Editoriali Slider — 25 Maggio 2022

La stagione dei tornado o i periodi favorevoli alla genesi di questo particolare fenomeno ripropongono l’analisi di una meteora tanto tipica delle grandi pianure USA quanto ancora intrisa di mistero o di aspetti scientifici da definire. In verità sulla genesi dei tornado mesociclonici medesimi oggi si sa molto, ma manca di sapere ancora qualcosa, tant’è che il relativo studio è ben attivo. Leggendone la varia e ricca bibliografia si arriva a capire molto, ma non tutto, proprio perché gli stessi lavori includono spazi con punti interrogativi ed elementi indicati come ancora da chiarire. Ma, al tempo stesso, i punti fermi ed appurati sono parecchi. Si sa, ad es., tutto ciò che, alla genesi del tornado serve. Servono la supercella con la sua brava rotazione di updraft ed il suo bravo mesociclone, e serve la corrente discendente di ritorno, richiamata in retrogressione dalla stessa pompa aspirante che include updraft ruotante ed inflow. Poiché, però, non tutte le situazioni che comprendono detti elementi sono tornadogenetiche, ecco spiegata l’esistenza dei punti interrogativi ancora esistenti. Alcuni scienziati propongono un duplice meccanismo, quale quello del bottom-up e del top-down, che trova un buon riscontro. Il medesimo contempla: 1) la turbolenza nello spessore compreso tra la nube ed il suolo quale meccanismo che genera la forte rotazione orizzontale poi destinata, per effetto dell’updraft, al tilting o alla sua verticalizzazione; 2) il cosiddetto effetto del tubo dinamico, nel quale la concentrazione della rotazione si estende da sotto la nube verso il suolo. C’è, però, evidentemente, di più. La rotazione orizzontale legata al wind shear della interazione tra flussi intensi e di segno direzionale diverso come il flusso discendente del rear flank downdraft (RFD) e l’inflow è, chiaramente, un elemento fondamentale, giacché la stessa rotazione è poi necessariamente destinata ad essere orientata in senso verticale dalla pompa aspirante dell’updraft e a creare una forte rotazione disposta, appunto, verticalmente ed associata a forte moto ascendente. In qualche modo, poi, devono sussistere meccanismi che favoriscono il cosiddetto stretching, oltre a quello legato alla pompa aspirante, e che concentrano la rotazione così da determinare, in base alla legge della conservazione del momento angolare, l’aumento della velocità rotazionale. E a questo potrebbe concorrere proprio la corrente discendente del RFD, opportunamente risucchiata nella rotazione del mesociclone, nel contesto della occlusione e nel concorso di una vorticizzazione estrema in quel punto. Non è certo casuale, infatti che i tornado si formino specialmente quando sussiste il segnale del cosiddetto hook echo, legato al richiamo del rovescio della parte anteriore e settentrionale della nube in senso retrogrado e nel RFD. Dalla bibliografia più recente si apprende, poi, che i tornado tendono a formarsi quando l’aria della corrente discendente di ritorno e, in generale, di RFD, presenta adeguate caratteristiche di galleggiamento ed ovvero di temperatura e di umidità. Non in ultimo sono certamente da considerare gli apporti in vorticità ed in turbolenza che gli stessi flussi, associati appunto ad un corso vorticoso, forniscono alla corrente rotazionale ascendente in stretching. In ogni caso, una volta avviato, il fenomeno poi si autoamplifica giacché una rotazione con moto ascensionale tende a fisiologico stretching e ad un equilibrio ciclostrofico in cui la pressione al centro diminuisce significativamente ed in cui aumenta il richiamo teoricamente compensativo al suolo di aria dall’esterno nel vortice…

Pierangelo Perelli

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