Disastri d'Italia — 25 Marzo 2015

La scienza e i giornalisti vedono nero, sempre.
Citiamo alcuni articoli di giornale dell’ultimo decennio:
Clima: sarà un secolo senza tregua“.
Allarme per le Alpi: la neve si ferma più in alto.”
Clima estremo: “grandi piogge dopo la siccità. Il Nord a rischio alluvioni.”

Nei testi: “alcune ricerche prevedono un’altalena di diluvi e inondazioni. Studiosi del Geological Survey sostengono, ad esempio, che la causa delle frequenti inondazioni estreme andrebbe ricercata nei processi di sconvolgimenti atmosferici provocati dal consumo di combustibili fossili. Ricercatori inglesi e svedesi prevedono invece che gran parte dell’Europa centrale e settentrionale soffrirà inverni cinque volte più piovosi durante il secolo appena iniziato. Ma nello stesso tempo, magari a poche centinaia di chilometri, potrebbero crearsi situazioni di endemica siccità”.

A causa dell'”effetto serra “entro pochi anni potrebbero diventare inutili anche i cannoni artificiali per la produzione della neve. Anche un minimo aumento della temperatura ritarderebbe le prime nevicate e anticiperebbe lo scioglimento delle nevi di due o tre settimane”.

Tutto questo suggerisce alcune considerazioni, anche in relazione ad un inverno di 268 anni fa, descritto in un diario fitto di “memorie” di un simpatico ed intelligente contadino della val di Scalve (BG).

Comino (è diminutivo di Giacomo) Morzenti “Peia” era nato a Teveno nei primi anni del secolo e vi muore nel 1736.

La preoccupazione per la mancanza di acqua durante l’inverno 1733-34 fu veramente drammatica, anche perché non esistevano i tubi Mannesmann, messi in uso nelle valli all’inizio di questo secolo e che hanno apportato un radicale cambiamento nel campo dell’idraulica. Con essi è stato possibile mettere in atto la captazione e la conduzione idrica da sorgenti distanti parecchi chilometri dai centri abitati.

Non è difficile immaginare in quale estremo disagio verrebbero a trovarsi ancora oggi gli abitanti di alcune contrade che non dispongono di sorgenti sicure, come Pezzolo e Pianezza. Nel primo caso -nel 1733-34- si sopperì alla mancanza d’acqua dei “Pozzi” attingendo nel Nembo.

Questo in effetti viene costantemente ricordato da Comino, mentre nelle sue memorie non c’è alcun accenno alla situazione di Pianezza.

Certi autunni ed inverni secchi nelle Alpi sembrano presentare numerose affinità con il periodo descritto da Comino, e le primavere possono presentarsi anche come quella del 1734, che seguì ad un lungo periodo di siccità.

Gli scienziati danno molta rilevanza al canto degli uccelli. In Valle, già dalla fine di febbraio si poteva udire il canto di alcuni uccelli notturni, in particolare il lugubre lamento del cavrobèsol.

Ecco le cronache del 1733 quei di Pezzolo… L’estate del 1733 dovette essere abbastanza ordinaria, dal momento che Comino non accenna a particolari fenomeni atmosferici: il 2 settembre termina la raccolta del fieno nei prati di Barbarossa; tre giorni dopo c’è la raccolta del frumento nella Seriola: Comino osserva che è poco bello, forse a causa di una certa siccità.

Alla data del 12 settembre fece un gran vento che fece molto danno. Per il seguito del mese ed in ottobre ottobre tutti sono impegnati nei lavori nei campi e nei boschi; si procede pure all’aratura del terreno nel quale verrà seminata la segale. Il 29 ottobre: terminato di battere il frumento; novembre inizia col bel tempo, ma fa molto freddo. Può darsi che le ultime piogge risalissero ad agosto o all’inizio di settembre: il 4 dicembre Comino riprende la penna e scrive: “quei di Pezzolo menano nel Nembo a far beri i bestiami ed a prender l’acqua per far da mangiare, perché i pozzi erano asciutti”.

All’inizio del gennaio 1734 segue bel tempo, ma fa freddo non vi è neve, ed i frerini (i lavoranti nelle miniere) di Manina vanno su coi supelli (zoccoli). Le annotazioni sul tempo si fanno più fitte durante il mese di gennaio. “Genaro..segue il bel tempo et una grande sutta (siccità) che anche le sortive e valli che in ricordo di uomini vecchi non sono mai suchatte (prosciugate), e quei di Pezzolo devono abbeverare le bestie nel Nembo sopra alla Rasega e per il vitto vanno dentro dalla Scaramasca (ora chiamata Scaramussola, lungo il corso del torrente, che si raggiunge passando dai Pozzi Vecchi) per andar a tor (prendere) l’acqua nel Nembo.

L’assoluta mancanza di neve permette di affrontare agevolmente qualsiasi trasferimento, anche attraverso i numerosi passi (Giovi) che collegano Scalve con le altre vallate. “18 genaro: chossa marivilliosa che rare volte si son vedutte a levar tre Tre solli (la ripetizione del numero tre è autografa) e continuar tutto il giorno che faceva marivilliare tutti” Questa straordinaria visione non sembra però che sconvolga eccessivamente il pragmatico Comino, il quale nutre pure una sconfinata fiducia nella Provvidenza: essa garantirà il buon esito delle semine, soprattutto di segale, frumento e canapa.

La vista di tre soli è riconducibile ad un fenomeno atmosferico piuttosto raro, ma certificato da una spiegazione scientifica. E’ la rifrazione, studiata per la prima volta dall’astronomo Tycone Brahe, vissuto nella seconda metà del 1500. E’ un fenomeno ottico che si manifesta quando un raggio luminoso incontra la superficie di separazione di due mezzi trasparenti diversi, consistente in una variazione della direzione di propagazione del raggio luminoso (in questo caso il sole).

Ed ancora: “segue la siccità, e dai Santi (vale a dire dall’inizio di novembre) sin qua non son venute due o tre gelure (nevicate) che appena bagnavano il terreno due dita. Sempre al 5 di febbraio succedono – come d’altra parte previsto da Comino – accadimenti straordinari: si sentono a sbarare i chanoni a Millà (Milano) et bombe o che si sia sino dalli 26 novembre sino al dì d’oggi et ancor seguittano et ben si sentono qui a Teveno in Valle di Schalve. Gennaio e febbraio: molti incendi di boschi e case.”

Notizie sulla terribile siccità giungono anche dalla vicina Valle Seriana, a conferma della situazione drammatica Comino descrive i fatti con un lessico suggestivo e lapidario: “28 febbraio – siccità non mai più vista at asiugar tante fonti” Nei primi giorni di marzo segue bel tempo, ma troppo asciutto; si incomincia a preparare il terreno per la semina delle biade e si fanno dei solchi anche qui a Teveno dappertutto.

Finalmente il 9 marzo arriva la sospirata neve. “Con l’aiuto di Dio e de Santi è fiochatto et a bagnato il Teveno, ed era desiderato da tutti. Una “gelura” modesta, che viene immediatamente assorbita dal terreno, ed accompagnata da un improvviso innalzamento della temperatura.  Altre notizie su www.scalve.it

Fonte: Meteolive.itA ski-lift is seen in front of the snowless Swiss Alps during sunny autumn weather in Lenzerheide

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