Editoriali — 10 Aprile 2015

È uno degli stati più a rischio dal punto di vista climatico. Ma guai a dire “quella parola”. In Florida, il governatore Rick Scott ha deciso di bandire l’espressione “cambiamento climatico” o “surriscaldamento globale”, consigliando agli scienziati e agli esperti del Dipartimento per la Protezione ambientale di limitarsi a trattare argomenti “reali”. Via dai report, dalle comunicazioni ufficiali e dalle email: l’unico effetto delle parole proibite sarebbe quello di generare un falso allarmismo.

Mentre il livello del mare intorno alle coste della Florida cresce (+30% negli ultimi 85 anni), il governatore Scott è scettico. Non è convinto che i cambiamenti climatici siano davvero causati dall’uomo, nonostante studi scientifici lo dimostrino chiaramente. Già durante la sua prima campagna per diventare governatore, nel 2010, aveva ammesso di “aver bisogno di leggere qualcosa di più convincente” e, nel 2014, interrogato sul suo punto di vista sul cambiamento climatico, aveva detto: “Non sono uno scienziato”.

Molti politici conservatori statunitensi credono che la scienza non possa avere l’ultima parola e tendono a mettere da parte le politiche per la tutela ambientale. Rick Scott non è l’unico: anche il senatore repubblicano Marco Rubio, lo scorso anno, aveva ammesso di non credere che tutte le trasformazioni drammatiche a cui va incontro il mondo possano essere un prodotto “umano”.

Intanto l’ufficio stampa del governatore ha messo le mani avanti di fronte a possibili critiche: “Non c’è una policy sulle parole da adottare”. Ma alcuni impiegati del Dipartimento per la protezione ambientale hanno affermato che l’ordine è ben noto ed è stato diffuso verbalmente a livello statale. Una specie di passaparola, dunque, che non piace a molti. “Stiamo combattendo contro gli effetti del cambiamento climatico e cercando di prevedere il suo impatto economico – afferma un dipendente – e non possiamo neanche chiamarlo per nome”.

Fonte: www.huffingtonpost.itField damaged by hailstones

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