Riporto dalla pagina “chi ha paura del buio”
Nel luglio scorso, il Dipartimento dell’Energia (DOE) degli Stati Uniti ha pubblicato un documento [1] presentato come una revisione critica del consenso scientifico sui cambiamenti climatici e delle conclusioni dell’IPCC, il panel internazionale istituito da ONU e Organizzazione Meteorologica Mondiale.
Il blog di Climalteranti ne ha pubblicato un riassunto [2], analizzando i principali punti controversi. Gli autori del report — solo cinque, scelti accuratamente — appartengono a quel ristretto gruppo di scienziati ultra-scettici della galassia negazionista americana: John Christy, Judith Curry, Steven Koonin, Ross McKitrick e Roy Spencer. La loro selezione non è casuale: a nominarli è stato direttamente il Segretario all’Energia, Chris Wright, imprenditore noto nel settore dei combustibili fossili.
Il documento del DOE ripropone i consueti argomenti del negazionismo climatico: dai presunti benefici della CO₂ per l’agricoltura, all’incertezza dei modelli climatici, fino alla presunta sopravvalutazione dei danni legati ai cambiamenti climatici.
Uno degli strumenti retorici principali è l’uso strumentale dell’incertezza scientifica. È vero che in ogni campo della ricerca alcune conclusioni presentano margini di incertezza, talvolta anche ampi. Ma qui il ragionamento viene distorto: poiché esiste incertezza, non si dovrebbe fare nulla, in attesa di “maggiori evidenze”. Questo approccio è pericoloso, perché l’attesa potrebbe essere lunga, forse infinita, mentre nel frattempo i danni si potrebbero manifesterebbero, anche seguendo gli scenari peggiori. Un’altra tecnica ricorrente è il cherry picking, ossia la selezione parziale e mirata dei dati per trasmettere il messaggio che “tutto va bene”. Nel report, questa strategia viene applicata ad esempio agli eventi climatici estremi, scegliendo solo quelli che non mostrano particolari variazioni. Una metodologia già vista, tra l’altro, in un paper successivamente ritirato, che aveva tra gli autori anche Franco Prodi [3]. Tra i temi “classici” del negazionismo, figura poi l’idea che la CO₂ sia benefica per le piante. Se questo è vero per alcune specie, si omette di ricordare che l’eccesso di anidride carbonica provoca anche aumento di temperature estreme, siccità e alluvioni — condizioni che certo non favoriscono la vegetazione — oltre ad alimentare il fenomeno dell’acidificazione degli oceani, con gravi rischi per molte specie marine [4].
Maggiori dettagli sono disponibili nel post di Climalteranti. Resta il fatto che piegare la scienza a scopi politici, avvalendosi di una minoranza di scienziati le cui tesi sono state smentite da anni, è un atto grave. Lo è ancor di più se proviene dalla nazione più potente al mondo. Tempi difficili, davvero.
Roberto





























