Editoriali — 10 Settembre 2014

Spesso si crede che siano gli anticicloni a fare il bello ed il cattivo tempo invernale sul nostro Paese, con i loro spostamenti, le loro ingerenze, le loro insistenze. Si è è tanto parlato anche dello spostamento verso nord della cella di Hadley, che avrebbe condizionato tante delle nostre stagioni, sia invernali che estive. In realtà l’estate appena trascorsa ha gettato un’ombra sulle performances dell’anticiclone da essa dipendente: quello africano, salito ben poco verso nord, complice anche un monsone dell’Africa occidentale molto debole. Un inceppamento che negli anni 70, è bene ricordarlo costrinse alla fame tutta la fascia del Sahel, mentre nel contempo gli inverni si facevano più rigidi e nevosi in casa nostra.

Non c’è però solo il monsone a spingerci addosso di sponda l’anticiclone subtropicale. C’è un altro regista: il vortice polare. Quando questo signore viaggia a pieno regime favorisce la risalita verso nord della banda anticiclonica subtropicale.
Oltretutto noi siamo abituati a pensare il vortice polare solo a livello troposferico, mentre in inverno esso si sviluppa anche in altezza sino alla stratosfera. Ci sono anche indici che ne controllano la salute: l’AO alle quote intermedie, il NAM alle quote stratosferiche.

Sappiamo bene quanto un eccessivo approfondimento del vortice polare in sede stratosferica vada ad incidere gradualmente anche sul settore troposferico: parte così un effetto domino in cui si assiste all’accelerazione della corrente a getto, un vero proprio turbo che favorisce lo stiramento verso le nostre latitudini degli anticicloni e nega gli scambi di calore con le latitudini, introducendo semmai miti correnti in arrivo dall’Atlantico.

Già, ma allora, ci chiederete: chi fa approfondire (impazzire) così il vortice polare? Un meccanismo di cui si parla pochissimo, ma che invece risulta importantissimo: i flussi di ozono tra Equatore, dove tende a formarsi e i Poli, dove tende ad accumularsi. E come ci arriva lassù? Semplice: i temporali equatoriali (monitorati dall’indice MJO) sono il veicolo utilizzato per raggiungere le zone polari.
Se in stratosfera c’è tanto ozono, il vortice polare ne risulta disturbato e risultano probabili eventi di Stratwarming in stratosfera in grado di favorire invece nei bassi strati ondate di gelo dirette verso le basse latitudini. Poco ozono invece finisce per rafforzare il vortice polare stratosferico, consegnandoci indirettamente inverni più miti e con poche ondate di freddo.

Cosa influenza allora la quantità di ozono che sale verso i Poli? Diverse combinazioni di fattori, tra cui i venti stratosferici orientali nell’area subtropicale (QBO-), così come ce li aspettiamo quest’anno. Se sommati al minimo solare e a un Nino modesto come quello che sembra profilarsi, l’inverno 2014-2015 potrebbe così perlomeno risultare NORMALE nell’area mediterranea, se non addirittura freddino.

Ci sono però anche altre combinazioni insospettabili che possono aiutare l’inverno: una quasi biennale oscillazione positiva, una forte attività solare e un Nino serio, tutto questo però al momento non è previsto.

Badate bene: non è tutto così automatico, spesso il vortice polare troposferico non dialoga con quello stratosferico e decide in parziale autonomia come far procedere la stagione, oppure intervengono altri fattori (chiamale anomalie), del tutto imprevisti, a determinare l’andamento prevalente di una stagione. Prendete dunque tutto con le pinze, indici compresi…

inverno

Fonte: Meteolive.it

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