi anticrittogamici ha favorito lo sviluppo di molti germi.
Nel
CANAVESE i danni si aggirano sui due miliardi: mezzo per la pioggia, uno e mezzo per il gelo e le grandinate.
La produzione di grano nella zona dell’Epodierese, di Strambino, Caluso, Val Chiusella, e nella fascia che da Piverone lambendo le pendici della Serra porta a Carema alle soglie della Valle d’Aosta, sarà inferiore del 40 per cento rispetto alle annate normali.
Agli 8 mila ettari di terreno coltivati a grano se ne devono aggiungere altrettanti coltivati a granturco la resa sarà inferiore del 20 per cento.
Il raccolto del fieno maggengo, seminato su una superficie di 24 mila ettati, è andato perduto per la metà.
Altre colture danneggiate sono la vite, gli ortaggi, la frutta.
A Cuorgnè i fieni sono marciti e le coltivazioni del granturco immiserite e soffocate da erbacce.
Nelle clline il raccolto delle ciliege è andato quasi completamente perduto mentre assai compromesso è quello delle pesche e delle mele che cadute in gran quantità dalle piante marciscono a terra.
I vigneti hanno subito danni gravissimi ed è incombente il pericolo della peronospora.
A questi danni si aggiungono quelli provocati da piccole frane: a Torre Bairo si è mosso l’alto muro di sostegno della piazzetta della Chiesa.
Sulla comunale Cuorgnè – Valperga l’alluvione del torrente Gallenca ha eroso l’arcata del ponte: il transito è pericoloso.
Dalle zone montagne è segnalato l’arrivo delle prime mandrie di bovini, in ritardo notevole sugli anni normali; nonostante il persistere delle condizioni meteorologiche sfavorevoli i margari sono stati costretti a trasferirsi agli alpeggi a causa dell’esaurirsi delle scorte di foraggi e del rialzo del prezzo del fieni che è passato, in pochi giorni da 1900 a 2500 lire il quintale.
In questa zona le perdite si fanno ammontare a circa 800 milioni.
Ma v’è da considerare un altro grave aspetto economico: la rinuncia, da parte di olte famiglie, alle prenotazioni di alloggi e di camere d’albergo per la villeggiatura.
Nella pianura transpadana (Chieri, Riva, Santena, Cambiano, Poirino, Villastellone, Carmagnola, ecc.) gli ettari coltivati a grano danneggiati per il 30 per cento sono 11.700; un’ugual percentuale di granturco è andata perduta su 2850 ettari.
Nella Cispadana settentrionale (Chivasso, Brandizzo, Bosconero, Borgaro, Rondissone, Rivarolo, San Benigno, Settimo Torinese, Venaria, ecc.),
analoghe perdite si sono avute su 9,400 ettari coltivati a grano, su 3100 a granturco; si calcola che circa mezzo milione di quintali di fieno sia marcito.
Questo è il primo sommario ma disastroso quadro della situazione.
Vi sono però alcune considerazioni dei contadini che occorre riferire.
Essi ora temono che il sole, tanto invocato, risplenda all’improvviso e troppo caldo provocando per il grano il fenomeno della “stretta” con ulteriori perdite in seguito a scarso rendimento delle spighe.
Quanto al granturco ritengono, invece, di poter essere in parte compensati con il raccolto del “quarantino”.

Alcuni esponenti di partito ieri hanno rivolto al presidente della provincia, al presidente della commissione per l’agricoltura, la richiesta di riunire indistintamente tutti i parlamentari della regione per studiare e coordinare i mezzi più adatti per ottenere pronti aiuti alle popolazioni rurali più colpite.

LA STAMPA 14 GIUGNO 1957
ALBERGHI E PENSIONI DESERTE,
PRENOTAZIONI DISDETTE
TEMPORALI SULLE DUE RIVIERE
ED IN TUTTA LA VALLE D’AOSTA
GENOVA 13 GIUGNO 1957

Il maltempo continua ad imperversare a Genova e sulle due Riviere.
Nel tardo pomeriggio d’oggi in città si è scatenato un violento temporale con pioggia torrenziale e scariche elettriche.
Un fulmine è caduto sulla torre degli Embriaci Alta 70 metri, costruita nel XII secolo nella omonima piazza nel centro della città.
La folgore s’è ababttuta sullo spigolo dal lato sud – est della torre, e, rimbalzata sulla cima, ha colpito in pieno un”merlo” provocando la caduta di un lastrone.
Dopo il temporale che è durato circa mezz’ora, ha continuato a soffiare un soffocante vento di scirocco.
Il mare è agitato al largo, e mosso sotto costa.
Il barometro stasera era in diminuzione e le previsioni sono pessimistiche.
Alberghi, pensioni, ritrovi e spiagge sulle due Riviere sono deserti.

AOSTA 13 GIUGNO 1957
Il maltempo persiste sull’intera regione valdostana e anche oggi è piovuto quasi ininterrottamente sino a sera: durante i brevi momenti di sosta il cielo si è schiarito dando l’impressione dell’arrivo del bel tempo, ma subito le nubi hanno riavuto il sopravvento e si sono scatenati violenti acquazzoni.
Situazione non ancora compromessa, ma allarmante anche nel settore turistico dove gli albergatori non ricevono che scarse prenotazioni per la stagione estiva mentre gli anni scorsi a quest’epoca si registravano già gli arrivi dei primi clienti.
Si spera comunque che il tempo debba finalmente rimettersi e le brevi schiarite di oggi potrebbero essere un sintomo: la temperatura è in aumento e oggi il termometro ha registrato +20, cosa insolita dopo il freddo dei giorni scorsi.

APPRENSIONE PER LE RISAIE
LA STAMPA 14 GIUGNO 1957
VERCELLI 13 GIUGNO 1957
Nella cosiddetta zona del riso, ossia nelle province di Novara e di Vercelli, si sono svolte oggi riunioni locali di agricoltori per esaminare le conseguenze del amltempo.
La situazione per i prossimi messi si presenta molto preoccupante.
I danni nelle due province, superano, stando ai cauti rilievi dell’Ispettorato dell’Agricoltura, i 5 miliardi.
Ecco ora un quadro delle rovine più gravi.
Grano – Le sole gelate tardive, e in particolar modo quella della notte sul 7 maggio, ha fatto perdere il 30 – 35% del raccolto del grano in provincia di Vercelli e altrettanto in quella di Novara.
Tradotti in cifre, all’incirca 3 miliardi di lire.
Il gelo ha procurato l'”abordo floreale” per cui la spiga si presenza incompleta.
Maggiormente colpite le zone asciutte del Novarese, la Baraggia del Vercellese e i comuni di Cigliano, Saluggia e Crescentino.
Un altro mezzo miliardo di danni, sempre per quanto riguarda il grano è dovuto alle persistenti piogge, che favoriscono lo sviluppo di malattie di vario genere, come la ruggine e la muffa.
Un ulteriore danno è provocato dall’allettamento, che oltre a far perdere una sia pur modesta aliquota del prodotto, non favorisce l’utilizzazione delle mieti – trebbia.
Foraggio – All’incirca 700 milioni sono andati perduti nel primo raccolto del foraggio, il cosiddetto maggengo.
Delle tre fienagioni questa prima è la più importante, quantitativamente e qualitativamente.
I danni del gelo sono stati trascurabili.
E’ stata invece la pioggia che intralciando la fienagione ha fatto sì che soltanto due quinti del maggengo siano stati immagazzinati in buone condizioni.
Altri due quinti sono di qualità scadente e il resto non troverà altra utilizzazione se non come paglia.
Granoturco – I danni sono inferiori al previsto, in quanso si è avuto un soddisfacente (ricaccio di base) delle piante, come del resto nelle patate.
Si avrà comunque una produzione inferiore a quella dell’anno passato e, tenuto conto che alcuni agricoltori, senza tener presente i cosiddetti Ispettorati agrari, hanno senza indugio provveduto alal risemina, i danni vengono fatti a scendere a 200 milioni per la provincia di Novara e 100 milioni per quella di Vercelli.
Vite – Hanno sofferto le colture vallive e di pianura in provincia di Vercelli (danni per 100 milioni), quelle della collina fra Briona e Romagnano e del Borgomanerese in provincia di Novara (danni per 250 milioni).
Frutteti – Nel Novarese hanno subito maggiori danni (pesche, pere e mele del Vergante per cento milioni) che non nel Vercellese, dove risulta una perdita di una ventina di milioni per le pesche di Borgo d’Ale.
Per quanto riguarda le colture orticole specializzate, una trentina di milioni di danni si sono avuti per la perduta della fioritura delle fragole, prima fioritura corrispondente al raccolto primizie meglio pagate.
Riso – Alcune giornate di vento a metà maggio hanno provocato lo sradicamento delle piantine nei vivai.
La “stagione matta” come la chiamano gli agricoltori, ritarda e ostacola il trapianto.
Il danno viene considerato all’incirca del 25 per cento rispetto al raccolto degli anni normali.
Migliaia di mondine sono costrette a rimanere inattive.

FRANA LA STRADA DEL SESTRIERE
UNA CASA TRAVOLTA DALLA DORA
SUSA 13 GIUGNO 1957
Nel corso di un violento temporale scatenatosi nel tardo pomeriggio nell’alta Valle di Susa, alcune frane sono cadute sulla statale del Monginevro e sulla Cesana – Sestriere.
Il torrente Dora, ingrossatosi improvvisamente, ha provocato il cedimento di buon tratto di massicciata della strada che da Oulx sale a Cesana: il traffico è interrotto al quarto chilometro.
Due squadre di vigili del fuoco sono accorse da Torino per le prime opere di riattivamento, che si prevede saranno termiante entro oggi.
Sulla Cesana – Sestriere, ad un chilometro da Champal du Col, una grossa frana ha interrotto il traffico.
La Dora ha travolto una casetta di Cesana, abitata da tre persone.
Queste avevano già abbandonato lo stabile con le masserizie.

ALLUVIONE IN PIEMONTE

 

14 GIUGNO 1957

IL NUBIFRAGIO: DRAMMA IN VAL DI SUSA
INSEGNANTE INGHIOTTITO DA UNA VORAGINE PRESSO VINADIO

SI ABBATTE SUI PAESI
LA VALANGA D’ACQUA
DEI TORRENTI IN PIENA

FERMATI GLI IMPIANTI DELLA CENTRALE DI CHIOMONTE
UNA CASA TRAVOLTA:
SALVI ALL’ULTIMO MOMENTO GLI ABITANTI
A SUSA: SOMMERSO IL “PONTE DEGLI ALPINI”
AD ULZIO: IN PERICOLO IL PONTE DELLA FERROVIA DI MODANE
AD AVIGLIANA: I VIGILI DEL FUOCO SALVANO I CONTADINI
NELLE CASCINE CIRCONDATE DAGLI ALLAGAMENTI
A SANT’ANTONINO: BLOCCATA LA STRADA STADALE DEL MONCENSIO

PARTITA DA TORINO UNA PRIMA AUTOCOLONNA DI VIVERI
L’intera Valle di Susa è in questo momento in pericolo: il nubifragio scatenatosi ieri sera, proseguito nella notte, ripreso ancora questa mattina con rinnovata violenza ha sommerso strade, asportato ponti, obbligato ad aprire dighe, travolto case, allagato paesi, costretto intere popolazioni ad evacuare in gran fretta.
La linea ferroviaria fra Torino e Modane è interrotta a causa di una frana; le linee telegrafiche e telefoniche con la francia sono state travolte da scoscedimenti di terra sul versante francese del Moncenisio, per cui non è possibile sapere quando le comunicazioni potranno essere riprese.

 

Questo in rapida sintesi è il quadro di una situazione che con il passare delle ore va facendosi disastrosa, prende contorni apocalittici, aggiunge nuove sventure al Piemonte flagellato dal maltempo.
Purtroppo nulla di buono è da attendersi dalle prossime ore.
Il cielo si è di nuovo incupito, le nubi basse, incombenti rovesciano ancora correnti d’acqua scrosciante, altri danno stanno per aggiungersi a quelli attuali che già sono valutabili in decine di miliardi.

L’epicentro della catastrofe è nell’alta Valle.
Le prime avvisaglie, di grandi proporzioni si sono verificate ieri pomeriggio verso le 4.
Un temporale furibondo si è scatenato sulle alture del Moncenisio, il torrente Gioglio è ingrossato con rapidità fulminea tanto che non ha trovato sfogo.
La popolazione per fortuna si è accorta del pericolo imminente ed ha abbandonato le case mettendo in salvo anche il bestiame.
Era tempo: pochi minuti prima delle 4 e mezzo con un terrificante boato, il rio Gioglio ha rovesciato a valle centinaia di migliaia di metri cubi d’acqua mista a massi ed a tronchi d’albero.
Poi le acque hanno continuato a salire, sebbene con minor foga.

LA STAMPA SERA 14 GIUGNO 1957
L’IMPRESSIONANTE EPISODIO DI PRATOLUNGO SOPRA VINADIO
SPARI’ FRA IL FANGO
MENTRE ERA CON LA FIDANZATA
L’INSEGNANTE DALLA STRADA OSSERVAVA CON LA RAGAZZA
LO SPETTACOLO DELLA PIENA DELLA STURA
A UN TRATTO LA TERRA SI APRIVA SOTTO I PIEDI
MENTRE LA DONNA RIUSCIVA A SALVARSI EGLI VENIVA INGHIOTTITO
LA SALMA NON ANCORA RECUPERATA DAL TORRENTE STRARIPATO
DEMONTE 14 GIUGNO 1957
Demonte, minacciata come Vinadio, argentera e tutta l’alta valle dalla piena del fiume Stura – che ha già travolto i ponti di Ferdioni e Festiona – è da ieri sera sotto l’impressione della tragica scomparsa di un giovane insegnante della scuola di avviamento locale, il trentenne Mario Melchio, inghiottito da una voragine.
Si tratta della prima vittima umana nel Cuneese di questo tremendo scatenarsi primaverile degli elementi.
Sull’impressionante episodio, avvenuto nel paese di pratolungo, sopra Vinadio, mancano ancora particolari precisi dato che le comunicazioni telefoniche con l’alta valle sono tuttora interrotte per il maltempo.
Comunque i fatti si possono così ricostruire.
Il Melchio era salito nel pomeriggio di ieri, verso le 17, in motocicletta all’alpestre centro per andare a trovare la fidanzata che fra breve avrebbe dovuto portarlo all’altare.
Nonostante la pioggia, il Melchio e la fidanzata – Emilia Margaria, di 24 anni – erano usciti per assistere dalla strada alla devastatrice opera del torrente straripato.
Lo spettacolo era apocalittico: le acque tumultuose avevano sommerso i terreni circostanti e sfioravano la strada.
Ad un tratto avvenne l’imprevedibile.
Il Melchio si sentì mancare la terra sotto i piedi: l’erosione sotterranea delle acque era giunta fin sotto la strada e aveva aperto improvvisamente una voragine.
L’insegnante sparì in questa voragine sotto gli occhi terrorizzati della giovane donna.
Questa fece appena in tempo a tirarsi indietro; vide il suo fidanzato inghiottito dal fango e dalle acque della Stura, scorsa ancora una mano agitarsi al di sopra del gorgogliare tumultuoso, poi più nulla.
Salva per miracolo, la ragazza rimase li per li come inebetita; quando si riprese corse urlando a casa a dare l’allarme.
Giunsero carabinieri, valligiani, finanzieri, vigili del fuoco che per tutta la notte, servendosi di fari o torce, hanno esplorato le limacciose acque del fiume in piena.
Fino a stamane la salma del maestro scomparso non è stata ancora ritrovata.
Da ulteriori particolari si apprende che il Melchio era salito a Pratolungo per recare aiuto alla famiglia della fidanzata, che ha la casa sulle sponde della Stura e che, per un vago presentimento temeva in pericolo.
Quando giunse sul posto, comprese subito che i suoi timori erano più che fondati; i Margaria erano occupati a portare in salvo le masserizie perchè le acque stavano per invadere la loro casetta.
L’insegnante si adoperò a dare una mano ai Margaria e cercò anche di sbarcare le acque con mezzi di fortuna.
In un momento di riposo, mentre stava con la giovane promessa sposa osservava l’opera disastrosa del fiume avvenne quanto abbiamo già narrato.
Stamane con le autorità provinciali è salito in valle Stura anche l’Arcivescovo, che ha recato il conforto della sua parola ai danneggiati dell’alluvione e le condoglianze ai familiari dell’insegnante così tragicamente perito.
A cuneo stanotte una casupola presso la Stura è stata invasa dalle acque, ore di angoscia ha vissuto una povera vecchietta che è stata tratta in salvo a stento dai vigili del fuoco e da alcuni volenterosi.

GAETANO MOLINO

LA STAMPASERA 14 GIUGNO 1957
BUSSOLENO 14 GIUGNO 1957
All’ultima ora il nostro inviato ci telefona:
A Bussoleno è saltato il ponte della diga del Cotonificio Valle di Susa, i tronchi si sono ammassati contro il ponticello e l’hanno divelto.
I vigili del fuoco di Torino e il personale del “Valle di Susa” cercano di eliminarlo per intero per far defluire l’acqua che ha allagato Bussoleno.
Poichè il livello sta aumentando, e se non si riesce a far saltare anche il resto di questo ponte, almeno due terzi del paese saranno per intero allagati.
A San Valeriano, frazione di Borgone, i vigili del fuoco hanno salvato in barca la famiglia del custode della centrale: i coniugi Riccardo e Pierina Traverso, il figlio Franco di sei annie Angelo Perdomo.
Il salvataggio ha richiesto più di un’ora.
A susa parte della spalliera del ponte “degli Alpini” è crollata.
A Bardonecchia, poco prima di mezzogiorno, è franato il ponte che scavalca il torrente lungo la centrale via Torino.

 

LA STAMPA SERA 14 GIUGNO 1957
FIUMI E TORRENTI IN PIENA
SEMINANO DISTRUZIONE E TERRORE
CAMPANE A MARTELLO NEI PAESI
LE ACQUE DEL PO HANNO ROTTO GLI ARGINI
DA OGNI PARTE UN GRIDO DI ALLARME PER IL PERICOLO CHE INCOMBE
SITUAZIONE DRAMMATICA A CASALGRASSO, CARMAGNOLA
LOMBRIASCO E LUNGO LA VALLE CHISONE
NELLA NOTTE I CONTADINI FUGGONO DALLE CASCINE
PER SCAMPARE ALLA PIENA CHE SALE SENZA TREGUA
NUMEROSE FAMIGLIE ISOLATE NELLE CAMPAGNE
SUL VARAITA E SUL MACRA, PONTI CHE MINACCIANO DI CROLLARE
SOTTO L’IMPETO DEI TRONCHI TRASCINATI A VALLE DAI VORTICI
MOLTISSIME STRADE INTERROTTE FRA FRANE
BLOCCATE LE COMUNICAZIONI CON PRAGELATO
IL TELEFONO NON FUNZIONA CON MOLTO COMUNI COLPITI DALL’ALLUVIONE
L’INTERESSAMENTO DEI PARLAMENTARI PIEMONTESI

La lieve speranza in un miglioramento delle condizioni meteorologiche, sorta nel pomeriggio di ieri con l’apparizione, fra gli squarci della nera nuvolaglia, di un pallido sole, ha avuto breve durata:
prima ancora che calasse la sera il cielo si era nuovamente coperto di una fitta ed uniforme coltre plumbea e l’acqua ricominciava a cadere ora con violenti scrosci temporaleschi accomagnati da tuoni, ora sotto forma di fine pioggerella di carattere autunnale.
La situazione, già precaria si è pertanto ulteriolmente aggravata, alcuni corsi d’acqua sono usciti dagli argini, vaste zone di terreno sono state allagate.
Particolarmente allarmante è la situazione in tutta la zona percorsa dal Po compresa fra Pancalieri e le porte di Torino.
Infatti il fiume è straripato in più punti allagando una larga fascia di terreno che si estende per oltre un chilometro dall’una e dall’altra sponda e ad aumentare la rovina hanno concorso alcuni torrenti ingrossati paurosamente.
A monte di Carignano il Po è uscito dall’alveo in più punti e le sue acque limacciose e turbinose si sono rovesciate sulle campagne di Lombriasco, Pancalieri, Casalgrasso, Faule, Polonghera.
Gli straripamenti più imponenti si sono verificati presso Casalgrasso e Lombriasco.
Da quest’ultima rotta le acque si sono dirette verso Campagnino e Ceretto ed hanno intaccato la circonvallazione della strada statale.
Alcune case minacciano dic rollare.
A Casalgrasso le turbinose acque del fiume si sono rovesciate fuori dagli argini in direzione di Pancalieri giungendo fin presso Racconigi.
Molti contadini, impauriti, nella notte hanno cominciato a portare via il bestiame verso località che per ora non sembrano minacciate da allagamenti.
A Casalgrasco si sono vissuti momenti drammatici quando le campane suonate a martello hanno svegliato nel cuore della notte le popolazioni del grosso centro e quelle disseminate nelle campagne.
I contadini sono dovuti accorrere per aiutare a tamponare le falle.
Qui la situazione si è fatta estremamente grave perchè anche il torrente Maira è gonfiato paurosamente.
L’arginatura sulla sponda sinistra, che difende un vasto territorio e l’intero abitato, è seriamente minacciata.
Squadre di volonterosi hanno cominciato a lavorare stanotte – ancora continuano stamane – per scongiurare il grave pericolo.
Il ponte sulla provinciale Carmagnola – Casalgrasso minaccia di crollare da un momento all’altro per i numerosi alberi di alto fusto che ne ostruiscono le carcate formando una specie di diga.
Anche il Varaita è in piena paurosa: i due torrenti non riescono più a smaltire le loro acque nel Po.
Ben 25 sono le case abbandonate in queste località.
Nella vicina zona di Carmagnola oltre alla pioggia è caduta, nella scorsa notte anche grandine.
Il torrente Maletta è straripato nei pressi di Borgo San Bernardo: il torrente Maira, rigonfio di acque turbinose e velocissime, è uscito dal letto nella campagna fra Borgo San Bernardo e la Motta.

Anche qui un altro ponte è in pericolo a causa di grossi tronchi di pioppo che durante la notte sono stati trascinati contro i piloni ed hanno ostruito in parte le arcate.
Sono stati chiamati tecnici e uomini del Genio civile e i pompieri di Torino perchè provvedano a rimuovere l’ostruzione.
Purtroppo sia il livello del Po che quello dei torrenti continua ad aumentare velocemente e senza sosta.
Le acque del fiume nelle ultime 12 ore sono salite di oltre due metri e stamane il ritmo di innalzamento aveva superato i 20 centimetri all’ora.
Non poche sono le situazioni drammatiche: di parecchie famiglie rimaste isolate nelle cascine non si hanno notizie.

Ad esempio non si conoscono le condizioni delle 10 persone ( di cui 6 bambini) bloccate nella cascina “Macchina” fra Casalgrasso e Polonghera.
Dalle ore 5 di stamane e fino alle ore 11 siè temuto per la sorte di un giovane della nobile famiglia Radicati di Primeglio il qualche aveva voluto inoltrarsi nella campagna allagata, fra Carmagnola e Carignano, per raggiungere la cascina Betlemme di sua proprietà, in cui i suoi mezzadri erano stati bloccati.
Finalmente egli ha potuto segnalare che tutti errano in salvo ma purtroppo senza viveri.
Non si sa però come rifornirli perchè qui non vi sono barche, e quelle ormeggiate sul Po sono state portate via dalla piena e altre non è stato possibile inviarne perchè attualmente tutti i mezzi dei pompieri e del Genio sono attualmente dislcati in altre località.
Nella zona di Cuorgnè si è scatenata, a partire dalle ore 23, una serie di temporali violentissimi con enormi rovesci di acqua.
Il grado massimo di intensità delle precipitazioni è stato raggiunto stamane alle ore 7.
Aveva cominciato anche a grandinare, ma il pericolo è stato scongiurato grazie all’entrata in funzione delle batterie antigrandine.
L’erogazione della luce elettrica è da qualche ora interrottà.
Anche il Pinerolese è sotto l’incubo dei torrenti in piena.
Il Chisone ha provocato diverse frane.
La strada per il Sestriere è interrotta fra Pinasca e Perosa Argentina e oltre Pragelato che per parecchie ore è rimasto bloccato.
La Val Germanasca è rimasta completamente isolata.
Una grossa frana ha interrotto per oltre 50 metri la strada di fondovalle tra Perraro e Praly travolgendo i solidi muri di sostegno; per cui occorrerà, almeno un anno per rimetterla in efficienza.
La linea telefonica è interrotta in più punti.
La valle è perciò rimasta tutta isolata.
Pure interrotte da frane sono le strade per Massello, Salsa e Fontane.
In pianura a Garsigliana, il torrente Chisone ha rotto gli argini allagando la frazione Baite, dove la situazione si fa di ora in ora più grave.
Alcune case allagate minacciano di crollare.
La popolazione della frazione ha chiesto soccorsi ed è tutta duramente impegnata in arginature provvisorie onde difendere le case dalle acque.
Quattro gravi interruzioni sono segnalate nella statale 26 in seguito allo straripamento della Dora: a Settimo Vittone, Arnas, in due punti a Morgiove ( presso la centrale elettrica).
La centrale elettrica di
BREIL (a circa due chilometri e mezzo da Chatillon) è allagata, tanto che è stato necessario l’intervento dei pompieri di Chatillon.
Si segnala una frana sulla strada di Cervinia, nei pressi di Valtournanche.
La linea ferroviaria funziona invece regolarmente.
A Vische l’allagamento della Dora aumenta sempre più: gli abitanti delle cascine Luigina, Gerbido e Monessa sono completamente isolati.
Pure le comunicazioni telefoniche hanno subito danni.
E stato interrotto un cavo tra Ulzio e Cesana; si riesce a parlare con i centri di questa zona attraverso la deviazione per Pinerolo ma le comunicazioni sono precarie.
E’ stato interrotto il circuito Bardonecchia – Modane perchè un torrente fatto cadere i pali e portato via un cavo nei pressi della frontiera.
Ad Ulzio è grollata una cabina della “Stipe”.

LA STAMPA SERA 14 GIUGNO 1957
DRAMMATICI EPISODI DI SALVATAGGIO
A TORINO: UN CAMPEGGIATORE BLOCCATO SU UN ISOLOTTO
AL CENTRO DELLO STURA
A CARIGNANO: UN MANOVALE TRAVOLTO DA UNA DRAGA CHE SI ROVESCIA

Mattinata drammatica nella caserma dei vigili del fuoco in corso Regina Margherita: il telefono ha suonato ininterrottamente, tutti gli uomini, tutti i mezzi sono stati mobilitati.
Le squadre che rientravano dai servizi meno difficili venivano subito avviate in altre località dove la loro opera era attesa d’urgenza.
“Neppure ai tempi delle grandi alluvioni del Polesine – confidava un veterano dei vigili del fuoco – ci siamo trovati in tali difficoltà”.
I servizi più difficili sono stati richiesti da tutte le località della provincia, in citt, fortunatamente, la situazione era assai meno grave.
Il primo allarme è venuto all’alba dalla Valle di Susa: Avigliana, Condove, Sant’Antonino.
Poco dopo giungevano appelli dalla Val Chisone: una squadra partiva per Pragelato, un’altra per Sestriere dove si segnalavano frane ed allagamenti.
Intanto giungevano le prime chiamate in città: fortunatamente non si trattava che di cantine allagate ed i Vigili del fuoco potevano essere nuovamente disponibili presto.
Il telefono squillava da Villarfocchiardo e da Cesana Torinese: altre squadre partivano.
Poi una voce contata da Borgone: “Presto, c’è una famiglia isolata.
Bisogna arrivare con le barche per Salvarla”.
Anfibi e mezzi partivano verso Carmagnola, Carignano e Casalgrasso.
In città c’era un’officina allagata, un uomo da salvare, bloccato in mezzo alla Stura.
Intanto dalla zona di Carmagnola si chiedevano altre barche: “c’è molta gente bloccata nelle cascine.
In qualcuna di esse non hanno provviste e viveri e ci sono dei bambini affamati”.
Purtroppo, questa volta, i pompieri dovevano rispondere di non poter fare nulla.
Le barche erani impegnate in altre zone, dove c’erano vite umane in pericolo, non si poteva richiamarle.
A Torino, sulle acque tempestose della Stura in piena, un gruppo di Vigili del fuoco ha rischiato la vita per raggiungere e salvare un giovane campeggiatore di 30 anni.
Questi aveva sistemato la sua tenda su un isolotto asciutto, circa 200 metri a monte del ponte ferroviario, in località “Pilone di Sant’Antonio”.
L’improvviso rigonfiarsi del torrente aveva isolato il poveretto mentre il livello continuava a crescere minacciando di sommergere l’isolotto.
Dopo una difficile lotta con le onde, i pompieri sono riusciti a portare a riva lo studente, il quale non si era reso conto del pericolo che stava per correre.
Un altro drammatico salvataggio è avvenuto a Carignano: vicino al ponte sul Po, in direzione di Carmagnola, una grossa drava stava per essere travolta dalla furia del fiume.
Verso le sei di stamane due manovali si arrampicavano su di essa per rinforzare gli ormeggi.
In quel momento la draga si rovesciava: uno dei due uomini si accorgeva in tempo del pericolo e riusciva a mettersi in salvo: l’altro, Desiderio Audagna, di 30 anni rimaneva imprigiovano fra le corte.
Sarebbe annegato senza l’intervento di un esperto barcaiolo, Luigi Tarditi, che riusciva a portarlo a riva a rischio della sua stessa vita.
L’Audagna è ricoverato all’ospedale di Carignano, ma le sue condizioni non sono gravi.
Nel complesso la situazione della città di Torino non è molto allarmante, anche se il Po continua a crescere ed ha già invaso i Murazzi.
In via Caselette 11, l’acqua ha invaso l’officina per la pulitura dei metalli di Vincenzo Parisi.
I macchinari, eccetto i torni fissati al pavimento, sono stati sgomberati, i muri perimetrali minacciano di crollare.
Tra sassi e San Mauro, all’altezza della confluenza del Po e della Stura, una colossale draga è rimasta isolata in mezzo al fiume e rischia di essere portata via dalla corrente.
In molte zone si sono avute interruzioni dell’energia elettrica in seguito ai danni causati dal maltempo alle centrali ed alle reti di distribuzione.

LA STAMPA SERA 14 GIUGNO 1957
ALLARME IN VAL DI SUSA
PER LA PIENA DELLA DORA
In questo momento gli abitanti di Novalesa e della frazione di Santa Maria sono in grave pericolo.
Gli altri tre torrenti, paralleli al Gioglio, ciè il Malo, il Claretto ed il Maderello, hanno assunto aspetti impressionanti e si precipitazioni a valle muggendo, con una furia che sembra tutto travolgere.
Le conseguenze del nubifragio sull’alta Valle di Susa si sono fatte sentire lungo tutto il percorso del grande solgo alpino, a distanza di ore.
Nella città di Susa, la Dora ha toccato nel corso della notte un livello quale nessuno ricorda.
Il ponte “degli Alpini” è sommerso, l’acqua passa al di sopra della massicciata stradale, si teme che le arcate non possano resistere.
Lo spettacolo della Dora in piena è spaventoso.
A mano a mano che si scende verso valle, incomincia il triste spettacolo dei campi allagati e devastati: la Dora in molti punti ha praticamente cambiato corso, tagliando anche ed esercitando una così potente opera di erosione lungo i fianchi, da asportarne fette di dimensioni enormi.
A San Giuliano di Susa, gli abitanto sgombrano in tutta fretta le case, portando con sè quel poco che possono.
Gli stabilimenti della nova e della IMP hanno rimandato a casa i pochi operai che si erano presentati al lavoro: l’acqua è entrata nelle officine, si presenta la possibilità che molte macchine vengano danneggiate, che diversi dipendenti debbano restare inoperosi.
Anche in altri paesi che fino a questo momento si ritenevano al sicuro, sono stati allagati.
A Villadora, Sant’Antonino, Sant’Ambrogio l’acqua corre per le strade del paese, ha tramutato gli ampi cambi dei dintorni in laghi in cui galleggiano tronchi, cespugli, ammassi del maggengo già tagliato da giorni, che i contadini non hanno mai potuto raccogliere, detriti di ogni genere.
L’elenco delle calamità continua.
Il torrente Gravio è diventato un fiume di melma incontenibile, Villarfioccardo è allagata.
A Sant’Antonino in poche ore l’altezza dell’inondazione ha raggiunto il mezzo metro, la strada statale numero 25 è interrotta fra Sant’Antonio e Borgone; altrettanto si deve dire purtroppo della strada ex – Militare ( conosciuta con il nome o “raddoppio”) costruita da un grande scoscedimento di terra fra Almese e e Novaretto.
In questo punto la furia dell’alluvione è stata talmente improvvisa, che molte persone hanno corso il rischio di restare annegate nelle loro stesse abitazioni.
I pericoli peggiori sono stati corsi nei dintorni di Avigliana.
Alla cascina Tossi, la famiglia Bonadero ha dovuto essere evacuata in gran fretta dai vigili del fuoco giunti da Torino al comando dell’Ingegner Consiglio.
Gran parte del bestiame è però rimasto nelle stalle, da lontano si sentono le mucche muggire disperatamente, mentre l’acqua continua a salire e sta per sommergerle.
Nulla è possibile fare per portarle in salvo: significherebbe mettere in pericolo troppe vite umane.
Altri contadini sono stati evacuati dai vigili del fuoco della nostra città che hanno lavorato per tutta la notte, con la solita abnegazione, sotto scrosci d’acqua che a tratti raggiungevano l’aspetto di un diluvio.
Fino a questo momento abbiamo parlato dei danni subiti dalla valle del Moncenisio e dal ramo centrale della valle di Susa.
Non minori sono i disastri in quel ramo che da Susa risale verso Bardonecchia da una parte e Cesana dall’altra.
La situazione di Ulzio è più che allarmante.
Il ponte su cui transitano i treni della ferrovia per la Francia, a duecento metri dalla stazione venendo da Torino, è in pericolo, i convogli sono costretti a transitare a velocità ridottissima; un altro ponte ( che per fortuna in questi ultimi tempi non era più utilizzato ) è precipitato nel corso della notte.
La Dora ha infranto gli argini a circa due chilometri a valle di Ulzio, nei pressi della frazione Moretta, ed una casetta è stata asportata dalla furia del torrente dilangante.
Quattro persone si sono messe in salvo all’ultimo momento, allarmate dal fatto che le acque minacciose erano giunte rapidamente a lambire le mura delle loro abitazioni.
Tutte hanno trovato rifugio presso conoscenti, ma non sono riuscite a salvare nulla dei loro beni.
La strada statale per il valico del Monginevro è stata asportata per un tratto lungo circa 300 metri, a due chilometri da Ulzio.
Anche in questa zona carabinieri e alpini si sono prodigati per tutta la notte, accorrendo nei luoghi in cui si trovavano a repentaglio vite umane.
Decine di abitanti hanno potuto essere evacuati in jeep od in barca.
A Cesana Torinese, una piccola centrale elettrica è stata letteralmente strappata alla montagna come un minuscolo fuscello; la diga che la alimentava, a quanto si teme, non riesce più a contenere la furia del torrente che preme contro la muraglia.
Nei dintorni, la strada per Rollierca è franata; questa frazione, assieme a Busson, sono allagate.
Per raggiungere Cesana Torinese è ora necessario passare per il colle del Sestriere, ma anche questa “statale” sembra ora interrotta nei pressi di pragelato.
Preoccupazioni si nutrono pure per la centrale elettrica di Chiomonte.
L’ingegnere Brunetti, direttore dell’azienda elettrica municipale ed il professor. Colonnetti si sono recati sul posto per esaminare i provvedimenti di più immediata urgenza onde evitare che l’allagamenti si muti in un disastro.
A Bardonecchia è stato necessario distruggere il ponte sul torrente omonimo, che ostacola il deflusso delle acque.
Una frazione, chiamata “Difensiva”, è stata così salvata da una sicura inondazione.
La frazione Rochemolles è rimasta senza luce ed isolata; tre case hanno dovuto essere sgomberate in gran fretta.
Sul versante francese delle Alpi il maltempo ha provocato e sta provocando danni come in Italia.
Fra l’altro una frana si è abbattuta sulla linea ferroviaria fra Modane e Saint Jean de Maurienne, cioè sul proseguimento del tratto Torino Bardonecchia.
Il passaggio dei convogli ferroviari, già difficile sul percorso italiano è pertanto totalmente impedito.
L’ultimo treno giunto in Italia è quello che arriva a Torino alle 7,30.
Poichè la stessa frana ed altre di minore entità hanno travolto pure la linea telegrafica e la linea telefonica, si ignora, almeno per il momento se i lavori di riattamento abbiano già potuto avere inizio e fino a quando potranno durare.
In questo stato di incertezza il Compartimento ferroviario di Torino ha preso la decisione di deviare il transito fra la nostra città e la Francia attraverso la linea Santhià – Domodossola – Sempione.
Verso le 18 un pallido sole si è fatto strada tra la nuvolaglia ancora densa, ma la furia delle acque non è ancora cessata.
Occorrerà molto tempo prima che i torrenti abbiano scaricato tuttà l’acqua che, come in un gigantesco imbuto, stanno convogliando lungo tutta la valle di Susa.
Le ultime notizie segnalano che mentre i pericoli si sono fatti meno gravi nell’alta valle, lungo il resto del percorso invece incombano ancora minacce di altri disastri.
Nei centri al di sotto di bussoleno, le acque continuano ad aumentare.
L’epicentro, a quanto si può desumere da notizie forzatamente frammentarie ed incerte, si va spostanto nella zona che si stende attorno a Sant’Antonino, Sant’mbrogio, Villardora.
In questi centri l’acqua ha toccato in certi punti, un’altezza di quasi un metro e mezzo.
I raccolti ormai possono dirsi integralmente distrutti, ma anche molte case, ponti, strade, dovranno essere riattati a fondo.
Una catastrofe, quella che ha colpito questa parte del Piemonte, quale da anni ed anni, da decenni non si era lamentata.
All’ultima ora si apprende che anche i grandi stabilimenti della Magnadyne e dei cotonifici della valle di Susa hanno rimandato a casa gli operari.
I vigili del fuoco della nostra città sono ancora sul posto.

UN COMUNICATO “SIP”
SULLA DIGA DEL MONCENISIO
La Direzione della S.I.P comunica:
“La notizia che al Moncenisio sono state aperte le saracinesche per evitare il crollo della diga è destituita di fondamento.
L’invaso del lago del Moncenisio è attualmente appena al 35% della sua capacità e continua regolarmente senza destare alcuna preoccupazione, contribuendo anzi a ridurre l’afflusso delle acque verso valle.
Nelle ultime 24 ore è stato infatti trattenuto nel lago circa un milione di metri cubi d’acqua e inoltre vi si sta pompando anche l’acqua che affluisce alla sottostante presa di San Nicolae.
Sono così altri 40 mila metri cubi d’acqua al giorno che sono trattenuti dagli impianti del Moncenisio.
“Altrettanto dicesi per i laghi della Valle d’Aosta, il cui invaso è ancora inferiore al 20 per cento della loro capacità massima, anche per questi laghi continua normale l’invaso a tutto beneficio della sottostanti valli”.

STAMPA SERA 14 GIUGNO 1957
L’INVIO DI SOCCORSI
REPARTI DEL GENIO
PRONTI A PARTIRE
Un’autocolonna di soccorso della Prefettura è partita poco dopo mezzogiorno alla volta di Cesana:
L’organizzazione dell’opera di assistenza degli alluvionati è stata assunta dal prefetti, dott. Saporiti.
Sono stati acquistati 19 quintali di viveri di vario genere: pane, marmellata, formaggio, biscotti e carne in scatola.
Le segnalazioni giunte dalla Val di Susa avvertivano che difficilmente dei grossi autocarri sarebbero riusciti agiungere a destinazione per cui la prefettura ha incaritato del trasporto la Polizia.
I viveri sono stati sistemati su camionette che, per le loro caratteristiche potranno superare le zone su cui si sono abbattute delle piccole frane.
Reparti del genio sono consegnati nelle caserme, pronti a partire verso i luoghi colpiti, non appena la Prefettura ne farà richiesta.

SAVIGLIANO MINACCIATA
DALLE ACQUE DEL MACRA
SAVIGLIANO 14 GIUGNO 1957
I pompieri di Savigliano, aiutati da agricoltori della zona, hanno lavorato tutta la notte per cercare di costruire dei ripari all’irrompere delle acque del Macra, che hanno rotto gli argini in regione Campasso, allagando le campagne circostanti i cui raccolti sono andati distrutti.
Tutti gli abitanti della zona compresa nel triangolo fra la statale Torino – Cuneo, via Saluzzo, e la strada per Monasterolo, questa notte non hanno dormito: diverse abitazioni sono state sgomberate.
Verso le ore 10 di stamane un nuovo allarme ha fatto soccorrere i tecnici del Comune nei pressi della Colonia Elioterapica in regione Becco d’Annia, dove il macra minaccia di infrangere i ripari di recente costruzione e di infiltrarsi nel Rio Chiaretto.
Cioò provocherebbe un immediato pericolo per Savigliano stessa, che potrebbe venire in parte allagata, come già nel 1948-49.

NELL’ALTA VAL VARAITA
ISOLATO DALLA PIENA
IL BORGO DI PIANALE
SALUZZO 14 GIUGNO 1957
Una situazione di allarme si è determinata questa notte in alcuni centri dell’alta valle Varaita.
Drammatiche ore hanno vissuto gli abitanti di Chianale, Pontechianale,Casteldelfino e Sampeyre, seriamente minacciati dalla furia delle acque del Torrente Varaita, che in seguito al violento temporale di questa notte sono paurosamente ingrossate.
Il piccolo agglomerato di Chianale, l’ultimo paese della valle, è ora isolato.
Piccole frane e le acque hanno infatti bloccato la stretta camionabile che da Pontechianale sale a Chianale.

PER LE PIOGGE
TRAVOLTO DAL CROLLO
DELLA SUA CASA A IMPERIA
IMPERIA 14 GIUGNO 1957
Un boato ha svegliato alle 5 di stamane gli abitanti del piccolo paese di Villa San Pietro: era crollato parte dell’alloggio abitato dal calzolaio Giovanni Vescino di 58 anni.
Questi è stato rinvenuto sotto le macerie, nella stalla.
Il crollo del tetto della casetta, a seguito del cedimento di alcune travi da imputarsi alle prolungate piogge di questi giorni, determinava il crollo del pavimento di una camera in cui si trovava il Vescino.
Questi è stato ricoverato all’ospedale della nostra città in grave stato per la frattura del bacino e di una gamba.

PIOGGIA DIROTTA
SULLE DUE RIVIERE
GENOVA 14 GIUGNO 1957
Imperversa il maltempo a Genova e sulle due Riviere.
Dopo il breve ma violento temporale di ieri pomeriggio, il cielo è rimasto nuvoloso e stamane è ancora piovuto.
Soffia un forte vento di scirocco: fa caldo ed il mare è leggermente mosso.
Ieri due turisti tedeschi rimasti sconosciuti, che si erano avventurati al largo con una piccola imbarcazione nei pressi di Voltri hanno rischiato di naufragare.
Sono stati salvati dal pronto intervento dei pescatori.
Il persistere del maltempo ha causato inevitabili danni al settore alberghiero delle due riviere.
L’afflusso dei turisti, infatti, specialmente nazionali, è notevolmente ridotto, a differenza degli scorsi anni in questa stagione.
Solo gli stranieri frequentano le Riviere.
Non si hanno a registrare nè frane, nè interruzioni stradali, nè allagamenti.

PIOGGE TORRENZIALI
RAFFICHE DI VENTO
SCARICHE ELETTRICHE
UNA NOTTE TEMPESTOSA
SU TUTTO IL PIEMONTE
MINACCIA DI CEDIMENTO DELLA LINEA ASTI – TORINO
PRESSO SAN PAOLO SOLBRITO
IL TANARO STRARIPATO NELL’ASTIGIANO,
IL GRANA NEL CASALESE,
MENTRE IL PO E IL SESIA CRESCONO A VISTA D’OCCHIO
FRANE E ALLAGAMENTI NEL CUNEESE: ALCUNI PAESI RISCHIANO
L’ISOLAMENTO NELLA VALLE STURA DI DEMONTE
PREGHIERE PROPIZIATORIE NELL’ALESSANDRINO,
UN “PELLEGRINAGGIO DI PENITENZA” AL SANTUARIO DI OROPA
Il maltempo continua in tutto il Piemonte aumentando il disagio e i danni nelle campagne e aggravando la situazione delle colture agricole già colpite in precedenza dal gelo e dalla brina.
Stanotte su quasi tutto il Piemonte si sono scatenati violenti temporali.
Ad
ASTI l’acquazzone è avvenuto verso le ore 3 con lampi e tuoni.
La pioggia è caduta a catinelle per oltre un’ora, accompagnata da un forte vento.
Stamane il cielo si mantiene nuvoloso e minaccioso.
Temperatura 10 gradi.
A causa delle continue piogge la massicciata della linea ferroviaria Asti – Torino minaccia di crollare nei pressi del cavalcavia di San Paolo Solbrito.
Il fiumeTanaro è notevolmente ingrossato e ieri è straripato in alcuni punti, senza gravi conseguenze per ora.
Un furioso temporale, con piovaschi e ripetute scariche elettriche, alle 4,30 di stamane ha dato la sveglia alla popolazione di
CASALE MONFERRATO e dei paesi vicini; poi, verso le 7, le nubi si sono squarciate lasciando intravedere qualche pò di sereno.
Il cielo permane comunque sempre minaccioso, i corsi d’acqua del Casalese sono tutti in piena; il Po e il Sesia crescono a vista d’occhio, il Grana è straripato in territorio di Giarole.
Ad
ALESSANDRIA la curia vescovile ha disposto che ogni sacerdote, celebrando la messa, reciti la colletta “Ad Petendam Serenitatem” perdurando il maltempo che danneggia le campagne.
Tecnici del settore agricolo stanno eseguendo sopraluoghi e accertamenti per stabilire esattamente l’entità dei danni cagionati dalle calamità atmosferiche.
Stamane è tornato il sole dopo il temporale di questa notte con caduta di fulmini in città e nelle campagne ma senza danni.
Nella zona di
NOVI LIGURE stamane è cessato di piovere.
Soffia un vento caldoe afoso.
Il termometro, che nelle prime ore di ieri mattina segnava 10 – 11 gradi, stamane alle ore 8 ha già raggiunto i 22 gradi.
Pure nella vallata del Borbera è cessato di piovere.
Nel tardo pomeriggio di ieri si era scatenato un violento temporale.
I corsi d’acqua della zona Scrivia, Lemma e Borbera, sono sempre in piena.
Durante la notte violenti temporali si sono nuovamente abbattuti su tutta la zona di
ACQUI e della Valle Bormida, provocando ulteriori danni alle coltivazioni.
Un violento temporale, accompagnato da tuoni e fulmini, si è scatenato stamane all’alba su tutta la zona di
OVADA e la Valle d’Orba.
Gravi i danni alle colture, specie nelle zone di Roccagrimalda, Cremolino, Carpenetoe Tagliolo Monferrato.
Dopo l’acquazzone di stanotte, sul
CUNEESE è tornato il sereno.
Sulla statale 22 Valle Maira il traffico non è ancora tornato alla normalità per effetto della frana caduta ieri pomeriggio oltre Dronero, il terriccio ha ostruito metà della strada.
In Valle Stura i vigili del fuoco di Cuneo sono sono all’opera per liberare dall’isolamento Vinadio, Bersezio, Argentera, parzialmente allagate dai torrenti usciti dagli argini.
A Demonte la piena dell Stura minaccia le frazioni di Festiana e di Perdioni.
Il maltempo persiste sull’intera
VALLE D’AOSTA e la pioggia cade ormai da 50 ore consecutive.
La situazione è preoccupante, soprattutto nel settore agricolo; si ritiene che gli allevatori di bestiame che già avevano condotto le mandrie negli alti alpeggi debbano farle rientrare poichè la neve ha coperto la montagna.
Nella zona di bassa valle il foraggio e altre colture sono gravemente compromesse.
Non vengono segnalate per il momento frane, nè interruzioni stradali.
Il transito è ancora possibile attraverso i valichi del Piccolo e Gran San Bernardo.
Durante la notte, nel
BIELLESE, si sono susseguiti violentissimi temporali; in alcune zone, per fortuna non molto vaste, si sono registrate anche grandinate.
Le acque del torrente Elvo hanno travolto la passerella pedonale sita lungo la strada Borriana – Mongrando.
La temperatura, che ieri, per effetto di un’ondata di vento caldo, era salita a 25 gradi, durante la notte si è mantenuta sui 18 gradi.
Per impetrare la cessazione del maltempo, il Vescono di Biella, Monsignor Rosso ha promosso per domenica prossima un “pellegrinaggio di penitenza” al Santuriario di Oropa.
Alla processione, che partirà alle 8 del mattino, parteciperanno le maggiori autorità cittadine.
Un nuovo violento temporale si è abbattutto stanotte sul
NOVARESE, Tuoni, fulmini e scrosci d’acqua sono continuati per circa due ore.
Non si hanno per il momento notizie di danni; soltanto a Cerano, a distanza di quarantotto ore, la roggia Cerana è ancora una volta straripata allagando una vasta zona di campagna ed i piani terreni di alcune case coloniche.
Stamane il cielo è ancora coperto con nuova minaccia di pioggia.

MODANE ALLAGATA

UN METRO D’ACQUA PER LE STRADE
TRE PONTI DISTRUTTI
LA FERROVIA CON L’ITALIA INTERROTTA
MODANE 14 GIUGNO 1957
Numerosi abitanti di Modane, la cittadina francese situata vicino al confine con l’Italia, sono stati costretti questa mattina a trasportare i mobili e le altre suppellettili ai piani superiori delle loro case a causa dello straripamento del fiume Are le cui acque hanno raggiunto in alcune strade della città l’altezza di un metro.
L’energia elettrica è venuta a mancare e la linea ferroviaria Parigi – Roma è interrotta.
Il traffico ferroviario fra Italia e Francia e viceversa è dirottato attraverso il Sempione – Domodossola.
Anche la strada che conduce in Italia è intransitabile.
Tre ponti sull’Are sono stati distrutti dall’impeto della corrente del fiume ingrossato in seguito alle intense piogge di questi giorni.
Stamane la pioggia continuava a cadere e la piazza della stazione di Modane, l’unico posto non allagato, era stipata di automobili.
Inondazioni provocate dalle continue piogge e dallo sciogliersi delle nevi vengono segnalate anche da altre località delle Alpi francesi.
Parecchi villaggi dei dipartimenti di Savoia, Alte Alpi e Isère sono stati sgomberati dalle popolazioni ed il ponte sulla strada principale fra Briaçon e Gap è stato asportato dalla furia delle acque a Gulliestre.
Un vero torrente d’acqua nerastra ha invaso la nota stazione climatica e sportiva in Val d’Isere che offre uno spettacolo di desolazione.
Una cappella, numerose baracche, due automobili sono state trascinate via dalla furia delle acque.
Gli abitanti sono isolati.
La strada è allagata per parecchi chilometri e i pompieri di Bourg Saint Maurice, chiamati di urgenza stamane alle 6, non sono riusciti a raggiungere Val d’Isere.
Tutte le comunicazioni telefoniche sono interrotte.

ANCHE IN SVIZZERA
INONDAZIONI E FRANE
GINEVRA 14 GIUGNO 1957
Le piogge torrenziali cadute ieri nel Vallese hanno causato inondazioni e frane nella valle di Zermatt e principalmente nella regione di Viège.
Numerosi torrenti sono straripati provocando gravi danni.
Alcuni ponti sono stati abbattuti dalla furia delle correnti e parecchi villaggi sono invasi dalle acque che in alcuni punti hanno raggiunto il primo piano delle case.
Particolarmente colpito risulta il villaggio di Taesch i cui abitanti sono stati fatti sgombrare.
Non si segnalano vittime, ma ovunque danni considerevoli.

GRAVI DANNI IN AUSTRIA
CAUSATI DAL MALTEMPO
INNSBRUCK 14 GIUGNO 1957
La polizia austriaca ha reso noto che oltre 200 turisti, provenienti per la maggior parte dalla Germania occidentale e da Vienna, sono rimasti isolati nelle valli del Tirolo orientale presso Liens perchè le inondazioni provocate dalle piogge torrenziali hanno interrotto tutte le comunicazioni, anche telefoniche, con alcuni villaggi di quella zona.
Un vero e proprio lago artificiale ha bloccato la valle di Defreggen; i corsi d’acqua alpini sono straripati, allagando moltre strade, fra cui l’autostrada per la Carizia, per varie miglia.
Alcune abitazioni sono rimaste distrutte, altre sono state evacuate.
Nella giornata odierna si provvederà, per mezzo di elicotteri, a rifornire di viveri i villaggi isolati.
La polizia ha affermato che finora non sono state segnalate vittime; i danni sono rilevanti.

LA FURIA DELL’ALLUVIONE SUL PIEMONTE,
FRANE,
INONDAZIONI,
DANNI CATASTROFICI

LA STAMPA 15 GIUGNO 1957
In quattro zone soprattutto la situazione appare tragica:
VAL DI SUSA: sono allagate Bussoleno, Novalesa, Sant’Ambrogio, Sant’Antonino, Borgone, Avigliana; la “nazionale” del Monginevro è scomparsa per centinaia di metri; crolli a Ulzio.
VA CHISONE:Sestriere è isolata; Pragelato è colpita da frane; molte strade della valle sono crollate o invase dalla melma.
CUNEESE: decine di paesi, isolati nelle alte valli, saranno riforniti con elicotteri; sono scomparsi molti chilometri di ferrovia e crollati trenta ponti; vastissimi allagamenti in pianura.
VALLE D’AOSTA: è tutta isolata da Pont Saint Martin in avanti; mancano telefoni e luce;
sono crollati due chilometri di massicciata ferroviaria.
(Nella foto: uno dei 30 ponti distrutti nelle valli del Cuneese: è quello di Pratolungo nella Valle dello Stura).

CRONACA CITTADINA DI TORINO ( LA STAMPA 15 GIUGNO 1957)

LA STAMPA 15 GIUGNO 1957
CRONACA CITTADINA – TORINO
UNA GIORNATA DRAMMATICA:
TORINO SOTTO ROVESCI DI VIOLENZA TROPICALE
LA PIENA IMPETUOSA DEL PO E DELLA DORA
PROVOCA ALLAGAMENTI E MINACCIA I PONTI
FAMIGLIE BLOCCATE DALLE ALLUVIONI
IN CORSO BELGIO E SASSI
UNA CASA IN PERICOLO A LUCENTO
INTERROTTO IL PASSAGGIO SUL PONTE DEL “BALON”
VIA BORGODORA INVASA DALLE ACQUE
I “MURAZZI” SOMMERSI
IN VIA CONFIENZA UN LAMPIONE SRADICATO
DALLA FURIA DEL TEMPORALE PRECIPITA E SCHIACCIA UN’AUTO
DUE DONNE SFUGGONO ALLA SCIAGURA
TORINO 14 GIUGNO 1957
Migliaia di torinesi si sono alternati per tutta la giornata di ieri, lungo le rive del Po, della Dora, della Stura.
Valanghe di fango e d’acqua ribollivano e trascinavano a valle tronchi d’albero, travi, resti di capanne, carogne di animali.
La massa gonfia, limacciosa aggrediva gli argini come volesse schiantarli, si scagliava contro i pilastri dei ponti.
Appena trovava un varco, la marea di fango vi si avventava straripando.
Dalle rive e dai ponti, la gente guardava sbigottita.
Difficile una graduatoria della pericolosità dei corsi d’acqua, nelle ultime ventiquattro ore.
Tutti i fiumi, torrenti, ruscelli sono in piena: le campagne che li circondano sono tutte sommerse, le case delle zone basse che li costeggiano sembrano isolotti.
Particolarmente drammatica la situazione di tre famiglie che vivono in altrettante casupole
– tra lo chalet e la baracca – al n.160 di Lungodora Voghera.
Una località sperduta, alla confluenza della Dora con il Po.
Le tre casette sorgono in una “bass”, quasi in riva all’acqua.
Gli abitanti contendono all’acqua la poca terra sabbiosa, campano la vita allevando conigli e galline.
L’altra notte, verso le 3, l’acqua straripata dalla Dora cominciò a salire.
Immersi fino alla caviglia, poi a mezza gamba, più tardi all’altezza dei fianchi, i poveretti cercarono di mettere in salvo le stie dei conigli, le covate dei pulini.
Mentre la pioggia scrosciava, ieri alle 16, giunse sul posto una camionetta dei vigili urbani: li avevano avvertiti che c’erano persone da salvare.
Ma i vigili non udirono voci, non video luci nelle casupole: convinti che fossero ormai deserte se ne andarono.
Placatosi il temporale, vedemmo uscire da una delle casupole una donna: l’acqua le arrivava alla cintola, le faceva battere i denti per il freddo e la paura.
Era Ersilia Beltrami di 53 anni: dentro la baracca, c’erano il marito Antonio Clari di 49 anni, la quarantasettenne Alberica Capello e il cinquantacinquenne Giuseppe Miraglio.
Si erano rifugiati nella costruzione più solida, l’unica cosa asciutta che gli era rimasta erano un paio di materassi.
Gli altri due componenti della piccola comunità erano Maria Sasso di 55 anni, moglie del Miraglio, e il figlio:
Quest’ultimo era all’ospedale, operato ieri mattina.
La madre stava al suo capezzale, ignara del pericolo che incombeva sull’abitazione sul marito.
I quattro sono stati invitati ieri sera a sgomberare, il Municipio era disposto ad alloggiarli a proprie spese in un albergo.
Solo il Miraglio non ha voluto abbandonare la sua casa: è rimasto, lui solo, a veglie sui polli e sui conigli morenti, sulle sedie, i tavoli e le pentole che galleggiano come residui di un naugfragio.
Anche quattro famiglie che abitavano in via Caselette 11, una viuzza che corre parallela alla Dora in borgata Lucento, sono state costrette ad andarsene.
Le infiltrazioni di acqua minacciano di far crollare la casa, se ne sono accorti i tecnici del Genio Civile e del Minicipio accorsi per un sopralluogo.
Le 12 persone che occupavano lo stabile – la famiglia Albina Tavillini vedova Pavetto e quelle di Giordano Pozzi, di Vincenzo parisi, di Antonio Narducci – sono state sistemate a spese del comune in albergo.
La giunta minicipale ha inoltre incaricato l’assessore all’assistenza di provvedere ai soccorsi per i centri della valle di Susa più colpiti dal disastro.
Tra gli edifici che hanno subito più gravi conseguenze per le intemperie, c’è la parrocchia del Santissimo Sacramento in via Casalborgone.
Una parte del tetto della canonica, già lesionato dalle infiltrazioni d’acqua nei giorni scorsi, ieri mattina è crollata all’improvviso sopra l’abitazione del curato, monsignor Gorgellino.
Precaria anche la situazione di parecchi ponti sulla Dora: da ieri mattina, i tecnici del Comune li tengono sotto controllo e a mezzogiorno hanno provveduto a bloccare il transito sul ponte “del Balon”, che collega via Borgo Dora al corso Vercelli.
Qui l’acqua aveva raggiunto la base del parapetto e minacciava di ingoiare tutto il ponte.
Potrebbe rendersi necessario di vietare anche il passaggio sul ponte di via Bologna.

 

Per precauzione ieri è statto anche , temporaneamente, sospeso il transito dei convogli sul ponte in ferro della Ciriè – Lanzo.
La via Borgo Dora – qualche decina di metri oltre il ponte – è allagata per un tratto di cento metri.
I chiusini delle fognature sono venuti a trovarsi sotto il livello della Dora e anzichè lasciare defluire l’acqua piovana riversano sulla strada quella del fiume.
Le macchine non potevano superare il tratto allagato se non rasentando i muri delle case.
Nel centro della via, coperto da 70 centimetri d’acqua, passavano con difficoltà solo gli autocarri.
Allagati completamente anche il campo sportivo di Moncalieri e le case e campagna di borgata Rosa, oltre il dazio di sassi, verso San mauro, alla confluenza del Po e della Dora.
Altra zona in cui l’acqua ha raggiunto un livello pauroso è quello dei murazzi, lungo il Po, da corso Vittorio a corso San Maurizio.
Il fiume ha invaso i magazzini e si spinge fino a metà delle scalette che da corso Cairoli e via Napione scendono verso le rive.
Gli “inbarcaderi” sono sommersi, le imbarcazioni sono state tirate in secco fin quasi in piazza Vittorio, per metterle al sicuro dai gorghi.

Sciagure, in città per fortuna non se ne sono verificate.
Una, raccapricciante, ha tuttavia sfiorato due donne di via confienza, davanti al palazzo della Stipel, verso le 16 di ieri, mentre infuriava il temporale.
Corroso dalla ruggine e dal tempo, un pesantissimo lampione in ghisa è precipitato all’improvviso accanto al marciapiede, un attimo dopo che due donne erano passate correndo in quel punto.
Uscivano dagli uffici della Stipel e si affrettavano per ripararsi dalla pioggia.
Il lampione – grosso come un palo telegrafico, del peso di parecchi quintali – è finito su di una “Alfa Romeno 1900” in sosta fracassandole la capote.
Dall’auto di proprietà della “Timo”, era sceso pochi minuti prima un dirigente della società: sedeva proprio sul sedile posteriore, dal lato destro.

Se al momento del crollo fosse stato ancora nella macchina, la tremenda mazzata lo avrebbe ucciso sul colpo.
Il grosso globo di vetro del lampione è rimasto intatto.
Non hanno avuto tregua, ieri, i vigili del fuoco.
Il centralino della caserma ha captato centinaia di appelli: provenivano da tutti paesi della provincia, segnalavano disastri o pericoli reali o imminenti.
Le squadre si prodigavano, non potendo accontentare tutte le richieste davano la precedenza ai casi più urgenti e più gravi.
Verso sera, cessata la pioggia – che aveva ceduto il posto ad un sole caldissimo – la situazione appariva in netto miglioramento.
Pur essendo salite di 2 metri e 80 centimetri le acque del Po non fanno temere per i ponti e gli argini del territorio urbano.
La dora, salita di 3 metri, è sotto vigilanza per scongiurare possibili sinistri.
La Stura ha un livello di soli metri 1,70 superiore al normale.
Tutti i suoi ponti sono solidi, eccetto quello di corso Vercelli.

LA STAMPA 15 GIUGNO 1957
CON IL DISGELO IMPROVVISO
IL MALTEMPO IN PIEMONTE
HA RAGGIUNTO IERI IL MASSIMO DELLA VIOLENZA
ISOLATE LE VALLI DI SUSA E DI AOSTA
PER IMMENSI ALLAGAMENTI,
FRANE E CROLLI
LA DORA RIPARIA HA ROTTO GLI ARGINI NELLA NOTTE,
STRARIPANDO DA BUSSOLENO AD AVIGLIANA
LA STRADA CHE PORTA A CESANA TORINESE E BARDONECCHIA
E’ SPROFONDATA: CI VORRA’ FORSE UN ANNO PER RICOSTRUIRLA
LA DORA BALTEA PROVOCA DISASTRI,
PRESSO VILLENEUVE E POINT SAINT MARTIN:
DUEMILA METRI DI FERROVIA TRAVOLTI DALLA PIENA

DISTRUZIONI FINO A BARDONECCHIA

Un’alluvione disastrosa ha sconvolto ieri notte e questa mattina la val di Susa.
Nessuno si ricorda di aver visto qualcosa di simile.
Nel 1921 c’era stata una piena, ma l’acqua si era limitata a riempire qualche cantina, e ad abbattere alcune passerelle.
Ieri la Dora più che acqua pareva portasse fango.
La fiumana travolgente così torbida e pesante che le ondate accavalalndosi o frantimandosi neppure spumeggiavano.
Aveva un color marrone scuro e portava con sè la terra trascinata dai monti o strappata al fondo valle, alberi, erba, detriti in una furia paurosa.
Ha invaso interi paesi, come Sant’Antonino, Villarfocchiardo e Borgone, ha travolto ponti, ha distrutto in più punti la nazionale del Monginevro tra Exilles e Salabertano e tra Ulzio e Cesana.
Per parecchi mesi non si andrà in auto a Ulzio e a Bardonecchia.
A Cesana Torinese si arriverrà passando dal Sestriere dopo che questa strada sarà liberata dai massi che la ricoprono.
Per la valle di Susa è un danno gravissimo, non tanto perchè ha distrutto il raccolto dei magri campi e dei tristi vigneti, ma perchè ha paralizzato il turismo.
Le comunicazioni sono mantenute per ora con il treno, ma c’è stato un momento ieri notte in cui si temeva che le acque portassero via la massicciata.
Per ora ha resistito.
Venendo da Torino si incomincia a trovare la strada coperta di acqua ad Avigliana, appena dopo la stazione.
La Dora ha rotto verso l’una di notte, dopo il ponte di Borgone, e l’acqua ha invaso Sant’Antonino ed’è scesa ad Avigliana per rientrare nel letto un chilometro o due verso Rivoli.
Per poter andare oltre Avigliana è necessario passare per la parte alta e girare nella strada del dinamitificio.
A Condove di nuovo la strada è coperta di acqua e si devia a destra per la strada militare sino a Borgone.
Allagati sono Sant’Ambrogio e, più ancora, Sant’ANtonino.
Nella piazza di questo paese c’è il circo Roma.
Ieri sera aveva dato il primo spettacolo.
Quando la gente stava tornando a casa cominciava ad arrivare la piena.
Così nessuno ha dormito.
L’acqua stamane alle 6 superava il mezzo metro di altezza.
La gente aveva abbandonato gli alloggi al pian terreno e si era rifugiata ai piani superiori e guardava sbalordita dai balconi e dalle finestre.
I sette luoni del circo di tanto in tanto ruggivano.
L’acqua lambiva le loro gabbie e li innervosiva.
Il domatore non li abbandonava.

Tra Sant’Antonino e Borgone in località San Valariano la centrale idroelettrica del cotonificio Valle di Susa è stata circondata da una fiumana ruggente e le quattro persone che vi si trovavano, il custode, Riccardo Traversa, la moglie Pierina, il piccolo Franco di 6 anni, l’aiutante Michelangelo Perdomo con il cane bassotto, hanno duvuto attendere che arrivassero i vigili del fuoco da Torino a salvarli con la barca stamane alle 11.
A Bussoleno l’acqua ha invaso le case nella mattina ed il livello si è alzato questa sera.
Nessun edificio però è pericolante.
E’ saltato il ponte della diga, nel mezzo del paese

A Susa si temeva per il ponte degli Alpini.
Un pezzo della spalletta se n’è andato, ma alcuni volenterosi sono riusciti a togliere i tronchi che facevano ingorgo e pare che esso possa considerarsi salvo.
Da Borgone per arrivare a Susa si deve inerpicarsi sino a Mattie.
Dappertutto case allagate, isolate dalle acque.
Ma il peggio viene dopo Chiomonte.
Il ponte in legno è stato portato via per intero.
Tra Exilles e Salabertano è crollata la nazionale per circa trecento metri.
La strada faceva una curva: la Dora, che corre circa duecento metri in basso, ha scavato il fianco della montagna: l’asfalto è rimasto per alcune ore sporgente sul vuoto, poi verso le 17, si è sbriciolato.
Si temeva che l’enorme frana potette chiudere il letto della Dora, che in quel punto è molto affossato, ma le acque avevano una tale violenza che si sono rifatte la via prima che il livello si alzasse sino a minacciare Salabertano.
In questo paese una casa è stata travolta, una seconda a sera tarda era in pericolo.
Per portare via gli abitanti di una delle due case, gli anziani coniugi Alessio e Maria Jannon, ed il loro nipotino Aldo di 5 anni, – gli alpini sono partiti da Ulzio salendo con una camionetta sino a Salice e scendendo per una mulattiera.
Non c’era altra via.
Da Salabertano ad Ulzio il rio Secco (ironia di nome) ha portato un cono di deiezione sulla nazionale.
Gli alpini si sono affrettati a fare un passaggio alle acque.
Le poche auto che osavano attraversare erano trainate da un trattore.
Ad Ulzio è crollata la casa all’angolo con il ponte.
La casa era stata rimessa a nuovo quest’anno e vi abitavano i coniugi Angelo e Teresa Barilli.
Stavano mangiando, quando oggi a mezzogiorno, si sono visti aprire le pareti: hanno fatto in tempo a fuggire e mettersi in salvo.
La casa era di proprietà della signora Montaldo che abita a Torino in via Sant’Anselmo 81.
Più a monte è stato necessario sgomberare il negozio di vini Lanfranchi: i volenterosi e la corrente lottavano a strapparsi damigiane e fiaschi e bottiglie.
Per poter arginare la furia delle acque sono stati tagliati gli alberi lungo la via principale di Ulzio e legati contro le sponde.
Da Ulzio a Cesana la strada del Monginevro manca in tre punti per tratti di centinaia di metri.
In regione Moretta con la strada se n’è andata la villa dell’Ingegnere Ferrero che abita a Torino in corso Duca degli Abruzzi 53 e la casa, con segheria di Carlo Maccagno.
Le furie delle acque hanno trascinato dai monti migliaia di alberi: tutta la valle, che è per intero occupata dalla Dora, ne è ricoperta.
Tanta furia che addirittura si sono visti galleggiare isolotti con ritti cinque o sei pini.
Ad Ulzio manca l’acqua potabile.
Da Exilles a Cesana la luce è stata data ad interruzione.
Non si telefona da Cesana Torinese, da Bardonecchia, Da Ulzio.
Neppure funzionano le linee internazionali con Parigi,
Questa sera dopo una giornata incerta tra poco sole e molta pioggia si è fatto serenoo
La gente guarda e spera.

LA COLONNA DEI SOCCORSI DA TORINO A CESANA
PEROSA ARGENTINA 14 GIUGNO 1957
Fra Pragelato e Fenestrelle un agente della polizia stradale con il casco, la giacca e gli stivaloni grondanti pioggia ferma la nostra macchina: “Avete intenzione di scendere a Torino? Sbrigatevi, fra mezz’ora non paserà più nessuno.
La frana di Fenestrelle ha cominciato a muoversi…”.
Altri avvertimenti dello stesso genere avevano dovuto udire nel triste viaggio per la valle del Chisone, lungo quelle zone incantevoli che in anni normali, di questa stagione, sono gremiti di villeggianti e di fiori: “State attenti, a Pragelato il torrente sta mangiando la strada…”.
Ed ancora: “Badate, che rischiate di farvi intrappolare fra Monteulles e Roreto!”.
Come tutta questa iradiddio sia potuta avvenire, risulta chiaro se appena si guardano le montagne che attorniano il Sestriere: sono ancora tutte bianche di neve, come fosse marzo, fino ad una quota sui duemila trecento metri.
Ieri specialmente nel pomeriggio, è stato un giorno di gran caldo; la neve si è sciolta come fosse messa a cuocere ed intanto dal cielo calavano turbinose colonne d’acqua.
Un finimondo.
I risultati, purtroppo, sono ben evidenti.
Cerchiamo di enumerarli risalendo la valle, avvertendo che non terremo conto dei campi allagati, delle coltivazioni distrutte perchè dovremmo riempirne il giornale.
A Souchèeres basse, prima di Pragelato, un punte è stato distrutto, i vigili del fuoco di Torino (otto uomini con il brigadiere Serazio) hanno lavorato ore ed ore appesi a corde per salvare quanto restava.
A Souchèeres alte un altro ponte in cemento, inaugurato due anni fa, ha perso un’arcata su tre.
La frazione Pattemouches è isolata, delle sei o sette famiglie che la abitano non si può più sapere nulla.
A Pragelato eccol al distruzione della strada di cui abbiamo detto: dove c’era l’asfalto adesso si spalanca una voragine.
In fondo alla quale urla e schiumeggia il Chisone.
Bisognerà erigere un’alta massicciata per sostenere la “Statale”: sarà un lavoro assai lungo e difficile.
A Sestriere – borgata lo spettacolo è penoso: la civettuola frazioncina, meta di tante gare sciatorie, è immersa nella melma, sprofondata in una laguna di fango in movimento.
Qualche casa corre pericolo di essere spazzata via.
Un discorso più lungo è necessario per Cesana.
Arrivandoci dal colle, ad una curva a due chilometri e mezzo dal paese ci si trova di fronte ad una muraglia compatta.
Dai fianchi della montagna sono rotolati sulla strada massi giganteschi, taluno dei quali pesa decine di tonnellate.
La frana è lunga soltanto una decina di metri, ma bastano per arrestare qualsiasi transito di autoveicoli: per proseguire bisogna fare dell’alpinismo fra un macigno e l’altro.
Qui ci vorrà la dinamite, non bastano i picconi dei volontari che abbiamo visto adoprarsi a tutt’uomo.
A Cesana – Paese una vista strana: la facciata della maggior pate delle case è divenuta griugia fino ad un’altezza di un metro e mezzo dal suolo, cioè fino al punto a cui era salita l’inondazione di fanghiglia che ora si è ritirata. Uno stabile dell’INA che ospitava quattro famiglie si è afflosciato come fosse di carta, una segheria è stata distrutta; se l’ondata di caldo e di pioggia dovesse ripetersi Cesana sarebbe in grave pericolo.
Tre frazioni (Bousson, Rouilles, Thures) sono rimaste isolate, probabilmente senza viveri; non si hanno più notizie di un gruppo di cinquanta militari del Nizza Cavalleria in esercitazione oltre Bousson, ma si pensa che riescano a cavarsela senza danni da sè
Gli unici aiuti che oggi siano arrivati a Cesana Torinese bloccata dalle due parti (verso il Chisone e verso Susa) sono quelli organizzati dal prefetto di Torino e recati da un’autocolonna della polizia.
Un grosso camion e sei automobili hanno trasportato dieci quintali di viveri e decine di paia di stivaloni di gomma.
La marcia della colonna, comandata dal dottore Allitto e dal Tenente Curcio, partita verso le 13 da Torino, ha potuto essere seguita passo passo grazie ai collegamenti disposti in diversi punti con altrettanti ponti – radio.
Ma alla frana fra Sestriere e Cesana Torinese anche le macchine della polizia hanno dovuto arrestarsi, ed è toccato agli agenti caricarsi in spalla sacchi, scatole e pacchetti, cioccolato, cognac e caffè per superare l’ostacolo saltando da un masso all’altro.

CARLO MORIONDO

ACQUA E FANGO NEI CAMPI

AOSTA 14 GIUGNO 1957
Dal primo pomeriggio di oggi la Valle d’Aosta è completamente isolata dal resto del Paese, le comunicazioni ferroviarie sono interrotte, la strada nazionale è allagata in più punti fra Pont San martin e MontJovet, a Villeneuve la furia delle acque alla confluenza della Dora di Rhèmes col Savara e la Baltea ha spezzato ogni collegamento isolando completamente l’Alta Valle dal resto della Regione.
Travolti i pali delle linee telefoniche come di quelle elettriche, è impossibile avere un quadro anche approssimativamente esatto della situazione: coloro che riescono a passare, parlano di frane su tutte le strade delle vallate laterali, di decine di paesi semisommersi, di case evacuate davanti alla minaccia dell’acqua e del fango che continuano a precipitare ricoprendo migliaia di ettari.
Se fino a ieri si poteva parlare di danno gravissimo alle culture e alle cose, da oggi si trepida per le persone.
Gli uomini fanno il possibile per difendersi: per tutta la giornata, a Gressan, dove una enorme frana ha coperto vigneti, pascoli e prati, un migliaio di persone ha lavorato senza soste per aprire un varco alle acque ed impedire che si precipitassero sull’abitato.
Ma spesso c’è poco o nulla da fare: a Villeneuve già in mattinata tutti si erano accorti della crescente minaccia costituita dal ribollire della Dora Baltea dopo la confluenza di quella di Rhèmes e del Savara, dal premere sempre più impetuoso contro il muro e il ponte che ne precedono l’arcata.
Avvertiti dal sindaco Vauthier e dal consigliere regionale Petigax, giungevano sul posto i tecnici della Valle: il quadro era impressionante, non solo le acque cominciavano ad incrinare le difese ma l’accumularsi di detriti, di alberi e massi enormi, stava creando uno sbarramento che avrebbe potuto far dilagare il torrente ingigantito nel paese stesso.
L’intervento di reparti alpini permetteva di scongiurare questo pericolo e di aprire un varco, ma non poteva salvare la strada e la ferrovia: alle 14,30, con un cupo boato, duemila metri di massicciata crollavano in un turbinio di acqua e di fango.
L’Alta valle era tagliata fuori: decine di macchine di turisti stranieri che già avevano valicato il piccolo San Bernardo dovevano tornare indietro.
A Villeneuve si recavano immediatamente il presidente della Regione Avvocato Bondaz, l’assessore ai lavori pubblici geometra Vesan, l’ingenier Pasquali del Genio Civile, i tecnici dell’ANAS.
Il compito di ripristinare le comunicazioni appare estremamente difficile: più a nord anche la ferrovia di Prè Saint Didier risulta interrotta da una frana.
In Valsavaranche tutti i ponti sarebbero crollati, e così pure in Val di Rhèmes; bloccata la valle di Cogne da quattro frane in località Chevril, Vieyes, Ponte della Valle e cascata di Lex; interrotta la strada di Ollomont per lo straripare del torrente Berio.
Nella valle di Champoluc, la strada è interrota almeno in tre punti da piante, massi, fango, che l’Evançon continua a rovesciare al piano.
I danni maggiori sono segnalati a Champoluc stessa dove il torrente ha dilagato distruggendo una casa in frazione Frachei, mentre un’altra trentina di abitazioni han dovuto essere sgombrate d’urgenza.
In frazione Perlasc il ponte principale resiste ancora per quanto paurosamente inclinato, ma un ponte secondario ed una casa sono “scivolati” nelle acque.
Segnalazioni da altri centri della Valle: a Pollein lo straripamento del Comboè ha interrotto ogni comunicazione e ha indotto all’evacuazione di quindici case.
A Saint Marcel la centrale della SIP in fase di allestimento è stata invasa dalla Dora e l’acqua è alta quattro metri.
Ad Aosta, allagamenti in periferia, sgombero di case, frequenti interruzioni dell’energia elettrica.

Altre notizie frammentarie e imprecise continuano a giungere nella notte.
Il cielo è mutato, tornato al sereno: ma non è tornata la calma in tutta la Valle dove il rombo dei torrenti continua cupo, inquietante.

SERGIO RAMERA

BLOCCATE TUTTE LE ALTE VALLI DEL CUNEESE
ELICOTTERI IN VOLO PER PORTARE SOCCORSI
CUNEO 14 GIUGNO 1957
Il nubifragio di ieri notte ha provocato ovunque danni enormi all’agricoltura e alle opere pubbliche.
Quasi tutti i paesi che si trovano nella parte alta delle valli del Cuneese sono isolati.
La piena dei fiumi e dei torrenti ha spazzato via una trentina di ponti e decine di chilometri di strade statali e provinciali.
Alla Prefettura di Cuneo vi è stata questa sera una lunga riunione alla quale hanno partecipato tutte le autorità civili e militari.
Si sono coordinati i primi soccorsi urgenti.
Domani saranno istituiti in città due centri di raccolta viveri e medicinali uno della Sepral e l’altro della Pontificia Commissione di Assistenza.
Altri due “centri mobili” saranno formati a Vinadio (per l’alta Valle Stura) ed a Dronero (per la Val Maira).
Il trasporto dei soccorsi alle popolazioni isolate sarà effettuato con due elicotteri che giungeranno domattina da Milano.
Per molti giorni il cielo sarà l’unica via di comunicazione per raggiungere i centri bloccati.
Questa sera la Prefettura di Cuneo ha trasmesso al ministero degli Interni il seguente quadro schematico della situazione.

ALTA VALLE STURA – Il comune di Argentera è completamente isolato e minacciato dall’acqua della Stura, chiede soccorsi generici.
Il comune di Sambuco è isolato ma ha scorte di diveri e di medicinali.
Con la popolazione è bloccato un gruppo dell’Artiglieria da montagna Susa della forza di 175 uomini.
Il comune di Pietraporzio è minacciato dalle acque.
I militari chiedono con urgenza esplosivi per far saltare il ponte ostruito da alberi.
Il comune di Vinadio è isolato dalle frazioni di Pratolungo, Roviera, Aie e Pianche.
Il comune di Demonte è isolato dalla frazione Festiona.
ALTA VALLE MAIRA – Acceglio completamente isolata chiede viveri.
A sera, sotto la spinta delle acque, l’edificio postale è crollato.
La popolazione è vivamente allarmata.
Comune di Piazzo: le case periferiche sono invase dalle acque e minacciate di crollo.
Sia a Piazzo che ad Acceglio con la popolazione sono bloccate truppe dell’Artiglieria Alpina gruppo Pinerolo.
ALTA VALLE VARAITA – I centri di Casteldelfino, Bellino, Pontechianale, sono completamente isolati.
Il capoluog e la frazione di Chianale sono stati sgombrati dalla popolazione.
Si chiedono in tutti i centri soccorsi di viveri e specialmente medicinali.
Notizie altrettanto catastrofiche abbiamo potuto avere dal Genio Civile.
Tutti i ponti della Valle di Stura che collegano i paesi della riva destra sono stati spazzati dalle acque.
A monte di Vinadio la statale del Colle della Maddalena è interrotta in più punti per frane ed asportazione della massicciata.
In alta Valle Maira il ponte Marmora è crollato e la strada è anche ostruita dalle frane.
Nella Valle Varaita tutti i ponti che collegano la sponda destra del torrente con la sponda provinciale sono caduti.
In valle Po, valle Gesso, valle Vermegnano, valle Pesio altri ponti che collegano frazioni minori sono caduti.
Le strade che dipendono dall’Amministrazione provinciale hanno subito la scorsa notte danni per oltre 250 milioni di lire da aggiungere ai 100 milioni delle piogge precedenti.
Per riparare i guasti occorreranno 4 o 5 mesi.
Impossibile per il momento il bilancio dei danni all’agricoltura.
L’altra sera si parlava di 10 miliardi per tutta la provincia.
Ora si ritiene che il totale superi i 12 – 13 miliardi.
Nella pianura il Po ha allagato vaste zone nei comuni di Faule, Polonghera, Moretta e Casalgrasso.
A Polonghera anche il torrente Varaita ha rotto gli argini.
Il torrente Grana, che diventa Mellea a Cavallermaggiore, ha allagato centinaia di ettari di terreno della zona.
Una grandinata massiccia ha colpito le coltivazioni fra Savigliano e Marene.
Una striscia di oltre 1000 ettari di cui 400 seminati a grano ha subito danni per l’80%.
Gli episodi di famiglie che hanno trascorso la notte (e un’altra la trascorreranno) per contendere cascine e terreni alle acque sono centinaia.
Ovunque con le popolazioni abbiamo visto all’opera i pompieri, carabinieri, polizia, alpini e militari del Genio e della Finanza.
Sulla strada della Maddalena un camionista che stava scendendo verso Vinadio con autocarro e rimorchio l’altra sera ha sentito franare la strada sotto le ruote.

E’ ancora riuscito a percorrere un centinaio di metri poi per salvarsi ha sganciato il rimorchio ( che poco dopo è finito nello Stura) scendendo alla massima velocità con la sola motrice.
Purtroppo si deve lamentare anche una vittima: Mario Melchio di 33 anni, insegnante della scuola di Avviamento di Vinadio.
E’ scomparso nella Stura in circostante drammatiche alla vigilia del matrimonio.
Il Melchio, che nella mattinata di giovedì aveva fatto le pubblicazioni di matrimonio con la fidanzata Emilia Margaria di 24 anni, nel pomeriggio si era recato in moto a Pratolungo dove abitano i parenti della sposa.
La Stura molto ingrossata minacciava già il ponte di Pratolungo.
Egli si avvicinò per vedere le acque che si scagliavano contro i piloni.
Un istante dopo il terreno gli franava sotto i piedi e scompariva nelle acque tumultuose senza un grido.
Con lui erano la fidanzata e la sorella che si sono salvate.
Il cadavere non è ancora stato ritrovato.
Alle Terme di Vinazio vi sono centinaia di ammalati bloccati.
Sui piazzali stazionano anche auto, camion e Pullman e un automezzo con pompieri che per muoversi dovranno attendere che sia ricostruito il ponte di pratolungo.
Domani si tenterà di raggiungere le Terme con un elicottero.
Anche le Terme di Valdieri ( che dovevano essere inaugurate in settimana) sono isolate per crollo di ponti.
Da Genova stanotte è partita una squadra di venti pompieri che si metterà a disposizione delle autorità di Cuneo.
Vi sono anche tre sommozzatori.
La squadra è attrezzata con gruppi elettronici, cannoncini lancia sagole, esplosivi, ecc..
Ecco infine notizie schematiche delle altre zone del Cuneese.
RACCONIGI – I danni all’agricoltura superano il 60 per cento.
Il torrente Maira è straripato a Cavallerleone allagando i cascinali della Pedaggera.
Minacciata è pure la statale numero 20.
FOSSANO – La Stura ha rotto gli argini allagando vaste zone coltivate a grano ed ortaggi.
MONDOVI’ – Nel Monregalese i danni sono ingenti.
Il raccolto delle psche, pere e mele, maggiore risorsa della zona, è annientato.
Il reddito dei vigneti sarà ridotto di un terzo: la grandinata di giovedì ha annientato mille giornate di viti.
A Dogliani, Murazzano e Clavesana il grano è perduto per il 35 – 40 per cento.
Molte frane lungo le strade comunali di collina.
Alcuni ponti sono pericolanti.
SALUZZO – Parte della strada provinciale è stata divorata dall’impeto della corrente del Varaita.

Alcuni piccoli ponti sono crollati.
A Frassino le acque hanno travolto un mulino: a Rove una segheria.
Decine di case e stalle sono allagate e le famiglie senza tetto.
La corrente trasporta a valle tronchi di mezzo metro di diametro come fossero fuscelli.
A tarda sera il traffico è stato sospeso sul ponte Val Curta e le acque minacciano l’abitato di Venasca.
Dal lago artificiale di Casteldelfino si fanno defluire le acque attraverso le chiuse di emergenza per salvare la diga.
Il varaita ha rotto gli argini anche nei pressi di Villanova Solaro e minaccia l’abitato di Moretta.

SERGIO DE VECCHI

LA STAMPA 15 GIUGNO 1957

ELENCO DI STRADE FRANATE
STRADE PROVINCIALI
: In val Germanasca, la Perrero – Praly è inteerotta da una frana, dopo la frazione Gianna.
Sono isolati: Villa, Ghigo; Praly.
Squadre di operai dell’amministrazione provinciale cercavano ieri di aprire almeno un passaggio pedonale.
“Ci andranno dei mesi per riparla” ci ha dichiarato l’ingegnere capo Tarizzo.
La Pont – Ceresole è ostruita tra Rosone e Noasca, dove mezzi meccanici sono all’opera per sgombrare una frana lunga 30 metri e alta due.
In val di Lanzo sono cadute due frane una dopo Ceres verso Ala e l’altra tra Chialamberto e Forno.
La viù – Usseglio è allagata da quasi un metro d’acqua nei pressi di Usseglio.
In val di Susa i ponti di Avigliana e Condove sono pericolanti; così il ponte degli Alpini a Susa, dove è permesso soltanto il traffico pedonale.
Sulla Susa – Novalesa il ponte sul Rio Crosiglione è scalzato alla spalla; è permesso solo il transito pedonale.
Novaretto è isolata.
A Bardonecchia il ponte sul torrente Melezet è stato asportato dalle acque.
Nel Canavese è interrota la Ivrea – Lessolo: l’allagamento di 2 metri circa d’acqua arriva sino a Banchette.
Inondate sono pure le strade: Leyni – Foglizzo, Montanaro – Ponte Orco, S’Antonino – Villarfocchiardo, Sant’Ambrogio – Caprie, Avigliana – Almese.
STRADE STATALI: La strada numero 23 per il Sestriere, interrotta in mattinata dal chilometro 72 fino a Cesana Torinese, è stata in parte riaperta.
Al chilometro 92 è però ostruita da grosse frane, per cui si dovrà intervenire oggi con mine e martelli pneumatici.
La strada numero 24 lamenta i danni più ingenti: non si passa neanche a piedi.
Le interruzioni permanenti sono dal chilometro 15 al chilometro 15,500 (Salabertano – Exilles) e dal chilometro 25 fino al chilometro 26,800.
Sono causate da grosse frane.
La strada numero 26 Ivrea – Aosta è interrota tra Verrès e MontJovet, allagata da un metro d’acqua, tra Aosta e Pre Saint Didier per il crollo di parte del ponte a Villeneuve e sul tronco del piccolo San Bernardo, dove al chilometro 112 è caduta una frana larga 40 metri e alta 3 metri.
Il valico è impraticabile.
La strada numero 25 per Susa è tutta allagata; più grave la situazione tra Sant’Antonino e Borgone di Susa.
Anche il “raddoppio” è invaso dall’acqua.
Sulla strada numero 21 della Maddalena (Cuneo) l’interruzione va da Bersezio al confine ed è causata da frane.
La strada numero 22 è ostruita tra Roccabruna e Carpignano e da Piglio Elva ad Acceglio per la piena del torrente Macra.
Sulla 34 del Lago maggiore, tra Intra e Cannobbio alcune frane sono in via di sgombero.
Le squadre dell’ANAS sono ovunque al lavoro.

STRARIPATI PO E DORA IN PROVINCIA DI TORINO


Nelle ultime 24 ore quasi tutti i corsi d’acqua che si gettano nel Po fra Moncalieri e la zona di Saluzzo sono usciti dai loro argini allagando la campagna e minacciando cascine.
Gli altri premono furiosamente contro le sponde.
Le prime segnalazioni d’allarme sono pervenute la notte scorsa da Casalgrasso e Polonghera.
I torrenti Maira e Varaita, due piccoli corsi sono andati ingrossandosi, si sono scavati nuovi letti, sono rovinati verso valle trascinando tronchi e detriti di ogni genere.
I ponti hanno fatto da diga.
Quello sul Maira fra Casalgrasso e Carmagnola è stato il primo a contenere le acque anche per dei detriti accumulatisi sotto le arcate.
All’alba il torrente è straripato ed ha invaso la zona di Casalgrasso.
Nella stessa plaga si sono riversate poco dopo le acque del Po, del Pellice e del Varaita.
Casalgrasso è ora circondata dalle acque, che già lambiscono le case della periferia.
Polonghera e la vicina Faule sono nella stessa situazione.
Le strade tuttavia emergono e i collegamenti sono assicurati.
Altre cascine sono minacciate nel territorio di Carmagnola, dove oltre 400 ettari di campagna sono completamente sommersi.
Sono quelle situate nelle regioni Betlemme, Cocchi Meletta e palazzotto, investite dal Po.
In esse non sono rimaste che poche persone incaricate del governo del bestiame, che alla cascina Betlemme è stato ricoverato ai piani superiori.
Nella zona di Ivrea, la Dora Baltea è uscita dagli argini in più punti allagando campagne, strade e, in qualche caso, raggiungendo cascinali isolati e minacciandone altri.
Nei pressi di Donnaz e di Bard, le acque hanno raggiunto la strada statale della Val d’Aosta interrompendo il traffico.
In regione S’Antonio di Ivrea, i vigili del fuoco hanno tratto in salvo i coniugi Borgnia rimasti bloccati nella loro casa.
La strada delle Rocchette è inondata per una cinquantina di metri.
Fra Banchette e Fiorano, la strada della Valchiusella è sommersa per 200 metri.
La situazione è preoccupante nella zona di Torre Balfredo.
Presso Chivasso, nel pomeriggio il Po e l’Orco hanno allagato le regioni Brozola e Molino Pistono.
In località Orchetto, un uomo che vive in una capanna situata su un isolotto è tagliato fuori dal resto del mondo non avendo accolto gl’inviti rivoltigli ieri di raggiungere la terraferma.
E’ certo Giacinto Ansaldi, da Chivasso.
I danni causati dalle recenti piogge alle colture agricole della zona superano i 250 milioni di lire.
Nella Valle di Lanzo, a Chialamberto la Stura ha rotto un argine ponendo in pericolo dieci case.
Nella Valle di Viù, la Stura è straripata ad Usseglio raggiungendo una trentina di case.

NEBBIA NELL’ALESSANDRINO
ALESSANDRIA 14 GIUGNO 1957
Nubifragi senza confronto su tutta la provincia; grandinata in zona di San Salvatore con danni rilevanti.
La campagna ha molto risentito dello sbalzo di temperatura odierno: dalla minima di 17,4 di stamane ai 27 gradi del pomeriggio.
L’afa pomeridiana ha danneggiato ulteriolmente le colture tanto che si prevede, in particolare, rovinato il primo taglio del maggengo.
Si ha, dalla terra piena d’acqua, una evaporazione lenta e la nebbia ristagna sui campi provocando umidità e soffocando le colture.
A CASALE MONFERRATO le acque del Po, gonfie e piene di detriti, destano preoccupazioni.

LA STAMPA 15 GIUGNO 1957
INTERROTTE LA FERROVIA PARIGI – ROMA E LA STRADA DEL MONCENISIO
UN METRO D’ACQUA NELLE VIE DI MODANE
PER LO STRARIPAMENTO DEL TORRENTE ARC
BLOCCATI IERI I TELEFONI
CROLLO DI NUMEROSI PONTI
LA VALLE DELL’ISERE ISOLATA DALL’ALLUVIONE
UN OPERAIO ITALIANO ANNEGATO A SAINT JEAN DE MAURIENNE
COMPAGNIE DI MARINAI MANDATE IN SOCCORSO DA MARSIGLIA.
MODANE 14 GIUGNO 1957
L’Arc in piena per le furiose piogge di questi giorni ha rotto gli argini allagando Modane e numerosi paesi vicini.
Le vie di questa città erano simili oggi a piccoli torrenti limacciosi, vi correva un metro d’acqua, e gli abitanti hanno dovuto sgomberare i piani terreni.
L’unica zona all’asciutto è il piazzale antistante la stazione, trasformato stasera in un enorme parcheggio d’auto.
Non si ha notizia di vittime.
L’alluvione ha provocato danni enormi.
La situazione è giudicata catastrofica per l’agricoltura, e anche molte fabbriche sono state costrette a chiudere i battenti.
Le linee telefoniche tra Parigi e l’Italia sono interrotte; i treni diretti in Italia si fermano prima di Modane, i binari essendo sommersi poco fuori della città da un metro d’acqua ( ma finora non si sono avute frane); le strade delle Alpi sono allagate e non si passa più in automobile; la strada del Moncenisio ( per Lione e Parigi) è interrotta dal crollo di un ponte; intransitabile per un ponte crollato a Mont Dauphin è pure la strada del Monginevro ( per Gap e Grenoble).
I treni della Parigi – Roma sono stati dirottati per Ginevra.
A Modane manca stasera la corrente elettrica e la città è al buio.
La furia dell’Arc ha abbattuto alcuni ponti metallici e numerose baracche alla periferia; gli inquilini del quartiere che si distende dietro la stazione si sono rifugiati ai piani superiori.
Si temono crolli per la lenta erosione dell’acqua, soprattutto nelle case di più antica costruzione.
Alcuni villaggi dei dintorni sono stati sgomberati per ragioni di sicurezza.
La situazione è grave anche a Saint Michel le cui popolazioni sono state svegliate stamae dalle sirene d’allarme mentre i vigili del fuoco accorrevano nelle zone più colpite per soccorrere gli alluvionati.
A Saint Jean de Maurienne si è avuta anche una vittima.
Si tratta di un operaio italiano, non ancora identificato, travolto dalla piena dell’Arc mentre tentava d’attraversare in bicicletta un ponticello.
Anche l’Isere è straripato allagando numerose case sulla riva destra e provocando igenti danni.
Le sue acque nerastre trasportano tronchi di alberi e materiale d’ogni specie.
La cappella di Val d’Isere è stata distrutta, oltre a parecchie baracche, e due automobili sono state travolte.
Gli abitanti sono isolati nelle rispettive case.
La ferrovia è interrotta fra Livron e Briançon per lo straripamento del torrente Le guil, affluente della Durance, e la situazione è molto grave nella regione di Barcellonette.
Metà della città è sommersa dall’Ubay e il villaggio di Jausiers è circondato dall’acqua che in alcuni quartieri ha raggiunto quattro metri di profondità.
Alcune compagnie di marinai con barche di salvataggio sono partite da Marsiglia in soccorso degli abitanti.
La strada che da Barcellonette porta in Italia è interrotta per il crollo di ponti; la valle dell’Isere è isolata e la statale numero 202 ( da Thonon a Nizza) è intransitabile.
Nelle Alpi Marittine, infine il villaggio di Isola è sotto un metro d’acqua per lo straripamento del fiume la Tinèe, e parecchie case sono crollate.
Non si sa se vi siano feriti perchè le linee telefoniche e telegrafiche sono interrotte.

NUMEROSI VILLAGGI SVIZZERI
ALLAGATI DAI FIUMI IN PIENA
LA STAMPA 15 GIUGNO 1957
GINEVRA 14 GIUGNO 1957
Le piogge torrenziali cadute ieri nel vallese hanno causato inondazioni e frane nella valle di Zermatt e principalmente nella regione di Viège.
Numerosi torrenti sono straripati provocando gravi danni.
Alcuni ponti sono stati abbattuti dalla furia delle correnti e parecchi villaggi sono invasti dalle acque che in alcuni punti hanno raggiunto il primo piano delle case.
Particolarmente colpito risulta il villaggio di Taesch i cui abitanti sono stati fatti sgomberare.
Non si segnalano vittime, ma ovunque danni considerevoli.

15 GIUGNO 1957

 

DRAMMATICI APPELLI DI POPOLAZIONI
ASSEDIATE DALLE ACQUE NEL CUNEESE
CASE CROLLATE
PAESI SENZA VIVERI
NELLE VALLI MAIRA, VARAITA E STURA
DA CASTELDELFINO SI SEGNALA:
“ABBIAMO PANE PER SOLI TRE GIORNI”
QUATTRO ABITAZIONI ABBATTUTE
DAI TORRENTI IN PIENA AD ACCEGLIO
ASPORTATE DALLA FURIA DELLE ACQUE LE STATALI DI
ACCEGLIO, SAMPEYRE E VINADIO
PRIMI SOCCORSI IN ELICOTTERO
CUNEO 15 GIUGNO 1957
La situazione nelle vallate del Cuneese, si è notevolmente aggravata tra questa notte e stamane.
Un messaggio radio giunto dal comando gruppo artiglieria di Aosta, in esercitazione a Casteldelfino segnala: “Scorta viveri per la popolazioen dei paesi di Casteldelfino, Bellino, Pontechianale è sufficiente per soli tre gioni”.
Il fabbisogno approssimativo è di quintali 80 di farina di grano, quintali 5 di pasta, quintali 5 di riso.
Date le difficoltà di raggiungere la zona di Sampeyre con le salmerie per le strade mulattiere, sulle quali è tuttora in corso una ricognizione, il messaggio prega far disporre l’atterraggio di un elicottero a Casteldelfino presso la centrale elettrica a quota 1260.
In caso affermativo, l’atterraggio verrà segnalato con croci di tela bianche.
Otto comuni sono completamente isolati.


Duecento alpini in esercitazione in Valle di Chianale sono pure isolati e dovranno raggiungere la pianura a piccole tappe.
Sampeyre è senz’acqua, essendo andato distrutto completamente l’acquedotto.
Dalla Val Maira si apprende che i carabinieri di Acceglio comunicano che le acque dei torrenti Maira e Molasco hanno invaso totalmente il concentri di Acceglio.
Quattro abitazioni sono grollate e sono state asportate dalla furia delle acque.
Molte altre case sono incrinate e pericolanti.
La statale numero 21 è distrutta; distrutte pure sono le linee di comunicazione.
La popolazione, allarmatissima, è priva di viveri, di indumenti e di medicinali.
Da parte della Prefettura, d’accordo con numerosi enti, è stato coordinato un primo piano operativo per soccorrere le popolazioni delle località isolate.
Il trasporto del materiale di soccorso avverrà con i due elicotteri arrivati stamattina alle 11,45 in piazza d’Armi.
I piloti sono stati ricevuti subito in Prefettura dove hanno ricevuto le opportune istruzioni.
Un elicottero sarà adibito per il rifornimento della Valle Stura e un altro per il rifornimento delle valli Maira e Varaita.
L’azienda autonoma della montagna d’intesa con la Commissione Pontificia, è incaricata di costituire a Vinadio per la Valle Stura e a Dronero per la Val Maira due centri mobili per il rifornimento di viveri, medicinali e indumenti che dovranno essere successivamente inviati nelle località isolate.
Altro centro di rifornimento per la Valle Varaita sarà costituito a Sampeyre dal sindaco, a ciò già autorizzato dalla Prefettura.
Il medico provinciale è stato incaricato di dotare i detti centri di adeguate scorte medicinali; il direttore della Sepral è stato incaricato di costituire in Cuneo un deposito viveri da inviare ai suddetti centri.
Il vice – comandante del gruppo carabinieri impartirà le necessarie istruzioni per l’atterraggio degli elicotteri nei centri di Dronero, Vinadio e Sampeyre.
Nella notte sono giunti da Genova venti vigili del fuoco.
La squadra, al comando di un ufficiale Ingegnere, è dotata di gruppi elettrogeni, cannoncini lancia sagole esplosive ecc.
Della squadra fanno anche parte sommozzatori.
Un’altra squadra di vigili del fuoco è giunta da Milano con diciassette uomini che si recheranno in alta Valle Stura.

PARTITI POMPIERI DA TORINO
5 PERSONE BLOCCATE
DALLE ACQUE A BORGONE DI SUSA
BORGONE 15 GIUGNO 1957
A Mezzogiorno i carabinieri di Borgone di Susa hanno richiesto l’intervento urgente di una squadra dei vigili del fuoco di Torino per salvare cinque persone rimaste isolate dalla piena in una centrale elettrica della zona.
La centrale, investita dalle acque della Dora, è rimasta completamente circondata; soltanto con le barche sarà possibile raggiungere e salvare le persone bloccate.

DECRESCONO LE ACQUE DEL PO A CASALE MONFERRATO
CASALE MONFERRATO 15 GIUGNO 1957
Le acque del Po a Casale Monferrato, che ancora stamattina aumentavano in modo impressionante oltre il livello di guarda allagando alcune zone di Mirano, Terranova e Frassinetto – dove le aziende agricole I.N.A Gozzana, Boscone e Giarone erano rimaste isolate – hanno finalmente cominciato a decrescere e in modo sensibilissimo.
Il Caporale Faccio, comandante della compagnia carabinieri e il geometra Bellasio comandante dei Vigili del fuoco, hanno fatto un’ispezione nelle zone allagate constatando che nessun pericolo i9ncombe sui coloni rimasti nelle cascine isolate.

VIGNETI ANNIENTATI
NELLA ZONA DI VOGHERA
VOGHERA 15 GIUGNO 1957
Altre precipitazioni si sono avute durante la giornata di ieri nel Vogherese.
Le campagne sono parzialmente allagate.
In seguito al maltempo i vigneti situati in pianura hanno subito danni del 100% e del 40/50% quelli in collina, che però sono minacciati dalla peronospora che ha colpito i grappoli; il maltempo impedisce di combattere il male con gli opportuni trattamenti antiperonosporici.
Anche il grano ha subito danni nella misura del 30 – 50% e il raccolto è compromesso da varie malattie.
Il “mal del piede”, il “fusarium” e la “ruggine”.

IL TANARO E’ STRARIPATO
IN 5 COMUNI DELL’ASTIGIANO E NELL’ALESSANDRINO
ASTI 15 GIUGNO 1957
Stamane alle 7 è ripreso a piovere ad Asti.
Il Tanaro durante la notte è diminuito di 30 centimetri.
Ieri il fiume aveva raggiunto un livello mai registrato in questi ultimi dieci anni superando in alcuni punti l’altezza di sei metri.
Il fiume è straripato nelle zone basse e particolarmente ad Antignano, Azzano, Rocca d’Arazzo, Rocchetta Tanaro e Castello d’Annone danneggiando campi di granoturco e di ortaggi.
In questa prima quindicina di giugno sono state contate 55 frane in 85 comuni della nostra provincia.
Nelle prime ore di stamane, in territorio di Alessandria, il Tanaro è straripato nei comuni di Felizzano, Masio, Oviglio e Solero allagando oltre 500 ettari di terreno coltivato. Nella frazione Tripoli di Solero, pure stamane, l’acqua ha raggiunto la soglia delle case.
La popolazione, rimasta isolata, ha vissuto ore drammatiche per la minaccia incombente dell’inondazione e l’impossibilità di essere soccorsa.

MEDE PARALIZZATA
PER UN’ORA DALLA GRANDINE
MORTARA 15 GIUGNO 1957
Una violentissima grandinata si è abbattuta ieri sera sulla fascia che da Frascarolo va a Lomello, comprendente i comuni di Castellaro, Torreberetti, Villabiscossi, e Lomello.
Ingentissimi sono i danni provocati alle colture, già provate dalla pioggia continua.
Anche Mede Lomellina è stata colpita dalla violenza della grandinata, che ha paralizzato per oltre un’ora il traffico nella città.
I grossi chicchi hanno provocato guasti alle linee telefoniche e la rottura di molti vetri.
Si apprende da Guastalla che nella bassa reggiana il Po ha superato ieri sera il segnale di guardia di 15 centimetri.
Nei comuni di Guastalla, Gualtieri e Luzzara alcune golene sono già allagate.

IL FLAGELLO IN VALLE DI SUSA
IL DRAMMATICO RITORNO ALLE CASE, DOPO LA GRANDE PAURA
IL FANGO CHE SI RASSODA
SI E’ ALLARGATA LA FRANA DA EXILLES A SALABERTANO
ED E’ PIU’ GRAVE LA SITUAZIONE DELLA STRADA NAZIONALE
NON SI PASSA PER ULZIO E BARDONECCHIA SE NON IN TRENO
CESANA COMPLETAMENTE ISOLATA:
PREOCCUPAZIONI PER IL RIFORNIMENTO DEI VIVERI
ULZIO 15 GIUGNO 1957
E’ piovuto poco o nulla questa notte ed il livello delle acque è per fortuna diminuito ovunque.
La strada che da Avigliana a Susa ancora ieri notte era coperta in più, stamane era transitabile per intero.
La gente sta tornando nelle case abbandonate sotto l’infuriare della piena, gli uomini sono occupati a svuotare cantine, ad arginare la Dora nei tratti dove è rientrata nel vecchio letto.
Il più grave è da Exilles in avanti.
Durante la notte è crollato un altro tratto della nazionale del Monginevro verso Salabertano.
Sarà necessario far saltare altri 300 metri perchè non riparabili.
Il versante destro per chi la risale, è di materia alluvionale e non offre alcuna garanzia di reggere una nuova strada.
Si prevede che bisognerà costruirla nel versante opposto.
Non si passa per Ulzio e per Bardonecchia se non per ferrovia.
Cesana non è raggiungibile in nessun modo, nè da Ulzio, nè dal Sestriere.
Chiuso quindi il transito per il Monginevro.
Non si va in Francia neppure per il Moncenisio perchè, se è libera la nostra strada sino al valico, è interrotta da larghe frane dopo il confine verso Langlesbourg e Saint Jeanne de Maurienne.
Non si parla per telefono con i paesi dell’Alta valle.
Si fanno i primi bilanci della disastrosa inondazione.
Rovinati i raccolti e di conseguenza appesantita la già difficile situazione dell’agricoltura.
In più la rovina del turismo.
Gli albergatori sono stati colpiti nel momento più delicato, quando stava per iniziare la stagione estiva.
I villeggianti cercheranno altrove.
L’interruzione della nazionale impedisce il turismo della domenica.Chi ha l’auto o la moto non lascia il suo veicolo a casa per andare in val di Susa con il treno.
Sceglie un’altra valle.
E’ assai difficile che la nazionale sia ricostruita in modo soddisfacente per questo inverno, di conseguenza anche il turismo sciistico sarà di molto ridotto, a quasi paralizzato.
Qui dicono che l’alluvione è una rovina per la valle.
Ammettiamo che nella prima impressione dolorosa di un disastro si è portati a disperare più di quanto la situazione porti, però albergatori e commercianti affermano che i villeggianti facilmente si lasceranno conquistare da altre valli.
Il turismo è una gara: chi è costretto a fermarsi per una stragione o due rischia di non poter più ricuperare negli anni venturi.
I paesi di Sant’Ambrogio, Sant’Antonino, Borgone, Villarfocchiardo sono liberi dalle acque.
Nei campi l’acqua si è fermata nelle zone più basse.
Dove si ritirano le acque rimane uno strato di fango di trenta o quaranta centimetri.
Un fango color cenere che si rassoda e diventa coltre dura.
I contadini con la punta del piede lo saggiano e scuotono il capo desolato.
Sotto il fango c’era il grano, c’era l’erba, c’erano tutti gli ortaggi.
Tutto è morto.
Si dovrà arare di nuovo, ma per il prossimo anno.
Dove i campi sono stati risparmiati la desolazione non è meno rattristante perchè il grano è allettato.

Forse si potrà ricuperare l’erba se il sole si affretterà ad asciugarla prima che marcisca.
Fango nelle campagne, fango nelle case.
Nelle cantine al pian terreno tutto è fango.
Per liberare cantine e case si getta il fango nelle strade e qui si ammucchia.
A Sant’Antonino hanno di nuovo allagato le vie, ma con l’acqua potabile, per pulirle e si è scoperto che il selciato è stato asportato.
A Bussoleno stamane due donne stavano riportando alla cascina un branco di maiali; gli animali passavano per le vie del centro e sfuggivano al controllo delle donne.
Uno si fermava, l’altro andava fregare col grugno tra la carta sotto i portici, un altro ancora si ostinava contro le ruote di un’automobile.
Le donne rincorrevano un maiale e gli altri si disperdevano.
Era una lotta impossibile.
La gente rideva.
E’ stata una nota allegra, un pò di distrazione.
Poi alcuni giovanotti sono intervenuti a dare man forte.

Con maniere spicce picchiavano sul groppone con i manici delle scope o davano calci.
Ma i maiali erano ostinati.
Allora li afferravano per la coda e le orecchie e li portavano di peso.
I maiali strillavano e la gente rideva.
Nell’alta valle a Chiomonte e ad Ezilles la situazione è normale.
Dopo Salabertano invece sono all’opera gli alpini, i carabinieri per liberare la strada dai detriti almeno che si possa comunicare tra Salabertano, Ulzio e Bardonecchia.
In ulzio i serbatoi dell’acqua potabile sono stati invasi e quindi è torbida ed i medici consigliavano di lasciarla depositare e farla bollire a lungo.
Non sono crollate altre case, ma l’acqua ha reso altri tratti della nazionale verso Cesana.
Quando l’acqua si sarà ritirata si potrà passare forse a piedi nel fondo valle.
Ieri ed ancora stamattina si doveva costeggiare il ponte e dopo la frazione Moreta il passaggio era pericoloso.
Il primo che da Cesana è passato per raggiungere Ulzio è stato un italiano espulso dalla Francia.
Da trent’anni lavorava a Grenoble, e qui si era sposato.
L’altra sera aveva litigato con un gruppo di operai francesi e la conseguenza è stata l’espulsione.
Gli hanno consigliato di andare a Roma per tentare di farsi riammettere.
Da Grenoble è arrivato a Cesana su una grossa auto: per passare il confine si è nascosto nel bagagliaio.
Lo accompagnava la moglie.
Ma a dieci chilometri dopo Cesana c’era un punto troppo difficile: la moglie piangendo lo sconsigliava di tornare indietro.
C’erano alcuni montanari che assistevano alla scena.
“Vuol passare di la!
Dia a noi la valigia e si lasci tirare.
Si fidi che in acqua non la lasceremo cadere”.
L’operaio espulso ha potuto raggiungere Ulzio e prendere il treno per Roma: la moglie si è fermata a Cesana.
Altre persone non sono passate.
Tenteranno oggi o domani gli alpini per portare viveria Cesana.
Tutto il fondo valle è cosparso di tronchi: sono tronchi di pini a migliaia di tonnelate e la furia delle acque dopo di averli strappati dai monti li ha scortecciati.
Giacciono resti tristi di una alluvione tremenda.
Giunge notizia che la frazione di Montepaniero sopra Susa è invasa dalle acque del Cenischio che ha cambiato letto.

PER FRONTEGGIARE LA SITUAZIONE NELLE ZONE DI TORINO, CUNEO,
ALESSANDRIA, ASTI E VALLE D’AOSTA
RIUNITI STAMATTINA A TORINO I PREFETTI DI QUATTRO PROVINCE

 

L’INCONTRO AL PROVVEDITORATO PER LE OPERE PUBBLICHE
PRESIEDUTO DAL SOTTOSEGRETARIO SEDATI
ALLE 13,45 SONO GIUNTI IN AEREO DA ROMA
GLI ONOREVOLI PELLA E BOVETTI
ALLE 15 ASSEMBLEA PLENARIA DI TUTTI GLI ENTI
IMPEGNATI NELLA LOTTA CONTRO L’ALLUVIONE
LA GIUNTA DELLA PROVINCIA, CONVOCATA D’URGENZA,
HA APERTO UNA SOTTOSCRIZIONE A FAVORE
DELLE POPOLAZIONI DANNEGGIATE
LA SITUAZIONE IN CITTA’:
SOSPESO IL TRAFFICO FERROVIARIO DELLA CIRIE’ LANZO
SUL PONTE DELLA DORA

La gravissima situazione creata in Piemonte dalle inondazioni, dalle frane, dai crolli dei ponti e delle case è da stamane all’estame delle autorità.
Da Roma è giunto un sottosegretario per incontrarsi con i Prefetti delle province maggiormente danneggiate; anche l’Onorevole Pella, arrivato in aereo alle 13,45, si incontrerà con alti funzionari per studiare i provvedimenti che dovranno essere adottati per fronteggiare il disastro.
Il primo convegno di oggi è aperto alle 10 negli uffici della Provincia.
Il presidente dell’Amministrazione provinciale, professor Grasso, ha convocato la Giunta in seduta straordinaria per un primo, sommario bilancio dei danni.
Da ieri mattina, senza interruzione giorno e notte, affluiscono al centralino di Palazzo Cisterna le telefonate dei sindaci dei Comuni più colpiti che segnalano, con un ritmo purtroppo in crescendo, i disastri causati dalla piena.
Nella seduta di stamane, il professor Grosso ha informato gli assessori che fino a questo momento i danni a strade provinciali ed a strade comunali in manuntenzione alla Provincia ammontano a mezzo miliardo.
Al termine della seduta è stato diramato un comunicato in cui è stato detto tra l’altro: “Preso atto dell’eccezionale gravità del disastro e dei danni che vanno aumentando, di ora in ora, si constata che la situazione esige che il Governo e il Parlamento intervengano e come sempre si è fatto per calamità che colpiscono un’intera regione ed assumono il carattere di sciagura nazionale”.
La provincia rivolge inoltre un appello agli enti e ai cittadini perchè vogliano concorrere con una prova di solidarietà al soccorso dei sinistrati.
E’ stata quindi proposta la costituzione di un comitato per coordinare le iniziative benefiche.

 

La Giunta della Provincia ha deciso di aprire una sottoscrizione con un contributo di 10 milioni.
Il consiglio provinciale è stato poi convocato per mercoledì alle ore 15, in sessione speciale.
Mentre si svolgeva la riunione in Provincia, poco lontano, nella stessa via Maria Vittoria si apriva un secondo importante convegno.
Presso il provveditorato per le Opere Pubbliche il sottosegretario ai Lavori Pubblici, Onorevole Giacomo Sedati, ha ricevuto i Prefetti di Torino, Cuneo, Asti e Alessandria e un rappresentante della Valle di Aosta.
Erano presenti il provveditore per il Piemonte Ingegnere Rigoni, l’Ingegnere Padoan, del Genio Givile, giunto stamane da Roma con L’Onorevole Bedati, e altri funzionari torinesi.
I prefetti hanno consegnato al sottosegretario i primi rapporti giunti dalle zone maggiormente colpite dal maltempo, unitamente a un sommario consuntivo sui danni.
Al termine della seduta, il sottosegretario ha dichiarato: “Esprimo a nome del governo, la solidarietà di tutti gli italiani per le popolazioni colpite e l’assicurazione che sarà compiuto ogni sforzo per ripristinare al più presto, una situazione normale”.
Nel pomeriggio l’Onorevole Sedati, accompagnato dai funzionari dei dicasteri tecnici, si recherà con un treno speciale in Val di Susa, fermandosi per un sopraluogo, a Salabertano, Ezilles, Ulzio e Bardonecchia.
Domani sempre in treno, la commissione visiterà il Cuneese e la Valle d’Aosta.
I risultati dei colloqui Svoltisi stamane al Provveditorato per le Opere Pubbliche saranno comunicati oggi alle 15 durante il convegno che si svolgerà in Prefettura, nella sala della Giunta.
Presiederà l’Onorevole Pella, giunto in aereo a Caselle alle 13,45, con l’Onorevole Bovetti, interverranno i rappresentanti dell’Amministrazione Provinciale, del Genio Civile, degli Ispettorati per l’Agricoltura e per le Foreste, delle Ferrovie, oltre al Questore, al comandante dei Carabinieri e al comandante del Presidio Militare.
Sarà così possibile sentire dalla viva voce di coloro che nelle ultime 48 ore hanno diretto l’Opera di soccorso agli alluvionati, il raccolto di quanto sta accadendo nelle nostre valli e nelle nostre campagne.

Saranno decise misure di emergenza, sia di carattere tecnico che amministrativo.
La situazione della città non è preoccupante anche se, fin verso l’alba di stamane le acque del Po hanno continuato a crescere verticosamente, al ritmo di oltre 10 centimetri all’ora.
Essere sono giunte al livello massimo di quasi quattro metri e mezzo al disopra del livello normale.
Una piena di tali dimensioni non era stata registrata a Torino da otto anni; per trovare un livello maggiore bisogna risalire all’alluvione del 1949 quando si toccarono i 6 metri e 35 centimetri.
Stamane le acque hanno cominciato lentamente a regredire: verso mezzogiorno erano a circa 4 metri e 10 centimetri sopra lo “zero”.
Anche la Dora ha continuato ad innalzarsi durante la notte ed ha presentato una lieve diminuzione stamane.
L’aspetto del fiume, contornato tra rive anguste, con ponti assai bassi, è ancora più impressionante ed impetuoso che non quello del Po.
Ieri mattina i tecnici del Municipio hanno fatto chiudere al traffico il ponte di Borgo Dora.
Ieri sera, dato che le acque stavano per superare il ponte in ferro della ferrovia Ciriè – Lanzo, l’ultimo treno è stato fatto partire da corso Vercelli.
Stamane la Dora ha cominciato a ritirarsi ma i piloni paiono lievemente lesionati ed occorrerà attendere l’ulteriore deflusso dell’acqua per esaminarli e stabilire se non vi siano pericoli.
Quindi il ponte continua ad essere bloccato.
Anche l’allagamento del “Balon” comincia a regredire: via Borgo Dora è ancora invasa dall’acqua che rigurgita dai chiumini (trovandosi le fognature sotto il livello della Dora) ma il suo livello è diminuito.
Stanotte i Vigili del fuoco sono intervenuti in alcune cantine della zona invase dall’acqua.
Stamane sono passati a Torino, dove hanno sostato brevemente nella caserma di corso Regina Margherita, i vigili del fuoco milanesi diretti a Cuneo.
L’autocolonna comprende una quarantina di uomini, tre autocarri, una “campagnola”, tre gruppi elettrogeni, una barca, un’autoradio.
Fanno parte degli uomini un gruppo di sommozzatori e un gruppo di specialisti nel salvataggio a nuoto.

 

LA STATALE IN MOLTI TRATTI ASPORTATA DALL’IMPETO DEI TORRENTI
IL COLLE DEL SESTRIERE BLOCCATO PER LE FRANE DA FENESTRELLE A CESANA
LE NOTIZIE GIUNGONO SOLO ATTRAVERSO LA RADIO DELL’AUTOCOLONNA DELLA POLIZIA
SQUADRE DI AGENTI HANNO RAGGIUNTO ALL’ALBA BOUSSON:
LA SCUOLA E DUE VILLE DISTRUTTE
ALTRI SOCCORSI IN VIVERI E MEDICINALI PARTITI STAMANE
Il colle del Sestriere è bloccato da entrambe le vie d’accesso.
Fra Champlas du Col e Cesana Torinese una frana è precipitata ieri mattina sulla strada massi di decine di tonnellate l’uno, per eliminare i quali occorreranno potenti cariche di dinamite.
Sul versante del Chisone le frane sono di proporzioni assai minori, ma il pericolo ha assunto altre forme.
Nei tratti in cui la statale serpeggia lungo il torrente, questo ha compiuto un’opera violenta di erosione, sgretolando la massicciata ed aprendo due voragini.
Una di queste si trova al chilometro 72, tra Fenestrelle e Pragelato, ed è lunga un centinaio di metri; la seconda si spalanca presso il cosiddetto “Depot” di Fenestrelle ed è di minori proporzioni.
Il transito era ancora possibile ieri sera verso le otto, sebbene con un certo pericolo; non tutte le macchine si avventuravano nello stretto passaggio fra il baratro e la montagna, mentre gli autocarri venivano bloccati dalla polizia stradale.
Verso la mezzanotte, un radiogramma della polizia, lanciato dal Sestriere, dava qualche assicurazione: il transito era ancora possibile, ma soltanto per autoveicoli leggeri.
Le informazioni di questa mattina sono piuttosto scarse, anche perchè la linea telefonica che corre lungo la Val Chisone è interrotta in diversi punti e non si può parlare nè con Fenestrelle nè con Pragelato nè tanto meno, con il Sestriere.
Ma il comando della Polizia stradale informa che il passaggio è totalmente bloccato, sia per veicoli pesanti che per veicoli leggeri.
Evidentemente durante la notte il torrente ha “mangiato” altra strada.
L’opera di ricostruzione sarà certamente lunga, ma è già parzialmente in atto.
Ieri pomeriggio abbiamo visto nella zona l’Ingegner Nasi, sindaco del Sestriere, che ha esaminato la situazione con particolare riguardo all’alta valle (proprio allora Sestriere – Borgata era di nuovo assediata dal Chiasonetto che irrompeva come una marea di fango).
Un sopraluogo di tecnici stradali avrà luogo oggi stesso, per assicurare al più presto la circolazione, sia pure con uno o due trasbordi.
I danni riportati dalle opere stradali sono superati soltanto da quelli lamentati dal turismo locale.
In questa stagione i ridenti comuni della vallata e le vaste distese del colle erano popolati di villeggianti o di turisti di passaggio: ora non c’è che tristezza e fango.
La situazione di Cesana Torinese è particolare.
Situata alla confluenza di due valli (quella del Thures e qella che viene dal Monginevro). Si è temuto ieri che un rinnovarsi della piena provocasse guai terribili.
Invece i danni sono limitati: una casa dell’INA, quasi nuova, demolita, una segheria distrutta, molta fanghiglia per le strade e per le case.
Proprio a Cesana Torinese sono all’opera gli agenti dell’autocolonna della polizia della nostra città.

LA STATALE IN MOLTI TRATTI ASPORTATA DALL’IMPETO DEI TORRENTI
IL COLLE DEL SESTRIERE BLOCCATO PER LE FRANE DA FENESTRELLE A CESANA
LE NOTIZIE GIUNGONO SOLO ATTRAVERSO LA RADIO DELL’AUTOCOLONNA DELLA POLIZIA
SQUADRE DI AGENTI HANNO RAGGIUNTO ALL’ALBA BOUSSON:
LA SCUOLA E DUE VILLE DISTRUTTE
ALTRI SOCCORSI IN VIVERI E MEDICINALI PARTITI STAMANE
Il colle del Sestriere è bloccato da entrambe le vie d’accesso.
Fra Champlas du Col e Cesana Torinese una frana è precipitata ieri mattina sulla strada massi di decine di tonnellate l’uno, per eliminare i quali occorreranno potenti cariche di dinamite.
Sul versante del Chisone le frane sono di proporzioni assai minori, ma il pericolo ha assunto altre forme.
Nei tratti in cui la statale serpeggia lungo il torrente, questo ha compiuto un’opera violenta di erosione, sgretolando la massicciata ed aprendo due voragini.
Una di queste si trova al chilometro 72, tra Fenestrelle e Pragelato, ed è lunga un centinaio di metri; la seconda si spalanca presso il cosiddetto “Depot” di Fenestrelle ed è di minori proporzioni.
Il transito era ancora possibile ieri sera verso le otto, sebbene con un certo pericolo; non tutte le macchine si avventuravano nello stretto passaggio fra il baratro e la montagna, mentre gli autocarri venivano bloccati dalla polizia stradale.
Verso la mezzanotte, un radiogramma della polizia, lanciato dal Sestriere, dava qualche assicurazione: il transito era ancora possibile, ma soltanto per autoveicoli leggeri.
Le informazioni di questa mattina sono piuttosto scarse, anche perchè la linea telefonica che corre lungo la Val Chisone è interrotta in diversi punti e non si può parlare nè con Fenestrelle nè con Pragelato nè tanto meno, con il Sestriere.
Ma il comando della Polizia stradale informa che il passaggio è totalmente bloccato, sia per veicoli pesanti che per veicoli leggeri.
Evidentemente durante la notte il torrente ha “mangiato” altra strada.
L’opera di ricostruzione sarà certamente lunga, ma è già parzialmente in atto.
Ieri pomeriggio abbiamo visto nella zona l’Ingegner Nasi, sindaco del Sestriere, che ha esaminato la situazione con particolare riguardo all’alta valle (proprio allora Sestriere – Borgata era di nuovo assediata dal Chiasonetto che irrompeva come una marea di fango).
Un sopraluogo di tecnici stradali avrà luogo oggi stesso, per assicurare al più presto la circolazione, sia pure con uno o due trasbordi.
I danni riportati dalle opere stradali sono superati soltanto da quelli lamentati dal turismo locale.
In questa stagione i ridenti comuni della vallata e le vaste distese del colle erano popolati di villeggianti o di turisti di passaggio: ora non c’è che tristezza e fango.
La situazione di Cesana Torinese è particolare.
Situata alla confluenza di due valli (quella del Thures e qella che viene dal Monginevro). Si è temuto ieri che un rinnovarsi della piena provocasse guai terribili.
Invece i danni sono limitati: una casa dell’INA, quasi nuova, demolita, una segheria distrutta, molta fanghiglia per le strade e per le case.
Proprio a Cesana Torinese sono all’opera gli agenti dell’autocolonna della polizia della nostra città.
Le uniche notizie che provengono da questa zona passano attraverso i ponti radio installati al Sestriere, a Pragelato, ed a Pinerolo.
Ma per raggiungere il Sestriere bisogna superare acrobaticamente la frana di Champlas, ed è necessario pertanto un doppio trasbordo, ma non ci sono altri sistemi più rapidi, da quando il telefono è taciuto.
Gli agenti della polizia guidati dal dottore Allitto e dal tenente Curcio, hanno dovuto improvvisarsi minatori, per far saltare i macigni della grana, genieri, per salvare ponti, ed anche portatori, per recare a Cesana quei dieci quintali di Viveri (gallette, formaggio, marmellata, cioccolato, caffè, cognac ed anche stivaloni a decine) che la Prefettura di Torino ha acquistato e spedito.
Esaurito il trasporto, gli agenti hanno dovuto dedicarsi ad altre opere.
C’era soltanto la difficoltà di scegliere le più urgenti.
A monte di Cesana Torinese hanno costruito uno sbarramento con grossi tronchi di pino per tentare di convogliare la Dora straipante; una pattuglia ha raggiunto alle prime luci dell’alba la frazione di Bousson.
Le notizie sono quelle che purtroppo si attendevano: un fiume di fango ha fatto pressione contro due ville quasi nuove fino a spazzarle come castelli di carte; con le ville è sparita anche la scuola del paese.
La gente del posto deve accontentarsi di raccogliere in tinozze la pioggia che purtroppo ha ripreso a scendere come in un desolato giorno autunnale.
Le squadre cercheranno ora di raggiungere altre due frazioni più a monte, quelle di Rouilles e di Thures, ma l’impresa si presenta quasi disperata: i piccoli torrentelli sono ormai tramutati in ininterrotte valanghe d’acqua.
Intanto è proseguita l’opera di sgombro della frana di Champlas du Col.
Un’altra spedizione di generi di conforto è stata eseguita stamane per ferrovia da Torino ad Ulzio; le casse sono state portate a Cesana in auto ed a spalle.
L’invio viene ripetuto nel pomeriggio.

DRAMMATICO APPELLO DI VISCHE ALLAGATA
CENTOVENTI PERSONE ISOLATE TRA LE ACQUE
LO STRARIPAMENTO DELLA DORA BALTEA HA INONDATO TRE BORGATE
L’ACQUA HA RAGGIUNTO L’ALTEZZA DI DUE METRI
GLI ABITANTI SCAPPANO SUI TETTI
VISCHE 15 GIUGNO 1957
Oltre la metà del territorio di Vische è stata invasa stanotte dalle acque della Dora Baltea.
Si tratta di oltre 800 ettari di terreni coltivati in massima parte a frumento, situati sulla sponda destra del fiume.
Tre borgate sono tagliate fuori dal resto del mondo: Monessa, Luisina e Gerbido nelle quali si trovano centoventi persone, fra cui una cinquantina tra vecchi e bambini e oltre duecenti capi di bestiame.
La vasta area è stata inondata fra ieri sera e questa mattina, dopo che la Dora ha rotto gli argini nei pressi di Monessa, un poco a sud della strada Strambino – Azeglio.
In breve l’acqua ha raggiunto in certi punti l’altezza di due – tre metri costringendo i contadini a riparare ai piani superiori delle case.
Il Bestiame è stato ricoverato nei fienili sopra catastre di balle di paglia.
Una casa più direttamente minacciata dalla furia della Dora è stata evacuata.
Vi abitava l’agricoltore Carlo Costanza con la moglie e cinque figli in tenera età.
Hanno trovato rifugio nella cascina di alcuni vicini.
Se il livello dell’acqua non salirà ulteriolmente ( fino alle 13 di oggi era ancora in lento ma continuo aumento) non sarà necessario evacuare le altre case nelle quali ci sono viveri e foraggio per diversi giorni.
Qualche apprensione si nutre invece per taluni vecchi malati.
Nel pomeriggio se sarà necessario le barche che fanno la spola fra il capoluogo e le frazioni isolate li porteranno al sicuro.
Stamane è giunto a visitare la zona colpita l’onorevole Stella.
Accompagnato dal sindaco Savoia e dal segretario comunale Colantuoni il parlamentare ha raggiunto in barca la frazione Gerbido per rendersi personalmente conto della situazione.
Successivamente si è intrattenuto con alcuni esperti per esaminare le provvidenze da adottare per i contadini alluvionati in previsione dell’incontro che nel pomeriggio avverrà alla prefettura di Torino fra i rappresentanti locali e i parlamentari piemontesi.
Analoga ispezione ha effettuato poco dopo il segretario dell’onorevole Bovetti.
Anche i vicini comuni di Moncrivello, Borgomasino e Vestignè sulla sponda sinistra della Dora Baltea hanno parte dei loro territori invasi dalle acque uscite stanotte dal loro letto.
La situazione non è però grave in quest’area vi sono solo due cascine inondate: le fattorie Ferti e Donno di Moncrivello.

AL LAVORO PER RIPARARE I DANNI
A TELEFONI FERROVIE ACQUEDOTTI
ALLACCIAMENTI PROVVISORI I CAVI ASPORTATI DALLE FRANE:
DA LUNEDI’ SITUAZIONE QUASI NORMALE
RIATTIVATA LA FERROVIA TORINO – AOSTA
SOSPESE LE FORNITURE D’ACQUA DAL PIAN DELLA MUSSA

UN PIANO DI INTERVENTI DECISO DAL PROVVEDITORATO ALLE OPERE PUBBLICHE
Senza perdere un’ora di tempo, mentre ancora l’acqua scrosciava e i fiumi muggivano tumultuosi travolgendo alberi e case, tutti si sono messi al lavoro.
Nel disastro che ha colpito il Piemonte e in particolare la provincia di Torino, c’è stato questo fattore positivo: un impegno immediato da parte di tutti, dagli stessi colpiti alle più alte autorità, per ridurre le proporzioni dei danni, per ricostruire, rabberciare, ripristinare.
Un centinaio di operai specializzati, guidati da tecnici e da ingegneri della Stipel, nel corso della giornata di venerdì, nella notte sul sabato e tutto ieri si sono dedicati al ripristino delle linee telefoniche interrotte nella val di Susa.
Per superare la barriera delle frane, si sono caricate sul treno le “campagnole” per il trasporto dei materiali, raggiungendo con questo mezzo le vicinanze dei luoghi più colpiti.
L’ingegnere Quirico, dopo una visita nelle località colpite ha dichiarato:
“Gli uomini hanno lavorato sotto l’acqua, con gli abiti appiccicati addosso, grondanti, ma senza un minuto di sosta.
Abbiamo attivato una linea provvisoria con Oulx, per assicurare il collegamo ad Oulx e a Bardonecchia.
Con Sestriere, Pragelato Fenestrelle funziona una linea.
Siamo riusciti a collegare anche Cesana, ma in serata un nuovo crollo di pali ha nuovamente interrotto la linea.
Claviere è ancora isolata.
In Valle d’Aosta è stato riparato il cavo tra Nus e Chambave, interrotto da una frana.
Sono ancora isolate le località di Valgrisanche, Valsavaranche, Notre Dame, Cogne.
A Couurmayeur funzionano 4 linee su 7.
Tutto sarà a posto, se pure provvisoriamente, per lunedì.
Nelle altre località la situazione è tornata normale: si è riattivata la linea con Balme, Cantoura, Chialamberto, Groscavallo, Formosa, Carignano, Carmagnola, Chieri, Caluso, Ciriè, Vinovo, None, Orbassano, Rivarolo, Cuorgnè, Castellamonte, Pont, Pinerolo e Perosa.
L’Azienda di Stato, con l’aiuto degli alpini, sta cambiando 700 metri di cavo sulla strada franata nei pressi di Cenasa”.
Situazione migliorata per le ferrovie: alle 8,40 di ieri mattina è transitato da Hòne Bard il primo convoglio per Aosta, dopo l’interruzione di venerdì.
L’unica interruzione che ancora non è stato possibile riattare è quella sulla Aosta – Pre St. Didier.
Si va in treno fino ad Arvier, poi c’è il transbordo, per 250 metri circa.
I treni per Parigi o Lione, impossibilitati a transitare per Modane allagata, continuano ad essere instradati sulla Santhià – Arona – Domodossola e quindi, attraverso il sempione, subiscono all’incirca 3 ore di ritardo sull’orario normale.
Le carrozze dirette tra Parigi e Roma percorreranno da oggi la linea Milano – Firenze.
Fino a Modane il traffico si svolge regolarmente, se pure con qualche rallentamento nelle zone inondate tra Avigliana e Sant’Ambrogio e presso Salabertano.
Sulla Torino – Alessandria, a partire da domani, sarà attivato un servizio di blocco alle estremità della frana di Villanova (dove c’è un unico binario) e si potrà ridurre il ritardo di circa 15 minuti che ora subiscono i convogli in questa zona.
I tecnici delle ferrovie procedono alla valutazione dei danni che sono considerevoli, ma non gravi: l’unico impianto minacciato dalla piena è la sottostazione elettrica di Salabertano dove si fanno lavori di arginatura con gabbioni e carichi di terra.
L’Ingegnere Losana, dell’Acquedotto Municipale, ha visitato ieri gli impianti di Pian della Mussa: “Fino a Ceres è possibile andare in auto, poi si prosegue per mulattiera.
Abbiamo dovuto chiudere l’acquedotto sopra Ceres, dove una grossa frana ha invaso la strada, perchè gli operai che lavorano alla rimozione di almeno 400 metri cubi di detriti non siano minacciati anche da un eventuale scoppio delle condutture premute dal peso della frana.
Il rifornimento d’acqua a Torino è assicurato largamente dalle altre provenienze”.
I tecnici dell’Azienda Elettrica Municipale hanno dirottato in tutte le valli i lavori di riattamento delle centrali e lo sgombero delle griglie intasate.
I danni più gravi sono in valle di Susa e particolarmente alla centrale di Chiomonte, dove hanno risentito dell’alluvione le opere idrauliche nei pressi di Salabertano.
La centrale ha tuttavia ripreso a funzionare ieri parzialmente, grazie all’afflusso di correnti d’acqua di corsi secondari.
I tralicci in pericolo sono stati rafforzati con un febbrile lavoro.
In Val dell’Orco la situazione degli impianti è tranquillizzante: il lago ha raccolto un’enorme quantità d’acqua evitando alla valle il disastro che invece si è verificato in valle di Susa.
Il vice – provveditore alle Opere Pubbliche per il Piemonte, Ingegner Parziale, ha preparato un elenco di opere urgenti che il sottosegretario onorevole Sedati, di ritorno da una minuziosa ispezione in val di Susa, ha approvato in nottata.
In base a questo primo elenco saranno iniziati domani lavori di emergenza in provincia di Torino.
La decisione ha fatto seguito alla riunione dei quattro prefetti di Torino, Alessandria, Asti e Cuneo, e tenutasi al mattino sotto la presidenza del sottosegretario, in Provveditorato.
Accompagnato dall’Ingegnere Rigoni, l’Onorevole Sedati proseguirà stamane la visita nelle altre zone colpite.
“Esprimo a nome del Governo – ha dichiarato ieri mattina il sottosegretario – la solidarietà di tutti gli italiani per le popolazioni colpite e l’assicurazione che sarà compiuto ogni sforzo per ripristinare al più presto la normalità”.
Nel pomeriggio di ieri l’aria si è rifatta tempestosa e il cielo minacciava di nuovo l’uragano.
I temporali hanno avvolto la città da sud – est a nord – ovest scaricandosi sul versante opposto della collina e nella zona tra Brusasco e Cavagnolo.
“Si tratta di manifestazioni locali provocate da lingue di aria fredda che continuano a scontrarsi con le correnti calde e umide provenienti dal sud – ci hanno detto all’Ufficio Meteorologico regionale.
Dovrebbero essere gli ultimi temporali.
Forse nella giornata di oggi si avrà ancora qualche temporale isolato.
Ma la pressione è alta e fa ben sperare nell’esaurimento dell’ondata di maltempo.
Si va verso un equilibrio che speriamo stabile”.
In città la pioggia, in piccolissime quantità, è caduta a zone, soprattutto in barriera di Milano: una media di un millimetro d’acqua.

LA STAMPA 16 GIUGNO 1957
IL DISGELO PROVOCA NUOVI DANNI NELLA ZONA PIEMONTESE DELL’ARCO ALPINO
MIGLIAIA DI FAMIGLIE BLOCCATE E SENZA VIVERI
NEI PAESI DELLE ALTE VALLI DI CUNEO E SUSA
ALPINI, CARABINIERI, VALLIGIANI, VIGILI DEL FUOCO, ELICOTTERI IMPEGNATI A PORTARE SOCCORSI
UN MESSAGGIO DA ARGENTERA IN VALLE STURA:
“SITUAZIONE GRAVISSIMA, URGONO UOMINI PER ARGINARE TORRENTE, 15 CASE ED IL FORNO PER IL PANE SONO CROLLATI”
IN VAL MAIRA E IN VAL VARAITA MANCANO LUCE, ACQUA E MEDICINALI
LA VALLE DI SUSA TAGLIATA IN DUE
BOUSSON MINACCIATA DA FRANE E ALLAGAMENTI
CESANA ANCORA COMPLETAMENTE ISOLATA
RICHIESTE DI AIUTI
RIAPERTA LA STATALE PER AOSTA
CUNEO 15 GIUGNO 1957
La situazione in pianura, a meno di altri nubifragi, si sta normalizzando.
Nelle alte valli vi sono invece almeno settemila persone in pericolo.
Sono gli abitanti dei paesi tuttora isolati e minacciati da torrenti che continuano a scaricare valanghe d’acqua limacciosa con violenza inaudita.
La giornata odierna è stata dedicata esclusivamente al soccorso di queste sfortunate popolazioni.
Due elicotteri dei Vigili del fuoco giunti in mattinata da Milano hanno iniziato la loro opera con voli di ricognizione e con due atterraggi ad Argentera e ad Acceglio.
Domani trasporteranno quintali di farina, di pane, generi di conforto, attrezzi, candele, torce elettriche e medicinali secondo un piano dettagliato e predisposto questa sera dalla Prefettura in base alle richieste giunte, attraverso le radio da campo, dalle varie zone.
I valligiani e gli alpini hanno accolto gli elicotteri come uno spettacolare e curioso complemento all’opera di soccorso che è già in atto.
Il più, ancora una volta lo faranno gli uomini ed i muli attraverso le impervie mulattiere d’alta montagna.
Con gli alpini ed i valligiani, che si offrono numerosi come volontari, collaborano senza risparmio carabinieri, polizia, guardia di finanzia e vigili del fuoco che sono giunti anche da Milano e da Genova.
Si tratta di fare in fretta perchè in alcuni paesi cominciano a scarseggiare i viveri e l’acqua potabile.
Molte famiglie hanno perso la casa ed altre stanno per vederla scomparire sotto l’impeto dell’acqua che non dà tregua.
A Cuneo, oggi riscaldata persino eccessivamente da un pallido sole, si fatica ad immaginare il dramma che stanno vivendo queste popolazioni.
Per “entrare nell’atmosfera” bisogna risalire le vallate sino ai punti dove le strade sono interrotte da paurose voragini o da ponti spazzati via come fuscelli.
La roccia trasuda da tutte le parti ed i torrenti danno un acuto senso di angoscia.
A monte vi sono paesi che vedono passare queste valanghe d’acqua dove prima era la strada principale e le case cedono una dopo l’altra.
Le frazioni Bellino, dove vivono 200 persone, non dà più notizie da tre giorni.
Sarà il primo posto dove domani si cercherà di scendere con gli elicotteri.
A sera la situazione nelle valli era schematicamente questa: Valle Stura di Demonte: sono tuttora isolati i centri di Argentera ( 273 abitanti), Pietraporzio (277 abitanti), Sambuco (236 abitanti) e la frazione Bagni di Vinadio ( 300 fra abitanti ed ammalati che si trovavano sul posto per cure termali).
Argentera è il punto di maggior pericolo.
L’acqua della Stura ha invaso gran parte del paese.
La parte bassa è stata completamente abbandonata dagli abitanti.
L’unico forno per la cottura del pane è crollato.
Sono pure crollate una quindicina di case.
Si chiedono viveri, indumenti, medicinali, candele, torce elettriche e almeno 2 mila tele di sacco ( che saranno trasportate domani dagli elicotteri) per arginare l’irruenza delle acque.
A sera la radio di Argentera ha comunicato alla Prefettira: “Situazione gravissima; urgono anche rinforzi di uomini per contendere il paese alla violenza della Stura”.
A Pietraporzio cominciano a scarseggiare i viveri: ieri è stata distribuita dai carabinieri una pagnotta a testa.
Le abitazioni sono sfollate e gli abitanti si sono ritirati nelle case periferiche.
Anche la caserma dei carabinieri è stata sgombrata.
Vi sono almeno 10 case crollate.
La base per gli elicotteri e le colonne di soccorso è a Vinadio.
Stanotte sono partite, per l’alta valle, pattuglie con muli carichi di viveri.
Creeranno un magazzino di emergenza a Sambuco di dove altre squadre di alpini e volontari proseguiranno per Argentera.
La strada del Colle della Maddalena è scomparsa a tratti per un totale di 4 – 5 chilometri.
Per ripristinarla, compresi i ponti crollati, occorrerà un anno.
Val Maira: sono bloccati i pasi di Acceglio (796 abitanti ) e Prazzo ( 855 abitanti).
Da Acceglio questa sera alle 20,30 è giunto per radio un appello disperato: “Ha ripreso a piovere con violenza.
Mancano luce ed acqua.
Urgono mezzi per arginare e uomini”.
Al pilota del’elicottero atterrato nel pomeriggio con viveri di conforto e penicillina il sindaco aveva chiesto medicinali, viveri, candele, disinfettanti e limoni.
Il paese è tagliato in due dalle acque del Maira.
Molte case sono crollate, altre sono pericolanti.
La situazione di Prazzo è meno drammatica.
Domani mezzi cingolati dei pompieri risaliranno la Valle Maira con viveri e attrezz.
Si spera di giungere sino al Ponte Marmora ( crollato) e di qui proseguire per Prazzo e Acceglio a dorso di mulo.
Val Varaita: sono bloccati i comuni di Sampeire, Casteldelfino, Pontechianale e Chianale ( con circa 4 mila abitanti comprese le frazioni).
L’onorevole Sabatini che oggi ha compiuto un sopraluogo nella zona è tornato a Cuneo impressionato.
“Occcorrono soccorsi urgenti – ha affermato – la situazione è grave”.
La Prefettura in serata ha inviato nella valle una colonna di soccorso.
Gli autocarri trasportano 20 quintali di farina e 10 di pasta e riso più generi di conforto e attrezzature.
Nella notte squadre di pompieri sperano di poter costruire una teleferica per valicare l’interruzione di Val Curta.
Dall’altra parte si troveranno all’appuntamento gli alpini del Gruppo Aosta che trasporteranno a dorso di mulo e negli zaini i viveri a Casteldelfino per smistarli poi a tutta la valle.
A Sampeire il torrente Varaita minaccia le frazioni ed ha già “portato via” la scuola e alcune case.
A Pontechianale sono crollate abitazioni ed anche il cimitero è stato parzialmente devastato.
Sulla situazione della Provincia di Cuneo e del Piemonte, in generale, l’onorevole Sabatini, che questa sera era alla Prefettura di Cuneo, ci ha dichiarato: “Bisogna ripristinare la legge per gli alluvionati con stanziamenti adeguati per tutto il Piemonte.
Non si può trattare la nostra regione in modo diverso dalle altre.
Occorrono miliardi per riattivare le strade, ricostruire i ponti e soccorrere le popolazioni danneggiate sia in pianura che in montagna.
A Roma mi batterò per questo”.
L’esecutivo provinciale della democrazia cristiana di Cuneo ha rivolto un appello ad enti e privati perchè offrano generosamente aiuti.
Alle autorità pubbliche si chiedono: ricostruzione sollecita delle opere pubbliche; soccorsi in danaro, fieno, sementi ai contadini; esenzione delle imposte per i danneggiati ai più colpiti.
L’Agricoltura dell’intera provincia – si conferma – oggi ha subito danni per almeno 12 miliardi di lire.
Per ricostruire ponti e strade statali occorerà più di un miliardo e mezzo.
La rete stradale dell’AMministrazione provinciale è danneggiata per mezzo miliardo: reparto di Cuneo 100 milioni, reparto di Alba 150 milioni, reparto di Mondovì 100 milioni, reparto di Saluzzo 150 milioni.
Da roma è giunto al Genio Civile un primo fondo di 80 milioni.
Oggi la camera di commercio ha consegnato al Prefetto dottor. Selva un milione per soccorsi alla popolazione.
Domani mattina si svolgerà in Prefettura una riunione alla quale sono invitati tutti i parlamenti e le autorità della Provincia.
Parteciperà anche il sottosegretario ai Lavori Pubblici, Onorevole Sedati.
Fra l’altro si farà presente che, in attesa del ripristino delle opere distrutte, per migliorare la situazione dei Comuni di montagna, sarebbero sufficienti, in via provvisoria, alcuni ponti metallici “Bayley” del Genio militare.
In pianura, a Savigliano ed a Saluzzo, la piena dei torrenti sta decrescendo.
A Dogliani invece, verso le 16, si è scatenato un violento nubifragio che ha allagato una parte delle cantine e dei negozi del paese.
Varie frane hanno ostruito le strade di campagna.
A Dogliani è atteso per domani il senatore Einaudi.
SERGIO DE VECCHI

LA STAMPA 16 GIUGNO 1957
IL TANARO E’ STRARIPATO
FRA ASTI E CASTEL D’ANNONE
LA PIENA DIMINUITA NELLA NOTTE
ASTI 15 GIUGNO 1957
La apprensione destata ieri sera dal progressivo ingrossamento del Tanaro e dalla sua fuoriuscita dall’alveo in parecchi punti delle zone basse a valle della città, è cessata nel pomeriggio di oggi.
Le turbinose acque del fiume si sono infatti gradualmente abbassate ed il loro livello è sceso questa sera di oltre un metro e mezzo rispetto a quello massimo raggiunto una ventina di ore prima.
Un furioso temporale scatenatosi alle 7 del mattino e durato tre ore aveva fatto temere il peggio; ma per fortuna il Tanaro è riuscito a smaltire anche questo nuovo apporto di acqua senza ulteriori straripamenti.
Gli allagamenti si sono verificati in una fascia di terreno lunga circa 10 chilometri e larga uno.
I danni provocati da questa limitata inondazione non so però lievi perchè le acque limacciose hanno ricoperto, rendendoli improduttivi, campi coltivati a grano, granturco erbe mediche e tabacco.
Questa zona è compresa fra la periferia di Asti, Antignano, Azzano, Rocca d’Arazzo, Rocchetta Tanaro e Castello d’Annone.
In città invece gli argini fatti costruire dal Genio Civile hanno resistito, e sebbene il livello del Tanaro abbia superato quello dell’impressionante inondazione di 20 anni fa, non vi sono stati straripamenti.
La situazione ora non desta preoccupazioni.
Il sole è tornato a far capolino, dopo quindici giorni di pioggia praticamente ininterrotta, fra le nubi ancora minacciose; anche la temperatura si è elevata e si spera ora che il periodo cruciale sia finalmente superato e che non si aggiungano più nuovi danni a quelli già provocati soprattutto dal gelo, dalla grandine e dalla brina.
Oggi si è riunita la Giunta provinciale per esaminare la situazione.
Il presidente, avvocato Saracco, ha letto un telegramma del presidente della provincia di Torino, professor Grossoc he lo invita a partecipare, insieme con parlamentari dell’Astigiano, ad una riunione che avrà luogo lunedì pomeriggio nel capoluogo della regione.
I consiglieri hanno espresso il voto che il presidente si faccia chiaro portavoce, nel convegno, della gravità dei danni subiti dall’agricoltura e dalle comunicazioni.
Le viti, già seriamente colpite dal gelo, sono minacciate ora dalla peronospora; i contadini hanno cominciato, anzitempo, a spruzzarle di anticrittogamici per arginare il flagello.
Quanto alle strade provinciali e comunali il danno consiste in 55 interruzioni per frane verificatesi in un mese di maltempo.

IL PO ROMPE GLI ARGINI
PRESSO CREMONA E STRADELLA
CREMONA 15 GIUGNO 1957
A Cremona e a Casalmaggiore il Po ha superato questa sera la guardia di sospetto.
L’aumento delle acque, che avevano raggiunto a Cremona metri 3,30 sullo zero base, e a Casalmaggiore i metri 4,19, continua nella misura di 3 centimetri l’ora.
Si prevede entro domani sera una delle massime piene registrate in questi ultimi anni.
Larghe zone boschive e terreni coltivati sono già allagati.
Sono entrati in funzione i servizi di controllo, si sorveglianza e di pronto intervento predisposto dal Genio Civile.
Nella bassa lodigiana, in località Corte Sant’Andrea, una piccola diga in zona Golenale, ha ceduto improvvisamente e le acque hanno invaso anche la frazione dell’Alberone.
Nell’Oltrepò stradellino il livello del Po ha continuato ad aumentare e le acque, superando in qualche punto i primi contrafforti degli argini, hanno allagato vaste zone seminate.
La strada provinciale Stradella – Corteolona è stata sommersa in alcuni tratti.

LA STAMPA 16 GIUGNO 1957
ALLAGAMENTI A USSEGLIO
CALUSO 15 GIUGNO 1957
La notte scorsa, quando la situazione di molte località piemontesi colpite dall’alluvione cominciava a migliorare, la Dora Baltea ha rotto gli argini a valle del ponte della “provinciale” Strambino – Azeglio riversandosi nel territorio di Vische.
In poche ore circa la metà della superficie di questo comune ( 800 ettari su 1690) è stata sommersa dalle acque, che hanno raggiunto e oltrepassato la strada Vische – Strambino.
Tre borgate in cui abitano 120 persone si trovano nel bel mezzo della vasta area allagata.
Sono le frazioni Gerbido, Monessa e Luisina.
In taluni punti l’acqua ha raggiunto i 2 – 3 metri d’altezza costringendo molti a cercare scampo nei piani superiori delle case, dopo aver sistemato il bestiame nei fienili, sopra cumuli di balle di paglia.
Una casa, investita in pieno dalla correte, ha dovuto essere evacuata.
E’ quella abitata dal contadino Carlo Costanza, dalla moglie e da cinque bimbi in tenera età.
Verso le 13 di oggi, il livello delle acque ha cominciato lentamente ad abbassarsi ed ha consentito ad alcuni volenterosi capeggiati dal sindaco Savoia di raggiungere i cascinali isolati con rifornimenti di pane e farina.
La Dora Baltea, straripata a causa dei detriti depositatisi nei giorni scorsi nella strozzatura esistente fra Vische e Mazzè, ha allagato alcuni terreni della sponda sinistra nei comuni di Moncrivello, Borgomasino e Vestignè.
Anche qui i danni alle colture sono ingenti.
Due sole le cascine inondate: Dosso e Fert, di Moncrivello.
Nelle Valli di Lanzo l’unica località ancora allagata è Usseglio.
Al Piano della Mussa la Stura si è scavata un nuovo letto danneggiando gli impianti dell’acquedotto di Torino.
La strada della Val d’Ala è tuttora interrota per la frana caduta presso Voragno.
I sindaci di Ala e Balme hanno inviato oggi un appello al prefetto per ricevere al più presto farina e pane, ma soprattutto pane perchè i forni non funzionano per mancanza di elettricità.
Da Ala si è anche richiesto l’invio di rifornimenti idrici: l’acqua dell’impianto locale, in seguito alle falle apertesi nelle tubature, è inquinata.
In Val Grande la strada è interrotta da una frana caduta presso Chialamberto, dove la Stura ha anche asportato il deposito di una segheria e alcune passerelle.

Da Forno Alpi Graie una pattuglia di soccorso ha raggiunto oggi attraverso le montagne il vallone di Sea, in cerca di due operai, una donna e una bambina rimasti bloccati in località Gias Nuovo in seguito al crollo dei ponti della mulattiera.
I quattro sono stati trovati sani e salvi e in nottata hanno fatto ritorno a Forno.
La strada della Valle dell’Orco è transitabile da ieri fino a Noasca, essendo state rimosse le piccole frane che la ostruivano.
Ceresole è invece ancora bloccata.
Nessun timore si ha più per Rosone: la massa di terra e rocce che scendeva verso il paese si è arrestata,
Le frazioni di Locana sulla destra dell’Orco sono isolate essendo pericolante il ponte Villa.

LA STAMPA 16 GIUGNO 1957
LA STATALE PER CESANA E BARDONECCHIA
INTERROTTA DA NUOVI ESTESI FRANAMENTI
ULZIO 15 GIUGNO 1957

La valle di Susa si può considerare tagliata a mezzo dalla enorme frana che ha troncato la nazionale del Monginevro tra Exilles e Salabertano.
Da Exilles al basso la situazione va migliorando rapidamente perchè la Dora è rientrata quasi dappertutto nel suo letto.
La nazionale è percorribile sino a Bussoleno e questa notte forse si potrà arrivare sino a Susa senza dover riccorere alla lunga e disagevole variante di Mattie.
Dove le acque si ritirano rimane il fango.
Un fango grigio pesante che già oggi in qualche punto era diventato crosta.
Copre i campi, riempie le cantine, gli alloggi al pianterreno dei paesi già allagati come Sant’Antonino, Villarfocchiardo, e Borgone, dove però stagna ancora acqua nelle parti basse.
I campi del centro valle sono distrutti perchè rosi dalla furia della corrente oppure rovinati dal fango.
Verso le parti laterali e nei luoghi più lontani dai punti di rottura le acque si sono ritirate senza lasciar deposito.
Il grano è allettato, l’erba rovesciata.
Però qualcosa si potrà salvare.
Oggi sul mezzogiorno c’era il sole e già si vedevano i contadini a tagliare l’erba oppure a rigirare il fieno ancora ricuperabile.
Le donne conducevano al pascolo le mucche.
Dopo la furia riprende con tenacia e speranza il lavoro usato.
E’ difficile che si ripeta il disastro di venerdì scorso anche se a monte dovesse, come purtroppo oggi è accaduto, piovere quasi senza interruzione, perchè la Dora ha libero corso e soprattutto perchè i temporali e lo scirocco dell’altro giorno hanno sciolto le nevi accumulate sopra i 1800 metri.
Sulla strada del Moncenisio è stato aperto con il tritolo il corso del Cenischia che aveva
riversato le acque su Mompantero isolando alcune case.
Ben diversa invece è la situazione sopra Exilles.
La interruzione della nazionale si è ancora allargata e la strada franando nella D’ora di ora in ora.
Già manca un tratto di mezzo chilometri, per altri tre o quattrocento metri lunghe e profonde screpolature denunciano nuovi estesi franamento.
La nazionale correva sul fianco del monte Supè a trecento metri circa sopra la Dora, quasi a strapiombo. Il terreno è di natura alluvionane e facilmente cedente.
Già in passato aveva dato grattacapi all’Anas.
Dal versante franato, sotto la quota dov’era la strada, sbocca l’acqua formando cascate che corrodono, creano il vuoto e fanno crollare.
L’amministrazione provinciale ha inviato sul posto una impresa di costruzioni stradali perchè provveda a far qualcosa.
Ma sino a quando continuerà a piovere ed il monte seguirà la sua opera di sfaldamento non si sa che cosa potranno fare gli operai.
Si pensa di costruire un passaggio provvisorio, al fine di togliere l’isolamento della valle, sopra la vecchia nazionale salendo con tornanti.
Però la nazionale nuova sarà fatta passare con ogni probabilità sul versante opposto, a nord, per ancorarla sulla roccia.
Le comunicazioni per Salabertano, Ulzio e Bardonecchia sono mantenute dalla ferrovia che arriva sino a Modane e non prosegue perchè è interrotta la linea in territorio francese.
A Bardonecchia la furia delle acque non ha portato danni: gli alberghi sono pronti ad accogliere i villeggianti, che ripetiamo, possono arrivare in treno.
Da Ulzio a Cesana l’acqua ha portato via altra strada: sono sei le interruzioni per centinaia di metri, ma quando la Dora si sarà calmata non sarà eccessivamente lungo e difficile il lavoro per creare un passaggio magari sul fondo valle.

Ad Ulzio ed a Cesama ci sono, con la polizia ed i carabinieri, gli alpini del quarto reggimento: erano arrivati in trecento per il campo estivo ed ora sono occupati giorno e notte per l’opera di soccorso.
Sono loro che portano i viveri a spalle sino a Cesana e che nel pomeriggio hanno tentato di raggiungere Bousson, sopra Cesana, il comune in maggior pericolo.
Ad Ulzio si lotta ad arginare ed a guidare le acque con protezione di gabbie e di pietre con gli alberi.
I maestosi alberi che si innalzavano lungo la nazionale e anche nell’interno del paese, vengono tagliati e legati sulle sponde.
In questo comune non mancano vettovaglie perchè è rifornito per ferrovia.
Anzi è diventato il centro di soccorso per Cesana e Brousson dopo che ha ceduto in tre punti la strada del Sestriere sopra Fenestrelle.
Con il treno che portava viveri ed indumenti sono arrivati oggi pomeriggio l’onorevole Sedati, sottosegretario ai lavori pubblici, il senatore Sibille, il dottor Beglia della Prefettura, l’avvocato Dezani dell’Eca, funzionari delle ferrovie e dell’Anas.
La commissione è proseguita per Bardonecchia ed a sera si è riunita a Torino per decidere sulle prime provvidenze da prendere.
Nel pomeriggio sono arrivate da Cesana ad Ulzio una cinquantina di donne romane che erano andate in pellegrinaggio in Francia.
Dopo aver varcato il confine a Claviere, hanno lasciato il Pullmana Cesana e sono giunte ad Ulzio con l’aiuto degli alpini che nei punti più impervi se le sono prese in braccio.
La Dora turbinava, mugghiava sotto di loro a pochi passi le donne si tenevano aggrappate ai soldati non guardare in basso.
E’ andato tutto bene.
A Cesana manca la luce e l’acqua potabile: oggi hanno portato pane, pasta, marmellata.
Le scorte nel comune erano per quattro giorni, ma si è preferito rifornire subito nel timore che una seconda piena tagliasse in modo netto le comunicazioni.
E’ Crollata la farmacia; le acque si sono portate via i sacchi di farina del mugnaio.
Qui a Cesana sono preoccupati perchè vedono, più che altro altrove, compromessa la stagione estiva.
E’ inutile farsi illusioni: si è in tempo di prenotazioni e non si può neppure comunicare per telefono.
A Bousson nessuno ancora è arrivato: forse questa sera gli alpini con pane e pasta.
Sono circa un migliaio di persone bloccate lassù ed il torrente Ripa che (incontrandosi con la Dora forma la Dora Riparia) ha diviso netto in due l’abitato.
Nelle acque si scorge un carro armato.
Lassù erano andati quelli del “Nizza Cavalleria” a fare le esercitazioni.
Sono rimasti una sessantina.
I carri li hanno usati, sino a consumazione del carburante, per trascinare i pini tagliati a riparo delle case.
Di 3200 metri di strada tra Brousson e Cesana sono intatte ancora poche centinaia di metri.
La strada che portava a Sauze di Cesana non c’è più.
Si dice che siano crollate cinque o sei case.
Non si sa se ci sono ammalati.
Il medico è di Cesana e si recherà quando potrà.
Continua a piovere e verso sera il livello delle acque è di nuovo aumentato.

GIOVANNI TROVATI

LA SITUAZIONE DELLE STRADE
Oltre trecento operai specializzati dipendenti dall’aministrazione provinciale, sono stati mobilitati con pale meccaniche, gru, motocompressori, martelli pneumatici, mine ecc. Sulle strade danneggiate dall’alluvione.
Una ventina di geometri e parecchi ingegneri hanno diretto le prime opere di ripristino.
Ieri sera la situazione si presentava così: strada Pian della Mussa – Rocca Venoni: asportata per oltre un chilometro dalla Stura; parecchie frazioni isolate.
Oulx – Sauze d’Oulx: ostruita da frane.
Cesana – Bousson – Sauze, comunale: parzialmente distrutta.
Susa – Venaus – Novalesa: invasa dalle acque presso Monpantero, in frazione Trinità.
Perosa – Porrero: aperta una passerella pedonale per permettere i rifornimenti ai comuni isolati.
Pont – Ceresole: sgombrate le frane tra Rosone e Noasca.
Resta soltanto una frana (600 metri cubi di terra e sassi) a Noasca: oggi si faranno brillare le mine sotto i massi più grossi.
La grossa frana di Rosone, quella che negli anni scorsi ha minacciato di travolgere l’abitato è ferma: è soltanto smottata un pò di terra, subito rimossa con le pale meccaniche.
Giaveno – Valgioie: aperto un passaggio pedonale, per non obbligare gli abitanti a fare il giro da colle Braida.
Si ripulisce anche la Mortera – Sala per agevolare le comunicazioni con Giaveno.
Altre piccole frane sulle strade della zona, saranno rimosse dai cantonieri.
Ceres – Forno, asportati due tratti di strada verso Balme e verso Forno.
Si sta costruendo una massicciata provvisoria con gabbioni di ciotoli.
A Chialamberto sono cadute due frane, le comunicazioni con Forno però sono possibili perchè al di là dello sbarramento è rimasta una corriera.
Viù – Usseglio interrotta a Usseglio, invasa dall’acqua alta un metro.
Sono tuttora pericolanti i ponti di Avigliana, Condove, Strambino in regione Gravellino, dove l’acqua tocca le travate e il passaggio è stato chiuso; il ponte degli Alpini a Susa e il ponte sul Maira a Casalgrasso minacciato dall’Ostruzione prodotta da centinaia di trochi travolti a valle dalla piena.
E’ in azione una gru, ma per un albero che viene afferrato, altri cinque sbattono con violenza contro le strutture e si teme lo straripamento.
Sulla Bardonecchia – Melezet è caduto il ponte stradale in ferro.
A Groscavallo è caduto il ponte in muratura per Campo della Pietra.
Ieri in serata è stata riaperta la Oulx – Sauze d’Oulx e la Bardonecchia – Melezet.
L’ingegnere capo della provincia, Tarizzo, ci ha dichiarato che soltanto dai primi accertamenti senza tenere conto degli allagamenti che lasceranno uno strascico di pavimentazioni da rifare e di massicciate corrore, i danni superano il mezzo miliardo.
Assai più gravi i danni sulle strade statali, dove occorreranno parecchi miliardi e mesi di lavoro.
La situazione è stazionariam salvo il ripristino della Ivrea – Aosta riaperta al traffico ieri a mezzogiorno.
Impossibile invece riattivare il tronco per il Piccolo San Bernardo per la caduta di parte delle strutture del ponte di Villeneuve.
Squadre di operai della Cogne collaborano attivamente con i cantonieri dell’ANAS per rimuovere le frane che ostruiscono il transito.
Sulla statale 25 per il Moncenisio il transito è possibile fino al colle.
La strada 21 per il valico della Maddalena è tuttora interrota.

CAMPI INVASI DALL’ACQUA
NELLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA
ALESSANDRIA 15 GIUGNO 1957
Il tempo si è per fortuna rimesso oggi al bello, salvo qualche leggero annuvolamento.
Il livello del fiume Tanaro, aumentato ieri di circa quattrometri, è in fase decrescente.
Si ha notizia di straripamenti in zona di Felizzano, dove sono stati allagati duecento ettari di terreno; in località Sardegna di Solero, dove 100 ettari sono stati sommersi; l’acqua è giunta fino a pochi metri dall’abitato della frazione Tripoli di Solero, ma gli abitanti non corrono alcun pericolo; infine, altri 80 ettari complessivamente sono stati allagati presso masio e Oviglio.

TUTTI I VALICHI DELLE ALPI
BLOCCATI TRA ITALIA E FRANCIA
PARIGI 15 GIUGNO 1957
Le regioni alpine della Francia, dell’Italia, della Svizzera, dell’Austria ed oggi anche della Jugoslavia continuano a soffrire per la gravissima ondata di maltempo; invece l’Inghilterra e tutta l’Europa settentrionale, fino al Circolo polare artico, sono investite da un’ondata di caldo, che in qualche caso provoca dannose conseguenze.
In
FRANCIA i danni più gravi sono stati sofferti dalla Savoia, particolarmente nelle valli dell’Arc e dell’Isère, e soprattutto nel tratto da Modane a Saint Jeane de Maurienne.
Decine di villaggi sono tuttora isolati dalle acque – che peraltro hanno in genere cominciato a decrescere – e soltanto con gli aerei e gli elicotteri si possono rifornire oppure sgomberare le popolazioni minacciate dalla valanga d’acqua e di fango.
La valle dell’Arc è quella che ha sofferto di più.
Intere famiglie hanno perso tutto ciò che possedevano; in alcuni centri, come Queyras (Briançon), la popolazione è stata evacuata ed senza – tetto sono numerosi.
A decine le automobili sono state travolte; una diga è crollata a Fontagriuz; parecchie fabbriche sono saltate in aria, perchè l’acqua ha invaso i forni, o sono state chiuse e sgomberate d’urgenza.
Alcunei centri sono tuttora isolati come Guillestre (sulle rive della Durance), Larche (vicino a Barcellonette).
Isola (nelle Alpi Marittime).
Numerose sono le strade distrutte; parecchie centinaia di matri di massciata e molte opere d’arte dovranno essere rifatte.

Le comunicazioni stradali tra la Francia e l’Italia sono tutte interrotte; il transito è possibile soltanto attraverso il Colle di Tenda e Nizza, oppure con una deviazione in Svizzera.
Anche la linea ferroviaria del Moncenisio è tagliata in due punti; i treni vengono deviati per Ginevra ed il sempione.
La ferrovia Gap – Briançon è interrota, ma è già stato organizzato un trasbordo.
Mentre sulle Alpi le condizioni meteorologiche accennano a migliorare, la Francia nord – occidentale è stata investita dall’ondata di caldo.
Parigi ha superato i 30 gradi, (un record per giugno); Orleans i 34 gradi, Lille e Reims i 30 gradiM
a Nizza e Marsiglia, invece, pioggia e frsco: dai 18 ai 23 gradi.
In
SVIZZERA la situazione è migliorata anche se il cielo si mantiene minaccioso.
La ferrovia Visp – Zermatt è stata riparata, dopo un’interruzione di 24 ore, ed è finito il breve “blocco” dei turisti.
Un pauroso temporale si è abbattuto oggi pomeriggio su Berna, provocando allagamenti e interruzioni della corrente elettrica.
Ginevra ed i dintorni sono stati colpiti da una vera e propria tromba d’acqia, accompagnata da grandine e da raffiche di vento.
Numerosi alberi sono stati sradicati; in alcuni quartieri le acque hanno ricoperto i marciapiedi e interrotto la circolazione.
In
AUSTRIA continua lo stato di emergenza in alcune valli della Carinzia e del Tirolo, ma le acque stanno decrescendo.
Tre aerei hanno rifornito i trecento turisti (molti italiani) bloccato a Saint Jacok; soltanto pochi sono riusciti a raggiungere Linz attraverso le regioni allagate.
In JUGOSLAVIA sono cadute piogge torrenziali: 40 case sono crollate in Serbia, i raccolto distrutti su una zona serba di 200 chilometri quadrati, interrotta la linea ferroviaria Belgrado – Sofia per l’allagamento della zona di Nish.
In
EUROPA SETTENTRIONALE, l’ondata di caldo è del tutto fuori dal comune.
A Londra sono stati raggiunti i 29 gradi ( a Madrid soltanto 21) ed a stoccolma i 25 gradi.
Nella capitale inglese le autorità hanno vietato di adoperare l’acqua potabile per innaffiare i giardini e lavare le auto; quattro cadetti sono svenuti durante una parata dinnanzi al principe Filippo.

16 E 17 GIUGNO 1957

 

LA STAMPA SERA 17-18 GIUGNO 1957
ORE DI ANGOSCIA NELL’ITALIA SETTENTRIONALE
FLAGELLATA DAL MALTEMPO
UN CICLONE DI SPAVENTOSA VIOLENZA
SEMINA MORTE E DISTRUZIONE NEL PAVESE
GLI ABITANTI DI VALLE SCURO PASSO E DI ROBECCO ( A CIRCA 10 CHILOMETRI DA PAVIA) DEVASTATI DALLA FURIA APOCALITTICA DELLA TROMBA D’ARIA ABBATTUTASI IMPROVVISAMENTE POCO DOPO MEZZOGIORNO
PRIMO TRAGICO BILANCIO: 5 MORTI E 50 FERITI
NON SI HANNO NOTIZIE PRECISE DI CIO’ CHE E’ ACCADUTO NELLE VALI MENO ACCESSIBILI DELL’OLTREPO’ SQUASSATE ANCH’ESSE DAL TORNADO
A ROBECCO LA CHIESA COMPLETAMENTE ROVINATA
IL CAMPANILE SPEZZATO A META’
LE CAMPANE PROIETTATE A OLTRE 500 METRI DI DISTANZA E ALMENO L’80 PER CENTO DELLE CASE DISTRUTTO
DOVUNQUE DESOLAZIONE E MACERIE
NELLA SUA CORSA PAZZA CICLONE HA SPAZZATO OGNI COSA TRASCINANDO CON SE’ TETTI, ALBERI, AUTOMOBILI
L’IMMEDIATA ORGANIZZAZIONE DELLE OPERE DI SALVATAGGIO E DI ASSISTENZA
PAVIA 17 GIUGNO 1957
Una terrificante tromba d’aria – uno spaventoso vortice lanciato a pazza velocità – ha devastato nel primo pomeriggio di ieri l’Oltrepò Pavese, lasciando dietro di sè un solco gigantesco di distruzione e di morte.
Cinque morti, oltre cinquanta feriti, diecine di case sradicate dalle fondamenta, due paesi rasi al suolo per metà: questo è il primo drammatico bilancio dei danni spaventosi provocati dalla furia del “tornado”.
Si tratta, però, di un bilancio approssimativo, e destinato, purtroppo, ad aumentare, perchè non si hanno ancora notizie di preciso di ciò che è accaduto nelle valli meno accessibili dell’Oltrepò.
A Broni, ove è stato organizzato il Centro di soccorso dei feriti, giungono decine e decine di richieste di aiuto, innumerevoli segnalazioni di devastazione, centinaia di notizie frammentarie e confuse, tutte, però, ugualmente angoscianti.
La zona devastata dalla tromba d’aria si estende lungo una striscia di 15 chilometri fra Valle Scuro Passo e Robecco Pavese, ai piedi delle colline dell’Oltrepò, a circa 10 chilometri, da Pavia.
Questo è l’epicentro del tornado.
Ma il ciclone ha spazzato anche le valli che risalgono l’Oltrepò, fino a Cicognola: una vasta zona collinosa, densa di vigneti, di fattorie e di cascine.
Il gigantesco soffio della tromba d’aria ha sconvolto questa estensione, devastando i vigneti, scuotendo le case con la violenza del terremoto, sradicando gli alberi e sconvolgendo i campi coltivati.
La furia degli elementi si è scatenata alle 12,30 precise.
Dapprima un vento teso e sferzante che proveniva da ovest, poi un’altra violenta corrente d’aria ha cominciato a spirare dalla direzione opposta.
Il cielo si è coperto di una pesante nuvolaglia grigia, che si addensava sempre di più.
Alle 12,40, su Casteggio, su Broni, e su tutta la zona che poco più tardi è stata devastata dalla tromba d’aria, è caduta la grandine: chicchi delle dimensioni di uova di gallina, accompagnati da violenti scrosci d’acqua.
Dopo la grandine, improvvisamente l’aria si è fatta immota.
Nelle stalle, nei cascinali e sulle aie, gli animali – quasi presagissero l’immensa tragedia – hanno cominciato a dar segno di pazzo terrore.
La tromba d’aria, un gigantesco imbuto formato da un vertiginoso vorticare di correnti, si è formata nei pressi dell’abitato di “Casa Rovati”, a circa tre chilometri dal paese di Valle Scuro Passo.
Si è ingigantita rapidamente e ha cominciato la sua marcia di distruzione.
E’ arrivata a Valle Scuro Passo (trecenti abitanti, quaranta case), ed è cominciato il finimondo.
Un grosso cascinale costruito al limitare del campi, è stato avvolto dal turbinio del tornado ed è crollato fragorosamente, seppellendo gli abitanti sotto un rovinio di travi e di calcinacci.
Due case, ai margini del paese, si sono sgretolate quasi fossero d’argilla.
Altri quattro piccoli edifici sono caduti come castelli di carta.
Il sibilare del vento non riusciva a coprire le grida di terrore degli abitanti dello sventurato paese, poteva soltanto soffocare i gemiti dei feriti.
La tromba d’aria ha proseguito la sua corsa lasciando dietro di sè la devastazione: il 50 per cento delle case distrutto, 25 feriti, 5 morti: la contadina Carla Andreoli, di 35 anni, i suoi due figli Walter e Pierangela, rispettivamente di 7 e 2 anni, il bracciante Antonio Cignoli di 47 anni, e la settantenne Natalina Alloni.
I loro corpi straziati sono stati dissepolti dalle squadre di soccorso qualche ora più tardi: erano imprigionati in un groviglio di travi e di blocchi di muratora, tutto ciò che restava della casa in cui essi abitavano.
I feriti sono stati tutti trasportati all’ospedale di Broni: alcuni di essi sono in condizioni disperate.

 

Dopo Valle Scuro Passo, la tromba d’aria si è spostata ad una velocità di almeno 50 chilometri l’ora, in direzione di Robecco Pavese, devastando gli abitanti di Valle Cima, Valle di Mezzo e di Valle Salesini.
La terribile marcia ha lasciato drammatiche testimonianze: case scoperchiate, pali telegrafici divelti, alberi abbattuti.
A Robecco Pavese, il tornado si è scatenato con violenza anche maggiore: il campanile della chiesa parrocchiale (in quel momento vuota) si è schiantato in due ed è crollato.
Poi la furia del vortice d’aria ha investito il centro del paese.
Una dopo l’altra almeno quindici case si sono sgretolate di colpo, crollando fragorosamente.
Un’auto, ferma accanto alla chiesa, è stata afferrata dal vortice, sollevata in aria e scagliata contro il muro di una casa vicina.
Le tegole divelte dai tetti e i blocchi di muratura delle case distrutte ( risucchiati dalla tromba d’aria) schizzavano tutt’intorno, trasformati in altrettanti proiettili sibilanti.
Anche la chiesa del paese è completamente rovinata.
Qui si ha l’esatta impressione di quella che è stata la sciagura e di quella che avrebbe potuto essere: l’orologio del campanile mozzato alla sommità ( le campane sono state proiettate ad oltre mezzo chilometro di distanza), ha le lancette contorte e ferme alle ore 12,50.
Alle 11,40 era finita la Messa, alla quale avevano assistito 150 – 200 fedeli.
Se il ciclone si fosse abbattuto su Robecco un’ora prima, i morti sarebbero stati più di un centinaio.

Il parroco, Don Luigi Serravalle, si aggira fra le macerie della chiesa e la casa parrocchiale, completamente inabile.
Grossi alberi, proiettati dalla campagna circostante, si sono abbattuti nel giardino della canonica.
Il sacerdote, un uomo sulla cinquantina, con parole accorate mostra i resti della bella chiesa del ‘700 dedicata ai Santi Nazario e Celso.
Don Serravalle, così ha raccontato la tragedia: “Era da pochi minuti finita la Messa e stavo svestendo i paramenti sacri mentre la popolazione lasciava la chiesa.
Ho visto il cielo rabbuiato, sono andato in casa ad ascoltare alla radio una funzione religiosa trasmessa da Roma.
Improvvisamente è mancata la luce.
Il cielo si è fatto sempre più buio.
Verso le 12,30 sono uscito dalla canonica.
Il vento soffiava sempre più forte.
Poi ho tentato di rientrare in casa, ma, mentre mi stavo dirigendo a chiudere la porta della chiesa, ho sentito come un lontano brontolio che si avvicinava.
Il cielo era scurissimo e il vento fischiava ad una velocità impressionante.
Cadevano grossissimi chicchi di grandine.
Ad un tratto un terribile frastuono, uno schiando che non si può descrivere, poi il rovinio di tutte le case, per dieci minuti questo rumore, mi ha portato come in un altro mondo.
Infine il silenzio.
Frattando il cielo, benchè nuvoloso, si era fatto più chiaro.
Fatti pochi passi nel cortile della canonica ho gridato: quanti morti ci sono stati? Quanti feriti?
In quel preciso istante tutta la popolazione è accorsa davanti alla chiesa e la stessa domanda, gli stessi visi ansiosi e lo stesso terribile sgomento”.
Il passaggio della tromba d’aria ha distrutto a Robecco Pavese almeno l’ottanta per cento delle abitazioni: un bombardamento aereo non avrebbe forse potuto provocare danni maggiori.
Quasi una trentina di feriti, ed è un vero miracolo che nessuno abbia perduto la vita nel pauroso cumulo di macerie cui è stato ridotto quasi per intero il paese.
I feriti sono stati trasportati tutto all’ospedale di Voghera: tra questa città e Robecco Pavese, le autoambulanze dei vigili del fuoco e quelle dei servizi di Pronto Soccorso, hanno tessuto per molte ore una drammatica spola.
Ma la marcia furibonda del tornado non si è conclusa a Robecco: la tromba d’aria si è spezzata, si è frantumata in raffiche violente e veloci che hanno risalito rabbiosamente le valli scavate fra le colline dell’Alto Oltrepo, fino a Cicognola,a Pometo e a Ruino.
Anche se ormai prossimo ad esaurirsi, il ciclone ha seminato ancora rovine e devastazioni.
Il quadro dei danni provocati dall’uragano potrà essere completato, come abbiamo detto, soltanto quando saranno state controllate tutte le frammentarie notizie che giungono al Centro di Soccorso di Broni.
Nella tarda serata di ieri le operazioni di soccorso continuavano ancora: ad essere partecipavano, gareggiando in abnegazione, i vigili del fuoco di Voghera, Pavia e Milano, i carabinieri, la polizia e gli infermieri dei servizi di assistenza.
Il prefetto e il questore di Pavia, accorsi sul luogo ove più tremenda ha infuriato il ciclone, stanno guidando le operazioni di aiuto ai paesi colpiti.
Il loro compito è tremendo: ai Centri di raccolta affluiscono lunghe teorie di uomini, donne e bambini, rimasti senza tetto; dalle frazioni sperdute nelle valli, giungono angoscianti invocazioni d’aiuto.
Con il passare delle ore il volto della catastrofe si rivela sempre più crudele e tremendo.

LA STAMPA SERA 17 GIUGNO 1957
IL TANARO STRARIPA
ALLA PERIFERIA DI ALESSANDRIA
ALESSANDRIA 17 GIUGNO 1957
Ad Alessandria il tanaro è straripato ieri mattina in prossimità del ponte al rione Orti, allagando quindi ettari di terreno coltivato a grano per una lunghezza di parecchi chilometri.
Nel pomeriggio le acque del Tanaro, della Bormida e degli altri fiumi hanno cominciato a decrescere.
Ora i tecnici del consorzio agrazio stanno facendo il bilancio delle alluvioni che hanno distrutto vaste zone di terreni coltivati a grano, vite, ortaggi e frutta con danni che si aggirano sui 7 miliardi di lire.
Nel
CASALESE, nonostante nuove piogge, la situazione è notevolmente migliorata.
Il livello del Po, che tra venerdì e sabato aveva superato il segnale di guardia, causando straripamenti a Gabiano, Morano, Casale, Terranova e Frassineto, con allagamenti di cortili e scantinati, di campi, prati e boschi, e con l’isolamento di cascinali e fattorie agricole, va rapidamente abbassandosi.

UN NUBIFRAGIO TRA LA VALSESIA E IL CUSIO
FARA, GHEMME E SIZZANO ALLAGATI
AUTOMEZZI BLOCCATI
NOVARA 17 GIUGNO 1957
Verso le 22 di ieri sera domenica, un nubifragio scatenatosi nella zona tra la Valsesia e il Cusio, e il fiume Sesia, il torrente Strona e diverse rogge sono straripate invadendo campi e abitati.
Gli abitati di Fara, Ghemme e Sizzano sono stati allagati e le comunicazioni interrotte.
Una “1400” proveniente da Novara, sorpresa nella sua corsa a un centinaio di metri da Fara Novarese da una forte corrente appesantita da detriti di ghiaia, sbandava finendo in un fosso.
Due Pullman di linea, provenienti dalla Valsesia sono stati anch’essi sorpresi dalla corrente e si sono fermati di traverso alla strada che conduce a Novara.
Sulla stessa rotabile sono rimaste bloccate lunghe teorie di auto.
Sul posto è giunta la polizia stradale di Novara, al comando del capitano Garbarino, che ha cercato, dato anche il rapido crescere delle acque, di ristabilire innanzitutto le comunicazioni.
Tali lavori sono tuttora in corso.
Nell’abitato di Fara Novarese l’acqua ha raggiunto un metro di altezza, trasportando sassi e detriti, poi è ridiscesa a quindici centimetri.
Non si hanno notizie di vittime umane.
Sono accorsi sul luogo anche i vigili del fuoco.
Una grandinata violentissima ha investito Varallo Sesia.

SITUAZIONE AGGRAVATA IN VALLE DI SUSA
UNA TREMENDA ONDATA
HA INVESTITO CHIANOCCO
L’URLO DI UN UOMO ALL’ALBA DI IERI: “SALVATEVI”
POI PIOMBO’ LA VALANGA D’ACQUA CHE DEVASTO’ IL PAESE
COPRENDO DI UN MARE DI FANGO I CAMPI
TRE MORTI A SUSA
UNA FAMIGLIA SEPOLTA SOTTO LA CASA SCHIACCIATA DA UNA FRANA:
TRE SI SONO SALVATI, UN BIMBO DI QUATTRO ANNI L’ANNO ESTRATTO CADAVERE
LA LINEA FERROVIARIA DI MODANE INTERROTTA PRIMA DI BUSSOLENO
SUSA 17 GIUGNO 1957
Sembrava sabato sera che la situazione stesse migliorando, in particolare nella parte inferiore della valle, ed invece un tremendo uragano ha sconvolto ogni previsione traducendo la speranza in una profonda delusione.
Non più la Dora questa volta, ma i rii che scendono dal versante sinistro della valle hanno portato la rovina interrompendo anche la ferrovia, che era l’unica via di comunicazione con i paesi di Ulzio e Bardonecchia.
I binari sono stati sconvolti e sradicati un chilometro prima di Bussoleno, i fili della corrente spezzati, divelti i pali.
Sarà lungo il lavoro per riattivare la linea.
Grave quindi la situazione in tutta la valle di Susa, peggiorata anzi rispetto alla settimana scorsa.
Ci sono stati per di più tre morti: e sono le prime vittime del maltempo.
Lo stabilimento di filatura del “Cotonificio Valle di Susa” all’entrata di Bussoleno, ha subito danni per centinaia di Milioni l’altro stabilimento di Borgone può essere allagato da un momento all’altro.
Si teme che debbano rimanere ferme anche le officine Moncenisio di Condove.
Tutto questo sconquasso è stato provocato dal temporale che si è scatenato sulla bassa valle tra le 6 e le 9 di ieri mattina.
Un temporale di tale violenza che, diceva la gente “si vedeva tutto bianco”.
La montagna è franata in mille punti, chiudendo i rii con dighe improvvise; si sono formati alti bacini, poi l’acqua, quando ha superato gli sbarramenti di terra e di pietra, è precipitata in un’ondata travolgente.
Il maggior danno lo ha provocato il rio di Chianocco, tra Borgone e Bussoleno.
Chianocco è un comune di 1400 abitanti: lo si vede appollaiato dopo San Didero e Bruzzolo, poco prima di Bussoleno.
Lo divide a mezzo un rio che è sempre povero di acqua e che prende il nome del paese.

 

Ha cominciato a piovere fortissimo verso le 6.
Era domenica e la gente rimaneva in casa non avendo da recarsi al lavoro.
Alle 8 poche donne avevano osato avventurarsi nelle vie per raggiungere la chiesa ad assistere alla Messa.
Il parroco don Borello stava salendo all’altare quando udì un rombo lontano.
Si fermò prestando orecchio e colse l’urlo di un uomo:
“L’acqua, salvatevi, l’acqua!”.
L’uomo gridava dalla rupe che si erge di fianco alla chiesa e che domina il paese.
Era della frazione Molè, aveva visto l’acqua crescere a dismisura, era corso a Chianocco a dare l’allarme.
Il parroco si liberò dai paramenti, afferrò le due donne più anziane e le trascinò fuori dalla chiesa sì che l’edificio li separasse dal rio; le altre lo seguirono.
Ancora fece in tempo a chiudere la porta.
Poi giunse l’ondata, alta due o tre metri sopra le sponde, si scatenò per il paese e si riversò giù versp il centro valle portando con sè terra, macigni, alberi, devastò la ferrovia, superò la nazionale del Monginevro, finì nella filatura del cotonificio Valle di Susa invadendo ogni reparto.
Il passaggio dell’onda devastatrice è durato poco meno di un quarto d’ora.
Tanto era forte il rombo che fu scambiato all’inizio per lo scoppio di un tuono.
Quando cessò, il paese era mutato.
Via il ponte di Chianocco, abbattuto il belvedere del vecchio castello che era usato per ristorante, cambiato il letto del torrente, dov’erano prati ed orti e giardini un mare di fango su cui emergevano massi di pietra.

DESOLANTE ASPETTO DELLE CAMPAGNE DA PINEROLO AD IVREA
LE TRE VALLI DI LANZO SOTTO LA FURIA DI UN NUOVO DISASTRO NUBIFRAGIO
SOLTANTO TORINO E LE COLLINE DEL PO SONO STATE RISPARMIATE IERI DAL CICLONE – LA STURA SI GONFIA IMPROVVISAMENTE E DISTRUGGE IL PONTE A ROBASSOMERO LUNGO 120 METRI: UN MORTO, UN FERITO, 4 PERSONE SI SALVANO – ANCHE I PONTI DI ALTESSANO E DI CAFASSE IN PERICOLO – CIRIE’ E LANZO SONO BLOCCATE – USSEGLIO ALLAGATA, ALA E BALME ISOLATE, ALTRE FRANE A CHIALAMBERTO – LA STRADA DELLA VALLE DELL’ORCO INTERROTTA A ROSONE – A IVREA UN CARRETTIERE INGHIOTTITO CON IL CAVALLO DALLA DORA
RABBIOSE GRANDINATE NEL CANAVESE, A CHIVASO, RIVOLI, ORBASSANO ED IN VAL PELICE

Oltre alla Valle di Susa, anche il resto della provincia di Torino è stato colpito ieri da una serie di uragani disastri.
Ne sono rimasti indenni soltanto la città e la zona a mezzogiorno della collina.
L’epicentro del nubifragio si è avuto nelle Valli di Lanzo: ponti distrutti o pericolanti, ancora strade interrotte, ancora frane hanno devastato le località preferite per la villeggiatura estiva dei torinesi.
Una persona è morta nel crollo del ponte di Robassomero, fra questo paese e Ciriè; un’altra è stata inghiottita dal torrente presso Ivra.
Dovunque si levano voci ad invocare aiuto, dovunque occorrono uomini e mezzi per rimettere in sesto le vie di comunicazione.
L’episodio più impressionante è quello cui abbiamo accennato, del ponte sulla Stura di Lanzo.
Alle 12,30 si era giudicato opportuno chiuderlo al transito, alle 13,40 è avvenuta la sciagura.
Alcuni tecnici della provincia, accompagnati dal sindaco di Robassomero Architetto Barardo e dal segretario comunale ragionier Bruno, si erano recati a fare un sopraluogo, avendo i cantonieri segnalato che i blocchi di riparp dei due piloni che sorreggevano le campate, erano stati spostati dall’impedo della corrente.
Ciò era accaduto nel breve volgere di un paio di ore, fra le 9,30 e le 11,30, quando la violenza dell’uragano riversatosi sulle Valli di Lanzo aveva fatto salire di ben due metri il livello della Stura.
I tecnici constavano che i piloni erano direttamente esposti alla furia dell’acqua e ordinavano la sospensione del traffico, sia di veicoli, sia di pedoni.
Le strutture del ponte – tre campate metalliche di complessivi 120 metri, poggianti su due piloni in muratura – non sembravano tuttavia prossime a cedere.
Dello stesso avviso si dichiaravano gli impresari Antonio e Matteo Cattaneo, padre e figlio, di Favria Canavese, ai quali l’amministrazione provinciale aveva affidato di recente i lavori per rinforzare il ponte.
Essi si erano recati sul posto per controllare come le struttire si comportavano sotto la spinta della piena.
Dopo esserci intrattenuti con gli impresari, i tecnici, il sindaco e il segretario di Robassomero se ne andavano.
Sul posto rimanevano i Cattaneo, il capo – cantoniere Giuseppe Ellena di Volpiano, e il Signor Carlo Clara, titolare della trattoria situata all’estremità destra del ponte, verso Robassomero, venuto in bicicletta a portare un pò di caffè all’Ellena, sul ponte dalla sera prima.
Pochi istanti dopo giungevano, dalla parte di Ciriè il contadino Giacomo Barra, di 41 anni, da Devesi, e il giovane Marco Boero, di 20 anni, da Grange di Nole, il primo in bicicletta, il secondo su una “vespa”.
L’Ellena, li avvertiva che era impossibile passare.
Solo il Boero intendeva proseguire, l’altro era lì per curiosare.
Dopo molte insistenze, il Boero otteneva di proseguire conducendo la “vespa” a mano e si avventurava sul ponte assieme al Clara, diretto alla sua osteria, e all’Ellena, il quale intendeva dare
un’occhiata ai piloni.
I Cattaneo e il Barra rimanevano sulla testata del ponte.
Dopo pochi istanti – alle 13,40 precise – il Clara, l’Ellena e il Boero si trovavano quasi alla fine della prima campata, quella di sinistra.
Lasciamo la parola al Clara: “Ad un tratto udimmo uno scricchiolio.
Niente di più.
Poi immediatamente dopo, ci sentimmo mancare il terreno da sotto i piedi.
Solo allora ci rendemmo conto che il pilone aveva ceduto e che la campata sprofondava”.
Il Barra e i due uomini che erano con lui non sanno dire altro.
Come si siano salvati, è quasi un mistero.
Abbandonata bicicletta e vespa, il Clara, il Boero e l’Ellena si sono afferrati alle travature di ferro e quando queste sono precipitate in acqua sono riusciti a resistere alla corrente, finchè con l’aiuto di alcuni volenterosi hanno riguadagnato la riva.
Quanto ai Cattaneo e al Barra, rimasti sull’estremità del ponte, le cose andavano ben diversamente, e solo Matteo Cattaneo usciva dalla paurosa avventura vivo e illeso.
Al momento del crollo egli si trovava di pochi passi dietro al padre e al Barra ancora sulla testata del ponte, e sfuggiva così alla catastrofe.
Antonio Cattaneo, di 58 anni, e il contadino di Devesi precipitavano invece nella voragine appertasi sotto i loro piedi.

La provinciale è bloccata duecento metri a monte di Rosone; altre frane sono precipitate presso Noasca e all’imbocco della galleria di Ceresole.
Due ponti sull’Orco – uno a Locana e l’altro a Sparone sono pericolanti per la caduta dei piloni centrali; il transito, che finora era limitato ai pedoni, da ieri sera è totalmente sospeso.
Le condizioni della zona sono aggravate da una grandinata violentissima, che ha flagellato tutto il Canavese, giungendo fino a Bosconero.
Nei pressi di ivra, come già detto, si è avuta un’altra vittima; il carrettiere ventottenne, Francesco Macello Violetta, che verso le 7 di ieri mattina si era recato con il suo cavallo ed il suo carro a caricare ghiaia per conto della ditta Quaccia in regione Ghiaro, lungo la sponda sinistra della Dora.
La sciagura è stata osservata a breve distanza da una donna, Maria Spagnolo, che si trovava sul ballatoio della sua casa, prospiciente al fiume.
Ad un tratto il cavallo del Violetta, a circa quattro metri dalla Dora, forse impaurito dall’acqua turbinosa, ebbe uno scarto, indietreggiò; le ruote del veicolo furono ghermite dalla corrente, l’uomo e la bestia sparirono nei gorghi.
Fino a questo momento non si è più trovato altro che un basto.
Un rabbioso temporale si è abbattuto verso le 15,30 su Rivoli e sulle sue colline: in taluni punti la grandinata è durata soltanto una decina di minuti, in altri mezz’ora, ma è stata dovunque di una violenza senza precedenti.
Le ripide vie che scendono dal Castello si sono trasformate in torrenti impetuosi, tutte le zone più basse di Rivoli sono state invase dalle acque.
Il campo sportivo è stato trasformato in un piccolo lago, piazza Martiri della Libertà, capolinea del filobus, e piazza Principe Eugenio erano invase da mezzo metro d’acqua.
Anche la strada per Susa era inondata.
Il ricovero dei poveri vecchi, al piano terreno dell’ospedale civile è stato allagato: gli infermieri hanno dovuto trasportare fuori a braccia sette ospiti, nella cui camerata l’acqua era giunta a superare il livello dei letti.
Un muro di cinta di una villa, in via Giorgio Vecco 4, è crollato per una lunghezza di trenta metri.
I vigili del fuoco volontari di Rivoli sono accorsi in numerose case, i cui piani terreni erano inondati, soprattutto in via Montegrappa, in via Alpignano, ed in corso Susa.
La grandine ha provocato danni gravi in tutte le campagne di Rivoli, di Buttigliera Alta, di Rosta, di Alpignano, della frazione Cordiglia di Villarbasse: particolarmente colpiti sono stati i vigneti, il frumento, il granturco, i frutteti.
Nelle zone dove la tempesta è stata più violenta il raccolto può considerarsi interamente perduto.
Le propaggini orientali del nubifragio si sono rovesciate sulla zona di Chivasso: le colture hanno subito un danno che si aggira sul trenta per cento.
Nella tarda serata il Po è nuovamente ingrossato; il fiume è di nuovo uscito dall’alveo inondando i terreni situati in regione Molino Po e parte dei terreni della Brozzola.
Un’ora di grandinata violentissima ha devastato le campagne del Pinerolese, colpendo le campagne del Pinerolese, colpendo in modo particolare Frossasco ed Osasco.
In Pinerolo, allagamenti e crolli di muri nella caserma Bicherasio e nell’oratorio San Domenico.
I vigili del fuoco hanno ricevuto diverse chiamate da dieci località diverse, fra cui roreto, dove un ponte, ora ostruito deve essere fatto saltare.
A Fenestrelle l’acquedotto, inaugurato recentemente è divenuto inutilizzabile.
La strada per il Sestriere è sempre interrotta, impossibile procedere oltre Mentoulles.
La grandine è caduta a rovesci anche nella valle del Pellice.
Il paesaggio ieri era completamente trasformato; come dopo un’abbondante nevicata invernale.
Danni gravi anche a Luserna San Giovanni ed a Bobbio Pellice.
La strada da Torre Pellice a Luserna è stata allagata rimanendo intransitabile per diverse ore.
A villa Castagneto presso Buffa, 23 turisti tedeschi sono rimasti isolati per parecchie ore.
A Bibiana i vigili del fuoco hanno dovuto intervenire per trarre in salvo sei vecchi, chiusi in una casa assediata dalle acque.

I BINARI DELLA CIRIE’ – LANZO SRADICATI DA UNA GROSSA FRANA
L’INTERRUZIONE PRESSO TRAVES: SI PROSEGUE CON TRASBORDO – I CONVOGLI PARTONO DALLO SCALO DORA – SALVATAGGIO DI UNA FAMIGLIA ASSEDIATA DALLE ACQUE SU UNA DRAGA – UN MESSAGGIO DEL PAPA ALLE POPOLAZIONI COLPITE

Le preoccupazioni destate nei giorni scorsi in città dal rapido ingrossarsi dei quattro corsi d’acqua che l’attraversano (il Po, la Dora, il Sangone, la Stura) sono notevolmente diminuite in seguito al graduale abbassamento del livello dei primi tre ed al miglioramento delle condizioni meteorologiche.
Ieri in città è caduta poca pioggia, circa un millimetro e mezzo metre altre zone sono state battute da nubifragi.
Il Po, che aveva raggiunto sabato il livello massimo di metri 4,38 sopra lo zero idrometrico, alle 18 di ieri sera era sceso a metri 2,70 e continuava a decrescere.
L’acqua che aveva invaso i Murazzi, si era già ritirata.
Pure in diminuzione la Dora e il Sangone.
L’unico corso d’acqua, invece che ora comincia a suscitare allarme è la stura.
Si è ingrossata enormemente per le nuove violente ed abbondanti precipitazioni atmosferiche verificatesi nella valle di Lanzo.
L’ondata di piena è giunta repentina ed ha colto di sorpresa parecchie persone, alcune delle quali hanno anche corso seri pericoli.
L’episodio più drammatico è stato quello accaduto all’altezza del numero 324 di via Paolo Veronese.
Di fronte a questo caseggiato è ancorata, nella Stura, una grossa draga.
Un gruppo di persone verso le 15 vi si era recato a far visita ai custodi.
All’improvviso il fiume è ingrossato e la draga è rimasta isolata in mezzo ai gorghi turbinosi e densi di melma.
Spaventati gli uomini e le donne hanno cominciato ad invocare soccorso.
Dalle case vicine alla riva, qualcuno ha telefonati ai pompieri che, giunti sul posto, sono scesi fra la corrente vorticosa, assicurati a corde, e dopo non pochi sforzi sono riusciti a trarre in salvo tutti i pericolanti.
I vigili del fuoco hanno ricevuto nella giornata di ieri numerose altre chiamate per interventi urgenti.
Si sono recati a Collegno, a Regina Margherita per inondazioni di cantine e della sottostazione della tranvia Torino – Rivoli; a Sant’Ambrogio, Susa, Mompantero, Salabertano, Torre Pellice, Pinerolo, Novalesa.
In seguito ai brevi, ma violenti nubifragi di ieri nuovi danni si sono aggiunti ai precedenti arrecati alle comunicazioni.
Il ponte di Altessano sulla Stura è stato chiuso al traffico, che è stato dirottato per Leinì.
Anche il ponte di Cafasse è impraticabile.
E’ impredito il transito sul ponte in ferro sulla Dora ad Avigliana.
Numerose altre interruzioni stradali nelle valli colpite dai temporali sono state causate da frane.
Anche le comunicazioni ferroviarie hanno subito danni.
I più gravi sono quelli sulla Ciriè – Lanzo per il franamento di un tratto della amssicciata tra Losa e Traves: i binari per una ventina di metri sono sospesi nel vuoto.
Si ritiene che il traffico non potrà essere riattivato prima di un mese.
E’ stato di nuovo interrotto il transito sul ponte in ferro della Dora.
Perciò le partenze avvengono anzichè da corso Giulio Cesare, dalla stazione di via Giachino, oltre il cavalcavia di via Stradella.
I treni arrivano fino a Traves.
Di là i viaggiatori devono proseguire per Losa, dove due vagoni e una locomotiva, rimasti dall’altra parte della frana, assicurano le comunicazioni fino a Ceres.
La ferrovia Torino – Bardonecchia, ha subito un’interruzione all’altezza di Chianocco.
Da Borgone i passeggeri sono trasbordati su pullman, che raggiungono Bussoleno: di là il treno è in funzione fino a Modane.
Oltre non è possibile procedere per i gravi danni subiti dalla linea.
Danni di minore entità sono stati arrecati alla linea per Torre Pellice: durante il furioso temporale l’acqua è entrata nelle stazioni di Luserna e di Torre ed il traffico è rimasto sospeso per un’ora.
Il presidente della Provincia, professor Grosso, funzionari della Prefettura, del Provveditorato alle opere pubbliche, dell’Anas, del Genio Civile, dell’Istituto Idrografico, del Genio Civile, dell’Istituto Idrografico, si sono recati ieri nelle località colpite dal disastro per esaminare la situazione e studiare i provvedimenti da prendere.
Numerose le squadre della “Stipel” che, lavorando fino a tarda sera, son riuscite a ripristinare il servizio con linee di fortuna in tutte le località.

DRAMMATICI SALVATAGGI NEL CUNEESE MENTRE SI RINNOVA LA MINACCIA DI NUBIFRAGI
ELICOTTERI E MILITARI TENTANO DI RAGGIUNGERE I VILLAGGI BLOCCATI DALLA FURIA DELLE ACQUE
LA GRAVE SITUAZIONE ESAMINATA NELLA PREFETTURA DI CUNEO DAL SOTTOSEGRETARIO SEDATI, DA PARLAMENTARI E DA AUTORITA’ CIVILI E MILITARI – COME VIENE ATTUATO IL GRANDIOSO PIANO DEI SOCCORSI -UN REPARTO DI ARTIGLIERI E’ ARRIVATO AD ACCEGLIO, ISOLATO DA TRE GIORNI: NEL PAESE, DIVISO IN DUE DA UN TORRENTE USCITO DALL’ALVEO, LE CASE CROLLANO UNA DOPO L’ALTRA – TAGLIATI FUORI SETTE VILLAGGI NELLA VALLE STURA E SETTE NELLA VALLE VARAITA – LA STATALE PER IL COLLE DELLA MADDALENA NON POTRA’ ESSERE EFFICIENTE CHE FRA UN ANNO – LA VAL MAIRA FRANE, STRADE INTERROTTE E PONTI CROLLATI OSTACOLANO LA VIA ALLE COLONNE DEI SOLDATI
DIECI PASTORI DISPERSI A CHIANALE
CUNEO 17 GIUGNO 1957
La giornata è trascorsa senza pioggia.
A sera sulle alte valli sono però addensate nuovamente grosse nubi temporalesche.
La rinnovata minaccia di nubifragi ha destato fra le sfortunate popolazioni della montagna una vivissima angoscia.
I torrenti sono ancora tutti in piena ed altra acqua potrebbe determinare situazioni drammatiche, ostacolando inoltre l’invio di rifornimenti e medicinali ai settemila valliggiani tuttora bloccati.
A mezzogiorno in prefettura vi è stata la riunione presieduta dal sottosegretario ai lavori Pubblici Onorevole Sedati.
Vi hanno partecipato il prefetto, gli onorevoli Sabatini, Giraudo, Sartori, Chiaranello e Badini, Confalonieri, il presidente della provincia e rappresentanti del Genio Civile e delle Forze armate.
Al termine della riunione l’onorevole Sedati ci ha dichiarato:”Abbiamo esaminato la situazione determinatasi nella provincia di Cuneo.
Sono stati comunicati alle autorità locali gli interventi di pronto soccorso già disposti dal Ministero dei Lavori Pubblici per ripristinare la viabilità e assicurare i collegamenti con i centri isolati.
La prefettura sta realizzando un piano di soccorsi”.
Nel corso della riunione ha proseguito il sottosegretario – sono stati esaminati, sulla base dei primi accertamenti provvisori, i danni subiti dalle reti stradali statale, provinciale e comunale, nonchè dalle abitazioni private e dall’agricoltura.
Non appena si avranno gli accertamenti definitivi saranno trasmessi ai ministeri per i provvedimenti necessari in conformità delle direttive fissate dal Consiglio dei ministri ieri mattina”.
A quanto risulta il Genio civile avrebbe a disposizione 120 milioni per lavori di pronto intervento riguardanti il ripristino di ponti e di strade.
Durante la riunione, parlamentari ed autorità hanno sottolineato la necessità che da Roma si intervenga subito con massicci stanziamenti a favore delle popolazioni della provincia di Cuneo.
I fondi dovrebbero avere duplice scopo: consentire la rapida ricostruzione delle opere distrutte e dare lavoro ai contadini che hanno perso il raccolto causa le piogge e le devastazioni.
Si è insistito inoltre sull’esonero dalle tasse per l’anno in corsoe sull’indennizzo agli agricoltori più colpiti.
Già nella notte era entrato in piena attività il piano per inviare soccorsi alle popolazioni nei comuni delle altevalli.
Con il sorgere del giorno elicotteri e colonne di militari hanno iniziato l’assalto alla montagna.
Con un reparto di artiglieria alpina che trasportava negli zaini e a dorso di mulo viveri per i paesi delal Valle Maira siamo giunti anche noi fino ad Acceglio, che è l’ultimo centro abitato dell’alta valle.
Una marcia faticosissima di cinque ore.
Acceglio è uno dei comuni dove la situazione è più drammatica.
Il torrente Maira, gonfio di acque limacciose che scendono con violenza inaudita, è uscito dal suo alveo naturale ed ora scorre per il paese separandolo in due.
Sotto l’impeto delle acque che non accennano a dicrescere, le case crollano una dopo l’altra.
Fra coloro che hanno perduto l’abitazione è la famiglia De Michelis composta da padre e madre e tre bambini; la famiglia Maurizio Marchetti che ha quattro bambini; Giacomo Olivero; la famiglia Odoberto ed altre.
Il forno per il pane di Giacomo Marchetti è crollato.
Per scambiarsi i viveri fra le due parti del paese diviso dalle acque gli artiglieri alpini hanno costruito una teleferica.
Tutti i bambini ed i vecchi sono stati posti al sicuro nelle case e nelle grangie sulla montagna.
In paese gli uomini validi non dormono da tre notti.
Con la tenacia delle formiche si compiono sforzi inauditi per contendere le case alla furia delle acque.
Oggi con gli artiglieri sono giunti i viveri e i medicinali.
Si chiedono ancora attrezzature per le opere di arginamento.
Prima che ridiscendessimo a valle, molti abitanti e militari ci hanno consegnato lettere da spedire ai parenti per rassicurarli.
Ci sono stati anche forniti alcuni numeri telefonici.
Provvederemo entro oggi a tutte le comunicazioni e all’inoltro della corrispondenza.
Schematicamente la situazione nelle alte valli del Cuneese ieri sera poteva così essere delineata:

VALLE STURA DI DEMONTE –
Sono tuttora bloccati i paesi di Argentera, Bersezio, Pietraporzio, Sambuco, Pianche e Bagni di Vinazio.
La strada è interrotta subito dopo Vinadio – Pratolungo.
Una ricognizione effettuata con l’eliccotero ha rivelato numerose altre fravi frane oltre il crollo dei ponti.
La statale per il Colle della Maddalena non potrà quindi essere riaperta che tra un anno.
Nei paesi bloccati si trovano artiglieri alpini del gruppo Susa che collaborano con le popolazioni nell’opera di contenimento delle acque.
Vinadio è diventato il campo – base per i soccorsi a tutta la valle Stura.
In generale la situazione sanitaria dei centri isolati è buona.
Da Vinadio ieri a dorso di mulo sono partiti per gli altri centri della valle medicinali, stivaloni, olio, candele, petrolio e viveri.
Gli elicotteri hanno rifornito Bagni di Vinadio e Pietraporzio.
Altri atterraggio sono avvenuti a Bersezio ed Argentera.

Ad Argentera ieri mattina il parroco Don Alessandro Borgarino ha dovuto celebrare la Messa in maniera curiosa.
Poichè la chiesa, come buona del paese, è ancora invasa dalle acque, egli ha praticato un buco nella parete del campanile riuscendo così a calarsi nell’edificio.
I valligiani hanno assistito alla Messa inginocchiati sulle rocce o sui davanzali delle finestre.
La situazione delle case allagate a Pietraporzio permane molto precaria, comunque il livello delle acque tende a diminuire.
Da Bagni di Vinadio si apprende che la strada è stata asportata dall’albergo Terme al pilone Sant’Antonio per circa 400 metri.
La popolazione ha abbandonato quasi tutte le case.
L’albergo Terme ha riportato danni.
VAL MAIRA: I paesi bloccati sono Acceglio e Prazzo con frazioni minori.
Si giunge con difficoltà a Canosio e Marmora.
L’interruzione della strada è a Ponte Mamore.
Numerose frane vi sono inoltre tra prazzo e Acceglio.
In alcuni punti la strada è completamente sprofondata nel torrente Maira.
Abbiamo già parlato della situazione di Acceglio.
Meno grave quella di Prazzo.
Sulla sponda destra del torrente, a Prazzo, è isolata una famiglia composta dai fratello Roberto e Teresa Einaudi con la mamma Maria.
Per rifornirli si lanciano pagnotte e sacchetti attraverso la voragine del torrente.
A Prazzo è stata completamente distrutta una grossa segheria.
Il magazzino che raccoglieva legnami per oltre 15 milioni è scomparso.
Molti di questi tronchi, accavalalndosi davanti ai ponti, hanno fatto argine provocandone il crollo.
VALLE VARAITA – Sono bloccati i centri di Chianale, Pontechianale, Bellino, Casteldelfino, Sampeyre, Frassino e Melle.
Il centro di soccorso per tutta la valle è stato istituito a Venasca che serve anche di base per gli elicotteri.
L’interruzione è al ponte Valcurta e la strada per l’alta valle è franata in numerosi altri punti.
Nella notte carabinieri e vigili del fuoco hanno costruito una teleferica per superare l’interruzione di Valcurta.
Ieri mattina sono stati inoltrati nei centri dell’alta valle 40 quintali di viveri.
A Melle civili e militari hanno messo a disposizione gli automezzi per il trasporto delle derrate fino a Sampeyre.
Di qui hanno provveduto gli artiglieri alpini del gruppo Aosta che hanno camminato dodici ore con le salmerie per raggiungere Casteldelfino.
In generale la situazione nelle tre valli appare meno drammatica di ieri, a condizione che non si verifichino altri temporali.
Ora le popolazioni sono parzialmente rifornite di viveri.
Altri ne saranno mandati domani.
Da Pavia sembra, che giungeranno ponti metallici di tipo “Bayley” in dotazione al Genio militare.
Con queste attrezzature si potranno eliminare provvisoriamente alcune fra le interruzioni più importanti.
Ai soccorsi disposti dalla Prefettura attraverso l’opera della “Sepral” si devono aggiungere quelli messi a disposizione della Pontificia Commissione di Assistenza che ha inviato nei centri base di Venasca per la Valle Varaita, Dronero per la Valle Maira e Vinadio per la Valle Stura centinaia di quintali di derrate alimentari, indumenti, generi di gonforto e attrezzature.
Ieri è giunto a Cuneo il presidente della Commissione Pontificia, Monsignor Baldelli, che si è incontrato con l’Arcivescovo Monsignor Tonetti e il Prefetto.
Nelle zone della pianura cuneese la piena dei fiumi e dei torrenti continua a decrescere.
Purtroppo si devono però lamentare nubifragi di eccezionale violenza ad Alba e Saluzzo.
Acqua e grandine hanno inferto un nuovo gravissimo colpo nell’Albese ai comuni di Gallo, Barolo, Verduno, Rodi, Guarene, La Morra e Novelli.
In meno di due ore grano, granoturco e vigneti sono andati quasi completamente distrutte su una superficie di quasi 1100 ettari.
A Saluzzo nel tardo pomeriggio si è verificato un violento temporale.
Ai carabinieri di Saluzzo è giunta la segnalazione della scomparsa di una decina di pastori che da martedì scorso non danno più notizie.
A quanto risulta dovevano essere con gli armenti nell’alta Valle Varaita il giorno del Nubifragio e del crollo dei ponti.
Avrebbero dovuto rientrare a Chianale.
Le autorità sino a questo momento li considerano “dispersi”.
SERGIO DE VECCHI

SAUZE DI CESANA E BOUSSON CHIEDONO VIVERI, MEDICINALI E ACQUA
REPARTI DEL 4° ALPINI RIFORNISCONO CESANA ATTRAVERSO LA VECCHIA STRADA NAPOLEONICA – LA STATALE DEL MONGINEVRO E’ FRANATA PER UN TRATTO DI UN CHILOMETRO
Gli abitanti del paese e le famiglie delle case lungo la strada nazionale sono uscite dalle loro abitazioni ed hanno incominciato la lotta contro il fango.
Abbiamo colto una frase di una donna che nella sua semplicità sintetizza il terrore provato: “Ho avuto soltanto più paura”.
La frase, detta in dialetto, aveva un’efficacia che la traduzione letterale non conserva.
Un qualcosa di simile, ma meno disastroso, i vecchi affermano che accadde 70 anni fa.
Un’altra ondata si ebbe nel 1923.
In alta montagna le frane hanno bloccato i passaggi e le famiglie che sono all’alpe sono rimaste prigioniere con mucche e pecore.
Sopra Chianocco sono sei famiglie, duecento mucche e 400 pecore.
Gli animali non possono essere trasportati al basso e neppure possono risalire.
E’ venuto un uomo a chiedere soccorsi: le donne ed i bambino sono là che piangono – diceva – e non abbiamo neppure l’acqua per bere perchè sono scomparse nello smottamento le “prese” potabili.
Il rio Chianocco è tornato nel primitivo letto che già percorreva 40 anni fa e dal quale l’amministrazione delle ferrovie lo aveva spostato per proteggere la linea Torino – Modane.
Ora le sue acque corrono lungo la massicciata della ferrovia ed escono oltre la nazionale, a Borgone, minacciando l’altro stabilimento del “Cotonificio Valle di Susa”.
Un muro di cinta ferma le acque impedendo che sconvolgano, con lo stabilimento, l’intero paese ( che peraltro è allagato); contro questo muro sono state versate ieri tonnelate di carbone e poi travi e pietre per fare resistenza.
Pressochè come il rio Chianocco si è comportato il rio Gravio, sopra Condove: ha insabbiato la diga della centrale elettrica delle Officine Moncenisio, ha fatto saltare l’acquedotto del paese, ha allagato case e strade e campi seppellendo le colture sotto un mare di fango.
Quando l’ondata si è rovesciata sulla strada nazionale, stavano passando una “1900” della Polizia stradale, una “belvedere” e un ragazzo in bicicletta.
La “1900” è finita nel prato capovolta, spazzata la “belvedere”, il ragazzo si è trovato in mezzo al grano.
Nessun ferito.
Il genio militare ha fatto saltare con il tritolo un masso per deviare il rio Gravio senza riuscirvi.
Tutte le centrali elettriche del cotonificio “Valle di Susa sono ferme: quelle di San Didero e di San Valeriano sono state abbandonate.
Per far rientrare la Dora nel suo letto è stato fatto saltare un argine con centro chili di tritolo, ma invano.
A Bussoleno un altro rio detto Falcemagna, ha coperto di fango la stazione, ha invaso la piazza e ieri sera minacciava di far crollare due case.
Edifici pericolanti sono un pò dappertutto e neppure più si contano.
A Susa corre l’acqua per le vie.
A Mompantero, il Cenischia ha diviso in metà il paese, circondanto la frazione Trinità.
Sono andati i carabinieri a portare in salvo 35 persone.
Gli animali sono rimasti prigionieri nelle stalle e muggiscono perchè affamati ed assetati.
Per rompere il cerchio delle acque due giovanotti, Dante Chiolero e Pietro Vigna, sono andati in mezzo al torrente a porre una carica di tritolo sotto alcuni massi: la corrente arrivava alle ascelle e dalla sponda li tenevano con le corde perchè non fossero travolti.
A Susa è morto un operaio nel tentativo di dare libero corso alle acque del Cenischia nell’interno dello stabilimento I.M.P.
Contro una passerella che collegava due reparti si era fermato un grosso tronco e le acque, non trovando sfogo, minacciavano di entrare nei locali delle macchine, Mario Borello, di 32 anni, sposato e padre di un bimbo, abitante a Meana, si fece legare alla cintola e, dato il cappio a due compagni di lavoro, si sporse sul torrente per agganciare il tronco e tirarlo a riva..
Scivolò, i due amici tirarono la corda perchè non fosse trascinato dalla corrente ed il Borello rimase soffocato.
Questo accadde verso le 13.
Sempre a Susa una famiglia di quattro persone è stata sepolta dal crollo della casa, in regione Trepene, sulla strada che da Susa conduce a Mattie e che rimane l’unica praticabile per raggiungere Bussoleno.
La casa era appoggiata sul fianco del monte e ieri mattina le acque avevano trasformato il cortile in una cascata.
Cessata la furia, si decise di portar via le masserizie.
Ieri pomeriggio, verso le 6,30, pareva che ogni pericolo fosse cessato e la famiglia tornò per cenare e prendere ancora un pò di biancheria.
Emilio Vottero di 35 anni, la moglie Olga di 32 anni, i figli Wanda di otto ed Angelo di quattro erano appena entrati nella cucina che si staccò la frana del monte e sfasciò la parte di casa – lasciando intatto il resto – dove si trovavano.
Padre e figlia finirono nel fieno, ma la madre ed il piccolo Angelo rimasero sepolti sotto le macerie.
La madre ha avuto le braccia e le gambe spezzate ed è all’ospedale in condizioni gravi.
Mentre la portavano via urlava indicando il punto dove si trovava il bimbo: “E’ li con l’automobilina rossa”.
Ancora sulla autoambulanza gridava nel delirio: “E’ li, e’ li”.
Angelo fu trovato dopo mezz’ora di lavoro febbrile dei carabinieri.
Bianco in volto con la bocca semiaperta e semiaperti gli occhi non aveva vita.
Ma il padre, che non aveva voluto essere condotto all’ospedale, se lo prese in braccio, strinse il volto tra le mani, lo sentì caldo.
“E’ vivo ancora”.
Guardava il figlio e credeva di vederlo respirare.
Lo portarono all’ospedale, ma era morto.
Presso il bivio di Novaretto si è avuto un terzo morto: Giuseppe Bertetto di 40 anni, residente a Caprie.
In bicicletta percorreva la strada militare coperta dal fango, non potè reggersi in equilibrio e cadde nel campo dove l’acqua era alta un metro e mezzo e morì annegato.
Altro paese devastato dalle acque è stato Novalesa: la situazione appariva così allarmante che sul posto si sono recati il generale De Michelis dei carabinieri ed il colonnello Lastretti, i quali da Susa dirigono l’opera di soccorso in tutta la valle. Dopo una lunga lotta sono state tamponate le falle del Ceniscio ed il paese per ora è salvo.
Anche la strada del Moncenisio è stata interrotta da una frana: sino a ieri era percorribile in territorio italiano e chiusa in Francia.
La polizia voleva portare soccorso a Lanslebourg, isolata, ma non ha potuto raggiungerla.
Tra Exilles e Salabertano si allarga la frana che distrugge la nazionale del Monginevro: oramai un chilometro di strada è piombata nella sottostante Dora.
A Cesana sempre isolata, i reparti degli alpini portano con i muli pane ed acqua passando per la vecchia strada napoleonica.
Chiedono soccorsi Sauze di Cesana e Bousson.
Da Torino il medico provinciale ha portato ad Ulzio plasma sanguigno: gli alpini del “quarto” lo consegneranno al medico di Cesana.
Ieri ha piovuto tutto il giorno e sull’alto è caduta altra neve.
Se si alza la temperatura sarà altra acqua che si riverserà a valle.
La terra è satura ed i versanti smottano o franano.

GIOVANNI TROVATI

SETTE CASE SGOMBRATE ALLA PERIFERIA DI AOSTA
SEMPRE INTERROTTA LA STRADA PER PRE’ SAINT DIDIER
UNA PATTUGLIA MILITARE GIUNTA A RHEMES COMUNICA:
“TUTTI I PONTI DELLA VALLE SONO CROLLATI”
AOSTA 17 GIUGNO 1957
La situazione in tutta la regione valdostana si sta facendo nuovamente preoccupante a causa della ripresa del maltempo, che da ieri mattina infuria con violenti acquazzoni.
Le acque dei torrenti e della Dora Baltea aumentano paurosamente di livello e minacciano nuovi straripamenti in più punti, mentre nelle località di montagna grava l’angosciosa incognita delle frane.
Sabato si era ritenuto che il tempo fosse ormai avviato verso la normalità e per ieri mattina era stata convocata la Giunta regionale per un esame della situazione e per deliberare i provvedimenti relativi alla ricostruzione delle opere distrutte.
Il maltempo ha invece fatto mutare il programma: vi è stata un’illustrazione della situazione da parte del presidente della Regione, avvocato Bondaz, la sottosegretario ai Lavori Pubblici Onorevole Sedati, giunto da Torino, e quindi si sono nuovamente resi necessari sopraluoghi nelle varie zone minacciate.
A tarda sera le autorità regionali non erano ancora rientrate in città.
La situazione è molto critica a Saint Marcel, a Gressan e alla periferia di Aosta, ove la Dora, rotti gli argini in alcuni tratti, è straripata allagando campagne e minacciando case.
In regione Voison, ad Aosta si è reso necessario lo sgombero di sette case; per l’intero pomeriggio di ieri gli alpini, guardie e vigili del fuoco hanno lottato per tamponare le falle apertesi negli argini del fiume.
A Villeneuve, ove si lavora per gettare il ponte sul Savara e giungere in tal modo a riattivare le comunicazioni con la alta Valle, le acque minacciano nuovamente le case: anche qui si cerca di rinforzare gli argini.
Situazione sempre grave nella valle di Rhemes e Valsavaranche, isolate completamente dal resto della Regione.
A Rhemes è giunta una pattiglia di alpini con una radio e così si sono potuti ristabilire i contatti e conoscere la situazione locale: tutti i ponti della valle sono crollati, la strada in vari tratti è sprofondata e varie case sono parzialmente distrutte.
Fortunatamente non si registra alcuna vittima.
Dalla Valsavaranche le notizie giungono invece portate da staffette e sono molto imprecise: anche in questa zona vi sono alcuni villaggi minacciati da frane; la strada è ostruita in più punti e molto ponti sono stati asportati dalla furia delle acque.

ALBERI E TETTI SRADICATI DAL VENTO NEL BIELLESE
BIELLA 17 GIUGNO 1957
Nel Biellese ieri si sono avuti tre violentissimi temporali che hanno provocato ulteriori danni alle colture.
Nella zona di Cossato l’acquazzone è stato accompagnato da forti raffiche di vento che in alcuni luoghi hanno sradicato alberi e danneggiato tetti.
Nelle prime ore del mattino da piazza Duomo si è mosso il pellegrinaggio di penitenza indetto dal Vescovo di Biella.
Raggiunto a piedi il Santuario di Oropa i numerosi pellegrini hanno partecipato alle cerimonie religiose officciate per impetrare la cessazione del maltempo.

IL PO E L’ADIGE SALGONO NEL POLESINE
ROVIGO 17 GIUGNO 1957
Le acque del Po e dell’Adige nel Polesine continuano a salire.
Il Po ha superato di un metro e 80 il segnale di guardia all’idrometro di Polesella, ed il livello aumenta al ritmo di 2 centimetri all’ora.
Alcune case poste in zona golenale sono state in parte invase dalle acque.
Il Genio Civile ha provveduto a titolo precauzionale a ritirare a riva i ponti in chiatte di Polesella, Castelmassa e Ficarolo, che uniscono il Polesine con l’Emilia, interrompendone il traffico.
Anche tutti i traghetti hanno sospeso il servizio.
Le acque dell’Adige da alcune ore sono in fase di stanca, ma si trovano ancora di mezzo metro sopra il segnale di guardia.
Su tutta la zona persiste una temperatura afosa: 32 gradi all’ombra.

PIOGGE E GRANDINATE SCONVOLGONO LA SVIZZERA
FRIBURGO 17 GIUGNO 1957
Piogge e grandinate di eccezionale violenza hanno colpito ieri la zona tra Berna e Friburgo, provocando enormi danni ai raccolti e la morte di un operaio.
Questi stava percorrendo in bicicletta una strada presso Flamatt, quando un vero muro d’acqua si è abbattuto su di lui: il poveretto è miseramente annegato.
Un medico che si era recato a visitare un paziente presso Schmitten, è dovuto restare tutta la notte chiuso nella sua automobile che era riuscito a riparare sotto una tettoia.
“Se fossi uscito dalla macchina – ha detto – sarei certamente stato ucciso dalla grandine.
I chicchi erano di grandezza mostruosa”.
La situazione appare lievemente migliorata tanto nella zona di Zermatt (la celebre località turistica nella Svizzera meridionale), dove la linea ferroviaria ha ripreso a funzionare, quanto in quella di Visp, nella vallata del Rodano, duramente provata dalle inondazioni.

LA FURIA DEL TORNADO NELL’OLTREPO PAVESE
I MORTI SALITI A SEI E I DANNI VALUTATI AD OLTRE UN MILIARDO
L’OPERA DI SOCCORSO
TELEGRAMMI DEL PAPA E DI GRONCHI
PAVIA 17 GIUGNO 1957
A sei sono salite le vittime dello spaventoso tornado che si è abbattuto ieri su Robecco Pavese e Vallescuropasso.
Il faglegname Dario Andreoli, di 48 anni, che era stato ricoverato con gli altri feriti all’ospedale di Broni, è spirato verso le sei di questa mattina.
Era stato raccolto agonizzante, duecento metri lontano dal luogo dove si trovava quando la tromba di aria investì l’abitazione della sua famiglia.
La corrente l’aveva sollevato assieme al pesante cancello di casa, risucchiandolo senza pietà.
Era quasi completamente nudo, e la diagnosi era stata scarsa di speranze: frattura del cranio, con schiacciamento completo del torace e commozione cerebrale.
Le sue condizioni sono andate irrimediabilmente peggiorando nel corso della notte, e questa mattina egli è deceduto.
L’alba tersa e limpida di questo lunedì ha imbiancato le rovine tutt’attorno alla vasta zona tra Casteggio e Broni.
Trecentocinquanta persone sono rimaste senza casa, in quanto la furia del vento ha scoperchiato un infinità di abitazioni, provocando profonde crepe nelle pareti perimetrali e rendendo così inabitabili intere frazioni.
Il tornado si è abbattuto sulla zona con inaudita irruenza, quasi senza preavviso ed è durato poco più di un quarto d’ora.
Ma in così breve tempo la distruzione è stata veramente spaventosa.
Le autorità che ancora si trovano sul posto – dopo aver trascorso la notte attorno alle macerie, ai detriti, allo scompiglio inverosimile, alle carogne di animali squarciate e abbandonate in mezzo alla strada – hanno iniziato una specie di inventario, cercando di tirare le somme di questo flagello, per localizzare i danni e puntualizzare l’entità effettiva della distruzione, dopo i primi dati sommari di ieri sera.
L’ora esatta del ciclone – si parla anche di due contemporanee trombe d’aria, ma i meteorologi affermano finora l’esistenza di un solo fenomeno perturbatore – è segnata sul grande quadrante del campanile di robecco, o meglio, su quello che fu, fino a ieri, il campanile della chiesa di Robecco, in quanto la svettante cima della chiesa è stata spazzata via dal vento ed è rovinata al suolo.
Erano le 12,50: le due lancette, sporche di polvere e di calcinacci sono ora, tra le macerie, uniche testimoni di una esattezza di morte.
A Robecco circa il 90 per cento delle case è stato devastato, la chiesa scoperchiata e il campanile abbattuto.
Fortunatamente nessun morto, solo due feriti Girolamo Molini di 82 anni e Anselmo Brandolini, di 40 anni, quest’ultimo ricoverato all’ospedale di Voghera.
Il parroco di Robecco, don Luigi Serravalle, stamane raccontava palòlido in volto, di aver visto la sua chiesa mentre veniva distrutta, di aver visto il Santissimo Sacramento scomparire fra i calcinacci e il fumo della polvere.
Poi si è sentito venir meno.
Nella piazza di Robecco vi è ancora la carcassa di una automobile che ieri è stata sollevata come un giocattolo e scaraventata contro una parete distante decine di metri.
A dieci chilometri più a sud – est, altra zona semi – distrutta, altra desolazione, altra gente che si affanna, sin dalle prime ore di oggi, a rimettere in ordine ove vi è distruzione, a rabberciare case ecascine, a recuperare effetti personali, a ritrovare fra le macerie mobili squinternati e cose prezione.
La furia del Tornado ha avuto facile presa in questa zona ove, se si tolgono grossi borghi ed i piccoli centri abitti più massicci, le abitazioni dei piccoli paesi sono vecchie costruzioni di oltre cinquant’anni fa, vecchie cascinette con poche fondamenta e con stabilità relativa.
Su per la piccola valle che sale da Broni a Rocca dè Giorgi, per tutta la notte è stato un unico sforzo di ripresa, di ricostruzione, Cicognola, Scorzoletta, Martinazza di Castana, Casa Rovatti, Val Salesina, Vale Cima, Valle di Mezzo, Valle Fondo, ovunque case scoperchiate, strade rovinate, ammassi di macerie, algeri del crosso fusto sradicati e portati lontano, animali sventrati, un tappeto continui di vetri frantumati.
Le autorità hanno aperto una inchiesta per determinare i danni che superano il miliardo di lire.
Il sostituto della Segreteria di stato, Monsignor Angelo dell’Acqua, a nome del Santo Padre ha inviato al Vescovo di Pavia, Monsignor Allorio, il seguente telegramma: “Augusto Pontefice, che ha appreso con profondo dolore notizie di gravissimi danni causati dal ciclone in alcune parrocchie codesta diocesi, desidera giunga a famiglie così duramente provate sua confortatrice benedizione, mentre mette a disposizione la somma di un milione per soccorrere casi più urgenti”.
Il Presidente della Repubblica ha inviato il seguente telegramma al Prefetto di Pavia: “Contristato per grave sciagura abbattutasi su località Robecco e Scuro Passo, Pregola porgere famiglien vittime espressioni mio profondo cordoglio e recare ai mio nome ai feriti parola di conforto e di fervido auguri.”.

NUOVE FRANE CADUTE NELLA ZONA DI BORGOSESIA
BORGOSESIA 17 GIUGNO 1957
Nella zona di Borgosesia frane sono cadute un pò ovunque interrompendo varie strade, linee telefoniche ed elettriche.
Fiumi e torrenti sono ancora in piena.
Finora risultano interrotte al traffico le seguenti strade:
Provinciale Borgosesia – Lago d’Orta, nei pressi della località Valduggia;
Strada Valduggia – Valpiana in più punti;
Strada Borgosesia – Foresto e altri tratti di strade che allacciano frazioni al capoluogo.
Alcune vie di Borsosesia sono ancora invase da terriccio e detriti vari, trascinati dalle acque del torrente Pianezza che è straripato ieri sera allagando parte del centro abitato.
Squadre di vigili del fuoco di Vercelli e del distaccamento di Borgosesia sono al lavoro per liberare dalle acque cantine e abitazioni site al primo piano.
Il questore di Vercelli ha compiuto questa notte un sopraluogo per rendersi conto dei danni provocati dall’alluvione di ieri sera.
Alcune case di abitazione, su cui incombe il pericolo di frane, sono state fatte sgomberare per misure di sicurezza, ma fino ad ora non sono segnalati danni a persone.
Lungo la strada nazionale 142 Biella – Laghi, il transito sul ponte del Sesia, a Romagnano Sesia, è stato bloccato perchè si teme il cedimento di un pilone.
Il traffico viene pertanto dirottato lungo il tratto Borgosesia – Grignasco – Romagnano Sesia.
In alta valle Sesia la caduta di numerose frane è pure segnalata in varie località.
Interrotte le linee telefoniche della rete di Rimasco.

TENDE A NORMALIZZARSI LA SITUAZIONE AD ALESSANDRIA
ALESSANDRIA 17 GIUGNO 1957
Presso la sede dell’Ispettorato agrario di Alessandria si sono tenute stamane varie riunioni per fare un bilancio dei gravi danni cagionati dalle recenti alluvioni.
Ora la situazione tende a normalizzarsi con il decrescere delle acque in piena, ma ci vorranno molti giorni ancora per sistemare i terreni devastati.
Intanto si apprende che il presidente della Deputazione provinciale di Alessandria, professor Giovanni Sisto, l’assessore all’agricoltura geometra Paolo Desana ed il segretario generale dottor Vacchiano partecipano nel pomeriggio di oggi a Torino al convegno delle amministrazioni provinciali.

17 GIUGNO 1957

LA STAMPA 18 GIUGNO 1957
LA MISURA D’UN DISASTRO
IL PIEMONTE NON PUO’ FARE DA SE
Sabato, in una riunione alla Prefettura di Torino, diretta dall’onorevole Pella, fu compiuto un primo esame della catastrofe che il maltempo ha provocato in vaste zone del Piemonte.
Ieri 48 deputati di tutti i partiti hanno ascoltato dalle autorità provinciali e dai tecnici un quadro più completo della situazione; parecchi parlamentari hanno visitato le regioni colpite e certo si sono fatti un’idea dell’immensità del disastro.
Non intendiamo rappresentare la situazione con tinte più fosche della realtà, ma pensiamo di dover ripetere che non ci si può cullare in un comodo ottimismo.
Siccome dopo la pioggia viene il sereno, è facile – per chi non ne sia vittima – dimenticare le rovine lasciate dal maltempo; invece per ripararle occorreranno lunghi mesi di sforzi e gravosi sacrifici.
Mentre succede di solito che le prime impressioni siano le più catastrofiche, in Piemonte è avvenuto il contrario: il bilancio dei danni è andato crescendo via via che procedevano gli accertamenti; ancora nelle ultime 48 ore le piogge, la grandine, i nubifragi hanno prodotto nuove distruzioni.
I fatti sono questi: la zona più colpita è la Valle di Susa.
Sospese le comunicazioni con la Francia, perchè la ferrovia e le strade del Moncenisio sono interrotte da frane; il Sestriere isolato; bloccate o allagate Cesana, Bussoleno, Chianocco ed un’altra mezza dozzina di paesi.
Due grandi cotonifici sono fermi a Bussoleno e Borgone, decine di aziende artigiane sono state distrutte.
La furia delle acque non solo ha sconvolto una fra le zone agricole più povere del Piemonte, già minacciata di spopolamento, ma ha annullato per le prossime settimane estive due preziose risorse turistiche: l’intenso passaggio di forestieri, l’affluire di numerosi villeggianti della piccola e media borghesia torinese.
Un disastro non minore si è abbattuto su un’altra zona depressa, l’alto Cuneese, rovinando un economia già precaria.
Nelle Valli Varaita, Maira e della Stura di Demonte sono crollati i ponti e scomparsi chilometri di strade; in una decina di paesi, isolati e minacciati dalla fame, viveri e medicine giungono soltanto dagli elicotteri o con i convogli di muli degli alpini.
Più in basso, sulle colline delle Langhe e nella fertile pianura da Saluzzo a Savigliano, sono compromessi i raccolti del grano, della vite, dei foraggi.
Grave il quadro anche nelle Valli d’Aosta: la ferrovia e la strada verso Courmayeur interrotte dal crollo del ponte di Villeneuve; la valle di Rhèemes e la Valsavaranche isolate e praticamente irraggiungibili; Gressoney e Champoluc colpite da seri danni.
Nelle Valli di Lanzo e del Chisone i torrenti hanno distrutto ponti, asportato chilometri di strada, allagato alcuni villaggi.
L’alta Val Germanasca è bloccata; sulla zona del Pellice si è abbattuto un forte nubifragio.
All’altra estremità del Piemonte, l’alluvione ha fermato il traffico tra Borgosesia ed il lago d’Orta e sulla Biella – Laghi,.
La parola “disastro” non è troppo forte, anche pensando alle sole perdite subite dall’agricoltura.
Vengono valutate per l’intero Piemonte nel 20% del reddito medio; se si prende come base la produzione del 1955 ( circa 300 miliardi di lire), si ha un danno di 60 miliardi.
Ma in molte zone, dove prevale la piccola e media impresa e la coltivazione della vite dà redditi sempre più scarsi, le rovine dell’alluvione o della grandine vanno sommate a quelle del gelo e delle brinate: qui le distruzioni sono del 50-60%; ed in qualche centro più infelice i raccolti sono andati completamente distrutti.
Nella sola provincia di Torino i danni agricoli superano i 10 miliardi; sono di almeno 5 miliardi in quella di Asti, di 8 miliardi ad Alessandria, di 3 miliardi e mezzo nel Vercellese, di oltre 3 miliardi nel Novarese; e la provincia di Cuneo lamenta perdite per venti miliardi.
E’ un’immensa tragedia soprattutto nelle valli di montagna: in queste aree depresse, più diffuse in Piemonte di quanto non si creda, troverà nuovo impulso la fuga degli abitanti dalla terra ingrata.
Gravi conseguenze economiche avranno anche le distruzioni subite dalle ferrovie, dalle strade, dai ponti.
Nella sola Valle d’Aosta sono crollati 60 ponti e dannegiati oltre 50 chilometri di strade; il passaggio del colle della maddalena forse resterà bloccato fino all’estate del 1958; la linea ferroviaria di Modane è inutilizzabile per le frane di oltre confine; persino in pianura si dovranno rifare opere costose, come il ponte di Robassomero.
Ci vorranno miliardi e mesi di lavoro per le riparazioni, ed intanto il turismo resterà paralizzato: basta pensare che non si arriva a Bardonecchia in automobile.
L’onorevole Togni, ministro dei Lavori Pubblici, ha promesso che al più presto verrà concordato, con il piano di ricostruzione, anche un programma di opere a sollievo della disoccupazione.
Sarà un buon inizio per soddisfare finalmente le esigenze delle valli di montagna e risolvere un problema che non è soltanto di riparazioni: per evitare nuovi disastri, occorre regolare le acque dei fiumi, arginare e imbrigliare i torrenti, rimboschire le sponde franose…
Il vice – presidente dell’Unione Nazionale Comuni ed Enti Montani afferma giustamente, nella commossa lettera che pubblichiamo in alta pagina: “Meglio spendere cento miliardi per prevenire che cinquanta miliardi per soccorrere”.
Bisogna che la legge speciale per il Piemonte, chiesta dai parlamentari riuniti a Torino, tenga conto di questa elementare verità: è il solo mezzo per impedire che tanta parte delle terre piemontesi continuino a vivere sotto l’incubo di altre sciagure.
La nostra è una regione silenziosa, ha fama di grande capacità di lavoro e di organizzazione, non è abituata a chiedere.
Non vorremmo che a Roma – passate le ore burrascose – poco alla volta pensassero che “il Piemonte farà da sè”.
Sarebbe bello poter applicare questo motto orgoglioso, però è fuori dalla realtà.
Il Piemonte darà il suo pieno contributo di tutti i suoi mezzi e della sua tecnica, attraverso i comuni e le province; ma l’intervento dello Stato rimane indispensabile per risolvere questi problemi, di portata nazionale.
Compito dei parlamentari piemontesi e di sollecitare dal governo le necessarie iniziative, compito nostro vigilare che le promesse siano mantenute.

IL VORTICE DEVASTATORE

 

 

IL VORTICE DEVASTATORE

LA STAMPA 18 GIUGNO 1957
SEI MORTI, 24 FERITI, 40 CASE SGRETOLATE E 100 PERICOLANTI, VIGNETI SRADICATI
UN MIGLIAIO DI SENZATETTO FRA LE MACERIE NEI PAESI DISTRUTTI DALLA FURIA DEL TORNADO
LA SPAVENTOSA TROMBA D’ARIA E’ PIOMBATA PRIMA SU ROBECCO: CHIESA, SCUOLA, MUNICIPIO, ABITAZIONI SI SONO SPACCATI E POLVERIZZATI
POI SI E’ GETTATA SU VALLE – SCUROPASSO: LE CASE CROLLATE HANNO SEPOLTO INTERE FAMIGLIE
IMPRESSIONANTE RACCONTO DI SUPERSTITI
LA RICERCA DI POCHI OGGETTI FRA CUMULI DI ROVINE
BRONI 17 GIUGNO 1957
Una quarantina di case completamente distrutte, un centinaio pericolanti o scoperchiate, una vasta distesa di vigneti che per almeno due anni non produrranno nemmeno un grappolo di uva: questo il primo sommario bilancio dei danni causati nell’Oltrepò Pavese dalla terribile tromba d’aria abbattutasi domenica pomeriggio sulla zona.
Al disastro materiale si aggiunge la tragedia delle vite umane spezzate: cinque persone sono morte sotto le macerie, una sesta è deceduta all’ospedale dopo lunga agonia, altre ventiquattro sono ricoverate, senza tener conto dei contusi o dei feriti che, dopo la medicazione, hanno voluto tornare fra i resti delle loro abitazioni per strappare alla distruzione qualche mobile, un ritratto, un ricordo di un passato sereno che risale a poche ore addietro e sembra già remoto.
Erano le 12,30 quando le prime avvisaglie della catastrofe di manifestarono a Robeccp e a Vallescuropasso.
Il primo è un piccolo comune separato dalle colline da Vallescuropasso che è una frazione ci Cigognola, a pochi chilometri da Pavia.
Il cielo fu visto oscurarsi, all’improvviso l’aria si è rarefatta, poi cominciarono a cadere, con la pioggia, chicchi di grandine grossi come pugni.
Uno spettacolo pauroso, raccontano i testimoni; ma non era che il preludio del finimondo che incombeva sulle case.
Chi non si era rifugiato nelle stanze più interne, impaurito dai lampi saettanti e dal mitragliare della grandine contro i vetri, notò in lontananza una enorme colonna fra terra e cielo.
Sembrava un fumo nero, vorticava sfrangiandosi.
Si muoveva con rapidità incredibile, era un soffio gigantesco che squassava le piante, le sradicava, le scagliava lontano come fuscelli.
Pochi attimi dopo la tromba d’aria era su Robecco.
Spazzò una striscia di terreno larga qualche centinaio di chilometri, e quanto capitò nel pieno del vortice si sgretolò come sabbia sotto una mareggiata.
La signora Carmela Bartoni in Pelosino, bidella delle scuole elementari di Robecco e moglie del messo comunale, trema ancora rievocando la scena apocalittica: “Mi sembrava di vedere il cielo oscurato da migliaia di uccelli.
Erano foglie e rami che volteggiavano per aria.

Poi cominciarono a passare tegole dal camino piovevano mattoni.
Io, mio marito, il bambino e un ospite che era venuto a pranzo da noi, ci siamo raccolto in un angolo tenendoci abbracciati.
Abbiamo atteso che la burrasca passasse.
Il municipio, la scuola, le case attigue hanno cominciato a schiantarsi, ad aprirsi.
Folle di terrore mi sono affacciata alla finestra e ho implorato il signore che risparmiasse almeno i bambini se voleva punire i peccatori”.
A Robecco i danni sono enormi ma per fortuna non si registrano vittime.
Solo una quindicina di abitanti hanno riportato ammaccature.
La chiesa settecentesca dedicata ai santi Nazario e Celso è irrimediabilmente perduta.
Il campanile è crollato (l’orologio segna con le sfere contorte le ore 12,51: l’attimo preciso della catastrofe), l’interno del tempio è colmo di macerie, i muri perimetrali sono solcati da crepe profonde.

Il parroco don Serravalle ci dice che se il tornado, fosse passato sul paese mezz’ora prima avrebbe fatto una strage: la chiesa sarebbe crollata sui centocinquanta – duecento fedeli che l’affollavano per la messa grande.
Sorte assai peggiore è toccata alla frazione Vallescuropasso, che si suddivide a sua volta in quattro minuscoli agglomerati: quello che dà il nome alla località e quelli di Vallecima, Vallefondo e Vallesalussini.
Il primo gruppo di case si snoda lungo la provinciale Broni – Rocca dè Giorgi, le altre si trovano oltre il torrente Scuropassoa ridosso delle colline.
Qui la tromba d’aria comparve verso le 13,15, prese d’infilata la valle, eseguì un semicerchio e per una fascia di circa un chilometro di lunghezza e per cinquecento metri di profondità, seminò morte e distruzione.
La prima casa ad essere colpita fu il mulino Bruciamonti: lo stabile è robusto, solo il tetto e qualche muro secondario subirono danni.
Da quel punto le case verso le frazioni attigue vennero polverizzate.
Quella della famiglia del 51 enne Edoardo Guerci si trasformò in una tomba per quasi tutti gli abitanti.
Di sotto il cumulo di macerie furono estratti quattro cadaveri: quello del Guerci, Carla Andreoli di 38 anni, dei figli mario di 8 anni e Pierangela di 24 mesi, di un cognato del capofamiglia, Antonio Cignoli di 47 anni.
La moglie di quest’ultimo, Anselmina Guerci, e gli altri due figli della Andreoli, Pier Luigi di 10 anni e Maurizio di 6 anni, sono all’ospedale in condizioni non allarmanti, insieme al padre che ancora non sa la terribile disgrazia che gli ha distrutto casa e famiglia.
Anche nello stabile successivo, quello dell’ottantaduenne Chiaro Andreoli, la morte è scesa orrobile sulle ali del vento.
Il vecchio con i figli Gino di 54 anni, Angelo di 40, Dario di 38 e Candido di 20 mandava avanti una segheria i cui macchinari erano sistemati in un edificio attiguo all’abitazione.
Cediamogli la parola, per il racconto allucinante nella sua semplicità: “Eravamo tutti in casa meno Candido che era andato a pescare nel torrente.
Io e mia nuora Jolanda da Gradi ci siamo salvati perchè al momento del crollo avevamo trovato scampo in un sottoscala.
Gli altri miei figli erano al pianterreno, sono rimasti feriti.
Dario era accanto alla porta: quando vide avvicinarsi la tromba d’aria corse fuori per sprangare il cancello.
Il turbine lo afferrò, lo sollevò in aria.
Lo hanno trovato a circa duecento metri di distanza.
Aveva sorvolato la casa attigua alla nostra, il vortice lo aveva spogliato completamente prima di scaraventarlo moribondo sul margine della strada fra i rottami.
E’ morto stamattina alle 5 all’ospedale con il cranio spezzato e la commozione cerebrale.
Abbiamo perduto tutto, alloggio e segheria, eravamo assicurati solo contro l’incendio.
I Danni!
Non sono meno di 50 milioni tra macchinario, legname e serramenta già pronte per la consegna”.

La sesta vittima è la signora Cesarina Rebasti, di 68 anni.
Col marito Augusto Alloni abitava in una graziosa villetta costruita per il figlio Aldo, sposo da soli quindici giorni con Tiziana Brigada.
I due sposi e il marito sono all’ospedale; la donna è rimasta schiacciata dalle macerie.
Per centinaia di metri quadrati nell’epicentro del “Tornado£ il terreno è disseminato di conigli, polli e oche sventrati.
Anche un bue che si trovava nella stalla dei Guerci è stato sfracellato.
Suppellettili infrante, rsti di arredi, tutte le piccole cose che allietavano le famiglie della zona giacciono nel frango.
Per contro si vedono intatte bottiglie ancora piene di vino, immagini sacre con il vetro e la cornice, persino lampadari appesi a una parete pericolante.
Su un muro smozzicato spicca in rosso una scritta: “Viva Gino Bartali”.
Impossibile descrivere tutti gli episodi che si sono svolti tra l’infuriare del “Tornado”.
Molte famiglie si sono salvate perchè si erano rifugiate al pianterreno, altre perchè erano salite al primo piano, altre perchè si trovavano addossate ad una parete piuttosto che a quella dirimpetto.
Un uomo è rimasto illeso perchè si è messo a carponi sotto una grossa stufa nel cortile.
Mentre i feriti – e anche i morti che ai primi accorsi parevano vivi – venivano trasportati con ogni mezzo di fortuna all’ospedale di Bronu (dove erano ad attenderli tutti i medici con il primario professor Massone) si organizzava l’opera di soccorso.
Da Pavia, Milano, Parma, Reggio Emilia, Mantova e Cremona partivano squadre di vigili del fuoco.
Il battaglione mobile dei carabinieri di Milano inviava rinforzi ai militi delle stazioni di Broni, Santa Giulietta e della tenenza di Stradella che erano i primi a prodigarsi.
I centri colpiti erano senza luce elettrica, senza acqua, senza scorte alimentari.
Squadre di operai si misero subito allì’opera e già domenica sera era stata ripristinata la linea telefonica con Robecco e col Mulino Bruciamonti.
A Vallescuropasso, trasformata in quartier generale del servizio d’ordine generale del servizio d’ordine, a collaborare con i carabinieri è giunto da Pavia il commissario di P.S Dottor Baretti.
Ieri sera squadre della Dinamo erano anche riuscite a fornire la zona di energia elettrica, sia pure alle case meno colpite.
Questo ha consentito la ripresa della centrale di Cigognola che fa funzionare l’acquedotto.
Da Milano è giunto sul luogo del disastro il generale Ismeca, comandante la brigata carabinieri.
Da Pavia il prefetto dottor Lorè, il questore e altre autorità hanno fatto la spola anche ieri tra il capoluogo, Vallescuropasso e Robecco, predisponendo i soccorsi, accertandosi delle necessità.
Con essi sono giunti da Tortona l’arcivescovo monsignor Melchiorri e il vescovo Gusiliare Monsignor Angeleri che hanno sostato a lungo al capezzale dei feriti e tra i superstiti intenti alla ricerca delle povere cose non distrutte.
Posti di soccorso erano stati predisposti sin da domenica sera a Broni dal sindaco Conte Franco Cella.
Ma i sinistrati non hanno voluto cedere alle esortazioni; hanno preferito continuare per tutta la notte la faticosa e spesso inutile opera di ricupero.
Per sfamarli il Comiliter di Milano ha inviato a Robecco e Vallescuropasso due cucine da campo con la relativa attrezzatura.
I viveri li ha procurati l’opera Pontificia di Assistenza accorsa sul posto sotto la guida del presidente nazionale monsignor Baldelli.
Refettori sono stati improvvisati nei locali non pericolanti, dormitori sono stati allestiti con lettini da campo messi a disposizione dalla Croce Rossa.
Questa mattina è arrivato da Roma il sottosegretario agli Interni, Onorevole Salizzoni.
Accompagnato dal dottor. Pugliese, capo dei servizi anticendi dello stesso Dicastero, dall’ingegnere capo del Genio civile di Pavia, Ingegner Bragadin, e dal vice provveditore alle Opere Pubbliche, l’onorevole Salizzoni ha esaminato la situazione assicurando il pronto fattivo intervento del Governo.
Incalcolabili i danni.
Tutti i vigneti – unica risorsa della zona – sono perduti; poche le case che il piccone potrà risparmiare.
Un migliaio di persone senza tetto, senza indumenti, senza i più elementari arredi.
Oggi su carri agricoli, su trattori, su biciclette o a spalla gli scampati trasportavano le poche robe presso parenti o amici.
Una giovane donna era riuscita a salvare solo una bombola di gas liquido e un cuscino.
Li portavia via quasi con orgoglio tenendo per mano la figlioletta che orsservava stupita la baraonda, i carabinieri in tute mimetiche, le centinaia di macchine di curiosi affluiti da tutti i centri della Lombardia.
Lungo le strade una visione simile a quella delle retrovie in tempo di guerra.
Famiglie che sloggiano, militari che arrivano.
Agenti della stradale e del corpo di guardia di P.S hanno validamente affiancato l’opera di soccorso.
Questa sera l’oscurità è scesa su uno spettacolo doloroso: il rancio consumato dai senza tetto accanto alle macerie delle loro case.
Domani lo sgombero continua.
C’è tutto da ricostruire qui e non si può perdere tempo.
I funerali delle sei vittime fissati in un primo tempo per le 10 di domani, pare siano stati ritardati alle 17.
Dopo il rito a Broni, le salme saranno trasportate a Cigognola.
La prognosi per i feriti degenti all’ospedale, varia dai dieci giorni ai due mesi.
Più grave di tutti è una bambina, Maria Alloni, di 4 anni.

GIORGIO LUNT

LA STAMPA 18 GIUGNO 1957
QUADRO DESOLANTE NELLE VALLI DI CUNEO, SUSA, AOSTA, LANZO E PINEROLO
SI RITIRANO LE ACQUE DEI TORRENTI IN PIENA LASCIANDO CADAVERI E UN ENORME CUMULO DI ROVINE
NEL CUNEESE LA SITUAZIONE MIGLIORA, MA URGE PORTARE SOCCORSI ALLE POPOLAZIONI BLOCCATE.
IN VALLE DI SUSA UNA NUOVA FRANA MINACCIA CHIANOCCO E BORGONE
SERVIZIO INSUFFICIENTE E SENZA ORARIO DEI TRENI TRA BUSSOLENO E MODANE – RECUPERATE LE SALME DEL MAESTRO DI VINADIO E DEGLI ANNEGATI DI ROBASSOMERO – LAVORI FEBBRILI PER SBLOCCARE LA STRADA DEL SESTRIERE – GRANDINATA DEVASTATRICE IN VALLE PELLICE – ANCORA INTERROTTA LA FERROVIA PER PRE’ ST. DIDIER

CUNEO 17 GIUGNO 1957
La situazione generale sta lentamente migliorando: i torrenti si fanno meno minacciosi; a dorso di mulo o con gli elicotteri viveri e medicinali affluiscono ai 7 mila montanari bloccati nei paesi delle alte valli Stura di Demonte, Maira e Varaita.
In pianura i contadini sono tornati nei campi.
Un primo sommario bilancio dei danni dà un totale di 23 miliardi, dei quali quasi 20 nel settore agricolo ed il resto nella rete stradale.
Gli “interventi” di questi giorni sono stati operati esclusivamente da militari, pompieri e civili per contenere la violenza delle acque, salvare le popolazioni e limitare i danni.
I danni maggiori si sono verificati nelle vallate dove ci sono chilometri di strade e decine di ponti distrutti.
Il tempo a disposizione per riparare i guasti è breve.
Sono zone dove a metà settembre comincia a nevicare: basterà pochissima neve per rendere impraticabili le mulattiere che gli artiglieri alpini hanno aperto in questi giorni sui fianchi delle montagne.
Fra tre mesi dunque le popolazioni delle alte valli cuneesi potrebbero trovarsi in situazioni più gravi di quella odierna.

SITUAZIONE:
VALLE STURA DI DEMONTE:
Sempre isolati i centri di Argentera, Bersezio, Pietraporzio, Sambuco, Pianche e Bagni di Vinadio.
Le condizioni atmosferiche sono tranquillizzanti.
Il torrente Stura decresce.
Ha però fatto nuovi danni ad Argentera e a Pietraporzio.
In quest’ultimo centro l’erosione sta mettendo in pericolo numerose case.
Ad Argentera, dove le acque hanno nuovamente invaso parte del paese, stamane erano senza pane.
Sono stati riforniti con elicottero mentre gli artiglieri alpini salivano per la vallata quintali di viveri trasportando a dorso di mulo e negli zaini.
VALLE MAIRA: tuttora isolati i paesi di Acceglio, Prazzo, Canosio e Marmora.
Il Maira decresce.
Ad Acceglio la violenza delle acque permane minacciosa.
VALLE VARAITA I paesi bloccati sono Chianale, Pontechianale, Bellino, Casteldelfino, Sampeyre, Frassino, Rore e Melle.
Partendo dalla “base” di Venasca, per tutta la giornata artiglieri alpini e valliggiani hanno fatto affluire viveri alle popolazioni isolate.
In Valle Varaita, in serata un furioso temporale ha distrutto 300 ettari di colture a Torriana San Martino e Assarti di Barge provocando danni per 60 milioni.
SERGIO DE VECCHI

SUSA 17 GIUGNO 1957
Non è piovuto per tutto il giorno e nella valle è rinata la speranza.
La Dora, pur sempre fangosa e turbolenta, si è ridotta nei nuovi letti scavati dove prima erano campi prati e strade.
I torrenti ed i rii che, irrompendo dal versante sinistro della valle, provocarono i disastri di domenica mattina, hanno diminuito la loro portata e qualcuno quasi è senza acqua.
Unico punto dove ancora incombe il pericolo, e molto grave, è Chianocco, tra Borgone e Bussoleno.
Ieri mattina, mentre infuriava il temporale, la montagna, smottando, aveva ostruito il rio che passa per il apese.
Le acque, dopo aver travolto la diga improvvisa, si erano riversate su Chianocco devastandolo, poi avevano sradicato i binari della linea per Modane ed invaso la filatura del “cotonificio Valle di Susa” di Bussoleno.
Infine, seguendo la massicciata della ferrovia, erano andate a riversarsi su Borgone-
Ha resistito il muro di cinta dello stabilimento “Cotonificio Valle di Susa” di questo Comune impendendo alle acque di arrecare maggior rovina alle case.
Stamane è sceso dall’alpe affannato un montanaro a dire che a 1300 metri si sta staccando una enorme parete.
Carabinieri ed alpini sono saliti a vedere e la triste previsione è questa: se piove di nuovo la frana ripete quanto è accaduto domenica mattina.
Per ora non rimane che sperare nel miglioraento del tempo perchè possa rassodarsi il terreno e fermarsi lo smottamento.
La ferrovia è interrotta da ieri mattina tra Borgone e Bussoleno.
Da Ulzio a Cesana la strada si sbriciola nella Dora.
L’Acqua delle fontane è stata resa potabile con pastiglie di cloro.

GIOVANNI TROVATI

VIOLENTA TROMBA D’ARIA SUL MERCATO DI ALESSANDRIA
ALESSANDRIA 17 GIUGNO
Un violento temporale si è scatenato oggi dalle 13,20 alle 15,45 circa sulla nostra città.
La pioggia è caduta in modo torrenziale e per una decina di minuti frammista a grandine.
Si sono verificate condizioni di visibilità assolutamente insufficienti, tanto che i pochi automezzi del servizio pubblico in circolazione dovevano procedere con molta lentezza.
In rione Orti si è avuta la formazione di una tromba d’aria che ha investito con inaudita violenza un gruppo di case, una delle quali, pericolante, ha avuto il tetto in parte scoperchiato.
Anche un muretto alto un metro circa e lungo una ciquantina è stato abbattuto dalla furia del vento.

IL LIVELLO DEL PO AUMENTA INESORABILMENTE
REGGIO EMILIA 17 GIUGNO
La situazione della bassa reggiana e mantovana si va facendo sempre pià drammatica.
Il livello delle acque del Po aumenta inesorabilmente di due centimetri e mezzo all’ora.
All’idrometro di Batteria, il segnale di guarda è già superato di un metro e mezzo.
I tecnici del Genio Civile di Reggio sorvegliano ininterrottamente il fiume ed il torrente Crostolo nel quale rigurgitano le acque del Po.
A Boretto e a Guastalla si è intanto provveduto a staccare i ponti di chiatte per favorire il flusso delle acque in piena.

CASE SGOMBRATE NEL POLESINE
ROVIGO 17 GIUGNO
Il Po è oggi straripato in moltissime golene lungo tutto il suo corso, ma particolarmente verso il Basso Polesine presso Cà Pisani, Villaregia, Cà Corner e Donzella.
Molte famiglie sono state evacuate a Cà Venier.
Il Genio civile ha messo in azione il suo dispositivo di sicurezza da Mellara al mare.
Macchine escavatrici stanno costruendo rapidamente soprassogli di terra sugli argini del Po di Tolle e di Maistra.
Sensibili danni in aziende coltivate particolarmente a frumento.

MIGLIAIA DI ABETI DIVELTI
AOSTA 17 GIUGNO
Tornato il sereno, i tecnici della Regione stanno dirigendo il tutta la valle d’aosta i lavori di riattivazione delle opere distrutte allo scopo di riportare in breve tempo la situazione alla normalità.
Questa preoccupazione di ovviare in pochi giorni (in vista anche del turismo) ai disastri causati dal maltempo non ha permesso ancora la completa valutazione dei danni, che tuttavia – secondo i primi calcoli raccolti dagli uffici della Regione – si fanno a scendere a tre miliardi.
Solo domani, se la situazione rimarrà allo stato attuale, la giunta regionale farà il consutivo del bilancio del disastro avvenuto, poichè si attendono entro questa notte gli ultimi dati dalle zone più lontane.
Ad ogni modo ieri ed oggi si è lavorato con tutti i mezzi disponibili in tutte le vallate laterali più colpite ed ogni pericolo ulteriore dovrebbe essere scongiurato.
Nelle zone di fondo valle, le zone ancora ancora in situazione allarmante sono Saint Marcel, Pollein e Gressan.
Ma anche qui si stanno predisponendo ampie misure di sicurezza.
Grave la situazione delle valli di Rhèmes, d’Ayas e Valsavaranche.
In Val d’Ayas, dove il presidente della regione è rimasto per tutta la giornata allo scopo di assicurarsi di quanto veniva compiuto: i villaggi di Periax e Extrapierre sono stati praticamente salvati dall’intervento immediato dei “caterpiller” che hanno aperto un nuovo letto al torrente che sommergeva campagna e case.
Si sono avuti due feriti, ma fortunatamente in forma leggera e questi sono gli unici di tutta la regione.
Dalla Valsavaranche è sceso nel pomeriggio il sidnaco signor Chabod, il qualche ha descritto la situazione in poche parole: “non esiste più la strada: tutti ponti sono crollati; mai visto nulla di simile”.
In questa valle si dispera anche per il bestiame che si trova ammassato nelle località più basse poichè non può salire negli alpeggi perchè tutte le strade sono più o meno crollate.
Si tratta di 1500 capi ai quali manca il foraggio e la poca erba esistente è sufficiente solo per pochi giorni.
A Rhèmes gli alpini saliti ieri con una radio hanno lanciato un messaggio:
“Manca il pane: portatene con urgenza”.
Ed infatti nel pomeriggio sono stati trasportati a spalle alcuni quintali di pane da distribuire alla popolazione e così si farà domani.
A Cogne la situazione è migliore poichè soltanto più una frana ostruisce il transito e quindi entro domani la circolazione sarà normale.
A Courmayeur viveri, medicinali, posta e giornali giungono regolarmente da Aosta con trasbordo al ponte di Villeneuve, tuttora chiuso al traffico per il crollo dei giorni scorsi.
La Dora è rientrata in quasi tutto il percorso nel suo alveo naturale, lasciando nelle campagne devastate tronchi di alberi e detriti portati dalla sua furia distruggitrice nei giorni scorsi.
Gli alpeggi in montagna proseguono ora tranquillamente la loro vita patriarcale.
Stamane, dopo vari giorni, sugli alti pascoli le mucche sono uscite dalle stalle a godersi pure loro il primo sole.
Sulla statale numero 26, troncata al ponte di Villeneuve, il traffico è pressochè nullo ed esclusivamente locale.
La Dora è sempre grossa.
Migliaia e migliaia di abeti sono stati trascinati a valle, con un danno notevolissimo alle foreste, causando una minor garanzia di fronte al pericolo di frane e valanghe.
Da parte del Genio civile – che ha ricevuto un primo acconto di 34 milioni da roma – si sta lavorando in molte zone per lanciare passerelle sui torrenti allo scopo di ricollegare le frazioni isolate.

IL DRAMMA DI USSEGLIO
VIU’ 17 GIUGNO
Il sole è riuscito finalmente a far breccia nei densi nuvoloni carichi di pioggia che da giorni incombevano sulle Valli di Lanzo.
Ancora in mattinata si temevano altri disastro rovesci, ma una provvidenziale brezza ha spazzato rapidamente il cielo e tutto si è risolto con qualche temporale del tutto inoffensivo.
Il miglioramento del tempo è valso così a far ulteriolmente decrescere il livello delle tre Sture, comprese quelle che nei giorni scorsi si erano rivelati più distruttive.
Il corso principale a Lanzo è sceso di oltre tre metri.
Le acque della Stura di Lanzo stanno abbassandosi anche nelle alte valli.
Ad Usseglio, investita venerdì all’alba dalla piena, la situazione non è però mutata.
E’ necessario anzi far rilevare che il torrente probabilmente continuerà a correre in mezzo al paese anche quando sarà tornato al suo normale livello.
La ragione è semplice.
L’abbiamo scoperta stamane giungendo fra i primi ad Usseglio, dopo che i tecnici della provincia avevano fatto breccia negli sbarramenti di roccia e fango che ostruivano la strada.
E’ cioè accaduto che l’impeto della corrente ha trascinato sopra il paese massi e terra in quantità tale da creare una specie di diga.
A quel punto, non trovando più sfogo nel loro letto, le acque se ne sono aperte uno nuovo, il qualche non è altro che la strada provinciale tracciata in mezzo al paese, fra le case e alberghi.
La strada, che poi prosegue per margone e Malciausia, è tuttora un impetuoso torrente, distante in certi punti oltre 500 metri dalla vera Stura, ridotta ad un corso d’acqua di esigua portata.
Solo domenica ben tre sono stati gli scoscendimenti di terra e pietre abbattutisi sul paese.
Due hanno arrecato danni trascurabili.
Nelle altre valli di Lanzo la situazione non desta più alcuna apprensione.
Nella bassa valle il ponte di Altessano è ancora chiuso al traffico perchè i dubbi sulla sua solidità non sono del tutto scomparsi.
Analoga misura permane per il ponte fra Cafasse e Lanzo, mentre quello fra Germagnano e Viù è costantemente sorvegliato dai cantonieri.

TORINO
Il sole ed il cielo azzurro sono finalmente riapaprsi.
Ma stamattina i torinesi al risveglio hanno avuto un’altra sorpresa.
Una fitta nebbia grava su tutta la città e soltanto verso le otto la visibilità è ritornata normale, specie nelle zone vicino ai fiumi.
Il fenomeno era dovuto alla grande umidità atmosferisca.
Il caldo solare ha poi ristabilito condizioni più confacenti alla metà di giugno, ma il fenomeno di stamane fa prevedere che nel corso della giornata si avranno formazioni nuvolose temporalesche, con probabilità di rovesci tanto brevi quanto violenti, anche accompagnati da grandine.
In sostanza c’è ancora poco da fidarsi del tempo.
Fino alla fine di questa settimana pochissime speranze di ritorno al bello stabile, quel bello stabile che ci ha abbandonato ormai da tre mesi.
Il bollettino meteorologico del Ministero dell’Aeronautica parla di una situazione sulla Penisola in genere e sulle regioni settentrionali in particolare ancora quanto mai incerta e mal definita.
Vi è sempre sul Nord Italia una notevole instabilità delle masse d’aria in circolazione che sono ancora relativamente fredde e molto umide.
Questa situazione farà sì cje su Piemonte, Liguria, Lombardia e Veneto si avranno condizioni di tempo caratterizzate da annuvolamenti a tratti intensi ed estesi che, durante il corso della giornata, assumeranno aspetti cumuliformi anche imponenti e daranno luogo a manifestazioni temporalesche.
Gli uragani saranno più frequenti in prossimità dei rilievi, specie del settore centro – occidentale delle Alpi.
Al di sopra dei 2500 metri di altitudine si avranno cadute di neve.
La temperatura rimarrà sui valori attuali.
Concludendo dunque, c’è ancora poco da fidarsi del tempo: fra tre giorni comincia l’estate: la primavera non c’è stata, le vacanze di migliaia di persone sono incerte.
Ci sarà, quest’anno una vera estate?

NEI CENTRI DELLE ALTE VALLI DI LANZO LA SITUAZIONE E’ ANCORA DRAMMATICA
DA CINQUE GIORNI AD USSEGLIO SI LOTTA CONTRO LA STURA CHE INVADE IL PAESE
IL TORRENTE E’ USCITO DALL’ALVEO E SI E’ CREATO UN NUOVO PERCORSO NELLA VIA PRINCIPALE
L’ACQUEDOTTO DI CHIALAMBERTO DISTRUTTO, DANNEGGIATO QUELLO DEL PIAN DELLA MUSSA – ENORMI SCAVATRICI AL LAVORO PER RIAPRIRE LA STRADA DEL SESTRIERE

Stamane un sole luminoso splende su tutte le valli alpine sconvolte nei giorni scorsi dalla furia delle alluvioni: a parte le interruzioni stradali, alcune delle quali richiederanno un lavoro assai lungo, la situazione va, normalizzandosi dovunque.
Il livello delle acque decresce.
I rifornimenti sono regolari: soltanto ad Usseglio, nella Valle di Lanzo, la situazione si può ancora definire drammatica.
Nell’alta valle di viù infatti centinaia di uomini stanno ancora lottando contro la furia scatenata della Stura la quale ha spazzato le dighe di protezione, è uscita dal suo alveo, si è scavata un nuovo letto attraverso il quale le sue acque turbinose sono andate a scorrere proprio nella strada principale del paese.
All’acqua si sono aggiunte le frane, che hanno distrutto case e ville.
La lotta per ricostituire un argine alla Stura è stata subito iniziata dalle poche forze disponibili in paese: valligiani, guardia di finanza, i carabinieri di viù.
La strada per viù era interrota a Lemie, i vigili del fuoco torinesi, tutti impegnati negli altri luoghi colpiti, non potevano recarsi immediatamente ad Usseglio dove fortunatamente non vi erano state vittime e dove ormai la popolazione si era messa in salvo nelle frazioni piùm alte.
La lotta contro il fiume continua ancora, dopo cinque giorni: vi partecipano tutti gli uomini del paese, vigili del fuoco (stamane ne sono partite altre quattro squadre da Torino per dare il cambio ai compagni esausti), soldati, carabinieri, agenti, cantonieri e tecnici della provincia.
Bisogna fare un nuovo argine riempiendo di pietre i grossi gabbioni da calare nelle acque: non è possibile ricorrere agli esplosivi perchè si potrebbero provocare nuove erosioni.
Stamane i carabinieri hanno cominciato ad abbattere una grande quantità di alberi per rinforzare con i tronchi i gabbioni, i quali non offrono sufficiente resistenza alle acque.

Le comunuicazioni telefoniche con Chialamberto sono state ristabilite stamane: la strada provinciale è bloccata da due frane e dal crollo di un ponte, poche centinaia di metri prima del paese.
In località Bruschi, sopra Chialamberto, una colossale valanga di pietrisco ha spazzato via due alpeggi, fortunatamente disabitati ed ha distrutto l’acquedotto locale.
Quasi tutti i ponti e le passerelle sulla Stura nella Val Grande sono stati distrutti.
In Val d’Ala la strada è ancora interrota a Vuragno: si spera che i lavori di riattamento possano essere ultimati entro la notte.
Ala e Balme, a parte qualche frana, non hanno subito danni gravi.
A Pian della Mussa, invece, la Stura ha cambiato letto, ha distrutto per oltre un chilometri la strada che porta al rifugio città di ciriè, ha abbattuto il muro di cinta dagli impianti dell’acquedotto che rifornisce Torino ed ha infine interrotto la strada che sale da Balme.
I ponti di Altessano e della Cafasse – Lanzo sono ancora chiusi per ragioni di sicurezza.
Procedono celermente i lavori per il ripristino della ferrovia fra Traves e Lesa, dove i viaggiatori effettuano un trasbordo.
In Val Chisone colossali scavatrici stanno lavorando ad un ritmo febbrile per tentare di riaprire la strada del Sestriere: presto sarà possibile riaprire la statale fino a fenestrelle (interrotta a Mentoullea), poi si concentreranno sul tronco che porta a Pragelato.
La piana di Vische è ancora inondata dalla Dora Baltea.

L’ACQUA SALE AL RITMO DI 2 CENTIMETRI ALL’ORA
ALLARME NEL POLESINE PER LA PIENA DEL PO
DOPO AVER ALLAGATO TUTTE LE GOLENE, IL FIUME HA COMINCIATO A LAMBIRE LE CASE DI ALCUNE FRAZIONI NEL DELTA
60 PERSONE SALVATE DAI POMPIERI
ROVIGO 18 GIUGNO 1957
La piena del Po nel Polesine ha messo in allarme le popolazioni del Delta.
Il livello dell’acqua continua ad aumentare con il ritmo di 2 centimetri l’ora, e stamane alle 7, aveva superato di metri 2,66 il segnale di guardia all’idrometro di Polesella, e a Castelmassa di metri 2,61.
La massa d’acqua ha allagato tutte le zone golenali e comincia a lambire nel Delta le case di alcune frazioni.
Il Po di Maistra ha tracimato a Cà Pisani, Villareggia, Cà Cornera, allagando vari ettari di terreno posti nelle golene, quasi tutti coltivati a grano.
Circa sessanta persone abitanti nelle zone golenali sono state tratte in salvo dai vigili del fuoco e trasportate al sicuro, verso Contarina.
L’acqua ha già raggiunto l’altezza di 35 centimetri.
Squadre di operai sono al lavoro per la costruzione di soprassogli sugli argini maestri del fiume onde impedire l’afflusso dell’acqua.
Anche Donzella è in parte allagata e l’antica chiesetta si trova invasa dalle acque.
Centinaia di operai hanno lavorato tutta la notte alla luce di torce a vento e gruppi elettrogeni e lavorano attualmente costruendo rinforzi alle arginature del Po di Venezia e del Po di Tolle.

LA STAMPA 19 GIUGNO 1957

 Se non riprenderà a piovere può ritenersi scongiurato il pericolo di altri disastri.
E' superata anche la preoccupazione che la neve fresca, caduta domenica mattina sopra i duemila metri, aumentasse il corso delle acque: si è sciolta al sole senza alcun inconveniente.
Dopo la furia di venerdì e di domenica è possibile indicare grosso modo la situazione della valle.
Buona parte delle strade che uniscono i comuni alle frazioni sono rotte o addirittura scomparse.
Campi e prati sono sommersi sotto uno strato di fango che soltanto l'aratro potrà spezzare e rivoltare.
In molti abitati manca l'acqua potabile.
Nella Dora sono caduti a migliaia di tonnellate gli alberi.
Dove sorgevano le belle pinete tra Ulzio e Cesana e  ora si vedono le macchie grige della terra sabbiosa messa a nudo.
I tronchi, che la forza della corrente ha pulito dalla corteccia e privato dei rami, rimangono sparsi sul greto.
Le comunicazioni principali della valle sono interrotte.
Continua a sfaldarsi la nazionale del Monginevro nel tratto tra Exilles e Salabertano: oggi alle 17 è precipitato nella Dora anche il sentiero che era stato tracciato sopra la frana tra i due tronconi di strada.
Le acque rosicchiano ancora in diversi punti la nazionale tra Ulzio e Cesana.
La Ferrovia è sempre interrotta tra Borgone e Bussoleno.

GRAVE BILANCIO DI DANNI IN TUTTA LA VAL PELLICE
TORRE PELLICE 18 GIUGNO
La valle del Pellice non ricorda un maltempo così cattivo come quello di questi ultimi giorni, dal 1920 in poi.
Allora, in peggio, vi era soltanto la perdita di vite umane nel villaggio di Absès spazzato via dalle acque, mentre questa volta, fortunatamente, non si lamenta nessuna vittima.
Ma Absès,  se l'è vista brutta di nuovo.
L'alta valle ha passato una notte orrida dal 13 al 14 giugno, in modo speciale Boppio.
Questo paese, a 780 metri, sul livello del mare, è spesso alla mercè di tre torrenti, anche se non vanno comtemporaneamente in collera: il Cruello, il Subiasco e il Pellice.
Prima che fosse creato il cosiddetto argine Cromwell Bobbio scomparve più volte sotto la furia delle acque.
Ora, il 13 giugno s'è levato un forte vento sciroccale con nuvole dense.
Era già piovuto da qualche settimana fuor del consueto ma a riprese benigne.
Gli alvei dei tre torrenti bastavano a convogliare via tutta l'acqua in eccesso, senza danni e senza paure.
Lo scirocco ha sciolto tutt'in una volta le nevi superstiti, mentre le nubi precipitavano a rovesci impressionanti.
I torrenti non gliel'han fatta più a convogliare tant'acqua, si sono gonfiati oltre misura asportando tutte le passerelle, straripando qua e là, rodendo argini, dighe, e mettendo a repentaglio il ponte sul Pellice, detto della Giornà.
Anche Villarpellice, nella stessa notte dal 13 al 14 giugno, ha vissuto ore d'incubo.
Le sue vie erano trasformate in torrenti.
Si temeva molto per le terre basse al livello del Pellice, ma una diga di recente costruzione è riuscita a spezzarne l'impeto.
Sono state però trascinate via dalla corrente cinque grandi passerelle carrozzabili, e i danni della campagna sono in via di accertamento.
Parzialmente allagata una fabbrica di feltri.
A Torre Pellice, a Luserna San Giovanni e in qualche zona alta di Bricherasio (Santa Cerarina, Cappella Moreri) è ieri l'altro che si è scatenato l'inferno.
Dopo una bella mattinata di sole, verso mezzogiorno s'è fatto come buio per il fitto addensarsi di nubi nerissime.
Quindi, per un paio d'ore, diluvio e grandine, grossissima in una prima ondata ma rada.
Dopo, piccola ma in gran copia e per lungo tempo.



ROVIGO 20 GIUGNO 1957
Il po ha rotto gli argini.
La catastrofe delle alluvioni, che ancora ieri sera sembrava scongiurata per un miracolo, si è abbattuta in tutta la sua inarrestabile violenza contro il Polesine, a cinque anni dall'altra tragica inondazione.
La valanga d'acqua sta raggiungendo e schiantando soprassogli costruiti in fretta e furia nelle ultime drammatiche ore.
Poco dopo la mezzanotte, il Po aveva ripreso ad aumentare con un ritmo più rapido, prima di un centimetro e poi di due centimetri all'ora.
Era il segnale della catastrofe.
In diversi punti infatti, la precedente ondata di piena aveva spinto l'acqua a non più di quindici centimetri dalla sommità degli argini: sarebbe bastato un soffio, un  nulla, una ripresa anche meno vigorosa dell'aumento di livello per superare i ripari e distruggerli.
Per scongiurare il pericolo – come s'è detto non sembrava imminente ed anzi pareva ormai allontanato – in qualche tratto si era presa una misura precauzionale.
Con i vomeri degli aratri si erano scavati solchi proprio sulla cima degli argini: si Credeva che sarebbero bastati quei cinque o sei centimetri di terra rialzata ai margini dei solchi per frenare la piena.
Tutto è stato inutile.
Qualche argine ha cominciato ad essere superato ed a scomparire sotto le ondate; altri rinforzi dopo paurosi scricchilii furono inghiottiti, sminuzzati, spazzati via.
Anche sugli argini del Po di Venezia, del Po di Tolle, del Po di Gnocca si sta combattendo la rabbiosa battaglia contro l'acqua.
Al bivio per Porto Tolle, presso il ponte Molo, l'acqua alle 2 di stanotte aveva già toccato il piano asfaltato del ponte sulla provinciale che unisce Porto Tolle con Taglio di Po.
Vari fontanazzi e tracimazioni si sono verificati non solo nella zona della rotta, ma anche a Cà Pisani, a Fonzella, a Fraterna, Madonnina Cà Morra.
L'ondata di piena proveniente dal bacino imbrifero di Pavia non accenna a diminuire né tanto meno a terminare: nella zona dell'alto Polesine il livello del fiume è rimasto in fase di “Stanca” fino a pochi minuti prima della rotta di stamane e l'acqua ammassatasi in misura gigantesca sta ora convogliandosi verso la zona sinistrata.
A Donzella l'acqua limacciosa, che porta con s'è alberi, detriti, fango, ha allagato una vasta estensione in golena ed ha già invaso l'antica chiesa: il sacrestano, fuggito e scampato alla morte, ha detto che il tempio è invaso per oltre un metro.
Fino alle ore 10 non era giunta, dai vari punti della sciagura, notizia di vittime.
La popolazione, nonostante le speranze di ieri e dei giorni scorsi, si era sempre tenuta in allarme, e anche se stamane la rotta degli argini l'ha colta del tutto impreparata.
Inoltre si deve aggiungere che sembra che il grande fiume avanzi piuttosto lentamente, anche se inesorabilmente.
Le ultime notizie affermano che Taglio di Po e Corbola sarebbero state abbandonate dalla popolazione: i due centri stanno per essere sommersi.

TRENTO 20 GIUGNO 1957

Una tromba d’aria e di acqua ha investito stamane la valle di Primiero, abbattendosi in particolare sull’abitato di Transacqua.
Nel volgere di pochi minuti le case e i due alberghi del paese sono stati invasi dalle acque, che in certi punti hanno raggiunto il mezzo metro d’altezza.
Il selciato della piazza è stato letteralmente divelto, in parecchi punti, dalla furia degli elementi.
Fortunatamente, essendo le strade del paese in leggera pendenza, l’acqua ha trovato uno sfogo naturale defluendo a valle.
I danni sono comunque gravi, specialmente nei due alberghi.
Un violento temporale si è abbattuto anche sul Perginese.
Il “Maso del Conte”, sulle pendici della Marzola, è stato colpito in pieno da una folgore, che scaricatasi su un filo d’acciaio, ha ucciso il cane da guardia e ha distorto le installazioni elettriche della zona.

 

TORINO 21 GIUGNO 1957

La primavera s’è accomiata da Torino con due acquazzoni: uno poco prima delle 15 ha investito la zona di Porta Palazzo, mentre in piazza Castello splendeva il sole; l’altro verso le 16 si è riversato sul centro della città.
Nubi nere e pesanti sulla collina, in direzione di Settimo e del Lingotto, hanno avvolto Torino annunciando per altri paesi poco lontani temporali e grandine.
Un commiato turbolento, in carattere con la stagione che tanti guai ha provocato nella nostra regione e adesso nel basso Po.
L’estate è arrivata all’appuntamento fissato dalle tabelle astronomiche, alle 17 di ieri, affacciando il sole in un cielo capriccioso ed instabile, con un caldo umido che rendeva più pesante l’afa e il disagio.
Alle 18,30, il terzo acquazzone della giornata, il primo dell’estate.
Dicono gli esperti che questo inizio è un po’ il simbolo di quello che ci prepara l’estate: un clima a caratteristiche tropicali che alternerà giorni di caldo umido, a brevi violenti piovaschi e a temporali che potranno anche essere accompagnati da grandine; un sole incostante, almeno per il resto di giugno, un cielo spesso imbronciato.
La prima quindicina di luglio dovrebbe essere più favorevole.




 

ASTI 21 GIUGNO 1957
Nel pomeriggio una violenta grandinata si è abbattuta su nove paesi dell’Astigiano, causando altri gravi danni alla agricoltura.
I paesi colpiti sono: Montiglio, Piovà Massaia, Cerreto, Cocconato, Pino, Aramengo, Castelnuovo don Bosco, Morasongo e Murisengo, con una decina di frazioni.
Il temporale si è abbattuto verso le 17 ed è durato oltre mezz’ora con la caduta di grandine della grossezza delle noci.
A Montiglio i danni sono stati i più rilevanti, e si presume un raccolto inferiore al normale del 70 – 80 per cento per la vita e il grano, dopo tre ore dalla sua caduta, biancheggia ancora sulle strade come avesse nevicato.

IVREA 21 GIUGNO 1957
Un violentissimo nubifragio si è abbattuto su Ivrea e sui paesi vicini verso le 17,30 di oggi; l’acqua, a tratti frammista a grandine, è caduta torrenziale per circa due ore, provocando numerosi allagamenti di strade, fra cui lo stradale Torino, che è incorporato nella statale numero 26.
La furia degli elementi ha avuto il suo epicentro nella zona di San Bernardo, alla periferia di Ivrea, dove per alcuni minuti la grandine è caduta violentissima, con chicchi di eccezionale grossezza, molti dei quali misuravano persino sei centimetri di diametro.
E’ andato qui parzialmente distrutto, perforato da mille e mille proiettili bianchi, il tetto in eterrnit, che misura ottomila metri quadrati, del nuovo stabilimento delle officine meccaniche Olivetti; anche le grandi pareti di vetro della fabbrica hanno subito gravi danni.
Aperte le falle nel tetto, la pioggia ha invaso le officine lesionando le macchine e danneggiando le lavorazioni in corso.
I danni ascendono ai 15 – 20 milioni.

DANNI PRESSO GASSINO
GASSINO 21 GIUGNO 1957
Una violenta grandinata si è abbattuta alle 15,30 su Gassino, Bardassano, Sciolze e dintorni, rovinando il poco grano che ancora rimaneva e la frutta superstite alle ultime grandinate, che avevano già recato il 70% di danni.

 

TAGLIO DI PO 22 GIUGNO 1957
Si sta lottando con ogni mezzo contro il po che avanza, lentamente ma travolgendo ogni cosa.
Ancora una notte drammatica, una notte di paura hanno trascorso sull’argine del fiume quegli abitanti dell’isola di Ariano che non vogliono abbandonare le loro abitazioni nona ncora invase dalle acque: hanno sempre una speranza che la valanga gialla si arresti.
Lo stesso si dica per gli abitanti del grosso centro di Porto Tolle che è ora minacciato in seguito a una voragine apertasi sull’argine sinistro del Po di Gnocco.
Mentre dalla falla di Cà Vendramin in modo sempre irruento l’acqua penetra nell’isola di Ariano.
Mentre telefoniamo l’acqua è arrivata a Taglio di Po, grosso centro di 14 mila abitanti; ha già invaso alcune case coloniche, due magazzini per l’ammasso del grano – per fortuna svuotati in tempo – e una centrale del gas metano.
Il paese è quasi del tutto abbandonato, i negozi sono chiusi.
Dall’altro lato l’acqua sta raggiungendo il centro di Ariano Polesine, si trova a circa quattro chilometri dall’abitato.
Da Riva, che sta per essere sommersa dall’acqua, tutti sono fuggiti, chi sull’argine del grande fiume, chi altrove.
In funzione vi è solo il centralino telefonico che si trova nell’interno di una trattoria a pochi metri dall’argine.
La valanga d’acqua ha già sommerso 5500 ettari di fertile terreno.


Durante la notte il mare non ha voluto ricevere acqua e l’onda di piena è rimasta in fase di stanca riprendendo a decrescere molto lentamente soltanto sul far dell’alba, un alba nuovamente nebbiosa e afosa.

Il Po è ancora paurosamente gonfio di acqua limacciosa, decresce con lentezza esasperante, un centimetro all’ora.
A polesella stamane alle 7 il livello delle acque era di metri 2,61 sopra la guardia; a Castelmassa 2,26; a Cavanella 1,98.
Nelle ultime ventiquattr’ore i tre idrometri hanno registrato una decrescita che varia da 24 a 30 centimetri.
A ovest della falla l’acqua risale e penetra nel bacino di 6 mila ettari bonificati tra il po di Goro e il Po della Donzella defluendo verso il mare.
Il deflusso, malgrado siano stati tagliati alcuni argini interni a Cà Cappellona è molto lento.
I tecnici tenteranno oggi di tagliare altri arginelli perchè il deflusso sia più veloce e per alleggerire la pressione dell’acqua.
Questa ha allagato cinque frazioni che contano 1800 abitanti, tutti evacuati.
Nel bacino alluvionato l’acqua in certe località supera i tre metri di altezza; qualche casa costruita ai tempi della bonifica non ha tenuto ed è crollata. Anche nella zona di Cà Vendramin si sono verificati crolli di stalle.
Si stanno rafforzando le due linee di sbarramento trasversali tra il Po di Goro e il Po Grande, costruite in 30 ore per contenere l’impeto delle acque.
La prima di queste linee, quella sulla strada Romea è già stata in parte sommersa dall’acqua.
Gli argini di tutti i rami del Po imbevuti dall’acqua fino al limite, incominciano ad essere stanchi.
Erosioni ( per ora non pericolose) si notano un po’ ovunque.
Stanotte ci siamo recati a Molo Farselli, sul Po di gnocco, presso il ponte in ferro dove da Taglio di Po la strada si allaccia a Porto Tolle.
Qui l’argine verso il piano della campagna è franato per un’estensione di 20 metri.
Il grosso centro di Porto Tolle che conta circa 22 mila abitanti è ora minnaciato.
La popolazione è però preparata da tre giorni al peggio.
Sempre lungo l’argine del po di Gnocco stanotte si sono verificate alcune infiltrazioni.
Verso le 3 di stamane in località Cà Cornera, nella zona di Contarina sul Po Grande si è verificato un grande fontanazzo.

ALLE ORE 11 L’ACQUA HA INVASO SAN BASILIO
ROVIGO 22 GIUGNO 1957
Verso le ore 11 l’acqua ha raggiunto l’abitato di San Basilio.
Nella zona retrostante il paese, minacciata dall’arrivo dell’acqua, centinaia di operai con decine di trebbiatrici provvedevano alla trebbiatura immediata del frumento prodotto nel vasto comprensorio dell’Ente per la colonizzazione del Delta Padano.
Si tratta di salvare 5 mila quintali di grano mietuto ieri e stamane, che sarà quindi trasportato in magazzini dove si precederà all’essicamento.
Il pericoloso fontanazzo verificatosi stanotte a Cà Cornerà di Contarina sull’argine maestro del Po grande è stato a mezzogiorno completamente circoscritto.
Altri fontanazzi si sono registrati nell’alto corso del Po a Polesella, Garofalo, Canaro, Selaro, Calto, Castelnovo Bariano e sono attualmente in corso i lavori per circoscriverli.


ASTI 22 GIUGNO 1957
La furiosa grandinata di ieri, durata oltre mezz’ora, che ha colpito e ricoperto di uno spesso strato bianco, come se fosse nevicato, la zona a nord della nostra provincia, e specialmente tutta la ricca piana confinante con la provincia di Torino e Alessandria, ha causato nuovi gravissimi danni alle colture agricole e, caso singolare, proprio in quelle campagne che erano rimaste immuni dalla catastrofe provocata dalle gelate e dalle brinate primaverili.
La grandinata è scesa con chicchi grossi come noci ed è stata così fitta da coprire le strade di una coltre bianca che, dopo due – tre ore, biancheggiava ancora appunto come se fosse nevicato.
Stanotte, causa la temperatura e la densa umidità, una fitta nebbia ha stazionato in tutta la zona colpita.


PERMANE LA MINACCIA DELLA FRANA A NOVALESA
GRANDINE NEL BIELLE
UNA STRADA INTERROTTA PER 8 CHILOMETRI NELL’ALESSANDRINO
SUSA 22 GIUGNO 1957
Alle 6 di questa mattina si è rovesciato sulla città un acquazzone che ha fatto aumentare di nuovo, sia pure di poco, il livello della Dora Riparia.
A Novalesa, nella frazione di Sant’Anna, vi è sempre la minaccia della frana; il pericolo permane grave.
Nel Biellese stamane si sono susseguiti alcuni temporali di particolare violenza che hanno ostacolato notevolmente il traffico.
In alcune località è caduta la grandine frammista a pioggia, i danni sono fortunatamente limitati.
Numerose frane si sono verificate lungo la strada Cosola – Capanne, nell’alpestre zona di Cabelle Ligure, a cagione delle persistenti piogge degli scorsi giorni.
I detriti hanno invaso la sede stradale interrompendola per una lunghezza di otto chilometri.
Sono in corso i lavori di sgombero che si potrarranno per cinque – sei giorni.



CANICOLA IN SICILIA
40 GRADI NELL’AGRIGENTINO
PALERMO 22 GIUGNO 1957
L’ingresso nel solstizio di estate è coinciso in Sicilia con un considerevole aumento della temperatura, già abbastanza calda nei giorni scorsi.
Le punte massime sono state registrate nell’Agrigentino, dove il termometro ha segnato 40 gradi.

LA STAMPA 23 GIUGNO 1957
ASTI 22 GIUGNO 1957

I contadini della zona nord dell’Astigiano, precisamente la plaga confinante con le province di Torino e di Alessandria, oggi sono usciti nei campi senza attrezzi, soltanto per rendersi conto dei disastrosi effetti della grandinata di ieri.
L’aspetto di quelle collinette e di quelle valli tanto fertili è desolante; il bilancio dei danni si può definire catastrofico se si tiene conto che la maggior parte dei colpiti è costituita da piccoli proprietari o da mezzadri che ora non potranno nemmeno pagare i debiti per seminare.
La zona che ieri ha subito la furia di una grandinata che i vecchi del luogo non ricordano tanto violenta se non andando indietro di oltre mezzo secolo, è compresa, grossomodo, tra i centri di Castelnuovo Don Bosco, Cocconato, Robella, Montiglio e Murisengo, dove il frumento si alterna ai vigneti e ai frutteti.
Le località danneggiate, oltre a quelle già dette, sono piovà Massaia, Pino, Aramengo, Gallareto, Cerreto e Robella con le loro frazioni.
La furia del cielo s’è iniziata verso le 16,30, e in alcuni punti si è protratta sin dopo le 18, investendo le stesse località anche tre volte.
A Gallareto i chicchi hanno raggiunto la dimensione di un nuovo coprendo i poggi ed il fondovalle con uno strato di ghiaccio alto dodici centimetri.
I campi di grano ormai maturo, sono stati devastati; le spighe stroncate a metà giacciono sulla terra umida vuote di chicchi.
“Non so cosa potrò fare”, ha commentato un contadino che abbiamo sorpreso mentre si aggirava tristemente tra i suoi campicelli “quando mieteremo, se ancora ne vale la pena, non porteremo a casa che della paglia”.
E questo vale per tutti gli agricoltori della zona che da Gallareto raggiunge Cocconato, dove la violenza della grandinata è stata meno micidiale e quindi i danni sono più ridotti.
“Molti di noi”, ci ha detto il sindaco signor Paolo Gaiato “ non vogliono più restare in queste campagne.
Si lavora tutto l’anno e poi quando è ora di raccogliere i frutti ecco cosa capita: il frano diventa stoppia prima ancora del raccolto e le viti non anno più la forza di fare il grappolo”.
Penosa la situazione di Ranello, piccola frazione di Castelnuovo; qui il grano e il granoturco sono andati persi nella misura del 100 per cento.
In auto abbiamo percorso la, scartando la provinciale, la strada che da Gallareto sale a Piovà e poi arriva a Montiglio.
Su queste colline i contadini non sprecano un palmo di terra ed anche tra i filari delle vigne seminano il grano.
La grandine perciò non è caduta su zone vuote; ha distrutto ogni cosa spogliando i vigneti, spappolando le spighe prima gonfie e già mature, schiantando le piantine di granoturco.
Nella frazione Rocca non si vendemmierà per almeno due anni; la distruzione è stata totale, al cento per cento.
A Montiglio è stato pesato un chicco di grandine: superava i 400 grammi.
In questa zona poi non sarà nemmeno possibile riseminare il granturco per la siccità che accompagna ogni estate.

 

SI CHIUDONO LE VORAGINI A RHEMES E IN VALSAVARANCHE
AOSTA 22 GIUGNO 1957
In tutta la Valle d’Aosta si lavora per riparare i disastri provocati dal maltempo.
Per avere un’idea della gravità dei danni è sufficiente ricordare che domenica sera nella valle di Champoluc, quando erano già stati sgomberati i due villaggi di Periax e di Extrapierre, si tentò una carta disperata: un possente “caterpiller” entrò nelle acque tumultuose e con le grandi pale meccaniche aprì una nuova via al torrente.
Erano ad illuminare la scena solo i fari di alcune autovetture e più di una volta si temette che l’acqua avesse ragione anche del potente mezzo meccanico.
Invece alla fine riuscì a spostare il letto dell’Evançon, e la gente ritornò nelle case allagate, devastate, ma non distrutte.
Analoghe situazioni in Valle di Rhemes e in Valsavaranche, dove tutto è stato spezzato dall’impetuosa corrente dei due corsi d’acqua.
Tutti i villaggi isolati, nessuna possibilità di comunicare, le strade interrotte da paurose voragini, un vero inferno.
Ora, dopo lo scorcio di sereno che dura da martedì, la situazione è andata migliorando e in parecchie zone si è tornati alla normalità.
Le zone di fondo valle, per il deflusso della Dora Baltea, sono state le prime a rimettersi, e così si è ripristinato il transito con il Canavese.
Mercoledì pomeriggio veniva ricollegato al resto della regione anche l’alta valle d’Aosta, mediante un ponte in ferro che eliminava l’interruzione stradale di Villeneuve e questo permetteva una prima ricognizione delle valli più duramente colpite, Rhemes e Valsavaranche.
A proposito di queste due valli, va ricordata l’opera veramente eroica dei carabinieri che durante l’infuriare del maltempo si sono prodigati per portare soccorsi alle popolazioni, per sgomberare le masserizione, per presidiare le interruzioni e soprattutto per il trasporto di viveri e di medicinali compiuto di continuo con marce estenuanti, per rifornire quei villaggi dove tutte le scorte erano terminate e la gente era alla fame.
Anche in queste zone dopo una settimana di intenso lavoro si notano i primi miglioramenti: il collegamento telefonico è stato ristabilito ieri, le 14 frazioni di Rhèmes e le 8 di Valsavaranche non sono più del tutto isolate in seguito alla costruzione di passerelle che sostituiscono provvisoriamente i ponti distrutti e anche sulle strade uomini e mezzi sono all’opera per ripristinare al più presto il transito.



UN TEMPORALE VIOLENTISSIMO SCONVOLGE MARANO TICINO
NOVARA 22 GIUGNO 1957
Per circa mezz’ora oggi pomeriggio a Marano Ticino si è vissuto l’incubo del finimondo.
Verso le 17 il cielo si è oscurato improvvisamente come fosse scesa la notte fonda.
Un lampo ha squarciato il cielo e subito si sono aperte le cateratte.
Dapprima la pioggia, poi la grandine a chicchi grossi quanto una noce ha preso a flagellare ogni cosa.
L’acqua così copiosa non faceva in tempo a defluire dagli scarichi e dopo appena venti minuti strade, cantine, i primi piani di numerose abitazioni si erano allagati.
Ma non era finito.
Cessata la pioggia, una tromba d’aria, per fortuna di forza non eccessiva, si è abbattuta sul paese, facendo volare le tegole dei tetti, come se fossero pagliuzze.
Tornato improvvisamente il sole, attonita la popolazione si è guardata intorno: cocci dappertutto, larghi squarci in decine di tetti e soprattutto danni gravissimi a tutte le colture agricole che qui erano state finora risparmiate dal maltempo.





ONDATA DI CALDO ECCEZIONALE SULL’ITALIA DEL CENTRO SUD
ROMA 22 GIUGNO 1957
Il caldo, che da una settimana persiste nel Lazio e particolarmente a Roma, non accenna a diminuire.
La temperatura, invero, è scesa di qualche grado negli ultimi due giorni, ma la sensazione di disagio permane perchè aumentato al tempo stesso il grado di umidità dell’aria.
Oggi per esempio con una temperatura massima di 31,6 all’ombra, non ha fatto praticamente meno caldo di giovedì, quando si è avuta la temperatura più alta della settimana con la punta di 35,8.
A Foggia e in tutta la Puglia il caldo è eccezionale, insopportabile con punte di 37 gradi.

 


LA DORA HA CAMBIATO CORSO
SUSA 22 GIUGNO 1957
Otto giorni dopo i disastri del maltempo si apprende che la frana staccatasi dalla montagna nei pressi di Serre la Voute, al km 15,300 della statale numero 24 del Monginevro, rappresentò il pericolo maggiore per la valle.
Se fosse precipitata di colpo, la frana avrebbe ostruito la Dora, facendo ammassare l’acqua fino a che il livello avesse raggiunto migliaia di metri cubi che avrebbero spazzato l’ostacolo di colpo, riversandosi come una valanga liquida.
Di ciò erano ben consce le autorità che però fino all’ultimo hanno saputo reagire con sangue freddo ammirevole per non allarmare la popolazione, non lasciando tuttavia nulla al caso.
A Susa, infatti, era già stato dato ordine alle forze di polizia di far sgombrare la parte bassa della città.
Questa sarebbe stata fatta evacuare al complòeto e si sarebbe rifugiata presso la frazione San Saturnino.
Fortunatamente però la frana è caduta a poco a poco nella Dora, sciogliendosi ed è stata spezzettata dalla forza della corrente.
Le squadre di operai che stanno cercando di stabilire un collegamento con l’alta valle creando una pista provvisoria lavorano giorno e notte, e si presume che per il 4 o il 5 di luglio sarà possibile riattivare il transito passando dalla frazione di Exilles, Eclause, e congiungendosi in prossimità di Salabertano.
In tutti i comuni dell’alta valle si sta inoltre lavorando per ricostruire provvisoriamente i ponti distrutti dalla piena: il solo comune di Ulzio ha avuto cinque ponti distrutti: tre sulla Dora e due sul torrente Bardonecchia.
Salabertano è il centro che ha sofferto di meno, ma ha avuto il ponte Chenebier, sulla Dora, distrutto; altri quattro ponti sul Torrente Gorge sono stati travolti dalla corrente.
A Novalesa si è sempre in ansia per la frana che minaccia di staccarsi da quota 1300 sulle pendici della Ferrera; questa mattina verso le 6 un acquazzone ha messo in allarme gli abitanti della frazione Sant’Anna che hanno dovuto sgomberare le case.
Continua invece la pioggia di grossi sassi che, staccandosi dalla montagna, rotolano a valle a forte velocità.
A Chiomonte i danni non sono stati gravi: si trova infatti a circa cento metri sul livello della Dora; la strada del fondo valle che porta alla frazione Ramats e alla centrale elettrica dell’AEM è stata demolita dalla corrente per un tratto di circa dieci metri.
La centrale elettrica che forniva, circa 20 mila Kwh alla città di Torino, ora non ne produce che 12 – 13 mila perchè il livello della diga si è innalzato per il deposito di pietre e sabbia, diminuendo il volume dell’acqua a disposizione.
A Coldimosso di Susa la Dora ha cambiato corso, spostandosi di un centinaio di metri: pare improbabile che si possa farla ritornare nel suo letto.
La situazione si prospetta grave per la statale numero 24 del Monginevro, Ròsa in questo punto dall’acqua.
Si stanno gettando nella Dora grossi massi e gabbioni di rete di pietre per creare un argine, ma sarà difficile mantenere in efficienza questa strada soggetta, ad ogni acquazzone che ingrossa la Dora, ad essere sommersa.

TAGLIO DI PO 24 GIUGNO 1957
Gli animi erano più distesi ieri sera intorno agli argini tormentati del Delta.
Il Po continua a decrescere Pigramente, un centimetro l’ora, appena.
Ma ciò basta per diradare le ansietà che si erano diffuse in questi ultimi giorni intorno ai pericolosi fontanazzi, alle infiltrazioni, agli strappo, agli allagamenti avvenuti un po’ da per tutto, da Occhiobello al mare, su tutti i rami e ramoscelli del Po.
Sabato il gran fiume correva per due metri e mezzo sopra il livello di guardia; ieri per due metri.
Le acque sono ancora gonfie e limacciose, ma le sponde non sono più così logorate dallo sforzo.
E intanto, sul Po di Goro, il diminuito livello del fiume ha creato un primo beneficio: la falla che si era spalancata giovedì mattina e da cui si riversavano quattrocento metri cubi d’acqua al minuto secondo nel bacino dell’isola di Ariano, ne riceve ora soltanto 150 metri cubi al secondo.
Questa novità è piuttosto importante: si può cominciare a turare la grande falla.
Già enormi cataste di sassi sono state accumulate sui tronconi dell’argine spezzato, e domani tonnellate di pietrame saranno precipitate nell’onda limacciosa, e sarà questo il primo avvio alla rimarginatura della ferita.
Per ricostruire l’argine ci vorranno altri dieci o dodici giorni.
Comunque il fatto che dalla rotta di Cà Vendramin abbia cominciato a fiottare una minore quantità di acqua ha risollevato gli animi di coloro che si battono per risparmiare dall’allagamento la metà superiore dell’isola di Ariano.
E c’è qualche ragione per l’ottimismo.
Sabato la grande ondata alluvionale urtò e scavalcò la linea di sbarramento costruita a protezione dell’abitato di Taglio di Po, di Corbole e di Ariano, lungo la strada Romea.
Ci si attendeva, ieri, che l’allagamento investisse subito anche la seconda linea più arretrata, che corre dall’abitato di San Basilio fino al paese di Taglio di Po.
Viceversa l’acqua avanzante si è imprigrita; e così si è potuto rialzare ancora più il secondo argine di contenimento che scorre lungo un canale irriguo, alle spalle della strada Romea.
Questa seconda linea di sbarramento è stata rafforzata a forza di ruspe e di bulldozer: le avanguardie della grande massa liquida sono già apparse in vista di queste nuove barriere di terra e sabbia.

Le acque investono gli abitati di Rivà, Mulino e Piano di Rivà, consumano l’asfalto della strada Romea, stagnano in vasti acquitrini, tutt’intorno al paese di Taglio di Po, il quale si è asseragliato entro un quadrato di argini provvisori; le acque affiorano anche sulla piazza maggiore di Ariano.
Una cabina elettrica di trasformazione in località Mulino di Rivà è stata divelta e rovesciata in frantumi nei gorghi del Collettore Brenta.
Per gli abitanti della zona posta tra la prima e la seconda linea, la situazione è precipitata ieri nel pomeriggio.
Nella parte superiore del bacino di Ariano si spera ancora, come abbiamo già detto.
Ma la desolazione più cupa si estende ora nel bacino inferiore; l’inondazione sconfina verso il mare e sommerge gli abitati di Oca e di Cà Lattis, e i poderi degli assegnatari dell’Ente Delta e fiorentissime aziende, da Cà Vendramin fino a Gorino Mare.
Per aprire all’acqua la strada verso il mare, il Genio civile ha fatto saltare con la dinamite alcuni tratti di argini di bonifica e tronchi di strada.
Una frettolosa e confusa mietitura è in corso in tutte le aziende non ancora raggiunte dall’inondazione.
Le mietritrebbia dell’Ente Delta passano febbrilmente da un’aia all’altra, i coloni lavorano incalzati dall’ondata avanzante.
Molte famiglie hanno giù abbandonato definitivamente, con le loro povere cose, le tormentate campagne e si sono indirizzate verso le province di Novara e di Vercelli, dove parenti, emigrati al tempo dell’alluvione del 1951, hanno promesso ospitalità.
La superficie allagata ieri sera, secondo la stima dei tecnici, dieci – undici mila ettari; che aumenteranno ancora, quando la grande pozzanghera raggiungerà finalmente il mare.
Ci si domanderà perchè mai, all’inizio di questa cronaca, si sia parlato di animi rasserenati.
Il pericolo che incombeva in queste ultime 48 ore era di dimensioni ben più imponenti.
Nuove lacerazioni si temevano lungo gli argini del Po.
Porto Tolle ha vissuto drammatiche ore per lo slittamento di un tratto di 30 metri di argine in località Coe; fortunatamente, il moncone che minacciava di andarsene è stato ripreso e trattenuto, con pali, con corde di ferro e tendoni, e rabberciato.
Anche i preoccupanti fontanazzi che s’erano rivelati nell’esta superiore del Po, sono stati circoscritti e destano ora meno preoccupazione di ieri.

GIGI GHIROTTI

CALDO A ROMA: 34,2
ROMA 24 GIUGNO 1957
Particolarmente calda è stata la giornata di ieri nell’Italia centro – meridionale.
Mentre a Bari si è registrata la temperatura massima di 36,2, a Roma il lieve miglioramento che si era verificato sabato e lasciava ben sperare, ha subito un nuovo balzo in avanti facendo salire il termometro a ben 34,2.
Le altre temperature massime sono state:
Aquila +33,6;
Campobasso 31;
Napoli 34,2;
Potenza 32;
Reggio Calabria 31,6;
Palermo 35.

 FREDDO A LONDRA:

APPENA SETTE GRADI
LONDRA 24 GIUGNO 1957
Dopo l’ondata di caldo dei giorni passati, la temperatura è improvvisamente scesa a 7 gradi durante la nottata fra sabato e domenica.
L’anticiclone della settimana scorsa – dichiarano i meteorologi – è stato spinto verso Sud – Ovest da una depressione proveniente dalla Scandinavia; un’altra depressione proveniente dalle Azzorre si dirige verso la Gran Bretagna portando piovaschi.

 

 

 

ULZIO 24 GIUGNO 1957
Da ieri pomeriggio l’Alta Valle di Susa e Precisamente la zona Ulzio – Salabertano, è nuovamente in stato di allarme.
La Dora Riparia, nel giro di poche ore, è aumentata notevolmente di volume e le sue acque hanno parzialmente invaso la linea ferroviaria, e la stazione e il paese di Ulzio.
L’aumento del livello della Dora, ripetiamo, è avvenuto quasi improvvisamente.
Esso è stato provocato dallo scioglimento delle nevi – ormai in atto in montagna con l’elevata temperatura di questi giorni – ma soprattutto dall’intasamento verificatosi al ponte della ferrovia, sito a 200 metri a valle della stazione di Ulzio, a causa degli abbondanti detriti trasportati dalle acque limacciose della stessa Dora.
L’allarme è stato dato nel tardo pomeriggio, quando si è notato che le acque del torrente erano uscite dagli argini invadendo la sede ferroviaria fra Ulzio e Salabertano.
Rapidamente le acque crescevano sommergendo in parte il detto ponte ferroviario.
Poco più tardi anche la stazione ferroviaria di Ulzio veniva raggiunta e parzialmente invasa, e così pure una decina di case e la caserma dei carabinieri, che sono poste nei pressi della stessa stazione.
Immediatamente entrava in azione, il dispositivo di emergenza.
Tecnici delle Ferrovie e del Genio Civile si portavano sul posto tentando innanzitutto di liberare il ponte ferroviario dai detriti che lo otturavano.
Alle 22 il transito sulla linea fra Ulzio e Salabertano veniva limitato ad un binario solo.
Più tardi i tecnici hanno esaminato l’eventualità di far saltare presso il ponte citato un argine a fianco della linea ferroviaria, per dare uno sfogo alle acque della Dora e consentire un rapido deflusso dell’impetuosa corrente.

COMO ALLAGATA DOPO UN NUBIFRAGIO DOPO UN NUBIFRAGIO
COMO 24 GIUGNO 1957
Un violento temporale abbattutosi ieri nel pomeriggio su Como e i paesi limitrofi ha provocato danni e allagamenti.
A Roncate una casa è crollata.
A Como le vie del centro sono rimaste allagate e l’acqua ha minacciato di inondare la piazza principale.

CUNEO 24 GIUGNO 1957
Circa la situazione nelle tre valli bloccate dal maltempo si hanno le seguenti notizie:
Da
CASTELDELFINO (VAL VARAITA)Le opere maggiori sono ancora ripristinare: sinora è stato possibile soltanto gettare qualche ponticello; manca ancora la luce nelle frazioni Torrette e Posterle Superiore e Inferiore.
Il paese è ancora tagliato fuori dalla bassa valle dalla distruzione della strada.
“Siamo separati da Sampeyre da otto chilometri che dobbiamo percorrere a piedi”” ci ha detto per telefono il segretario comunale, soggiungendo: “Dobbiamo ringraziare i militari del Gruppo Artiglieria Alpina Aosta che si prodigano per rifornirci di viveri”.
Da
ARGENTERA (VAL STURA): “Entriamo ancora dalle finestre e dai balconi nelle case invase sino al primo piano da ghiaia e residui alluvionali.
Attendiamo le macchine escavatrici.
Viviamo di quello che ci porta ogni giorno l’elicottero: i viveri sono ricevuti e distribuiti da un comitato formato dal sindaco, dal parroco, dai carabinieri e dalla Finanza”.
Così ci ha detto la titolare del posto pubblico telefonico.
Urge sgomberare il paese dai detriti.
Le Pensioni Cressi, un alberghetto alpino, lamenta due sale per i pensionati, la rivendita dei tabacchi, la cucina e l’autorimessa completamente riempiti di ghiaia.
La situazione di Argentera è veramente grave; le case crollate sono poche, ma quasi tutte sono sepolte sino al primo piano.
La frazione prinardo, a 4 chilometri è tuttora isolata.
“Attendiamo – dicono lassù – muli per il trasporto dei viveri e macchine escavatrici perchè se non fosse per l’elicottero, che come si sa, può trasportare solo un quintale per ogni volo, non mangeremmo”.
Da
ACCEGLIO (VAL MAIRA).
“Il Maira è in decrescenza.
Siamo però tuttora isolati dal mondo.
Per giungere al fondovalle e collegarci con i centri che possono rifornirci a Ponte Marmora, dobbiamo percorrere ben 9 chilometri a piedi”, così ha detto il titolare del posto pubblico telefonico, aggiungendo che l’acquedotto purtroppo non è ancora ricostruito.
Manca ancora la luce.
Le ultime segnalazioni dalla Val Varaita dicono che il ponte di Valcurta è stato riaperto al traffico.
Da ieri mattina domenica è stato ripristinato al traffico il servizio di corriera sul percorso Saluzzo – Sampeyre.

Ieri mattina i dirigenti e i tecnici dell’autostrada Torino – Milano hanno effettuato un altro minuzioso sopraluogo al ponte sulla Dora Baltea, fra i caselli di Rondissone e Cigliano, chiuso da sabato al traffico in seguito al cedimento di un pilone.
Nell’ispezione è stato accertato che l’abbassamento, provocato dall’erosione delle acque del torrente in piena, è più sensibile di quanto era risultato nei primi controlli.
Nella notte fra sabato e domenica la base del pilone intaccato dalla corrente si è ulteriolmente abbassata di alcuni centimetri, portando il dislivello registrato sulla massicciata del ponte da 25 centimetri a circa mezzo metro.
Nulla si può prevedere sul ripristino del ponte, anche perchè fin quando le acque della Dora non torneranno al livello normale, non sarà possibile valutare con esattezza i danni che la piena ha arrecato al pilone.
Il traffico continua quindi a essere deviato, fra i caselli di Cigliano e Rondissone, sulla “nazionale” numero 11: variante che impone un maggior percorso di chilometri 3,4.
Fra queste località si è abbattuto un uragano, in seguito al quale la strada è stata in certi tratti inondata.

L’inconveniente è stato di breve durata e non ha provocato intralci alla circolazione.
Più violento è stato il temporale nelle campagne intorno a Borgo d’Ale.
Il vento, impetuoso, ha abbattuto alcuni alberi e fatto strage di tegole e vetri nelle cascine esistenti fra il paese e le vicine colline; la grandine ha flagellato per una decina di minuti una striscia di terreni larga circa un chilometro e lunga pressapoco il doppio, adibita essenzialmente alla coltivazione delle psche.
I danni subiti dal raccolto sono notevoli.
Nelle altre zone della provincia colpite dall’alluvione i collegamento tornano a poco a poco alla normalità.
In Val Chisone, la strada che porta al Sestriere e a Cesana è stata riaperta ieri al traffico, limitatamente ai veicoli leggeri (autobus e camion esclusi).
Da Cesaba libero è l’accesso a Clavière e al valico del Monginevro.
A Oulz e Cesana i lavori per la riapertura della “Nazionale” sono a buon punto.

ULZIO 24 GIUGNO 1957
Nuovo angoscioso dramma delle acque ad Ulzio.
Stamane, all’acqua che prorompe con irruenza dai fianchi delle montagne, dai nevai in rapido scioglimento, è venuta ad aggiungersi ancora la pioggia.
Da un cielo coperto di nubi dense e scure è cominciata verso le 10 a cadere violenta accompagnata dai tuono e da lampeggianti scariche elettriche.
La nuova situazione di emergenza ad Ulzio è cominciata a mezzogiorno di ieri.
La Dora, ingrossatasi d’improvviso, ha intasato il ponte, su cui a centro metri a valle dalla stazione ferroviaria, corre la linea per Torino.
Ghiaia e tronchi d’albero hanno bloccato il passaggio della corrente sotto l’arcata e immediatamente il livello del torrente si è alzato di un paio di metri, straripando e allagando tutta la campagna e la borgata di Abbadia.
L’acqua si è precipitata nelle cantine aggiungendo nuovo danno a quello già grave provocato dalla precedente alluvione.
La stazione ferroviaria è tutta inondata.
La massicciata dei binari, erosa dalla violenta corrente, è sparita prima che il personale ferroviario avesse il tempo di provvedere in qualche modo.
Non s’è potuto fare altro che telefonare alla stazione di Salabertano per avvertire di bloccare tutti i treni in arrivo da Torino.

Il traffico ferroviario per Modane viene mantenuto mediante un trasbordo di fortuna con pochi camion e pullman che transitano sulla statale 24 ancora praticabile.
In conseguenza dell’isolamento della stazione di Ulzio, la situazione di Modane, precaria in quanto da oltre una settimana è isolata dalla Francia, sta diventando disperata.
I rifornimenti di viveri assicurati in precedenza dall’Italia stanno diventando sempre più difficili.
Mentre telefoniamo, il livello della Dora è ulteriormente aumentato e l’acqua ha invaso le prime case di Ulzio, raggiungendo la caserma dei carabinieri e l’istituto dei Salesiani.
Gli alberghi “Corona” e Roma” hanno già le cantine allagate.
La chiesa dell’Abbadia ha il pavimento sommerso.
La posizione dei paesi della vallata di Ulzio sta nuovamente peggiorando, nel tratto fra Ulzio e Cesana i lavori iniziati per arginare le acque della Dora proseguono in mezzo a difficoltà enormi.
Gli operai e le scavatrici lavorano a contatto con la rapidissima corrente.

UNA TROMBA D’ARIA A MEZZODI’ AD ASTI
STRAGE DI VETRI
ASTI 24 GIUGNO 19
57

Alle 12,30 una violenta tromba d’aria si è abbattuta improvvisamente su Asti, provocando un fuggi fuggi generale dei passanti; varie persone sono state gettate a terra dalla furia del vento.
Numerosi negozi hanno avuto i vetri infranti.
Alcuni alberi in piazza San Pietro sono stati piegati dalla violenza del vento.
Per ora non si lamentano feriti.
Il cielo si mantiene nuvoloso e minaccioso.
Anche ad Alessandria si è abbattuta stamane una bufera di vento.
Centinaia di vetri sono andati in frantumi, mentre la circolazione è rimasta gravemente ostacolata in città e in campagna.
Da questa notte un forte vento con raffiche a 80 – 100 chilometri orari flagella l’acquese e la Vallw Bormida.
Il vento fa strage di tegole e insegne pubblicitarie, cartelli stradali e di piante di piccolo fusto.

TEMPORALE VIOLENTISSIMO A MEZZOGIORNO SU VERCELLI
VERCELLI 24 GIUGNO 1957
Poco dopo mezzogiorno un temporale di vento e pioggia si è scatenato sulla nostra città.
Non si può ancora stabilire se la pioggia scrosciante ed il vento impetuosissimo ( che piega con forza le piante), abbiano arrecato danni.
Tutti per ora sono bloccati in casa.

Un temporale di insolita violenza si è scatenato sulla città poco prima di mezzogiorno.
In soli quattro minuti, otto millimetri d’acqua sono caduti a rovesci sulle strade interrompendo la circolazione, bloccando i passanti sotto i portici e nei portoni.
La pioggia torrenziale ha avuto un clamoroso accompagnamento di tuoni, la folgore si è abbattuta in varie zone incendiando un appartamento e gettando lo scompiglio nei servizi elettrici.
I danni, fortunatamente non sono stati gravi, ma hanno messo a dura prova le capacità dei tecnici.
Una linea tranviaria è stata interrotta da una piccola frana e alcune cantine sono state allagate.
Il cielo, che fin dall’alba era apparso grigio e cupo, si è fatto all’improvviso plumbeo verso le 11,45.
Si è avuta l’impressione che una coltre, sotto la quale era difficile respirare, fosse calata di colpo sulla città.
La gente per le strade ha cercato di affrettarsi verso casa, ma pochi hanno avuto il tempo di farlo.
In un attimo ha cominciato a piovere con eccezionale violenza.
L’acqua cadeva a scrosci sempre più fitti e il vento la sospingeva contro i muri delle case, contro le finestre e il balconi.
In molti alloggi si sono dovute chiudere le persiane per arginare i rivoli d’acqua che si infiltravano tra i battenti.
Che si trattasse di un temporale di intensità superiore al normale, lo si è saputo poco più tardi quando l’ufficio meteorologico regionale ha potuto eseguire un controllo sui pluviometri sparsi per la città.
Si è così appreso che nella zona di piazza Castello, piazza San Carlo e Porta Nuova, in quattro minuti sono caduti otto millimetri di pioggia.
Un quantitativo eccezionale.
Nelle altre zone invece, ne è caduto un pò meno: da cinque a sei millimetri.
A mezzogiorno tutto era finito e mentre nel cielo si aprivano larghi squarci d’azzurro, ai vigili del fuoco sono giunte le prime chiamate.

RIVALBA 24 GIUGNO 1957
Un temporale di grande violenza si è scatenato ieri sul mezzogiorno a Torino e da Torino si è spostato verso le colline di Gassino, Sciolze, Cigliano sfogando la sua rabbia in particolare su Rivalba dove ha sradicato circa duecento alberi, ha scoperchiato alcune case, ha inondato la chiesa.
Il temporale si è formato verso le 11,45.
I tecnici della meteorologia spiegano che è dovuto all’incontro anzi allo scontro sulla nostra regione di masse di aria molto calda provenienti dal Golfo del Leone con masse di aria del nord infiltratesi attraverso il cerchio alpino.
E’ cominciato con tuoni e fulmini e lampi, poi grandine fitta ed asciutta ed infine una pioggia torrenziale.
In pochi minuti è caduta pioggia per 5 millimetri, quanta ne ne cade su Torino in un’intera giornata autunnale.
I fulmini hanno interrotto in più punti le linee elettriche.
A San Vito nella chiesa si stava celebrando un matrimonio: una folata di vento, seguita allo scoppio del tuono, ha spalancato una finestra infuriando nell’interno.
I vetri in frantumi sono precipitati sull’organista che aveva le mani alzate pronto ad attaccare con la marcia nuziale.
L’organista con un balzo ha lasciato la cantoria bagnato e spaventato.
A Rivalba e nelle campagne vicine il gran danno lo ha fatto per il vento.
Gli abitanti, a casa per il desinare, guardavano le nubi nere su Torino e commentavano la violenza del temporale.
Mentre così parlavano video le nubi spostarsi su di loro.
In pochi minuti il cielo si fece grigio poi plumbeo, e verso mezzogiorno caddero i primi chicchi di grandine, piccoli e fitti, poi arrivò la pioggia ed il vento.
La chiesa è su un’altura; il vento sfondò la porta della sacrestia e la pioggia entrò come torrente, passò per il presbiterio, invase la chiesa, ed il parroco, che era alle corde della campana, si trovò con l’acqua a mezza gamba.
Terminò di suonare il mezzogiorno e continuò con il “suono del tempo” come è in uso nelle nostre colline per avvertire le popolazioni del pericolo e per indurle alla preghiera.
La cascina Barone è stata scoperchiata per intero e così l’istituto delle suore “figlie di San Giuseppe” e, in minor parte, altre case.
Il vento non gettava a terra le larghe tegole di pietra, ma le afferrava, le alzava turbinandole e le deponeva ammucchiandole.
Poche tegole si sono rotte.
All’inizio del paese si alzava maestoso un grosso noce e ci volevano almeno due uomini per abbracciarlo: il vento se lo è preso, lo ha sradicato,lo ha posato alcuni metri a monte sopra i fili della luce, che al gran peso, si sono rotti.
La stessa fine hanno fatto ciliegi (che non avevano frutti perchè il 16 maggio ed il 21 giugno scorso due grandinate hanno distrutto l’intero raccolto) e pioppi.
La sola cascina Canavero ha perso 30 piante di alto fusto.
Il danno per Rivalba è forte.
Sono 80 persone ed in parte hanno superato lo scorso inverno con gli aiuti della POA.
La miseria è tale che nessuna famiglia può mandare i figli a scuola oltre le elementari.
Certo suona ironia che anche a Rivalba debbano pagare il tributo per la “Calabria alluvionata”.
Il nubifragio ha colpito tutta la collina torinese fin oltre Chivasso.
A Brusasco Cavagnolo è caduta anche la grandine che ha arrecato gravissimi danni al frumento e alle altre coltivazioni.
In certi punti si calcola che il grano sia andato distrutto per il 50%.
Anche il vento ha spirato con estrema violenza sradicando alberi, spezzando pali della luce e del telefono, abbattendo muri, asportando tegole.
A Verrua, i filari di tigli sulla strada per Brusasco e Crescentino sono stati devastati dalle raffiche.
A Carmagnola la pioggia era così forte che un’automobile, presa in un vortice, è stata portata fuori strada.
La frana che si è abbattuta nei giorni scorsi nei pressi di Valgiole, sopra Giaveno, continua a progredire ed ora minaccia una casa in località Motoprato nella quale abitano cinque famiglie.
Essa ha un fronte di oltre 100 metri e una profondità che varia dai 250 ai 300 metri.

TROPPI STANNO A VEDERE
ARIANO POLESINE 24 GIUGNO 1957
Da cinque giorni le acque del Po flottano entro il bacino di Ariano.
La situazione generale è leggermente migliorata rispetto ai giorni scorsi in tutto il Polesine per lo scemare del livello del Po.
Si è anche cominciato a tamponare la falla apertasia Cà Vendramin.
Ma l’inondazione nel bacino di Ariano non si arresta.
Sabato sera le acque di piena scavalcarono la linea di prima difesa costruita davanti alla strada romea.
Abbandonando quella linea, si ripiegò su una seconda posta 500 metri più indietro, uno spalto di terra dell’altezza di tre – quattro metri, lungo all’incirca nove chilometri.
Ma oggi le acque sono già apparse sotto questa nuova linea, la premono con forza e la insidiano dal basso.
E intanto, sulle terre abbandonate sabato, l’allagamento ha già portato le prime distruzioni: quattro case demolite, una cabina elettrica rovesciata nei flutti, la massicciata della Romea erosa e divelta per lunghi tratti, un ponte schiantato, una centrale metanifera semi – diroccata.
Il peggio è che le avanguardie della massa avanzante già impaludano qualche campagna alle spalle del secondo fronte; affiorano dovunque in bubboni pantanosi, filtrano, irrompono, corrodono.
L’Isola di Ariano è allagata per quasi due terzi, questa sera sono 11 mila ettari di superficie sommersa, domani saranno forse di più; e non c’è molta speranza di conservare all’asciutto gli abitati di Ariano, di Taglio di Po e tutta l’estremità superiore del bacino.
Abbiamo vissuto oggi alcune ore alle spalle di questa seconda linea di sbarramento, detta di San Basilio.
Questa infelice lotta degli uomini contro gli elementi ha aspetti di sconfitta che meritano di essere rilevati.
Eccoci ad Ariano.
Il caffè è gremito, la gente ascolta il giornale radio.
Notizie dal Polesione; “Il secondo sbarramento sembra idoneo a sostenere la pressione delle acque…”.
Quando l’annunciatore pronuncia la parla “Idoneo” la gente si mette a ridere: c’è molto scietticismo in questo caffè.
“Nel 1951 ci spiega un lattoniere del posto – i tecnici avevano assicurato che ad Adria l’acqua non sarebbe salita di oltre 30 centimetri, ne è venuta per tre metri.
Ora ci dicono che qui ne verrà 10 centimetri; noi ne aspettiamo un metro”.
Nell’attesa della piena gli abitanti di Ariano hanno traslocato le masserizie ai piani superiori.
Ma nel caffè, nella sala grande, gli avventori hanno preteso che il televisore rimanesse al piano terreno.
“Vogliamo vedere fino all’ultimo spettacolo, prima di andarcene da profughi”.
Ad Ariano l’acqua già riga la piazza, esplode qua e là, silenziosa, dai tombini.
“Non c’è da spaventarsi: ogni volta che il Po cresce ci innaffia sempre le strade gratis”.
Non sono cessati i riti della vita e della morte: ecco un funerale che si snoda frettolosamente, con il suo breve corteo mormorante.
E più avanti, dinanzi a una porta semichiusa, si dilunga una doppia “coda” di gente: aspettano le razioni di pane e mortadella che la prefettura ha mandato a distribuire.
Si vive con la tessera, come in tempo di guerra.
I negozi hanno abbassato le saracinesche, e sospeso le vendite; le scorte sono emigrate al piano di sopra o anche altrove.
Una sordida cintura di profittatori si stringe intorno alla sventura dell’isola di Ariano.
Sull’argine, dove gli animali aspettano la loro sorte, si contratta a prezzi di emergenza.
I mediatori arrivano quatti quatti, i mercanti se ne rimangano in disparte, attenti a non farsi scoprire dai carabinieri e dalla polizia.
Per un bue “in piedi” si bisbigliano prezzi fino a 250 lire al chilo, cento lire di meno che al foro boario.
Strozzinaggio?
La mano del mediatore stende una carezza ipocrita sulla groppa grigia dei manzi già marcati con la sigla dell’affare concluso: “Povere bestie, piuttosto che muoiano di fame…”.
A Taglio di Po abbordiamo alcuno giovanotti a braccia conserte, nel caffè.
“Perchè non siete andati anche voi a fortificare l’argine?”.
Nessuno è venuto a chiedercelo…
E poi, avevamo anche noi i nostri pensieri: si doveva portare in salvo la famiglia, la roba”.
Spiegazioni che convincono poco.
Questa lotta ha avuto i suoi eroi imboscati.
Ma questi, mostrano molta audacia, ora, scherno e polemica si leggono nella loro affettata indolenza.
“Vede? – ci spiega un tale – i braccianti del Polesine avevano chiesto un piccolo aumento delle paghe, ed avevano fatto sciopero.
Gli agrari non hanno voluto cedere.
E così sono stati puniti”.
Eccoci al caffè di Contarina, il centro più importante dell’assistenza fornita dallo Stato agli alluvionati.
I profughi continuano ad arrivare: di giorno in giorno cresce il numero di coloro che l’acqua ha sfrattato e costretto ad avviarsi verso approdi più sicuri.
I cinema e le sale da ballo di Contarina sono trasformati in dormitori: uomini, donne e bambini sono coricati, in attesa della minestra che le suore dell’asicolo distribuiranno tra breve.
“Vede? – ci sussurra un’assistente sociale – sono tutti buoni e tranquilli.
Ma non vogliono lavorare, nemmeno per le pulizie si muovono”.
Andiamo al caffè di Contarina, a parlare con la gioventù del luogo.
Ecco alcuni brani dei loro discorsi: “Noi non siamo andati a lavorare sull’argine, perchè abbiamo esperienza dell’altra alluvione.
Allora siamo fuggiti senza un soldi in tasca.
Quando siamo ritornati, ne avevamo per comprarci il ciclomotore.
Dopo tutto, l’alluvione non è un male.
Dopo il 1951 siamo stati bene per tre anni.
Chi si sarebbe mai preoccupato di noi, se non ci fosse stata?
Adesso che di Contarina non si parla più, siamo di nuovo in miseria, non c’è lavoro.
Siamo tutti indebitati fino ai capelli: il più ricco ha un conto dal bottegaio per 200 mila lire”.
I giovanotti interpellati ci rivelano che un’amara parola d’ordine è ritornata in questi giorni di attualità, dopo avere corso con grande fortuna nel novembre 1951: “Se vediamo che uno va a prendere un secchio d’acqua nel Po lo buttiamo nel fiume.
Se cala il livello della piena siamo perduti”.
E’ un motto beffardo, ci spiegano.
Ma da quali remote animosità, da quale nichilismo profondo scaturisce è difficile dire: forse da lontani secoli di miseria, da un’atavica incomprensione tra classe dirigente e ceti popolari.
Certo, le disgrazie fluviali non possono spaventare chi nulla ha da salvare dal naufragio.
“ci vengono a chiamare nel momento del pericolo, allora si mangia e si beve.
Se non c’è nulla di lasciano morire di fame.”
“Siamo in troppi”; emigrare? Non ci vuole nessuno.
Restiamo qui finchè le botteghe ci fan gredito”.
“noi siamo nati negli anni brutti” mormora un altro.
E’ una scuola spaventosa quella di allargare i cordoni della borsa nelle ore della tragedia, e di lasciar poi insoluti i gravi problemi che si intravvedono alla radice dell’intera questione.
Gli occhi di questa gente colgono nel quadro dell’alluvione gli aspetti dell’impotenza e della confusione; gli ordini e i contr’ordini, le scatolette di carne che non arrivano, le coperte che si potrebbero già distribuire, ma non c’è il fonogramma che lo autorizzi.
Arriva l’esplosivo per far saltare gli argini ma non le micce.
Arrivano anche le micce, ma non la decisione di accenderle.
I pubblici poteri non brillano di idee e fermezza di propositi; si sono lasciati sorprendere ancora una volta dagli avvenimenti e anche questo ha allargato il vuoto intorno ai loro sforzi.

OSTACOLATA DAL NUBIFRAGIO LA NAVIGAZIONE SUL LAGO
VERBANIA 24 GIUGNO 1957
Nelle prime ore del pomeriggio sulla zona del Verbano il servizio di navigazione sul lago è stato gravemente ostacolato per qualche tempo a causa di un nubifragio di eccezionale violenza.
I battelli e i piroscafi hanno dovuto sospendere le corse, e così pure l’autotraghetto Laveno – Intra e viceversa.
Per fortuna il servizio ha potuto essere ripreso in breve tempo, dato che il temporale è durato solo alcune ore.
In seguito alle nuove piogge di questi giorni a Pallanza le acque del lago sono uscite nei giardini pubblici e hanno raggiunto la strada litoranea nella zona antistante il palazzo municipale.
Sull’altro versante, Luino e le sue colline in particolare verso le 16 sono stati investiti da un temporale e da un forte vento le cui raffiche raggiungevano sino i 90 chilometri orari.
Sono volati tegole e comignoli, rami sono stati strappati dagli alberi e decine di piante da frutto sono state sradicate mentre una pioggia diluviale ha rapidamente coperto le strade e le piazze di alcuni centimetri di acqua.

MIGLIAIA DI GROSSI ALBERI DIVELTI
VIGNE SCONVOLTE, CASE SCOPERCHIATE
VERCELLI 24 GIUGNO 1957

Fra le 12,30 e le 12,45 si è scatenato in città un temporale spaventoso.
Si calcola che un migliaio di alberi, grandi e piccoli, siano stati divelti.
In piazza Beato Amedeo IX un alto pioppo è stato sradicato ed ha ostruito il transito su un tratto della piazza.
In piazza Solferino un albero di grosso fusto è stato squarciato: parte di esso è caduto su una baracca di ventia di bibite rovinando il tetto, l’altra è caduta su un automobile in sosta.
In piazza Cavour i venditori ambulanti tentavano di sottrarre le bancarelle alla furia del vento ma invano: i tendoni volavano lontano e stoffe, stoviglie, chincaglierie e merce varia rotolavano da ogni parte inseguite dai poveri venditori.
Altri alberi sono stati sradicati e abbattuti lungo i vari viali: fortunatamente nessuna persona è rimasta colpita.
Molti camini sono stati abbattuti; numerose tegole sono caduti in via Rodi.
Il vento violentissimo ha risocchiato inoltre una scala a pioli lunga circa tre metri nell’interno del castello campanario, omria vuoto, della torre civica che si eleva in piazza dei Pesci.
La scala sollevata, veniva proiettata fuori attraverso una delle finestre e finiva con fragore sul tetto di una casa confinante rimandendo in bilico sulla grondaia: son dovuti intervenire i vigili del fuoco per il suo ricupero, onde evitare che cadendo, andasse sulla testa dei passanti.
Sulla strada del,bivio di Palestro sono stati sradicati numerosissimi alberi.
In regione Belvedere alcuni stabilimenti industriali hanno avuto i tetti parzialmente scoperchiati e danneggiati.
I vigili del fuoco sono stati chiamati a Castel Apertole per il puntellamento del soffitto pericolante di una cmera da letto.
Alle ore 18 avevano finito il lavoro.
Pure a Castel Apertole sono crollati alcuni capannoni in seguito all’uragano che ha preceduto quello di Vercelli.
A Crescentino l’uragano ha divelto parecchie tettoie di capannoni ed ha sradicato centinaia di grossi alberi, specialmente pioppi.
A Roasio il maltempo ha rovinato varie case e le colture per un danno di circa due milioni.
A Borgo d’Ale pure oggi i raccolti hanno subito particolari danni: i pescheti sono andati totalmente distrutti.
Il maltempo si è quindi spostato verso Santhià e Cavaglia, ove è pure grandinato.
Sono però entrati tempestivamente in azione i razzi grandinifughi che sono riusciti a scongiurare il pericolo della grandine.
Sul tratto di strada tra Cascine Stra e la tenuta Capriasco , sempre dalla furia del vento sono stati abbattuti vari alberi, pali del telegrafo e telefono, che hanno così ostruito il transito sulla strada nazionale tanto che il movimento delle macchine è stato dirottato sulla strada di Olcenengo.
L’uragano si è spostato poi verso il medio Vercellese toccando Villarboit e Balocco: sono stati sradicati alberi ed un tratto di muro di cinta è crollato.

UN MOTOCICLISTA RISUCCHIATO DA UN VORTICE D’ARIA AD ASTI

ASTI 24 GIUGNO 1957
Ancora una bizzaria del tempo.
A Mezzogiorno e qualche minuto il cielo su tutta la città è diventato color cenere, poi scuro come di notte; vorticose nubi plumbee si sono abbassate fino a lambire e campanili,
E’ stato un momento di panico, è bastato che qualcuno gridasse: “Arriva il tornado!” perchè l’allarme si diffondesse.
La gente prese a correre per cercare rifugio nei portoni, i negozianti si affrettarono ad abbassare le saracinesche, chi aveva un banchettolo ripiegò le tende, la circolazione parve arrestarsi.
L’uragano giunse verso le 12,30, preceduto da un rombo sordo.
Dapprima furono raffiche di vento di violenza eccezionale, che sollevarono nubi di polverone spingendole contro le nuvole che calavano dal cielo.
In corso Casale ed in via Matteo Prandone le impalcature erette attorno a due case in costruzione si afflosciarono come castelli di carta, i vigili del fuoco dovettero accorrere per aprire un varso.
Un uomo che passava in scooter in borgo San Pietro, ostinandosi a viaggiare contro le ondate della bufera venne preso da un vortice, sollevato come un fuscello, lanciato a dieci metri di distanza.
Ed ancora: in piazza Emanuele Filiberto il vento fu tale, che sollevò una lastra di eternit lunga almeno venti metri, fino all’altezza del quinto piano.
Poi scrosciò la pioggia: colonne liquide, torrenti che cambiarono le vie in fiumi, le piazze in laghi.
Un quarto d’ora, venti minuti al massimo di finimondo, poi il cielo si schiarì ed in breve tornò a splendere il sole.
I danni sono stati di poco rilievo: vetri infranti, antenne della TV piegate, la linea telefonica con Antignano interrotta per qualche tempo, passanti scaraventati a terra, che hanno riportato contusioni e soprattutto molta paura.
In talune case della zona alte (corso dante, regione fortino) manca tutt’ora l’acqua, ma l’incoveniente sembra da attribuire alla insufficienza ormai cronica delle sorgenti di Cantarana, le uniche a fornire la città, dato che il nuovo acquedotto non è terminato.
Il piccolo tornado che si è scatenato su Asti ha esaurito la sua furia su un’area molto ristretta: ad Alessandria, Casale e ad Acqui, per esempio l’uragano si è sfogato con qualche raffica di vento senza conseguenze.

GRANDINE A CASTELLAMONTE
IVREA 24 GIUGNO 1957
Numerosi alberi d’alto fusto sradicati, alcune case fra le più esposte scoperchiate, centinaia di ettari di vigneti, campi di grano e di altre colture irreparabilmente danneggiati: questo il triste bilancio che si deve registrare dopo il violentissimo fortunale abbattutosi improvvisamente sulla zona di Castellamonte, verso le ore 12.
La gente che si trovava nei campi o – essendo giorno di fiera – al mercato, ha appena avuto il tempo di riparare nelle case che l’acqua torrenziale e la grandine dapprima si sono abbattute sulla campagna flagellandola: poi il cielo si è fatto più cupo e tutta la zona è stata spazzata da una tromba d’aria che in pochissimo tempo ha causato danni gravissimi alla campagna, a numerose linee elettriche, ha interrotto strade e ritardato la partenza dei treni.
Anche le acque del torrente Orco si sono paurosamente ingrossate e i detriti trasportati nella piana dei giorni precedenti hanno creato ostacoli e ingorghi per cui la corrente ha corroso le sponde terrose facendole crollare.

ULZIO 24 GIUGNO 1957
La stazione ferroviaria per cui passa la linea per Bardonecchia – Modane è ancora invasa dall’acqua della Dora che, straripando ieri, ha allagato anche la frazione Abbadia.
Il torrente, ingrossatosi in modo gigantesco per lo sciogliersi troppo rapido dei nevai, ha trascinato verso valle una enorme quantità di ghiaia e sabbia, alzando il livello dell’alveo e intasando il ponte ferroviario.
Le acque urtando con violenza contro la barriera, si sono riversate fuori, verso la stazione e la frazione Abbadia, scavandosi un altro letto.
La corrente vorticosa ha spazzato la massicciata ferroviaria mettendo a nudo i binari e le traversine e provocando l’interruzione del transito dei treni.

Infine trovandosi il borgo Abbadia leggermente più basso rispetto alla nuova sede del torrente l’acqua ha cominciato ad allagare l’abitato penetrando nelle cantine.
Se la pioggia e l’acqua dei nevai dovessero aggiungere acqua al normale regime della Dora, per la parte bassa di Ulzio sarebbe l’alluvione totale e l’irrimediabile rovina di un centinaio di case.
Attualmente gli scantinati della stazione, della caserma dei carabinieri e della finanza, gli alloggiamenti degli alpini dell’Assietta, sette abitazioni e due alberghi sono invasi dall’acqua salita, in alcuni casi sino al pianterreno.
Il collegamento di Ulzio con Torino è mantenuto, ormai, soltanto dal tratto della statale 25 fra Salabertano e Ulzio stessa che bechè minacciato dalla Dora, permette il trasbordo fra le due stazioni.
Da Ulzio a Modane la linea ferroviaria non ha subito danni e la città francese isolata dalla madrepatria, può ancora essere vettovagliata dall’Italia.
Quasi a livello del greto della Riparia sorse una fabbrica per la preparazione di merluzzo essicato.
Un forte quantitativo, si parla di duecento quintali di pesce, è stato sepolto da uno strato di un metro e mezzo do gamgp e sta ora fermentando.
L’aria ne è ammorbata per un raggio di chilometri.
Il medico condotto di Ulzio ha inoltrato un rapporto in proposito all’Ufficio d’Igiene Provinciale sollecitandone il pronto intervento ad evitare inquinamenti pericolosi.
La strada napoleonica, allargata nei primi giorni dai Bulldozer per collegare Ulzio a Cesana, si è rivelata impraticabile per le autovetture e camion di piccola potenza in quanto alcune sue pendenze – sui 50,60 gradi – risultano insuperabili.
Cesana è invece raggiungibile da Torino mediante la strada del Sestriere, grazie allo sgombero delle frane cadute sulla massicciata a Mentoulle e Fraisse.

ARIANO POLESINE 25 GIUGNO 1957
Sei giorni di alluvione hanno disteso sull’Isola di Ariano un enorme stagno, greve di 120 milioni di metri cubi d’acqua, da San Basilio al mare.
Le notizie della giornata sono queste: il Po continua a decrescere, ma con molta indolenza.
La breccia, apertasi giovedì a Cà Vendramin, non è più così minacciosamente spalancata sul bacino d’invasione: si continua ad arginarla, tonnellate di macigni vengono gettate nelle acque.
Per essere poi disceso ancor più il livello del Po, l’acqua non fiotta più dentro questa bocca con tanta irruenza e in tanta grande quantità.
L’ondata alluvionale non ha conquistato oggi nuovo terreno: l’acqua è ancora ferma davanti alla seconda linea di sbarramento, detta di San basilio, nella parte superiore del bacino.
In molti punti però l’argine appare logorato: a una cert’ora, s’è manifestata anche una minaccia di sfondamento.
Tuttavia le prospettive non sono state liete.
Quanto impiegherà l’acqua ad andarsene dall’isola di Ariano?
Le idrovore che avevano lavorato a riscattare terra alle paludi sono ora invecchiate, talune danneggiate dal flagello, tutte insufficienti all’impresa di asciugare in brevi giorni lo stagno.
C’è il mare, ma il mare è restio ad accogliere la ondata che gli arriva dalle campagne.
Per sei giorni, i tecnici hanno lavorato a spianare alle acque il cammino verso la marina, ma ora si presenta un problema assai grave e delicato.
L’isola di Ariano giace ad un livello inferiore d’un metro al livello medio del mare.

Ci sono poi robusti argini che proteggono il litorale alle incursioni dei flutti marini.
Distruggere gli argini?
Potrebb’essere un errore fatale: ci stiamo avvicinando al periodo di massima escursione delle maree, e non ci mancherebbe altro che l’irrompere dell’acqua salsa nel bacino allagato per completare il disastro.
L’isola di Ariano sarà liberata dall’innondazione un pò perchè le acque scavalcheranno gli argini e si getteranno nel mare, un pò perchè usciranno per le porte dei canali collettori, un pò a furia di idrovore.
Ed infine, il sole, che continua a splendere, aiuterà l’opera degli uomini.
L’alluvione in un modo o nell’altro passerà.

ULZIO 25 GIUGNO
La situazione di Ulzio è migliorata nel pomeriggio di oggi.
Le acque della Dora che domenica avevano allagato la parte del paese compresa fra il torrente e la stazione ferroviaria si sono ritirate; sono rimaste invase dall’acqua alcune cantine, ma le pompe idrovore stanno lavorando senza posa.
Inoltre è possibile raggiungere in auto il paese che per quasi quindici giorni aveva fatto affidamento soltanto alla linea ferroviaria, che più volte si è trovata in condizioni precarie.
Due draghe hanno aperto un nuovo letto alla Dora Riparia; l’alveo improvvisato ha purtroppo richiesto almeno per qualche tempo il sacrificio dei campi e dei prati compresi per circa due chilometri fra la linea ferroviaria e la strada statale.
In questo modo l’acqua ha potuto defluire dalla borgata Abbadia (la parte bassa di Ulzio).
La stazione ferroviaria, le case, la caserma dei carabinieri, due alberghi sono ora liberi dall’acqua.

L’ADDA ROMPE GLI ARGINI NEL COMUNE DI BOFFALORA
LODI 25 GIUGNO 1957
La situazione del fiume Adda è andata peggiorando nella notte.
Questa mattina, prima del ponte di Lodi in località Gelsomina, a cinque chilometri dalla città, in comune di Boffalora un argine ha ceduto e l’acqua ha inondato una vasta estensione di terreno boschivo, coltivato in parte a frumento e granoturco.
La cascina Mezzanino è restata quasi sommersa dalle acque.
I vigili del fuoco di Lodi hanno provveduto all’evacuazione degli abitanti e del bestiame.
La punta massima della piena è stata segnala stamattina all’idrometro di Lodi, dove l’acqua segnava metri 1,80 sopra il segnale di guardia.
Siamo al di sotto dei metri 2,20 del 1951.
Questo fatto è stato giustificato con la rottura dell’argine a monte della città.
Alle 17,30 il livello era sceso a metri 1,77.
Le cascine Marcellino, Dordona, Ciribina tutte a valle di Lodi sulla sponda destra e sinistra del fiume, sono state invase dalle acque.
La situazione riveste una particolare gravità: oltre cento ettari di terreno sono stati sommersi.
I danni, per ora, non sono stati calcolati.

IL LAGO DI COMO STRARIPA ALLAGANDO PARTE DELLA CITTA’
COMO 25 GIUGNO 1957
La piazza Cavour di Como presenta questa sera un aspetto lagunare: le acque del lago sono salite fino a tre quarti della grande piazza che fronteggia l’imbarcadero.
Il traffico sulla strada del Lungolago è stato deviato all’interno della città.
Oggi nessun temporale è venuto a peggiorare la situazione, tuttavia le acque del lago continuano a crescere.
I caffè ed i negozi sulla piazza non hanno cessato di rimanere aperti e di servire la loro clientela che, per raggiungerli, deve però affrontare il tragitto su passerelle.

ARIANO POLESINE 26 GIUGNO 1957
Da oltre 24 ore le acque che irrompono dalla bocca del Po di Goro, a Cà Vendramin assediano i due grossi centri di Taglio di Po e Ariano Polesine.
La situazione stamane si è leggermente aggravata in seguito al forte vento di Nord – Est che dalle 4 continua a soffiare su tutto il bacino alluvionato, impedendo il deflusso dell’acqua verso il mare e aumentando l’onda di piena che preme contro le barriere difensive.
A Taglio di Po l’acqua sbatte con violenza contro la barriera di difesa costruita per proteggere il paese.
Attraverso infiltrazioni, le limacciose acque alluvionali penetrano nel ridente paese, tanto che ne hanno allagato oltre un terzo.
Operai e soldati continuano senza sosta a rinforzare la difesa di terra.
Dall’altro lato l’acqua ha raggiunto la frazione di San basilio, che dista pochi chilometri da ariano.
Anche qui preme contro la linea di protezione che sta per essere sgretolata.
Centinaia di operai hanno lavorato tutta la notte per costruire la terza linea di difesa, una linea retta da Taglio di Po a San Basilio, di circa 10 chilometri.
Sempre in questa zona i tecnici hanno iniziato alle prime ore di stamane la costruzione di altre piccole dighe dell’altezza variante da mezzo metro a 80 centimetri, dall’argine del Po di Goro fino a San Basilio, dall’argine del Po di Goro a sud dello scolo Gozzi.
A Rivà, ove la titolare del centralino telefonico, Olga Cassiani continua a rimanere al suo posto (unica abitante della frazione che ne conta quattromila), l’acqua irrompe nel paese attraverso le macerie del grande ponte sul Canale Brenta, ed il livello aumenta di ora in ora.
Nella parte bassa del paese l’acqua ha già raggiunto i cinque metri di altezza e numerose sono le case sommerse.
Altre continuano a crollare e non restano in piedi che pareti dove si aprono finestre che sul davanzale hanno ancora vasi fioriti.
Oggi la frazione è quasi del tutto distrutta.
Per due giorni Rivà e tutta la zona più a valle lungo il Po di Goro, è rimasta al buio per il crollo della grande cabina elettrica di trasformazione.
Stamane verso l’alba però la luce è ritornata.
Operai della società elettrica di Rovigo hanno attivato sull’argine del po una cabina provvisoria.

Dall’alto del campanile della chiesa parrocchiale di Ariano Polesine si domina quasi tutta la vasta zona allagata.
Oltre ottomila ettari, che fino a ieri erano pieni di grano, ora sono trasformati in un’immensa laguna, dall’acqua limacciosa e increspata dal forte vento che soffia, una laguna che avanza inerosabilmente travolgendo ogni cosa.
Lenta è l’agonia di Ariano, di Santa Maria in Punta, di Corbola, di Mazzorno Destro e di Taglio di Po.
Nella piazza di Ariano in parte allagata da pochi centimetri di acqua per infiltrazioni del vicino Po di Goro, stamane si distribuiva gratuitamente il foraggio e il mangime per il bestiame rinchiuso nella staccionata sull’argine del fiume.
Quel ramo del Po di Goro che sembra non voler correre verso il vicino Adriatico, preferendo buttarsi con tutta la sua forza nella disgraziata isola di Ariano Polesine, non cessa la sua azione distruttrice.
Nella voragine di cà Vendramin, profonda 8-9 o anche 10 metri, da domenica all’alba si affogano migliaia e migliaia di massi e la coronella comincia a prendere forma.
Cinque, otto, dieci metri.
Si dovrà arrivare a 80 metri.
Sull’altro fronte alluvionale del comprensorio tra il Po di Goro e il Po di Donzella, l’acqua continua a scendere lentamente fino al mare travolgendo intere fattorie e le linde casette dell’Ente per la colonizzazione del Delta Padano.
Anche questa notte il giuoco delle maree ha impedito il decrescere delle acque del Po.
Il livello del Po più a monte continua a scendere ma lentamente.
Alle 7 di stamane l’acqua si trovava all’idrometro di Castelmassa a centimetri 44 sopra la guardia.

L’ADIGE E’ STRARIPATO NELLA VAL LAGARINA
TRENTO 26 GIUGNO 1957
L’adige è straripato nelle prime ore di stamane in località Ischia di Isera presso Mori, in Valle Lagarina, allagando le campagne.
Le acque del fiume hanno anche invaso gli scantinati e il primo piano di una casa colonica, minacciando altre case vicine.
La situazione era divenuta pericolosa ancora lunedì sera, ma solo nelle prime ore di stamane l’acqua ha superato il livello massimo in conseguenza dei nubifragi scatenatisi la scorsa notte nella parte alta della provincia.

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