nei prossimi giorni sicuramente i soliti siti meteo-allarmisti e meteo-catastrofisti ci tempesteranno di messaggi sulla siccità, sull’anomalia pluviometrica, sul cambiamento del clima e molte altre simili basandosi sul prolungato periodo senza precipitazioni significative che sta vivendo il nord Italia.
In realtà, è proprio questa la climatologia del periodo, poiché l’inverno da sempre è la stagione con minori precipitazioni di tutto l’anno sulle regioni settentrionali.
Per esemplificarlo, riporto questa cartina tratta da “Che tempo farà” di Edmondo Bernacca, edito nel 1971 da Mondadori e basata sulla climatologia dall’inizio Ottocento alla metà del Novecento.
Si vede chiaramente come nell’arco del trimestre meteorologico invernale (dicembre, gennaio e febbraio) le aree italiane con minori fenomeni siano proprio il nord e in particolare il nordovest, con accumuli medi di 100-150 mm nell’arco del trimestre.
Invece, l’Appennino tosco-emiliano e quello del Centro-Sud, oltre a un po’ tutto il centro-sud e la Sardegna sono le zone più piovose in questi mesi dell’anno.
Teniamolo sempre presente prima di paventare anomalie che in realtà sono proprio caratteristiche del nostro clima.
Più volte, ad esempio, i mesi di gennaio e febbraio si sono chiusi a 0 mm al nordovest e, nella tradizione agricola, questo era visto come segnale positivo per il raccolto. Si pensi ai proverbi milanesi “genar succ, furment par tucc” e “genar da vent, poca paia e tant furment” (trad: “gennaio asciutto, grano per tutti” e “gennaio ventoso, poca paglia e tanto grano”).
Marcello Mazzoleni
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