Climatologia — 12 Luglio 2015

Il riscaldamento globale non aiuterà a ridurre i decessi durante la stagione invernale, come invece creduto fino ad oggi. Lo rivela uno studio condotto dalla Columbia University, che sottolinea come le temperature più miti nei mesi più freddi non abbiano influenzato il numero dei morti registrato in questa stagione. La ricerca è stata pubblica sulla rivista IOP Science.

Gli studiosi hanno analizzato temperature e tasso di mortalità in 36 città in Usa e in Francia tra il 1971 e il 2007. E hanno scoperto che durante l’inverno un clima più caldo non aveva alcuna correlazione (o aveva una correlazione minima) con il numero dei decessi: le città con temperature più calde non avevano una mortalità inferiore di quelle più fredde.

“Alcuni hanno sostenuto che inverni più caldi legati al cambiamenti climatico avrebbero portato a forti riduzioni delle morti invernali. Il nostro lavoro suggerisce che questo è altamente improbabile”, ha detto Patrick Kinney, docente alla Columbia e autore principale dello studio.

Secondo i ricercatori, la mancanza di una relazione tra differenze di temperatura in inverno e l’ ‘eccesso’ di mortalità invernale suggerisce che questi decessi siano legati ad altri fattori, come ad esempio la mancanza di attività fisica, la bassa umidità e il tempo passato in casa che può portare ad un rischio maggiore di influenza o altre infezioni respiratorie e delle loro complicanze. (ANSA).

Fonte: ansa.it

Il clima sta cambiando e lo sta facendo sempre più in fretta. Lo dimostrano le ondate di calore sempre più lunghe e frequenti, i ghiacciai che si riducono, il livello del mare che sale, lo smog che avvolge le città. Ed è colpa dell'uomo, che usa petrolio e altri combustibili fossili inquinando l'aria. Anche con uno stop immediato alla CO2 gli effetti sono destinati a protrarsi per molti secoli. Come anche eventi meteo sempre più estremi aumenteranno senza interventi massivi da attuare quanto prima. Siamo al punto di non ritorno, dicono gli ambientalisti. ANSA

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