Editoriali Slider — 13 Gennaio 2019

La fibrillazione freddista nata, anche legittimamente, in corrispondenza dell’intenso riscaldamento stratosferico di dicembre, si è trasformata in una spasmodica attesa che, finora, non ha avuto risposta adeguata. Ed il timore è che, proprio, non l’avrà. Aspetti come lo stratwarming, le dinamiche E-P flux, Heat flux, TST, l’indice NAM e i vari altri indici che servono a misurare le tendenze, sono patrimonio di esperti, climatologi, scienziati, che molto, di questi aspetti, devono ancora scoprire. E’ chiaro che, considerando la statistica nonché l’essenza di un precoce major stratw, e sapendo che la ripercussione di intensi riscaldamenti stratosferici in troposfera sono fisiologia meteo, certe speranze sono ampiamente giustificate. Ma è anche altrettanto chiaro che prima di dare per sicure o molto probabili certe interazioni TST, con trasferimenti top-down o strato-tropo, con discese di latitudine di spiccate antizonalità troposferiche susseguenti, e con frammentazioni VPT influenti sul tempo euro-mediterraneo, ha da passarne di acqua sotto i ponti. A metà del mese di gennaio e dopo il famoso precoce stratw, tuttora non completamente esaurito, ci ritroviamo infatti con il bilancio di un dicembre, dal puno di vista del freddo, orrendo, e di un gennaio prodigo di un paio di fughe artiche temporanee destinate alla penisola balcanica in primis. Qualcuno che abita su aree del centro sud interessate da tali irruzioni dirà che ha visto un gran bell’inverno, ma la verità è che la stagione la si giudica osservando una area geografica ben più vasta, ovverosia l’emisfero prima, l’area euro-atlantica poi, e l’area euro-mediterranea dopo, sino a arrivare alla penisola nel suo complesso. E se si procede con questo tipo di osservazione, personalmente non me la sento proprio di annoverare questo prima parte della stagione come significativa o da ricordare, neanche a livello emisferico. Ne consegue che la stratosfera, per il momento, si è ampiamente disinteressata della troposfera, e non sappiamo, nel modo più assoluto, se mai, entro marzo, se ne interesserà. Inutile che, come molti fanno, si facciano esami su esami, osservazioni su osservazioni, e deduzioni su deduzioni. E’ scientificamente provato che i major stratwarming operano influenze incisive sul VPT e che hanno gli effetti sperati dai freddisti, o meno, sulla base di mille parametri, difficilissimi da controllare e calcolare anche per gli scienziati. Il che non significa, naturalmente, che non sia bello ed affascinante, per qualunque appassionato, osservarli e studiarli questi aspetti. Stratw o non stratw è altrettanto evidente che le possibilità di una seconda parte dell’inverno orientata a soddisfare noi freddisti sussistono e nessuno le può eliminare. E mica è detto che per avere un bell’anticiclone russo-siberiano che spinge freddo dalla siberia ad incontrare cicloni mediterranei occorrano degli stratw. Ma la speranza è la speranza, e la realtà nuda e cruda del presente e dell’immediato futuro è la realtà del presente e dell’immediato futuro. La quale dice che: modelli prestigiosi come GFS o CFS segnalano il ritorno di eventuali spinte anticicloniche verso la scandinavia, che al momento risultano anche temporanee, solo intorno ad inizio o a metà terza decade; il VPS è in fase di lento ricompattamento destinato ad un discreto relativo completamento proprio intorno a quel periodo. Nella grafica, della condizione a 500 hPa e a 10 hPa, metto in evidenza, appunto, la situazione sopra descritta riferita ai giorni 22-23 gennaio. Chiaro che mettere a confronto in contemporanea i 500 hPa e i 10 hPa non ha nessun senso predittivo, ma lo faccio solo per dire che, se entro fine mese, lo stratw che è stato, non avrà avuto influenza in troposfera, per sperare in questo fenomeno di trasferimento ci sarà da attenderne un altro, statisticamente non improbabile ma che, al momento, appare assai futuribile…

Pierangelo Perelli

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