Disastri d'Italia — 12 Agosto 2016

DOMODOSSOLA — Dieci morti, diciassette feriti, miliardi di danni, migliaia di turisti isolati nei luoghi di villeggiatura: il primo, incompleto bilancio dell’alluvione che si è abbattuta la scorsa notte sulle valli ossolane. A 24 ore dalla tragedia, la situazione è ancora confusa, le notizie si accavallano, si contraddicono in una girandola vorticosa dove speranze e delusioni si alternano in un tormento senza fine. Dieci morti secondo le fonti ufficiali, ma si parla di decine di dispersi, di persone travolte nel crollo delle loro case i cui corpi non sono ancora stati ritrovati. Inutile cercare di mettere ordine in questa confusione: una persona data per morta in un paese è invece sana e salva in un’altra località, famiglie considerate disperse in un comune alluvionato, hanno raggiunto parenti ed amici che abitano in zone più sicure. Nell’ansia di far presto, si generano equivoci anche drammatici. Una cosa è certa: per l’economia ossolana è stata una ferita mortale. La notte dal 7 all’8 agosto sarà ricordata a lungo dalla gente delle vallate. Una notte infernale. I racconti degli scampati sono terribili. Sono state sufficienti quattro, cinque ore di pioggia violenta per provocare il finimondo. Torrenti larghi un palmo con pochi centimetri d’acqua si sono trasformati in impetuose cascate che hanno travolto tutto quello che c’era sul loro cammino. Sono crollati i ponti, argini, case. Come si può descrivere la forza scatenata della natura? Citiamo le parole di un uomo, salvato dai vigili del fuoco dopo un’intera notte trascorsa aggrappato ad un tronco d’albero, sbattuto dalle acque turbinose che avevano travolto la casa in cui lavorava. Si chiama Guido Grazioli, 44 anni, guardiano della diga della centrale elettrica della Val Isorno. «E’ incominciato a piovere alle 20. Una pioggia violenta, accompagnata da un vento impetuoso. Io ed il mio compagno abbiamo subito pensato che avrebbe provocato dei guai. A mezzanotte il torrente Isorno, un torrentello da quattro soldi, ha superato gli argini ed è straripato. L’acqua è entrata nella casa: in pochi minuti era alta più di un metro. La luce è saltata: al buio abbiamo cercato di uscire, ma la violenza dell’acqua ci spingeva indietro. Tronchi abbattuti, trascinati dalla cor- Domodossola. Una donna e il suo bimbo di pochi mesi salvati dall’elicottero dei carabinieri (Foto P. Goletti) rente, sbattevano contro i muri, una parete è crollata, la corrente mi ha trascinato via. Mi sono aggrappato ad un tronco: per tutta la notte sono stato sballottato nel buio, temevo di perdere la presa, le forze mi mancavano. Nori so come ho fatto a resistere fino all’alba». I soccorritori l’hanno trovato, pesto e sanguinante, abbarbicato al tronco che roteava nella morsa di mille mulinelli impazziti. «Ho avuto paura, tanta paura». Altre testimonianze, altri racconti. Tutti drammatici. Paurosi. A Cosasca due fratelli e le loro famiglie sono stati sorpresi dalla furia delle acque mentre cenavano. Agostino Manini, 37 anni, con la moglie e la figlia Cinzia, di 8 anni, ed il fratello Pietro, 31 anni, con moglie ed di cascatene si rovesciavano alberi e massi. I detriti si sono abbattuti con fragore contro una parete, hanno raggiunto il tetto. Terrorizzati gli abitanti sono scappati, hanno cercato rifugio in una vecchia baita di legno posta più in alto, a meno di 100 metri da casa loro. Hanno acceso il fuoco nel camino per riscaldare i bimbi che tremavano per il freddo e la paura, gli abiti fradici. «Mio marito ci raccomandava di star tranquilli, che lì eravamo al sicuro», racconta piangendo una delle donne. Ma l’insidia era in agguato. Una massa enorme di terra e fango si è staccata dalla montagna, si è abbattuta sulla vecchia costruzione di legno. Agostino, il fratello Pietro e la piccola Cinzia sono rimasti travolti dal un bambino di 10. La loro ] le macerie, le donne ed il casa era stata costruita po chi anni fa, a ridosso della collina, a pochi metri da un rio che finisce nel fiume Toce. Una zona ritenuta sicura. Ma l’altra notte il piccolo rio si è trasformato in un torrente selvaggio, dai fianchi della collina flagellati dalla pioggia e trafitti da centinaia bimbo sono stati risparmiati I soccorritori li hanno trovati, alla luce delle torce elettriche, semisepolti nel fango mentre lottavano per districarsi e gridavano, piangevano, invocavano aiuto. Soltanto dopo molte ore è stato possibile recuperare i corpi delle vittime che, in un pri¬ mo momento, sono stati composti nella loro casa, rimasta indenne. Ma il disastro più grave lo ha subito la Val Vigezzo. La strada per Domodossola è franata in più punti, la valle è isolata, intere frazioni sono scomparse. Ho sorvolato la zona con un elicottero del Soccorso aereo di Linate. Nel tratto fra Druogno e Santa Maria Maggiore (una decina di chilometri), ho contato sette ponti stradali e tre ferroviari distrutti. Le rotaie penzolano nel vuoto sospese alle arcate fracassate. Auto rovesciate lungo l’argine, case crollate. La strada è interrotta da decine di frane, la linea ferroviaria in alcuni tratti è sommersa sotto montagne di fango e detriti. In questa zona i quattro elicotteri della guardia di finanza (due di Varese e due di Levaldigi) si sono prodigati per tutta la giornata di ieri per soccorrere i feriti, recuperare le persone rimaste isolate: ogni pilota ha qualcosa da raccontare. Spettacoli di desolazione e di morte. Miracoli. «Volavo lungo la strada — dice un giovane capitano —, erano le 8 del mattino. Sotto di me ho visto quattro auto con roulotte che scendevano lentamente verso valle. Sono passate su un ponte sul torrente Menezzo. Le arcate erano compresse da tronchi d’albero e massi, l’acqua gonfia e limacciosa aveva superato la spalletta. Le auto sono passate, una per volta, lentamente. L’ultima era appena transitata quando il ponte ha ceduto di schianto. Uno dei pilastri si è letteralmente spezzato in due, il ponte si è inclinato ed è scomparso, travolto dalla corrente limacciosa che, senza più ostacoli, è dilagata oltre gli argini spazzando la strada». La notte di tregenda ha lasciato il posto ad una giornata di sole. Un vento a volte impetuoso ha spazzato le nuvole. La gente alza gli occhi al cielo e sospira di sollievo. «Se avesse continuato a piovere anche oggi, sarebbe stata una catastrofe», dicono i tecnici. E non è difficile crederlo. Ma anche così la tragedia ha dimensioni imponenti. Francesco Fornari (Continua a pagina 2 in nona colonna)

Share

About Author

@

(0) Readers Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Informativa sui cookie. Continuando la navigazione ne accetti l'utilizzo maggiori informazioni

Non utilizziamo alcun cookie di profilazione. Sono utilizzati cookie legati alla presenza di plugin di terze parti. Se vuoi saperne di più sul loro utilizzo e leggere come disabilitarne l’uso, leggi la nostraINFORMATIVA

Chiudi