Editoriali — 22 Gennaio 2015

Un articolo a scopo didattico, in attesa che l’inverno si inventi qualcosa…

Se la neve in pianura sull’Italia trattasi di fenomeno ben poco ricorrente nella normalità dell’inverno italiano, ad eccezione di alcuni settori della Pianura Padana, la neve lungo le coste tirreniche è un evento quasi eccezionale, che necessita indubbiamente delle condizioni che si instaurano nel corso degli inverni più rigidi.

Il tallone d’Achille d’altra parte risiede nel fatto che questo versante della nostra Penisola risente in modo diretto  dell’effetto mitigatore delle correnti portanti che, provenendo da ovest, traggono le loro caratteristiche termodinamiche di base dal mare, che in inverno è apportatore ci calore.  Eppure in alcuni casi, come ad esempio avvenne nel febbraio 1991 o nel dicembre 1996, la neve riesce ad imbiancare con candida abbondanza anche Firenze, Roma e Napoli.

Tra le componenti più importanti affinchè si verifichi questo evento è la componente fondamentale del vento: ci deve essere uno scorrimento di aria umida e mite al di sopra di una massa molto fredda nei bassi strati; di conseguenza occorre che alle alte quote ci siano correnti occidentali o sud-occidentali, atte a  transitare al di sopra di un mare caldo come il Mediterraneo, mentre al suolo è preferibile che le correnti provengano dai quadranti orientali. Il centro motore più favorevole per questo stato dell’arte risulta pertanto un centro di bassa pressione di ampio respiro che, fatto il suo ingresso dalla porta francese del Rodano, si piazzi per qualche giorno sulle acque del Tirreno centrale, ottimizzando la circolazione generale con un secondo minimo in area ionica, per garantire il costante afflusso di aria fredda.

roma-300x199 firenze-281x225Un altro particolare: al suolo ad inizio precipitazioni, non ci devono essere temperature superiori a 5°C, mentre in quota si devono verificare alcune combinazioni particolari; riferendosi al piano isobarico

850 hPa (circa 1.500 metri) occorre che si abbiano almeno –5°C, mentre a quello di 500 hPa (5.500 metri),  non più di –25°C se i valori in questione sono contemporaneamente troppo bassi in generale l’aria diventa instabile e causa rovesci di neve anche intensi ma a carattere isolato.

Oltre a questa combinazione termica e dinamica, occorre anche un adeguato profilo igrometrico, che si verifica automaticamente quando le masse d’aria giungono dai “posti giusti”. A inizio precipitazione al suolo deve essere preferibilmente attorno al 30-40%, ossia piuttosto basso, mentre in quota la massa più tiepida in arrivo oltre deve contenere adeguati apporti di umidità e giungere senza indugio alla saturazione.

Ma dove si deve posizionare esattamente il minimo di pressione principale per garantire nevicate sulle zone suddette? Molte sono le combinazioni. Un minimo sul Golfo di Genova, Corsica oppure Bocche di Bonifacio, favorisce nevicate soprattutto in Toscana sino al Grossetano. Se invece la depressione pone il suo minimo sul Tirreno centro-meridionale allora può nevicare abbondantemente anche a Roma, mentre da Civitavecchia verso nord le precipitazioni diventano scarse, perché prevale la componente fredda orientale dell’aria a tutte le quote.

Un incastro difficile ma non impossibile, comunque frutto di inverni che funzionano e che, ultimamente, sembrano essere sempre più rari.

Luca Angelini

 

Share

About Author

(0) Readers Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Informativa sui cookie. Continuando la navigazione ne accetti l'utilizzo maggiori informazioni

Non utilizziamo alcun cookie di profilazione. Sono utilizzati cookie legati alla presenza di plugin di terze parti. Se vuoi saperne di più sul loro utilizzo e leggere come disabilitarne l’uso, leggi la nostraINFORMATIVA

Chiudi