Editoriali — 20 Gennaio 2015

Un territorio fragile, l’Italia, a fortissimo rischio idrogeologico con 1000-2000 frane ogni anno, oltre 6.600 comuni (l’82% del totale) in aree pericolose e 5,8 milioni di persone potenzialmente esposte a grandi pericoli. In giorni drammatici come questi – con alluvioni, frane e vittime – riesplodono le polemiche. Innanzitutto sui tre condoni edilizi che in 30 anni hanno lasciato un profondo segno sul Belpaese. Ma poi anche sullo Sblocca Italia: c’è infatti chi, e non solo tra gli ambientalisti, punta il dito contro il decreto per il rischio di nuove cementificazioni e altri cantieri. Ma il provvedimento contiene anche un’accelerazione degli interventi che contrastano il dissesto idrogeologico.

Ecco il punto della situazione:

IL PIANO DEL GOVERNO – Nove miliardi di “soldi veri”, di cui due già in cassa, e un pacchetto di investimenti 2014-2020 come non è “mai stato fatto” quello del Governo Renzi contro il dissesto idrogeologico. A parlare in un’intervista all’ANSA è Erasmo D’Angelis, sottosegretario alle Infrastrutture e capo della struttura di missione #italiasicura contro il dissesto idrogeologico.

EXPO, AREA A RISCHIO – Eccolo il simbolo italiano della “rimozione del problema, della mancata coscienza del rischio: è l’Expo 2015, che senza interventi rischia di restare alluvionato, sotto gli occhi del mondo, perché 5 anni fa, nell’individuare l’area e gli stanziamenti, non è stata prevista una voce di spesa per la bonifica della zona. Il cantiere del Seveso partirà nel giugno 2015 e si concluderà nel dicembre 2016. Ma almeno durante l’Expo questo dovrebbe garantire una prima sicurezza”.

SETTEMILA CANTIERI, 200 MILA POSTI DI LAVORO – In sei o sette anni verranno aperti tra i sei e settemila cantieri, ricorda D’Angelis, “con uno sbocco per 150-200 mila posti di lavoro. Certo, non abbiamo la bacchetta magica: ci vorrà qualche anno prima di avere sicurezza in quel 12% del territorio che non regge più neanche un acquazzone”. Per ogni cantiere ci vorranno tra 2 e 4 anni: per Firenze e l’Arno ne serviranno quattro, per Milano e il Seveso due.

TOSCANA “DA EMULARE” – Il sottosegretario, nella polemica tra Renzi e le Regioni, afferma che è vero che “i Condoni li fa Roma” ma è altrettanto vero che “le Regioni avevano la possibilità di respingere al mittente il condono stesso, come fece la Toscana”. Regione modello virtuoso perché “è l’unica che ha una legge regionale, del 2012, che impedisce di costruire in aree a rischio”. Una legge da “esportare” nelle altre Regioni, auspica l’esperto.

PERCHE’ SIAMO A QUESTO PUNTO – Le cause dell’attuale disastro vengono da lontano: “Siamo un Paese da record in termini di cementificazione. Si è asfaltato senza logica, deregolamentando, costruendo in aree a rischio, tombando i fiumi, disboscando. Però c’è anche una profonda mutazione climatica, le cifre parlano da sole: fino al 2006 avevamo 15 eventi straordinari l’anno; nel 2013 ne abbiamo avuti 352, quest’anno oltre 400”. Basti pensare, aggiunge, che “in 72 giorni ci sono stati 15 morti, migliaia di sfollati e almeno 1,5 miliardi danni: inaccettabile per un Paese come l’Italia”.

2,3 MILIARDI ‘DIMENTICATI’ – Altrettanto “inaccettabile” in un Paese così a rischio, è poi il capitolo dei soldi non spesi: quei 2,3 miliardi, in parte di fondi europei, “rimasti lì – spiega D’Angelis – per anni mancati controlli sulla spesa, per sciatteria della Pubblica Amministrazione, per iter burocratici”.
Fonte: Ansa.it3f9f0cff836cdf63b75a92b86df96a36

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