Testimonianze Storiche tratte dalla Gazzetta Piemontese

TESTO
Ha provocato disturbi epatici nei bambini ricoverati di Marzio Fabbri

Ha provocato disturbi epatici nei bambini ricoverati Ha provocato disturbi epatici nei bambini ricoverati Preoccupazione per la nube tossica Si sta spostando verso Cesano Moderno? Si è appreso che un caso analogo avvenne in Inghilterra cinque anni fa: morirono sei persone (Nostro servizio particolare) Milano, 20 luglio. Aumentano le preoccupazioni per la nube tossica che ha invaso da dieci giorni la zona di Seveso, un grosso centro della Brianza, intossicando decine di bambini, uccidendo gli ammali da cortile e contaminando una vasta zona agricola. Si è appreso che 5 anni fa un caso analogo era avvenuto in Inghilterra. Anche allora, come pochi giorni fa, la nubt del prodotto di bare per produrre defolianti era scaturita da uno stabilimento del gruppo svizzero «Roche», lo stesso cui appartiene la «Icmesa» di Seveso. In quel1 occasione, rimasero intossicate 79 persone, 6 delle quali morirono. Da allora, produzioni come quella di Seveso sono state proibite nel Regno Unito, ma gli effetti terribili di quella nube soffocante a tre anni di distanza facevano insorgere ancora casi di intossicazione. Il timore delle autorità sanitarie è che la zona contaminata, che il primo giorno toccava solo la frazione San Pietro e successivamente si è estesa a Barrucana, raggiunga l’abitato di Cesano Maderno, un centro di oltre trentamila persone. I dottori Massimo Maragarini e Giorgio Cigognetti, del consorzio veterina- rio, hanno proposto di fare sorvolare la zona da aerei che scattino delle fotografie ai raggi infrarossi per poter controllare, attraverso un’analisi spettroscopica, gli eventuali movimenti della nube. La situazione sanitaria della zona per il momento non è preoccupante, ma l’ottimismo che era seguito ai primi gior- a o è ni di degenza dei bambini ricoverati all’ospedale di Mariano Comense è di molto diminuita. I sanitari hanno parlato di «prognosi non conosciuta», in attesa di avere notizie più precise sulla sostanza responsabile dell’avvelenamento. Pare accertato che si tratti a | dl 1111 Prodotto di «transito» , a o – per arrivare ad ottenere una sostanza che serve per produrre i diserbanti e i defolianti, più o meno le stesse sostanze con cui gli americani e ! bombardavano la giungla e i r . è o r- o a a uo ] mente non sono venute a cone- ! tatto con sostanze tossiche vietnamita nella speranza di scacciarne i vietcong. A causa di una reazione incontrollata che ha fatto saltare una valvola di sicurezza, si è sparsa nell’aria una forte dose di «tetraclorobenzodiossina». Gli effetti, per quanto è stato possibile appurare dalle autopsie dei conigli morti (il 100 per cento, nella prima zona di contaminazione e il 70 per cento nella seconda), sono emorragie polmonari, alle mucose delle vie respiratorie e intestinali. Non è stato ancora possibile accertare quali siano gli effetti sul fegato, ma la preoccupazione è molta soprattutto per i bambini. Dopo i primi ricoveri per disturbi della pelle e gonfiori agli occhi, cominciano infatti a presentarsi casi di macchie di chiara natura epatica, anche in zone del corpo che certa- ili oe rn Il grave è che la sostanza inquinante non è assolutamente biodegradabile, né con l’acqua, né con la calce che pure è stata sparsa abbondantemente nella zona. L’unica possibilità è attendere, ma probabilmente saranno neces¬ o, sarj anni. per ji momento, è » g— l i i o aa an oa i e i aoel aiaè di ustato proposto il sequestro di tutti gli animali domestici e da carne della zona colpita, con l’ovvio assoluto divieto di macellazione e d’impiego, a qualsiasi titolo, della produzione di latte che viene distrutta subito dopo la mungitura. Dopo la moria dei conigli, pare che ora comincino disturbi gravi a cani e gatti. Alcuni esemplari sono stati trasportati oggi all’Università di Milano per una serie di esami. Sembra invece che i polli resistano bene all’intossicazione e che le morti siano limitate, anche se naturalmente l’uso delle loro carni è proibito. L’aspetto più grave di tutta questa vicenda è l’atteggiamento assunto dalla ditta responsabile della contaminazione nei giorni immediata¬ mente successivi al fatto, prima che la moria di animali cominciasse. Tecnici della «Icmessa» si sono recati nella zona in cui si era posta la nube protetti con guanti speciali, e hanno prelevato campioni di frutta e ortaggi avvisando la popolazione di non toccare nulla. Hanno però continuato a ripetere che non c’era assolutamente pericolo e per qualche giorno non hanno neppure avvertito il sindaco messo al corrente della cosa , solo dalla popolazione. Malgrado ciò, i tecnici della ditta per una settimana han-1 no continuato a ripetere di ! ignorare la composizione del- la nube tossica, cercando di tranquillizzare la popolazione. Persino gli operai della ditta erano all’oscuro della pericolosità delle sostanze che maneggiavano. Marzio Fabbri

Persone citate: Cesano, Giorgio Cigognetti, Roche

Luoghi citati: Cesano Maderno, Inghilterra, Milano, Regno Unito, Seveso

LaStampa 21/07/1976 – numero 154 pagina 17

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LA NUBE TOSSICA AVANZA SU MILANO

LA NUBE TOSSICA AVANZA SU MILANO LA NUBE TOSSICA AVANZA SU MILANO Arrestati ieri il proprietario e il direttore della fabbrica porali di questi giorni, ha già raggiunto Cesano Maderno e Sesto San Giovanni. Ieri altre sette persone sono state ricoverate all’ospedale di Mariano Comense con ustioni e intossicazioni varie. Una giovane operaia di Cesano Maderno è ricoverata all’ospedale di Niguarda in gravi condizioni. Continua anche la strage di galline e conigli che deb-, bono essere abbattuti per non arrecare ulteriori danni alla popolazione. Le coltivazioni della zona dovranno essere completamente distrutte. Durante la giornata di ieri amministratori e tecnici della cittadina .hanno avuto numerosi incontri per trovare così una soluzione alla grave situazione dopo il terribile responso dei laboratori universitari di Zurigo che hanno effettuato le analisi sui prodotti che compongono la nube. Ma riassumiamo i fatti. Sabato, verso mezzogiorno, all’Icmesa è scoppiato un recipiente che conteneva triclorofenolo, un diserbante. L’esplosione ha provocato un aerosol che ha fatto saltare una valvola di sicurezza. La nube’ è uscita all’aperto. Nella nube è presente uno dei tossici più micidiali, il Tcdd, tanto pe¬ NOSTRO SERVIZIO Milano, 22 luglio. Sta avanzando su Milano la nube tossica che si è sprigionata dopo l’esplosione di sabato scorso ‘ aU’Icmes di Seveso. La nube, spinta dal vento e dai tem- IN FORM AZIONE PUBBLICI i \K ia ricoloso che non è possibile usarlo neppure in guerra, senza pericolo di chi lo usa. Si calcola che nel terribile globo gassoso vi siano due chili di questo Tcdd (ne basterebbero due etti immessi in un acquedotto per .uccidere undici milioni di persone). L’allarme purtroppo viene’ dato in ritardo. Si era pensato, infatti, alla solita nube di fumo che in determinate condizioni atmosferiche si condensa sopra le zone industriali e vi rimane qualche giorno. In altre parole il pericolo non è stato immediatamente valutato. Ieri sono stati arrestati il direttore della ditta Hervig Zwhel. 40 anni e Paolo Proietti direttore tecnico della fabbrica. Imputazione: disastro coir poso. Il problema è nuesto: il terribile tossico si è stabilizzato in un rettangolo lungo una ventina di chilometri ed alto poco più di uno. In quale quantità? Alcuni animali da cortile sono stati trovati morti. Secondo gli accertamenti, la concentrazione del veleno è dello Ofi di poco al disotto del limite di pericolosità per l’uomo. C’è molta apprensione. « Abbiamo sfiorato la strage ». Questo commento del professor Giuseppe Ghetti, l’ufficiale’sanitario del comune di Seveso, tornato ieri mattina dal laboratorio « Givaudan Dubendorf » di Zurigo dove sono stati ànalizatti i campioni’ di materiale depositato dalla nube inquinante partita dalla Icmesa, rende il senso di sbigottimento che ha colpito i responsabili locali nell’apprendere le risultanze dell’analisi. La sostanza che ha provocato i casi di intossicazione nella zona è stata identificata con sicurezza: si tratta, come avevamo anticipato, di 2,3,7,8 tetraclorodibenzoparadiossina, che i chimici indicano con la sigla TCDD. « Si tratta di una sostanza talmente tossica che non può venir utilizzata neppure come arma — spiega il professor Ghetti —. Una zona irrorata con questa sostanza sarebbe infatti inaccessibile a qualsiasi essere vivente per un periodo di circa 3 anni.

StampaSera 22/07/1976 – numero 153 pagina 1

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Non scomparirà prima di 3 anni il tossico della “nube,, di Seveso di Marzio Fabbri

Non scomparirà prima di 3 anni il tossico della “nube,, di Seveso Vegetazione e carcasse di animali saranno bruciate Non scomparirà prima di 3 anni il tossico della “nube,, di Seveso Due etti della sostanza incriminata immessi nell’acquedotto di New York potrebbero uccidere tutti gli abitanti: nella “nube” del Milanese ce ne sono due chili – I due dirigenti arrestati ieri sono ora nello stabilimento, piantonati dai carabinieri (Nostro servìzio particolare) Milano, 22 luglio. Le autorità sanitarie e amministrative responsabili della zona di Seveso, che la scorsa settimana è stata investita i -Iflla nube tossica uscita dallo stabilimento Icmesa, consociato della «Roche» di Zurigo, hanno deciso di distruggere con il fuoco tutto quello che è stato contaminato. Per decidere in quale modo procedere, si è svolta questa sera una riunione alla prefettura di Milano. Tra le ipotesi prese ir considerazione, c’è quella di un intervento di reparti dell’esercito specializzati nella guerra chimica, che con i lanciafiamme dovrebbero bruciare alberi, carcasse di animali e tutta la vegetazione della zona più vicina alla fabbrica da cui è partita la nube. Gli esperti hanno fatto notare questa mattina che è ormai improprio parlare di nube. In effetti nelle prime ore si è sollevata da terra una nuvola di gas di circa 500 chili, due chili dei quali erano della sostanza più pericolosa: il tetraclorodibenzoloparadiossina, più nota con la sigla ledei. Per dare un’idea della sua nocività, è stato spiegato, è sufficiente dire che due etti immessi nell’acquedotto di Nuova York potrebbero uccidere tutti gli abitanti della metropoli. Quasi subito, la nube si è depositata, in una zona ancora da determinare nella sua intierezza, sotto forma di aerosol. Si deve ormai dunque parlare di contaminazione già avvenuta e non più di inquinamento atmosferico. Si è appreso inoltre che il Tedd non è chimicamente degradarle. Esposto al sole, il sue tempo di dimezzamento è di sei mesi: si calcola quindi che non scomparirà prima di tre anni. Proseguono frattanto, con ancora molte incertezze, le iniziative delle autorità sanitarie. «Brilla per la sua assenza — commentano a Seveso — il ministero della Sanità, che per il momento ha chiesto solo una relazione sul fatto». Anche le iniziative locali per quanto lodevoli, sembrano scoordinate. Questa mattina è giunta una équipe di dermatologi dell’università di Milano che si è installata nelle scuole comunali. In margine alla vicenda, c’è da registrare un appello firmato da una trentina di esponenti della cultura e della scienza. Nel testo, che sarà pubblicato dalla rivista Tempo si chiedono le dimissioni del ministro della Sanità, ritenendo «ulteriormente impossibile la sua permanenza alla reggenza di un dicastero del quale è clamorosamente indegno». Si comincia anche a recriminare sul ritardo con cui è stato dato l’allarme. Il medico provinciale ha saputo dell’accaduto solo dopo 10 giorni; all’assessorato regionale alla Sanità hanno appreso tutto dai giornali. C’è stata negligenza in chi aveva il dovere di intervenire o si tratta dei risultati di una operazione di minimizzazione attuata con successo dai dirigenti della società incriminata? Anche a questa domanda dovrà rispondere l’inchiesta penale, che ha portato ieri all’arresto del direttore dello stabilimento e del direttore della produzione. I due, dopo un brevissimo soggiorno in carcere, sono ora all’interno dello stabilimento piantonati dai carabinieri. Possono parlare solo con il loro avvocato e, al telefono, con Zurigo. Proprio perché la casa madre vuole tenere contatti solo con loro, gli arrestati vengono custoditi all’interno dello stabilimento. C’è da registrare anche la voce non confermata di un pesante intervento della «Roche», che evidentemente cerca di alleggerire le proprie responsabilità offrendo di pagare i danni a chi li ha subiti. L’episodio della contaminazione di Seveso riporta d’attualità il problema della organizzazione sanitaria del territorio, ma sarebbe meglio dire della disorganizzazione. Secondo Vittorio Curtoni, responsabile del servizio d’igiene dell’assessorato regionale alla Sanità, la situazione degli inquinamenti è disastrosa. E’ evidente che in questa situazione, in mancanza di un elenco delle fabbriche in cui avvengono lavorazioni altamente pericolose (la Icmesa aveva la stes.-a qualifica di pericolosità di un porcile) c’è da ritenersi fortunati che la liberazione della nube di gas non abbia avuto conseguenze più gravi. Questo per il momento, ma non è possibile prevedere il futuro. Si è infatti saputo che il Tcdd può provocare gravi mutazioni genetiche e nella zona colpita ci sono parecchie donne incinte. Per cercare di saperne di più, in primo luogo i veterinari attendono che partoriscano alcune gatte che erano a loro volta gravide. Dice il professor Giulio Maccacaro, studioso da anni della nocività nelle fabbriche e nell’ambiente: «Nel nostro sistema di produzione prima di tutto viene il profitto. L’onere della prova che una sostanza sia dannosa cade sull’uomo e non sulle cose. Per dire che un prodotto è dannoso si aspetta che ci siano conseguenze gravi». I fatti gli danno ragione. Racconta un anziano sanitario di Seveso che nel ’48 parecchi operai della Icmesa furono intossicati. Il caso fu segnalato alle autorità, ma non avvenne nulla. Marzio Fabbri Milano. Due conigli morti per la fuga di gas a Seveso (Telefoto De Bellis)

Persone citate: De Bellis, Giulio Maccacaro, Roche, Vittorio Curtoni

LaStampa 23/07/1976 – numero 156 pagina 17

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Mentre il ministero della Sanità minimizza di Marzio Fabbri

Mentre il ministero della Sanità minimizza Mentre il ministero della Sanità minimizza Si dovrà sfollare la zona per il tossico di Seveso ? La “Icmesa” ha proposto un piano urgente di intervento e stanziato 100 milioni per i comuni colpiti – La pioggia potrebbe aver portato il veleno nella falda freatica (Nostro servizio particolare) Milano, 23 luglio. L’inefficienza nell’affrontare i problemi creati nella zona di Seveso dalla « nube » di gas comincia a diventare preoccupante. Traspare da un comunicato stilato in tono ottimistico delle autorità sanitarie, l’incomprensione del grave pericolo. Il documento è stato emesso dall’ufficio stampa della prefettura, dove oggi si è riunito il consiglio provinciale di Sanità, assistito da alcuni esperti universitari. Il testo, dopo avere accennato vagamente ad « agenti tossici » senza neppure accennare al micidiale « Tcdd », afferma che il consiglio « ha preso atto della validità degli interventi già disposti », parla di effetti dannosi che potrebbero derivare alla popolazione come se fossero « eventuali » e infine conclude sostenendo che «non sono da ritenersi necessarie impellenti altre misure ». A smentire clamorosamente questa immagine positiva della situazione che le autorità sanitarie tentano di accreditare e la prefettura di fatto avalla, c’è una dichiarazione dell’avvocato Antonio Stasi, legale della Icmesa. Proprio per la sua funzione, lo avvocato avrebbe tutto l’interesse a minimizzare quanto è accaduto, ma non se la sente: « I nostri scienziati — ha dichiarato — ritengono la situazione gravissima ». Per questo motivo, a nome della ditta e della multinazionale « Roche » che la controlla, ha proposto un piano urgente di intervento che prevede: delimitazione della zona colpita in modo rigido con assoluto divieto di accesso; analisi mediche immediate per tutte le persone che possono esser state contaminate anche se ancora non hanno accusato disturbi; rimozione della terra (a profondità variabile a seconda delle diverse colture), che dovrebbe essere effettuata da una ditta specializzata inglese che si servirebbe di indumenti protettivi speciali. Inoltre la Icmesa, resasi finalmente conto dell’enormità di quanto è avvenuto, ha messo a disposizione di uno speciale comitato formato dai sindaci di Seveso e Meda e dai capigruppo dell’opposizione, un primo stanziamento di 100 milioni per gli interventi urgenti. In particolare, questi soldi dovranno servire per alleviare il disagio delle popolazioni in previsione di una eventuale evacuazione che non viene per nulla scartata dalla ditta inquinatrice. Mentre da un lato si cerca di tranquillizzare la gente, dall’altro emerge una realtà drammatica. La stessa contraddizione si nota tra la popolazione. Se da un lato c’è viva preoccupazione per le conseguenze della « nube », dall’altro sono stati riscontrati casi di violazione delle norme sanitarie che rasentano l’incoscienza. Si è persino appreso che una grossa azienda agricola ha avviato al mercato una partita di barbabietole che non sono state controllate da nessuno. Pare inoltre ohe un caso di intossicazione sia stato segnalato a Nova Milanese, sulla direttrice Seveso-Milano. In quel paese non vige nessuna limitazione nell’uso degli ortaggi e delle carni, ma non è stato ancora possibile accertare se per caso la piccola non si sia recata nella zo¬ na di maggiore contaminazione. Le abbondanti piogge di ieri hanno fatto sperare in un primo momento in una diminuzione del pericolo, ma ora gli esperti si pongono nuovi interrogativi. Se è in¬ fatti vero che l’acqua ha diminuito la concentrazione di « Tcdd » nel terreno, è anche vero che esso filtrando negli strati inferiori può avere portato la sostanza inquinante fin nella falda freatica da cui pescano tutti i comuni della zona per i loro acquedotti, e fra questi anche Milano: non si ha notizia comunque di controlli disposti in questo senso dall’ufficio di igiene. E’ logico a questo punto domandarsi se ci si trovi solo davanti a omissioni dovute alla lentezza dell’apparato burocratico o se invece non ci sia qualcosa di più e di peggio. Se cioè non ci siano state, almeno agli inizi, delle protezioni che sono scattate automaticamente al levarsi in aria della nube. A Seveso ricordano ancora un episodio: una serie di denunce per nocività era rimasta inascoltata fino a quando non morirono i pioppi del seminario arcivescovile: intervento della Curia e miglioramento della situazione. Per quanto riguarda gli effetti sulla popolazione della terribile « nube », alcuni esperti sottolineano che il « Tcdd » è una sostanza definita « teratogena » e cioè che produce anomalie di sviluppo congenite e irrimediabili negli animali e nelle piante. Ciò vuole dire che se i genitori sono colpiti ne soffriranno i figli nascituri, ma ancora non è possibile stabilire in che modo. E’ certa comunque la assoluta necessità che i coniugi della zona colpita evitino l’insorgere di gravidanze fino a quando ognuno di loro non sarà sottoposto ad accurate analisi del sangue. Anche questa raccomandazione non viene dagli ambienti ufficiali, che si sono ben guardati dall’intervenire in questo senso, ma da ambienti scientifici altamente specializzati che si accingono a prendere in esame la situazione. Minori dovrebbero essere, almeno pare, i pericoli per i bambini già concepiti. Marzio Fabbri IHFES Seveso. Un campo di mais nella zona colpita dalla nube tossica (Telefoto Ansa)

Persone citate: Antonio Stasi, Meda, Roche

Luoghi citati: Milano, Nova Milanese, Seveso

LaStampa 24/07/1976 – numero 157 pagina 9

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Meglio tardi che mai di Tino Neirotti

Meglio tardi che mai Meglio tardi che mai La decisione di sgombrare alcune delle località più colpite dalla nube tossica era attesa da giorni. Ma ieri, quando è stata annunciata, non ha mancato di sorprendere; forse, per la prima volta tutti, gli stessi abitanti di Seveso e Meda, si sono resi conto che il pericolo esiste, ed è molto grave. E’ il caso di dire: meglio tardi che mai. Sono infatti trascorsi quindici giorni dal momento in cui un reattore della società Icmesa di Meda è scoppiato, lanciando in cielo una nube di vapore contenente due chili di Tcdd (tetraclorodibenzoparadiossina), un veleno così potente e inesorabile che, dicono gli esperti, si esita a usarlo anche in guerra. Un terreno irrorato da questa costanza sarebbe fatale ad ogni esrere vivente per parecchi anni. Per fortuna nell’esplosione una serie di reazioni chimiche può aver modificato la composizione della miscela e comunque il vento ha disperso la nuvola mortale in parte nell’atmosfera e in parte l’ha diffusa in una area non ancora delimitata ma comunque piuttosto vasta. Nei giorni passati nel comune di Seveso si è fatto il possibile e l’impossibile per controllare la quantità di veleno Tino Neirotti (Continua a pagina 2 in ottava colonna)

Persone citate: Meda

Luoghi citati: Seveso

LaStampa 25/07/1976 – numero 158 pagina 1

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Sfollate zone di Seveso e Meda investite dalla nube avvelenata

Sfollate zone di Seveso e Meda investite dalla nube avvelenata Per 1500 metri attorno allo stabilimento chimico Sfollate zone di Seveso e Meda investite dalla nube avvelenata La decisione presa ieri sera dopo una lunga riunione di scienziati e di amministratori – Quattrocento persone lasceranno (temporaneamente) le loro case – Il terreno dovrà essere bonificato, tutti gli edifici disinfestati, la vegetazione bruciata con i lanciafiamme – La fabbrica “Icmesa” chiusa e posta sotto controllo (Nostro servizio particolare) Milano, 24 luglio. Il territorio compreso fra i comuni di Seveso e Meda dovrà essere temporaneamente sgomberato a partire da domani mattina: la nube di gas tossico uscita dalla fabbrica Icmesa — un’industria chimica del gruppo svizzero Roche — minaccia la vita degli abitanti e specie gli organismi più deboli, come quelli dei bambini. La decisione è stata presa stasera dagli scienziati riuniti da alcuni giorni e subito discussa, nei locali del comune di Seveso, dai rappresentanti degli enti locali, alla presenza dell’assessore regionale alla Sanità, Vittorio Rivolta, del prefetto di Milano e del procuratore della Repubblica. Sui provvedimenti che verranno adottati non si sono avute notizie precise. Gli scienziati svizzeri, inviati dallo stesso gruppo Roche, avrebbero detto che occorre isolare la zona contaminata — un rettangolo di 12 ettari — e qui « bruciare tutto, disinfestare le case, distruggere la vegetazione e i prodotti della terra, abbattere gli animali e asportare uno strato di almeno venti centimetri del terreno inquinato ». Al termine della riunione, è stato intervistato l’assessore regionale Rivolta: « Sui provvedimenti che prenderemo non sono in grado di anticipare nulla — ha dichiarato —. Tuttavia i dati dell’inquinamento formano un quadro tale da consigliare anche lo sgombero della popolazione ». — Si tratta di un territorio vasto? « No, non molto: dai 500 ai 1500 metri attorno alla fabbrica ». — Quante persone dovranno essere sgombrate? « In un primo tempo si è parlato di mille, ma penso che non saranno più di 400 ». — E’ vero che dovranno essere distrutte le colture? « Si tratta di un provvedimento di bonifica, proprio per questo è necessario allontanare temporaneamente gli abitanti della zona colpita ». — Sono ormai quattordici giorni che la nube minaccia Seveso e Meda. Soltanto ora si interviene? « Non è troppo tardi. Il problema più grave, secondo j quanto dicono gli scienziati, è \ quello dell’accumulo del tos-1 sico negli organismi. Questo non può essere avvenuto in due settimane soltanto: potrebbe però accadere nei mesi futuri ». Secondo indiscrezioni trapelate questa sera, il territorio che dovrà essere sgombe- rato a partire da domani (chiamato «zona A») ha un raggio di 750 metri attorno alla fabbrica ed è abitato attualmente da 179 persone; una seconda fascia (detta « zona B » che ha una profondità di 500 metri ed è abitata da 500 persone) non corre nessun pericolo immediato e la gente — se vorrà — potrà continuare ad abitarvi, applicando le disposizioni sanitarie già impartite nei giorni scorsi. Da domani, comunque, entrerà in funzione un laboratorio di analisi per controlla¬ re quotidianamente lo stato di salute di tutti gli abitanti. Per quanto riguarda lo stabilimento chimico, è stato deciMarzio Fabbri (Continua a pagina 2 in settima colonna) Milano. Mamme e bambini nell’ambulatorio d’emergenza (Telefoto Bellis)

Persone citate: Bellis, Fabbri, Meda

Luoghi citati: Milano, Seveso

LaStampa 25/07/1976 – numero 158 pagina 1

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La “nube,, ha colpito caso, torre e colture di Marzio Fabbri

La “nube,, ha colpito caso, torre e colture La “nube,, ha colpito caso, torre e colture (Segue dalla 1° pagina) so di chiuderlo e sigillarlo per accertare il suo stato di inquinamento e le condizioni di sicurezza degli impianti. Per trasportare la popolazione e assicurare l’ordine pubblico dovrebbero intervenire i carabinieri del gruppo di Monza. Le famiglie, momentaneamente senza tetto, alloggeranno al residence « Leonardo da Vinci » di Milano a spese della pubblica amministrazione. Una volta allontanati gli abitanti dalla zona, interverranno probabilmente i tecnici della multinazionale « Roche » che, con appositi macchinari, procederanno ad una zappatura in profondità e, se sarà necessario, asporteranno uno strato di circa 20 centimetri di « humus ». Prima di questo, ovviamente, bisognerà distruggere la vegetazione e l’operazione dovrebbe essere condotta con i lanciafiamme dell’esercito. La preoccupazione degli amministratori di Seveso e Meda è che i costi della bonifica e delle misure connesse si scarichino sugli enti locali. Per questo al prefetto è stato dato mandato di intervenire presso il governo sollecitando consistenti aiuti. Che si sia arrivati alla soluzione più logica — anche se più dolorosa — soltanto dopo due settimane, è considerato «assurdo» dagli scienziati più preparati. Ieri il Consiglio provinciale della Sanità aveva concluso i lavori affermando ufficialmente che non erano da ■ ritenersi necessarie, o impellenti, altre misure. Il professor Reggiani — scienziato italiano residente in Francia e portavoce della «Roche» — aveva concertato con i dirigenti della ditta una dura presa di posizione. «Manca la mobilitazione — aveva detto l’avvocato Antonio Stasi —■ non ci si rende conto che qui può succedere di tutto. E’ nostro interesse cercare di limitare i danni perché minori sono i danni, meno pesante sarà la posizione degli imputati miei assistiti, i dirigenti Paolo Paoletti e Erwig Zwehl». La società, per rafforzare la propria tesi sulla necessità di considerare «gravissimo» l’inquinamento, ha messo a disposizione della popolazione colpita 100 milioni, specificando che non si tratta di un indennizzo. Ancora stamane il sindaco di Seveso si era detto «molto preoccupato» per i ritardi dell’intervento pubblico cui il Comune ha cercato di sopperire con le sue sole forze. «In particolare — ha detto — siamo preoccupati perché la zona inquinata è frequentata dalla popolazione e molta gente contìnua a cogliere e a mangiare i prodotti della terra, malgrado l’assoluto divieto». Ci si chiede, stasera, come mai proprio la popolazione dei paesi colpiti sembri trascurare il pericolo: « Abbiamo cercato di non creare allarmismo », ha detto l’asses¬ sore Rivolta. Ma c’è un’altra considerazione da fare. La decisione di ordinare lo sgombero, una delle poche serie prese in questi giorni, è stata lasciata al Comune. Gli organi sanitari superiori non se ne sono assunta la responsabilità perché — ha detto sempre Rivolta — « non ci sono dati precisi ». L’assessore alla Sanità, in pratica, ha lasciato tutto in mano al sindaco di un paese di 20.000 abitanti che certamente non può disporre degli stessi collaboratori scientifici a disposizione dell’assessore. Marzio Fabbri

Persone citate: Antonio Stasi, Erwig Zwehl, Leonardo Da Vinci, Meda, Paolo Paoletti, Reggiani, Roche

Luoghi citati: Francia, Milano, Seveso

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La gente fugge da Seveso inquinata dai gas mortale

La gente fugge da Seveso inquinata dai gas mortale Vietnam in Italia: allarme in ritardo, accuse gravissime La gente fugge da Seveso inquinata dai gas mortale Oggi lo sgombero del paese – I casi di infezione sono in aumento, non esiste un antidoto efficace – Per 15 giorni si è respirato il veleno senza che nessuno avvertisse del pericolo (Dal nostro inviato speciale) Seveso, 25 luglio, A Seveso, domattina, inizie- rà lo sgombero delle 173 per- sone (ma il numero non è ancora ufficialeJ, che abitano nella zona più colpita dalla nube tossica sprigionatasi il io luglio dallo stabilimento chimico Icmesa. Gli adulti verranno trasferiti in un enor- me complesso alberghiero, ilLeonardo da Vinci, in loca- lità Bruzzano, cioè una deci- na di chilometri più a sud, quasi alle porte di Milano. Non è stato necessario requisire i locali che ospiteranno la gente di Seveso poiché la proprietà dell’hotel si è dimostrata disponibilissima ad accettarla. I bambini — i una quarantina — saranno in i vece ospitati nella colonia di j Cannobio, sul Lago Maggiore, ; La gente così, dopo 16 gior j ni d’attesa e di comunicati ! contraddittori, lascia le prò j prie case portandosi dietro \ pochi abiti ed oggetti perso j nali. I militari vigileranno per I impedire che qualunque altro \ utensile o animale domestico . venga portato fuori dalla zo ] na inquinata o che si verifi ! chino casi di « sciacallaggio ». \ Nel settore che si allarga con un raggio di 800 metri a sudest dallo stabilimento chimico, rimarranno quindi le case vuote e gli animali. Nell’ordinanza di evacuazione, firmata dal sindaco di Seveso, Francesco Rocca, si dice fra l’altro che «l’alimentazione degli animali verrà effettuata da personale degli uffici veterinari», ma con tutta probabilità cani, gatti, galline, uccelli e ogni altra forma di vita nel triangolo definito «zona A», non potranno sot pravvivere. Moriranno colpiti i dalle forme tossiche più di¬ verse. Gli effetti della sostanza chimica contenuta dalla nube sono infatti imprevedibili. Ed i danni che attualmente si conoscono su questo preparato non possono non destare timore e apprensione. Basti pensare che il Tcdd (com’è chiamato in chimica il tetraclorodìbenzoparadiossina) è letale ai conigli alla dose di un milionesimo di grammo-chilogrammo, provoca malformazioni in embrioni di cavie a cui sia stato somministrato ad una concentrazione di 0,05-0,1 parti per milione, provoca alterazioni nella struttura cromosomica — quindi può anche essere determinante nel cattivo sviluppo del feto — alla dose di 0,2 parti per miliardo. Oggi la gente di Seveso ha paura. I primissimi giorni dopo l’esplosione gli ufficiali sanitari del Comune passavano di casa in. casa per tranquillizzare gli abitanti, per dire che non c’era nulla da tergere. Ma poi i casi di malore, le macchie sulla pelle, gli anima li morti, e, oggi. 350 carabi- meri e 200 soldati, il filo spi- nato, i vigili del fuoco che bagnano le strade per impedire alla polvere di sollevarsi, l’ordine del sindaco di evacuare Salvatore Rotondo (Continua a pagina 2 in prima colonna) , I soldati delimitano col filo spinato la zona contaminata

Persone citate: Francesco Rocca, Salvatore Rotondo

Luoghi citati: Italia, Milano, Seveso, Vietnam

StampaSera 26/07/1976 – numero 156 pagina 1

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Fuga da Seveso

Fuga da Seveso Fuga da Seveso (Segue dalla 1° pagina) la zona, hanno riportato tutti brutalmente alla realtà. La gente guarda esterrefatta, ma c’è anche qualcuno che ogni tanto non sa tacere. Angelo Tessarolo, 49 anni, quattro figli, è operaio dell’Acna. La sua casa è nella zona infetta. La moglie parla con le lacrime agli occhi: «La nube è passata sabato. Nessuno ha dato l’allarme e noi siamo stati lì a guardarla, imbanbolati, senza renderci conto di che cosa si trattasse. Abbiamo provato solo un grande bruciore agli occhi ed un fortissimo odore. Domenica sera sono passati i carabinieri, per avvisarci che la nube poteva avere conseguenze nocive. Lunedì però si è fatto vedere un ufficiale sanitario del comune per dirci che non c’era alcun pericolo». Nel frattempo, in casa della famiglia Scozzini una gallina era morta, completamente disidratata: in poche ore il suo peso era passato da due chili a due etti. Molti cani sono impazziti, gli uccelli cadevano immobili nelle gabbie. «E noi — dice il quarantacinquenne Mario Pontiggia — abbiamo continuato a mangiare tranquillamente frutta e verdura. L’Icmesa è la filiale italiana di una multinazionale svizzera. Ufficialmente, dal 1969, produce sostanze intermedie impiegate nella fabbricazione di prodotti cosmetici, igienici e medicinali. Il Tcdd, secondo le versioni fornite da tecnici e scienziati, si sarebbe sviluppato in quantità esorbitante in seguito all’esplosione di un reattore contenente del semplice triclorofenolo, cioè un diserbante molto meno nocivo. Di fatto il 50 per cento della produzione dell’Icmesa — che occupa 230 dipendenti — è destinata a sedi svizzere ed americane. Ed il Tcdd — forse soltanto casualmente — è l’arma chimica con la quale gli Stati Uniti hanno diserbato intere foreste durante il conflitto vietnamita. Frattanto, nell’ufficio d’igiene di via Monti, a Seveso, continua la lunga processione di gente. «Non voglio essere accusato di allarmismo — dichiara il medico condotto dottor Uberti — ma devo dire la verità: tra ieri mattina e oggi ho visto decine di casi. Inizialmente si sperava che la patologia fosse in regressione. Invece i casi si presentano sempre più numerosi. Intere famiglie vengono colpite, chi in una forma, chi in un’altra. Purtroppo non esiste un antidoto e noi dobbiamo limitarci a dare consigli di comportamento, a seconda delle zone di provenienza delle persone». Domani, mentre a Zurigo i maggiori industriali chimici stanno discutendo della vicenda, la giunta a Milano si riunirà con i professori Pocchiuri e Giannico, quest’ultimo direttore generale dell’igiene pubblica, per decidere eventuali ulteriori provvedimenti, ma tutto finora sembra essere organizzato all’insegna del volontarismo. In teoria a Seveso dovrebbero essere in funzione l’ufficio d’igiene ed un ambulatorio dermatologico, ma quest’ultimo — è incredibile — nella, giornata di festa è rimasto chiuso. Domani aprirà, secondo il normale orario, alle 8, con un secondo ambulatorio approntato in sede ancora da stabilire. Si prevede infatti che il flusso della gente (il 99 per cento dei colpiti sono bambini) non si esUurirà molto presto. La zona A, dove i casi di infezione sono più gravi, potrebbe essere anzi allungata ad un raggio ancor più vasto, fino a 1500 metri. Proprio sul limite tra la zona A e la zona B, Ha sede la casa e l’azienda di Ezio Zanon, 30 anni, padre e madre, moglie e due bambini. Uno dei due, il più piccolo, è stato colpito ed è tra i ricoverati a Mariano Comense. L’accusa di Zanon è gravissima: «La mia casa è stata esclusa dalla zona A, cioè da quella dell’evacuazione, perché il Comune non sapeva cosa fare di 40 bovini, delle galline e delle altre bestie del mio allevamento. Dovrei essere nella zona A, ma il filo spinato si fermerà accanto ad uno dei miei recinti per girare intorno alla casa e lasciarla nella zona B. Alle bestie penserò io, a mio rischio e pericolo, ma non lascio qui i miei a morire. Il Comune dica quello che vuole, io li porterò via». Salvatore Rotondo

Persone citate: Angelo Tessarolo, Ezio Zanon, Giannico, Mario Pontiggia, Salvatore Rotondo, Uberti, Zanon

Luoghi citati: Mariano Comense, Milano, Seveso, Stati Uniti, Zurigo

StampaSera 26/07/1976 – numero 156 pagina 2

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Letali strumenti da apocalisse che si maneggiano ogni giorno di Bruno Ghibaudi

Letali strumenti da apocalisse che si maneggiano ogni giorno IL DRAMMA DELL’ICMESA E L’INDUSTRIA CHIMICA ITALIANA Letali strumenti da apocalisse che si maneggiano ogni giorno Roma, 25 luglio. Sembra che nei documenti che consentivano alla Icmesa di Seveso di ottenere il periodico rinnovo delle autorizzazioni, la produzione della ditta fosse genericamente indicata in « sostanze intermedie impiegate nella fabbricazione di prodotti cosmetici, igienici e medicinali ». Sembra pure che il consiglio di fabbrica, dopo aver chiesto più volte di sapere che cosa si produceva nello stabilimento, non sia mai riuscito ad accertarlo. Sembra pure che i sindacati non abbiano mai fatto nulla per esigere chiarimenti e dispositivi di sicurezza proporzionati. E così non dobbiamo meravigliarci se la rottura di una valvola è bastata a mandare 34 persone in ospedale, a far morire gli animali, a contaminare per almeno tre anni una zona che la pioggia dei giorni scorsi ha reso ancora più vasta ma anche a rivelare una realtà impressionante: viviamo a contatto di gomito con gli strumenti dell’apocalisse e non lo sappiamo. Diserbante vietato Con il consiglio di fabbrica e i sindacati, l’opinione pubblica ha scoperto che in quello stabilimento della Brianza si produceva un diserbante, l’acido 2,4,5, triclorofenossiacetico, il cui impiego in agricoltura è proibito da un apposito decreto del ministro della Sanità (DM n. 237, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18-9-1970) e la cui azione è risultata tanto micidiale e sconvolgente da indurre perfino gli americani a sospenderne l’uso in Vietnam. E abbiamo pure scoperto che durante la produzione di questa tremenda sostanza se ne genera un’altra ancora più letale, la tetraclorodibenzoparadiossina (Tcdd), che appare in quantità minima se il procedimento è normale ma che può svilupparsi in quantità assai maggiore se la temperatura — come è avvenuto alla Icmesa per cause ancora da precisare — supera i 180-200 gradi. Per valutare meglio la pericolosità della Tcdd, basti pensare che 200 grammi immessi nell’acquedotto di New York trasformerebbero la metropoli in un cimitero. La nube di Seveso, a quanto si dice, ne conteneva più di due chili. Ma non è ancora tutto. Il consiglio di fabbrica della Icmesa ha dichiarato che questa produzione era già stata avviata negli Anni 60, era terminata al momento dell’armistizio in Vietnam ed era ripresa in sordina cinque mesi fa. Inoltre, nell’elenco delle industrie chimiche la Icmesa figurava fra quelle definite genericamente «insalubri», come un qualsiasi allevamento di porci. Quante altre industrie italiane sfornano sostanze mortali quasi all’insaputa di tutti? Nessuno potrebbe dirlo con precisione: gli elenchi.se non sono incompleti, sono spesso generici. Le leggi pur essendo carenti, sovrapposte o confuse, servirebbero a qualcosa se venissero rispettate. Ma non sempre lo sono, anche per la sicurezza generica. Qualche tempo fa nei pressi di Venezia un aeroplano andò a schiantarsi a poca distanza da un certo numero di contenitori lasciati all’aperto come se fossero stati serbatoi d’acqua: contenevano tanto fosgene da uccidere alcune decine di migliaia di persone. La nostra analisi non deve però fermarsi a questi eventi macroscopici per denunciare i pericoli che tutti quanti stiamo correndo. La nostra leggerezza nel maneggiare e disperdere veleni ha dell’incredibile. Le statistiche relative all’impiego del Ddt lo dimostrano al di sopra di ogni equivoco. In Italia, dai 7 mila quintali di Ddt usati nel 1958 siamo passati ad oltre 22 mila quintali nel 1969. E ciò accadeva proprio mentre in moltissimi altri paesi l’uso del Ddt diminuiva progressivamente, fino ad essere proibito per legge. Con una propaganda sottile, accorta, utilissima a far aumentare gli utili di gestione ma profondamente egoista, irresponsabile e criminale, molte industrie chimiche si preoccupano soltanto di vendere, senza minimamente darsi la pena di accertare se la distribuzione incontrollata di prodotti chimici reca danni irreparabili agli uomini. Quintali di veleno La legge italiana permette per esempio di usare in agricoltura il parathion, una sostanza della quale basta un solo grammo per uccidere un uomo. Un’allarmante statistica della Fao ci informa che nel 1971, mentre le altre nazioni europee più evolute hanno impiegato soltanto 3 mila quintali di esteri fosforici, con percentuali ridottissime di parathion, l’Italia ne ha usati ben 56 mila quintali, fra i quali oltre 12 mila quintali di parathion, cioè quanto basta per uccidere un miliardo e 300 milioni di uomini. Sulle confezioni di prodotti per l’agricoltura venduti liberamente in Italia si leggono frasi come queste: «So stanza pericolosa per inge¬ stione, inalazione e contatto con la pelle. Conservare in luogo inaccessibile a bambini e ad animali domestici. Non contaminare altre colture, alimenti, bevande e corsi d’acqua. Evitare il contatto con la pelle, gli occhi, gli indumenti ». Oppure: « Attenzione: da impiegarsi esclusivamente in agricoltura. Ogni altro uso è pericoloso. Chi impiega il prodotto è responsabile anche nei confronti di terzi per eventuali danni ». E così scrivendo, i produttori della micidiale sostanza si mettono a posto con la coscienza: da quel momento la responsabilità si è trasferita totalmente a chi se ne serve. A causa della carenza di manodopera in agricoltura, sostanze di questo genere vengono irrorate quasi esclusivamente a macchina, con il risultato di farne spargere almeno il 40 per cento in più del necessario. Cadute sul terreno o dilavate, penetrano nei vegetali attraverso foglie e radici e scendono fino ad inquinare le acque sotterranee. Il risultato finale è sconvolgente: dopo poco tempo questi veleni arrivano sulla nostra tavola, nel nostro piatto, nel nostro bicchiere. Un impiego così disinvolto di pesticidi dovrebbe fornire come contropartita una produzione agricola quantitativamente e qualitativamente superiore. Invece sono ancora le statistiche ad informarci che la produttività è rimasta praticamente invariata rispetto all’epoca in cui si usavano diserbanti e pesticidi non tossici. Non solo, ma i risultati ottenuti sono diminuiti dalle perdite subite. Al contatto con questi terribili veleni molti uccelli utili all’agricoltura, proprio perché eliminano senza danno per l’uomo i parassiti nocivi, muoio¬ no in quantità tanto grande da provocare l’estinzione della specie. D’altra parte i parassiti riescono a rinforzare, di generazione in generazione, la loro resistenza agli agenti chimici, acquisendo un’immunizzazione che li rende resistenti anche ad essi. Ci avveleniamo gratuitamente, quindi, e rendiamo più forti quegli stessi nemici che la natura, con il minimo danno per la produzione agricola, riusciva a distruggere senza danno per l’uomo. In fondo, i veri sconfitti di questa guerra siamo noi. Bruno Ghibaudi

Luoghi citati: Italia, New York, Roma, Seveso, Venezia, Vietnam

StampaSera 26/07/1976 – numero 156 pagina 3

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Vietnam in Italia; allarme in ritardo, accuse gravissime

Vietnam in Italia; allarme in ritardo, accuse gravissime Vietnam in Italia; allarme in ritardo, accuse gravissime La gente fugge da Seveso inquinata dal gas mortale Oggi lo sgomberefficace – Per 15 o del paese – I casi giorni si è respirat di infezione sono o il veleno senza (Dal nostro Inviato speciale) Seveso, 25 luglio. A Seveso, domattina, inizierà lo sgombero delle 173 persone (ma il numero non è ancora ufficiale), che abitano nella zona più colpita dalla nube tossica sprigionatasi il 10 luglio dallo stabilimento chimico Icmesa. Gli adulti verranno trasferiti in un enorme complesso alberghiero, il Leonardo da Vinci, in località Bruzzano, cioè una decina di chilometri più a sud, quasi alle porte di Milano. Non è siato necessario requisire i locali che ospiteranno la gente di Seveso poiché la proprietà dell’hotel si è dimostrata disponibilissima ad accettarla. I bambini — I soldati delimitano, coi filo in aumento, non che nessuno avve una quarantina — saranno invece ospitati nella colonia di Cannobio, sul Lago Maggiore. La gente così, dopo 16 giorni d’attesa e di comunicati contraddittori, lascia le proprie case portandosi dietro pochi abiti ed oggetti personali. 1 militari vigileranno per impedire che qualunque altro utensile o animale domestico venga portato fuori dalla zona inquinata o che si verifichino casi di « sciacallaggio ». Nel settore che si allarga con un raggio di 800 metri a sudest dallo stabilimento chimico, rimarranno quindi le case vuote e gli animali. Nell’ordinanza di evacuazione, firmata dal sindaco di Seveso, Francesco Rocca, si spinato la zona contaminata esiste un antidoto rtisse del pericolo dice fra l’altro che «l’alimentazione degli animali verrà effettuata da personale degli uffici veterinari», ma con tutta probabilità cani, gatti, galline, uccelli e ogni altra forma di vita nel triangolo definito «zona A», non potranno sopravvivere. Moriranno colpiti dalle forme tossiche più diverse. Gli effetti della sostanza chimica contenuta dalla nube sono infatti imprevedibili. Ed i danni che attualmente si conoscono su questo preparato non possono non destare timore e apprensione. Basti pensare che il Tcdd (com’è chiamato in chimica il tetraclorodibenzoparadiossina) è letale ai conigli alla dose di un milionesimo di grammo-chilogrammo, provoca malformazioni in embrioni di cavie a cui sia stato somministrato ad una concentrazione di 0,05-0,1 parti per milione, provoca alterazioni nella struttura cromosomica — quindi può anche essere determinante nel cattivo sviluppo del feto — alla dose di 0,2 parti per miliardo. Oggi la gente di Seveso ha paura. I primissimi giorni dopo l’esplosione gli ufficiali sanitari del Comune passavano di casa in casa per tranquillizzare gli abitanti, per dire che non c’era nulla da temere. Ma poi i casi di malore, le macchie sulla pelle, gli animali morti, e, oggi, 350 carabinieri e 200 soldati, il filo spinato, i vigili del fuoco che bagnano le strade per impedire alia polvere di sollevarsi, l’ordine del sindaco di evacuare Salvatore Rotondo (Continua a pagina 2 in prima colonna)

StampaSera 26/07/1976 – numero 156 pagina 1

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Fuga ila Seveso

Fuga ila Seveso Fuga ila Seveso Abbiamo un’estate “scomoda,, e si preannuncia un autunno ancora più austero Nuova raffica di aumenti al ritorno dalle vacarne Un te ria degli italiani vaia ferie gli emigrati “tornano al paese,, (Segue dalla V pagina) la zona, hanno riportato tutti brutalmente alla realtà. La gente guarda esterrefatta, ma c’è anche qualcuno che ogni tanto non sa tacere. Angelo Tessarolo, 49 anni, quattro figli, è operaio dell’Acna. La sua casa è nella zona infetta. La moglie parla con le lacrime agli occhi: «La nube è passata sabato. Nessuno ha dato l’allarme e noi siamo stati 11 a guardarla, imbambolati, senza renderci conto di che cosa si trattasse. Abbiamo provato solo un grande bruciore agli occhi ed un fortissimo odore. Domenica sera sono passati i carabinieri, per avvisarci che la nube poteva avere conseguenze nocive. Lunedì però si è fatto vedere un ufficiale sanitario del comune per dirci che non c’era alcun pericolo». Nel frattempo, in casa della famiglia Scozzini una gallina era morta, completamente disidratata: in poche ore il suo peso era passato da due chili a due etti. Molti cani sono impazziti, gli uccelli cadevano immobili nelle gabbie. «E noi — dice il quarantacinquenne Mario Pontiggia — abbiamo continuato a mangiare tranquillamente frutta e verdura. L’Icmesa è la filiale italiana di una multinazionale svizzera. Uffioialmente, dal 1969, produce sostanze intermedie impiegate nella fabbricazione di prodotti cosmetici, igienici e medicinali. Il Tcdd, secondo le versioni fornite da tecnici e scienziati, si sarebbe sviluppato in quantità esorbitante in seguito all’esplosione di un reattore contenente del semplice triclorofenolo, cioè un diserbante molto meno nocivo. Di fatto il 50 per cento della produzione dell’lcmesa — che occupa 230 dipendenti — è destinata a sedi svizzere ed americane. Ed il Tcdd — forse soltanto casualmente — è l’arma chimica con la quale gli Stati Uniti hanno diserbato intere foreste durante il conflitto vietnamita. Frattanto, nell’ufficio d’igiene di via Monti, a Seveso, continua la lunga processione di gente. «Non voglio essere accusato di allarmismo — dichiara il medico condotto dottor Uberti — ma devo dire la verità: tra ieri mattina e oggi ho visto decine di casi. Inizialmente si sperava che la patologia fosse in regressione. Invece i casi si presentano sempre piti numerosi. Intere famiglie vengono colpite, chi in una forma, chi in un’altra. Purtroppo non esiste un antidoto e noi dobbiamo limitarci a dare consigli di comportamento, a seconda delle zone di provenienza delle persone». Domani, mentre a Zurigo i maggiori industriali chimici stanno discutendo della vicenda, la giunta a Milano si riunirà con i professori Pacchiari e Giannico, quest’ultimo direttore generale dell’igiene pubblica, per decidere eventuali ulteriori provvedimenti, ma tutto finora sembra essere organizzato all’insegna del volontarismo. In teoria a Seveso dovrebbero essere in funzione l’ufficio d’igiene ed un ambulatorio dermatologico, ma quest’ultimo — è incredibile — nella giornata di festa è rimasto chiuso. Domani aprirà, secóndo il normale orario, alle 8, con un secondo ambulatorio approntato in sede ancora da stabilire. Si prevede infatti che il flusso della gente (il 99 per cento dei colpiti sono bambini) non si esaurirà molto presto. La zona A, dove i casi di infezione sono più gravi, potrebbe essere ami allungata ad un raggio ancor più vasto, fino a 1500 metri. Proprio sul limite tra la zona A e la zona B, ha sede la casa e l’azienda di Ezio Zanon, 30 anni, padre e madre, moglie e due bambini. Uno dei due, il più piccolo, è stato colpito ed è ira i ricoverati a Mariano Comense. L’accusa di Zanon è gravissima: «La mia casa è stata esclusa dalla zona A, cioè da quella dell’evacuazione, perché il Comune non sapeva cosa fare di 40 bovini, delle galline e delle altre bestie del mio allevamento. Dovrei essere nella zona A, ma il filo spinato si fermerà accanto ad uno dei miei recinti per girare intorno alla casa e lasciarla nella zona B. Alle bestie penserò io, a mio rischio e pericolo, ma non lascio qui i miei a morire. Il Comune dica quello che vuole, io li porterò via». Salvatore Rotondo Roma, 25 luglio. Le vacanze hanno portato un po’ di sollievo sul fronte dei prezzi; ma si tratta, con tutta probabilità, di una calma apparente. Nei mesi precedenti a giugno infatti, ogni tipo di prodotti, alimentari e non, aveva effettuato un balzo di prezzo notevolissimo, dovuto alla svalutazione della lira ed all’accentuazione del meccanismo inflazionistico. Una conferma di ciò viene dallo scatto di contingenza previsto per agosto: sette punti, il record. A giugno invece, anche a causa delle misure relative alle importazioni, l’inflazione ha conosciuto una pausa; il diminuito potere di acquisto dei salari ha provocato una forte caduta nei consumi. Le industrie produttrici e i sistemi di distribuzione hanno perciò evitato di «caricare» nuovi aumenti sui generi interessati, aumenti che avrebbero potuto rivelarsi esplosivi in una situazione del genere. L’ufficio studi delle cooperative di consumo non è comunque particolarmente ottimista, per quello che riguarda l’autunno ed anche il futuro immediato. In maggio c’è stato, secondo le statistiche dell’Istat, un nuovo aumento dei prezzi all’ingrosso, piuttosto consistente, del 2,2 per cento (0,3 per cento dei prodotti agricoli, 2,5 per cento degli altri) che prima o poi, come sempre avviene, dovrà ripercuotersi anche al dettaglio, a scadenza non lunga. Anche la siccità che ha colpito il mondo occidentale, e l’Europa in particolare, influirà negativamente sui prezzi al dettaglio. Saremo costretti ad importare più mais e foraggi del consueto, e, per di più, in una situazione di carenza mondiale; i costi di questi prodotti sui mercati internazionali andranno alle stelle, e, in ultima analisi, chi ne farà le spese sarà il consumatore, in particolare quello di carne bovina. Già l’obbligatorietà del deposito cauzionale sull’e- sborso di valuta aveva contratto duramente le importazioni, e c’era stata una maggiore richiesta di prodotto nazionale, con conseguente aumento dei prezzi. La situazione, ammoniscono i dettaglianti, è al limite: un altro aumento provocherebbe un ulteriore drastico taglio nel consumo. Esaminando il panorama settore per settore si vede che l’ultimo grave rincaro, per quanto riguarda gli alimentari, è stato quello dello zucchero. Spenderemo 150 miliardi in più all’anno, dal momento che il Cip ha fissato la maggiorazione in 80 lire al kg. La decisione è stata duramente criticata dai sindacati di categoria, secondo i quali «non c’è alcun coordinamento fra questa misura e il piano di sviluppo del settore bieticolosaccarifero e perché esistono altre soluzioni, che non avrebbero inciso sul prezzo al consumo». Donat-Cattin, che in sede di Cip ha votato contro il provvedimento, ha addirittura sostenuto che sarebbe stata possibile una riduzione di prezzo. Si profila nel frattempo una nuova battaglia della pasta, gli industriali chiedono un forte aumento. Il problema non è ancora stato affrontato, ma le pressioni da parte dell’industria sono continuate e continuano. Di recente il comitato provinciale prezzi di Perugia ha emesso un provvedimento di conferma, in via provvisoria, della validità dei prezzi stabiliti per tutto il territorio italiano. Toccherà ora al Comitato nazionale prezzi prendere una posizione chiara, esaminando i dati. Calma, per ora, nei prezzi dei latticini (il consumo è calato), ma si potranno verificare aumenti dal momento che, dal primo luglio, nelle varie regioni sono in corso i «rinnovamenti» nel prezzo del latte. Calo nel consumo anche per l’olio, sia di semi che di oliva. La domanda molto ridotta ha causato un ribasso sul mercato interno, nonostante che i prezzi sul mercato internazionale per l’olio di semi siano in leggero aumento. I produttori oleari italiani, invece, mantengono il prezzo sui livelli abituali, perché hanno la possibilità di collocare il proprio prodotto ad an prezzo interessante presso ! l’Aima. Notizie contrastanti per il mercato delle carni suine e del pollame. Dai primi di maggio si è registrato un calo nei prezzi per i capi suini da macello: nonostante questo però si prevede un aumento al dettaglio nei prossimi due mesi. Per il pollame, ad un forte aumento di prezzo, ha fatto seguito un drastico calo nelle vendite. L’impennata è stata determinata da una notevole richiesta da parte delle industrie produttrici di alimenti congelati. Finiti questi acquisti speculativi, i prezzi sono calati, ma ci si sta nuovamente muovendo verso una costante lievitazione. screpanza fra le cifre e la «sensazione visiva»; le vacanze Jantasma. «E’ la stessa situazione — spiega — per cui le statistiche indicano la popolazione attiva italiana come fra le più basse in Europa. Se poi si va a controllare l’entità del lavoro a domicilio, del numero delle persone che hanno una doppia attività, allora i risultati rischiano quasi di capovolgersi. Il ragionamento vale ‘anche per le statistiche sugli italiani che vanno in vacanza. Troppi, fra coloro che tornano, d’estate, nei luoghi d’origine, presso i parenti, sfuggono a ogni classificazione. Sono i turisti «invisibili», ma solo per le indagini statistiche, non per i caselli delle autostrade». Ferrarotti spiega questo fenomeno delle vacanze «nascóste» soprattutto con due argomenti, uno di carattere economico, l’altro più squisitamente sociologico. «Per una famiglia giovane, composta di quattro persone, permettersi Tutti a casa, questa estate, secondo le statistiche. La solita indagine dell’Istat ha accertato che il 65 per cento degli italiani non va in vacanza. Le cifre sono relative al 1975, ma, visto che sono sostanzialmente simili a quelle degli anni scorsi, è presumibile che anche quest’anno le ferie siano privilegio di appena un terzo degli italiani. Secondo altre fonti, sembra che addirittura il 50 per cento degli abitanti della Lombardia (la regione normalmente considerata più «vacanziera») non abbia mai fatto un viaggio turistico diverso dal semplice week-end. Chiunque si sia trovato su una qualsiasi autostrada nel mese di agosto ha potuto constatare di persona l’imprecisione dei dati statistici. Le città deserte, le spiagge stracolme, starebbero a dimostrare che qualcosa non funziona nei sistemi di rilevazione dell’Istat. Il sociologo Franco Ferrarotti ha coniato un termine per spiegare questa di¬ Marco Tosatti anche solo due settimane di vacanza è già un lusso, considerando i livelli medi dei salari, in rapporto all’aumento del prezzo della benzina, alle tariffe dei ristoranti e degli alberghi. Molti quindi preferiscono, o vi sono costretti, trascorrere il tempo delle ferie presso i parenti, in campagna, nei luoghi d’origine. Ma non si tratta solo di una scelta “economica”. Le ragioni di questo fenomeno possono essere spiegate con la particolare struttura del nostro Paese, dove gli italiani sono inurbati, ma la società non è, o non è ancora, urbana». «I milioni di persone che si sono trasferite — continua il sociologo — dal Sud al Nord, dalle campagne alle città, hanno continuato a mantenere rapporti molto stretti con i parenti nei luoghi d’origine. Per fare un confronto comunque deprimente, da noi si è verificato il contrario di quanto è avvenuto nella società latino-americana, dove pure l’urbanizzazione è stata sensibile, ma senza un adeguato sviluppo dell’industrializzazione. Qui, il legame con i parenti non si è conservato, anche perché sono state le famiglie al completo ad abbandonare i paesi di nascita». Bisogna aggiungere inoltre che il mito delle vacanze è strettamente legato al sistema di vita delle società industrializzate. «Sono il sintomo più vistoso di ima società alienante — spiega ancora Ferrarotti —: in una società bene organizzata, non c’è bisogno di vacanze, perché la vita quotidiana non è insopportabile. Se questa tesi è valida, allora quanto più un gruppo è lontano dal modo di vita industriale, tanto meno avverte il bisogno di interrompere il ritmo normale della sua esistenza. Per chi è inurbato, si pone poi un altro problema, cioè dove “scappare”. Paradossalmente, l’ope¬ raio, cori le vacanze, cerca di interrompere il suo ritmo, ma tende a riprodurre le condizioni da cui “scappa”». In questo senso, la «fuga» non sarebbe tanto dal rumore, quanto dalla monotonia, dalla routine. « Infatti chi va in vacanza tende a privilegiare la riviera o la montagna, quasi mai la media collina, che è l’ideale per un vero periodo di riposo, ma che non consente la rottura con il modo tradizionale di fare le cose. Il paradosso finale è che si ritorna più stanchi di prima. Per tentare una spiegazione “psicologica” di questo fenomeno, si può dire che in una società di massa le “vacanze” sono una occasione in più per tentare di distinguersi dagli altri, con la vita notturna, con la barca, ecc. E’ la caccia a uno “status” che non ha nulla a che fare con il riposo». Il risultato è che il 35 per cento degli italiani che va in vacanza si affatica, mentre chi resta a casa, magari a pescare nel torrente appena fuori città, oppure torna in campagna, presso i parenti, sì riposa. E’ l’ultimo paradosso: le vere vacanze le fa chi «non va in vacanza». Ma il 35 per cento di noi, certo, non è d’accordo. Silvano Costanzo STAMPA SERA Direttore responsabile Ennio Carette Editrice LA STAMPA S.p.A. Presidente Giovanni Giovannini Consiglieri Vittorino Chiusano, Giulio De Benedetti, Carlo Masseronl, Cesare Romiti Sindaci Alfonso Ferrerò (pres.), Pierluigi Bertela, Secondino Riolfo Direttore amministrativo Carlo Masseronl © 1976 Ed. LA STAMPA S.p.A.

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IL DRAMMA DEIX’ICMESA E L’INDUSTRIA CHIMICA ITALIANA

IL DRAMMA DEIX’ICMESA E L’INDUSTRIA CHIMICA ITALIANA IL DRAMMA DEIX’ICMESA E L’INDUSTRIA CHIMICA ITALIANA Letali strumenti da apocalisse che si maneggiano ogni giorno Roma, 25 luglio. Sembra che nei documenti che consentivano alla Icmesa di Seveso di ottenere il periodico rinnovo delle autorizzazioni, la produzione della ditta fosse genericamente indicata in « sostanze intermedie impiegate nella fabbricazione di prodotti cosmetici, igienici e medicinali». Sembra pure che il consiglio di fabbrica, dopo, aver chiesto più volte di sapere che cosa si produceva nello stabilimento, non sia mai riuscitoad accertarlo. Sembra pure che i sindacati non abbiano mal fatto nulla per esigere chiarimenti e dispositivi di sicurezza proporzionati. E cosi non dobbiamo meravigliarci se la rottura di una valvola è bastata a mandare 34 persone in ospedale, a far morire gli animali, a contaminare per almeno tre anni una zona che la pioggia dei giorni scorsi ha reso ancora più vasta ma anche a rivelare una realtà impressionante:-viviamo a contatto di gomito con gli strumenti dell’apocalisse e non lo sappiamo. Diserbante vietato Con il consiglio di fabbrica e i sindacati, l’opinione pubblica ha scoperto che in quello stabilimento della Brianza si produceva un diserbante, l’acido 2,4,5, triclorofenossiaoetico, il cui impiego in agricoltura è proibito da un apposito decreto del ministro della Sanità (DM n. 237, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18-9-1970) e la cui azione è risultata tanto micidiale e sconvolgente da indurre perfino gli americani a sospenderne l’uso in Vietnam. E abbiamo pure scoperto che durante la produzione di questa tremenda sostanza se ne genera un’altra ancora più letale, la tetraclorodlbenzoparadiossina (Tcdd), che appare in quantità minima se il procedimento è normale ma che può svilupparsi in quantità assai maggiore se la temperatura — come è avvenuto alla Icmesa per cause ancora da precisare — supera i 180-200 gradi. Per valutare meglio la pericolosità della Tcdd, basti pensare che 200 grammi immessi nell’acquedotto di New York trasformerebbero la metropoli in un cimitero. La nube di Seveso, a quanto si dice, ne conteneva più di due chili. Ma non è ancora tutto. Il consiglio di fabbrica della Icmesa» ha dichiarato che questa produzione era già stata avviata negli Anni 60, era terminata al momento dell’armistizio in Vietnam ed era ripresa in sordina cinque mesi fa. Inoltre, nell’elenco delle industrie chimiche là Icmesa figurava fra quelle definite genericamente «insalubri», come un qualsiasi allevamento di porci. – Quante altre industrie italiane sfornano sostanze mortali quasi all’insaputa di tutti? Nessuno potrebbe dirlo con precisione: gli elenchi.se non sono incompleti, sono spesso generici. Le leggi pur essendo carenti, sovrapposte o confuse, servirebbero a qualcosa se venissero rispettate. Ma non sempre lo sono, anche per la sicurezza generica. Qualche tempo fa nei pressi di Venezia un aeroplano andò a schiantarsi a poca distanza da un certo numero di contenitori lasciati all’aperto come se fossero stati serbatoi d’acqua: contenevano tanto fosgene da uccidere alcune decine di migliaia di persone. La nostra analisi non deve però fermarsi a questi eventi macroscopici per denunciare i pericoli che tutti quanti stiamo correndo. La nostra leggerezza nel maneggiare e disperdere veleni ha dell’incredibile. Le statistiche relative all’impiego del Ddt lo dimostrano al di sopra di ogni equivoco. In Italia, dai 7 mila quintali di Ddt usati nel 1958 slamo passati ad oltre 22 mila quintali nel 1969. E ciò accadeva proprio mentre in moltissimi altri paesi l’uso del Ddt diminuiva progressivamente, fino ad essere proibito per legge. Con una propaganda sottile, accorta, utilissima a far aumentare gli utili di gestione ma profondamente egoista, irresponsabile e criminale, molte industrie chimiche si preoccupano soltanto di vendere, senza minimamante darsi la pena di accertare se la distribuzione incontrollata di prociotti chimici reca danni irreparabili agli uomini. Quintali di veleno La legge italiana permette per esempio di usare in agricoltura il parathion, una sostanza della quale basta un solo grammo per uccidere un uomo. Un’allarmante statistica della Fuo ci informa che nel 1971, mentre le altre nazioni europee più evolute hanno impiegato soltanto 3 mila quintali di esteri fosforici, con percentuali ridottissime di parathion, l’Italia ne ha usati ben 56 mi la quintali, fra i quali oltre 12 mila quintali di parathion, cioè quanto basta per uccidere un miliardo e 300 milioni di uomini. Sulle confezioni di prodotti per l’agricoltura venduti liberamente in Italia si leggono frasi come queste: «Sostanza pericolosa per inge¬ stione, inalazione e contatto con la pelle. Conservare in luogo inaccessibile a bambini e ad animali domestici. Non contaminare altre colture, alimenti, bevande e corsi d’acqua. Evitare il contatto con la pelle, gli occhi, gli indumenti ». Oppure: « Attenzione: da impiegarsi esclusivamente in agricoltura. Ogni altro uso è pericoloso, Chi impiega il prodotto è responsabile anche nei confronti di terzi per eventuali danni ». E così scrivendo, i produttori della micidiale sostanza si mettono a posto con la coscienza: da quel momento la responsabilità si è. trasferita totalmente a chi se ne serve. A causa della carenza di manodopera in agricoltura, sostanze di questo genere vengono irrorate quasi esclusivamente a macchina, con il risultato di farne spargere almeno il 40 per cento in più del necessario. Cadute sul terreno o dilavate, penetrano nei vegetali attraverso foglie e radici e scendono fino ad inquinare le acque sotterranee. Il risultato finale è sconvolgente: dopo poco tempo questi veleni arrivano sulla nostra tavola, nel nostro piatto, nel nostro bicchiere. Un impiego così disinvolto di pesticidi dovrebbe fornire come contropartita una produzione agricola quantitativamente e qualitativamente superiore. Invece sono ancora le statistiche ad informarci che la produttività è rimasta praticamente invariata rispetto all’epoca in cui si usavano diserbanti e pesticidi non tossici. Non solo, ma i risultati ottenuti sono diminuiti dalle perdite subite. Al contatto con questi terribili veleni molti uccelli utili all’agricoltura, proprio perché eliminano senza danno per l’uomo i parassiti nocivi, muoio¬ no in quantità tanto grande da provocare l’estinzione della specie. D’altra parte i parassiti riescono a rinforzare, di generazione in generazione, la loro resistenza agli agenti chimici, acquisendo un’immunizzazione che li rende resistenti anche ad essi Ci avveleniamo gratuitamente, quindi, e rendiamo più forti quegli stessi nemici che la natura, con il minimo danno per la produzione agricola, riusciva a distruggere senza danno per l’uomo. In fondo, i veri sconfitti di questa guerra siamo noi. Bruno Ghibaudi STAMMATI E LE B

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Altre zone inquinate, gli animali muoiono

Altre zone inquinate, gli animali muoiono Altre zone inquinate, gli animali muoiono L’ordinanza di sgombero viene c consegnata di pòrta in porta verati all’ospedale Niguarda». La gente sfila ordinata nell’atrio dei Residence. Il viceprefetto, dott. Materia, dice che non è stato necessario requisire l’albergo. La proprietà infatti si è.dimostrata disponibilissima ad ospitare tutti gli sfollati. « Gli sfollati dei due paesi — dice il direttore’del complesso alberghiero, Remo Eder, che per seguire il caso ‘ è rientrato dalle ferie ~ verranno ospitati da noi come paganti. Solo che a pagare, naturalmente, sarà l’Icmesa. La retta è quella per i clienti normali: 135 mila lire mensili per l’appartamento singolo, 190 mila per quello a due letti. Per il resto la gente di Seveso e Meda potrà usufruire delle normali strutture del complesso, del self-service, ad esempio, che è molto spazioso». La gente sfila silenziosa, risponde solo alle domande. Molti hanno preferito trasferirsi presso i parenti, piuttosto che in al- DALL’INVIATO SALVATORE ROTONDO Seveso, 26 luglio. Stamane 43 famiglie di Seveso e Meda hanno abbandonato le loro case, i mobili, le suppellettili, gli animali. E’ stato un esodo di gente piena di paura, e di rabbia. Ormai nessuno si accontenta più delle spiegazioni- tecniche, della « fa tacita », dell’» incidente ». Gli uomini che sono arrivati in mattinata al Residence 1 del .Leonardo da Vinci hanno i volti tristi, ma non sono avviliti. « L’Icmesa — dicevano in tanti — non tornerà a produrre. Non glielo permetteremo ». — E i posti di lavoro? « Lo sappiamo: non possiamo non tenerne conto. Tra noi c’è molta gente che vive grazie a quella fabbrica maledetta. Una soluzione bisognerà^ trovarla, magari con una riconversione industriale. 1 posti di lavorò devono essere garantiti, ma credo che nessuno voglia vivere costruendo morte, invece che profumi, come ci avevano fatto credere ». :— Il suo nome? « Mi chiamo Mario ». « Avevamo la bomba atomica a due passi — dice Bruno Conte, un altro degli .^fòlia’ti ■ — \è’ non”lo sa’■’■pèvamo: Ci lamentavamo soltanto per ì cattivi odori. : Altro che, .dolori, in queltaWfabbrica^si- costruiva fqualcosa di, .orribile. Pensi che la nostra famiglia, in tulio set fratelli, è composta di 32 persone. Abitiamo — meglio abitavamo — in varie casette da anni e adesso siamo tutti qui, chissà per quanto tempo». « Sapete che cosa ci hanno detto i primi giorni dopo il passaggio della nuvola, quando abbiamo osato protestare? Ci hanno detto “non fate gli italiani”. Noi da italiani siamo stati buoni, anche quando nel prato qui di fianco sono morte 50 pecore, nel 1968. Eravamo stati buoni quando morirono le mucche del seminario, perché avevano bevuto l’acqua del ruscello: un’acqua che diventava rossa, blu o viola, a seconda dei giorni. Questo è successo nel 1953. L’Icmesa ha vinto la causa contro i padroni del bestiame e adesso io ho due bambini rico¬ bergo. Tutti, prima di trasferirsi con i propri mezzi 0 con i pullman messi a disposizione dei due comuni, sono stati sottoposti questa mattina ad una visita di controllo. I bambini invece sono già partiti per Cannobio, sul lago Maggiore, dove saranno ospitati da una colonia. Nel frattempo la zona A, quella ritenuta fino ad oggi la più infetta, è stata completamente recintata dai soldati del III Artiglieria a cavallo e dai carabinieri. E’ diventata da un giorno all’altro zona morta: vietato entrare, vietato toccare perfino l’erba. E’ pericoloso: eppure fino a sabato alcuni continuavano a mangiare tranquillamente i propri ortaggi. Passavano 1 carabinieri a dire che forse bisognava sfollare, e poi qualche ufficiale sanitario a dire dì stare pure tranquilli che non c’era alcun pericolo. •« lo — dice Mario-Pontiggla — come molti altri, ho del bestiame, polli, conigli. Non mi hanno ancora detto che cosa ne debbo fare di queste bestie. Nel giornale avete scritto che la gente è ignorante e contìnua a mangiare nonostante i divieti, e che è incosciente. Ma che ne sa la gente di divieto, se non viene un vigile o un ufficiale sanitario o un carabiniere in casa sua e gli dice ufficialmente: butta via tutto e vai via, perché qui si -può morire. Allora chi è ignorante, la gente o chi dovrebbe essere preparato a dare degli ordini, tempestivamente? ». La zona A è zona morta, solo militari per controllare le poche abitazioni, gli alberi e il mais, che dovranno essere bruciati con i lanciafiamme. Ma la morte si fermerà davvero dentro un recinto? Gli «esperti» sono riuniti a Berna ed a Milano per decidere se gli 300 metri di raggio sono sufficienti, o se sarà necessario sfollare altre migliaia di persone. E’ una prospettiva «apocalittica», ma la realtà potrebbe essere ancora più drammatica. Peggio dell’Atomica A pagina 2 Storie di veleni A pag. 3

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I giorni del dramma

I giorni del dramma I giorni del dramma SAB. 10, — Ora 12/10: dallo stabilimento ICMESA si sprigiona la nube tossica. MERO. 14 — Primi casi di intossicazione sul bambini. Inizia la moria di animali. GIOV. 15 — Il sindaco di Seveso emette un’ordinanza di emergenza. VEN. 16 — Primi ricoveri. Gli operai della ICMESA In sciopero. SAB. 17 — Seconda ordinanza per la distruzione di animali e piante. DOM. 18 — Il pretore di Desio apre l’inchiesta. L’ICMESA viene chiusa. LUN. 19 — Le. moria si estende a fiaruccana. Due esperti sono inviati a Zurigo. MART. 20 — Muoiono I primi animali a Cesano Maderno. Identificato il gas. MERC. 21 — Direttore e vi. cedirettore dell’ICMESA arrestati per disastro colposo. Chiuso al traffico un quartiere, VEN. 23 — Riunione del Consiglio provinciale di sanità senza provvedimenti eccezionali. I tecnici dell’ICMESA avvertono che la situazione è u gravissima ». SAB. 24 — Dopo due riunioni a Milano e a Seveso si decide di sgomberare l’area. DOM. 25 — L’area da sgomberare viene recintata. A Cesano Maderno scatta l’emergenza.

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IL PUNTO

IL PUNTO IL PUNTO Le colpe della tragedia LA tragedia di Seveso, poiché di tragedia si tratta, ci ricorda quelle, distanti l’una dall’altra ma egualmente spaventose, del talidomide e dei defolianti nel Vietnam. Anche del talidomide s’ignoravano o si fingevano d’ignorare Te proprietà tossiche, e le madri a cui fu prescritto come farmaco partorirono figli deformi; così come nel Vietnam s’ignorarono o finsero di ignorare gli effetti dei defolianti, di modo che campagne e bestiame andarono distrutti. Ci pare che quest’inconcepibile vicenda del Tcdd vada attribuita alla negligenza criminale di più individui e organismi. Chi esattamente non si può ancora dirlo, e toccherà alla giustizia accertarlo. Ma t fatti parlano chiaro. Numerosi sono t paesi al mondo che rifiutano l’installazione e la lavorazione di tinazionale alle loro spalle avevano nascosto agli interlocutori italiani; e perché la «fuga» del gas tossico all’inizio venne stoltamente sottovalutata. La. vicenda è una tragedia degli £jr^i- dicui le .pdpolazMjtfe^fot te pagheranno leVconseguenze, stando agtf’icièn-; ziati, ancora per uno e due anni. L’angoscia maggiore scaturisce dal fatto che a tutt’oggi non si riesce a valutare il pericolo per le persone. Si dice che cento grammi di Tcdd versati in un acquedotto ucciderebbero una città intera. E penetrati nel terreno, e diffusi nell’aria, che cosa causerebbero? Si può solo sperare che la tragedia non superi le dimensioni attuali. Ma lo sdegno non avrebbe limiti se essa lasciasse inalterata le leggi sulle licenze, l’inquinamento, la sicurezza del lavoro. ENNIO CARETTO fabbriche come l’Icmesa, e in particolare quelli a noi vicini. Le maestranze non sapevano, e comunque non si rendevano conto della pericolosità del prodotto cui lavoravano quotidianamente. I sistemi di sicurezza erano inadeguati. Bisogna dunque chiedersi chi, e dietro quale pressione, aveva autorizzato l’apertura della fabbrica in un’area così densamente popolata come quella alla periferia di Milano; quanto i dirigenti svizzeri e la mul¬ fi

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UN FATTO, PERCHE —

UN FATTO, PERCHE — UN FATTO, PERCHE — Come si potrà fare a Seveso, dove il materiale contaminato si estende per chilometri quadrati? Gli esperti svizzeri della Icmesa, la fabbrica dove si è verificala la esplosione, avevano proposto nei giorni scorsi di raschiare ed aspottare il terreno fino a una profondità dj venti centimetri. Sembrava già un’operazione ‘ immane, quasi impossibile. Adesso si dice che venti centimetri sono pochi, che forse non basta neppure un « rascltiamento » profondo due metri. Ammesso che con una mobilitazione straordinaria si riesca ad effettuare questo enorme « prelievo », dove potrà essere depositato il materiale estratto? La zona attorno a Seveso è ricca di falde acquifere, quindi è impossibile creare una «cassaforte» stagna, ne esiste alcuna miniera con dimensioni tali da contenere la montagna di terra, case, alberi. “Eppur1; qualcosa occorre fare, perché la « dioxina » non si degrada, non si combina con altre sostanze chimiche. Gli oggetti sepolti nel normale terreno non perdono le loro caratteristiche velenose. Solo il fuoco, ma.a una temperatura altissima’. ■fbrse’è~’in’ grado di arrestare il processo di contaminazione. Neppure l’acqua riesce a « lavare » dèi tutto il terreno in cui è presente la « dioxina », anzi, la pioggia fa penetrare i veleni in profondità, oppure può trasporli a chilometri di distanza, allargando a dismisura la zona contaminata. Bastano pochi giorni (ed è quanto è avvenuto a Seveso) per permettere alle particelle di « dioxina » di annidarsi in case, ruscelli, alberi, foghe. Pronte a fare la loro ricomparsa in qualunque momento, altrettanto dannose di quando si erano depositate. Attorno alla fabbrica dei veleni, la gente ha respirato, per almeno una settimana, la nube provocata dall’esplosione, Subito sono apparsi i sintomi più superficiali, le chiazze, le ustioni. Ma si* sa fin da ora che la « dioxina », anche se non « respirata » in dosi letali, provoca danni gravissimi al fegato e ai reni e può causare l’insorgere di forme di tumori. La nube tossica che si è sprigionata dalla Icmesa conteneva una quantità di « dioxina » sufficiente a uccidere almeno centomila persone. Due chilogrammi in tutto, quanto basta per trasformare la Brianza in un cimitero di guerra. Ora questi due chilogrammi di veleno ad altissimo potenziale sono ancora in grado di causare danni gravissimi, anche se, a tempi brevi, forse non in misura letale,:. H vento, la pioggia, se non l! Ttahno disti ulti; lf hanno « diluiti » su un territorio molto’Vasto. Particelle sono ancora sospese nell’aria e possono depositarsi : ovunque. Nessuna nube rischia di investire Milano, ma qualche « soffio » di veleno, si. SILVANO COSTANZO I vietnamiti ne hanno parlato in decine di congressi scientifici. Hanno fornito testimonianze allucinanti, che ricordano quelle di Hiroshima. A Seveso, per ora, mostrano solo gli animali impazziti, i cani rabbiosi nelle ultime ore di agonia, i gatti morti completamente disidratati, i passeri,. a migliaia, piombati al suolo come colpiti da una scarica dì fucile, i topi che galleggiano nei ruscelli. Da ieri, mostrano anche una mucca, il primo animale di grandi dimensioni ucciso dalla nube. La contami- , nazione si sta aggravando. Gli uomini, i bambini, colpiti da chiazze simili a ustioni solari, hanno paura. Vent’anni dopo lo scoppio di Hiroshima, nascevano ancora, in Giappone, bimbi con malformazioni gravissime. La « dioxina », il composto « piovuto » dalla nube, può provocare alterazioni cromosomiche e danni gravissimi ai feti. Cosa succederà fra un mese, fra un anno, o forse fra dieci, in questo lembo di Brianza « vietnamizzato » da una multinazionale svizzera?! * Come si potrà impedire phe i veleni continuino a provocare altri disastri? Sembra che il ministero della’ Sanità stia preparando uh piano di intervento affidato a reparti dell’esercito americano, in qualche modo «specializzati» in questo tipo di

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La nube tossica di Seveso

La nube tossica di Seveso La nube tossica di Seveso Storie di veleni FABIO GALVANO La « nube tossica » di Seveso ha illustri precedenti nel capitolo degli inquinamenti mortali. Non è necessario risalire troppo nel tempo, a episodi come, quello di Minimata in ‘Giappone dove un migliaio di persone morirono nel 1953 per avere mangiato pesce intossicato dal mercurio. Basta ricordare la « bomba a orologeria » rappresentata, al largo di Capo d’Otranto, dall’affondamento nel luglio ’74 di un cargo jugoslavo che trasportava 250 tonnellate di piombo tetraetìle. Oppure (si era a cavallo fra il ’71 e il ’72) l’allarme che investì le coste della Cornovaglia dopo l’affondamento di una nave spagnola carica di sostanze tossiche capaci di uccidere al semplice tatto: toluene diisocianato, cianuro di sodio, anea 60, sulfametoxiviridazina, sulfadimidina, dimettlamina, sostanze che, per quanto se ne sa, potrebbero anche essere presenti nella nube che minaccia la cintura di Milano. L’incidente del ’74 lascia ancora grandi punti interrogativi. In ogni momento, infatti, il carico di piombo tetraetìle potrebbe esplodere, con disastrose conseguenze perm la navigazione molto intensa in quella zona, ma soprattutto per l’inquinamento dei fondali marini, con grave pericolo per la fauna ittica e di conseguenza per chi dovesse pe-. scare e consumare il pesce di quella zona. Ancora oggi il problema del cargo jugoslavo Cavtat, che trasportava 900 fusti della pericolosa sostanza, non è risolto. Il progetto di « chiudere » il relitto in un cassone dì cemento non è stato realizzato, e alla catastrofe ecologica che ne potrebbe scaturire pochi pensano. Sintetizzato in Germania nel 1853.,, u facen§o „ reagire ioduro di etile con und lega di piombo-sodio, il piombo tetraetìle è talmente pericoloso che, per il solo fatto che ne contiene un po’, le compagnie petrolifere sconsigliano l’uso di travasare la benzina super succhiandola dalla canna: « Allo stato puro, poi precisa il professor Derek Bryce-Smith dell’ università inglese di Reading, è dannosissimo sia all’ingestione che al contatto con la pelle, attraverso la quale può arrivare al cervello. Se respirato, la soglia di pericolo comincia addirittura a 0,075 milligrammi per ogni metro cubo di aria ». Molto più drammatica, per la ‘« battaglia del bidone » scatenata lungo duecento chilometri di costa, la vicenda che coinvolse la Cornovaglia nel gennaio del 1972, dopo l’affondamento della nave spagnola «Germania», con oltre 3000 bidoni, contenenti 500 tonnellate di pericolose sostanze tossiche. Evacuazione di interi villaggi, coste cintate dai militari, elicotteri e tute proiettive speciali: neppure il disastro della petroliera Torrey Canyon, che 5 anni prima aveva versato sulla costa 100 mila tonnellate di grezzo aveva creato lo stesso terrore. L’esercito, dove possibile, fece esplodexe i bidoni spinti a riva, o sotterrò quelli che una semplice esplosione né una reazione chimica avrebbero palato rendere inoffensivi. Sulla « Germania » c’erano 374 bidoni contenenti toluene diisocianato, meglio noto con la sigla TDI, usato per la fabbricazione di schiuma sintetica destinata alle industrie dell’imballaggio e dell’arredamento, di alto potenziale tossico: in reazione acida o per effetto del calore si trasforma in gas idrocìanico, lo stesso che fu ampiamente usato nella prima guerra mondiale. A bordo della «Germania», per esempio, c’erano 22 tonnellate di cianuro di sodio in tavolette, contenute in 286 bidoni. Si trattava di evitare che il cianuro fosse sparso sulle spiagge, o che, fatto esplodere per errore con la dinamite, si depositasse sulle spiagge in forma di polvere. « Il cianuro — osservò uno degli scienziati che prendevano parte alla operazione — non può essere distrutto con un’esplosione. La quantità che ricopre la capocchia di uno spillo è sufficiente a uccidere un uomo, e noi vogliamo evitare che decine di bambini muoia- Cornovaglia, gennaio 1972: è in corso la “guerra al bidone” no soltanto perché qualche granello di questa polvere si è posato sul loro gelato. Un bidone che si rompa vicino alla riva può essere fatale a chiunque nuoti, nell’acqua ». Sulla «Germania» c’erano anche 402 bidoni di Anea 60, noto anche come Vidden D, un insetticida a base di idrocarbj.ri clorurati, molto volatile. Il suo uso, non era ancora autorizzato in Inghilterra, perché ritenuto. troppo pericoloso: .ajielUi sostanza.,può vpxtacciare qualsiasi’fórma ai vita animale, compresa quella umana. Il Vidden D non lascia scampo: basta ingerirlo sia pure molto diluito, o respirarne i vapori da vicino anche soltanto per qualche attimo. Altre sostanze pericolose erano gli esteri acetici (290 bidoni), che per il loro basso peso specifico tendevano a rimanere a galla, e che erano contenuti nella maggior parte dei recipienti ri- ■ trovati sulla costa. Per distruggerli era sufficiente un’esplosione e a questo provvedevano gli artificièri della Marina. Il loro vapore, tossico, poteva anche uccidere se respirato profondamente e a lungo. Fra le altre sostanze pericolose c’erano dieci bidoni di sulfametoxipiridazina e venti di sulfadimidina, letali se trangugiate anche, ■diluite}’Per dlcunz’giorni si? ero ritenuto che potessero ii raggiungere-le coste anche*, numerosi bidoni contenenti dimetilamina, formata dalla reazione del. cloruro di ammonio con la formaldeide, una sostanza che per la sua infiammabilità è registrata sui manifesti marittimi e sulle polizze di assicurazione come Plashpoint zero: in altre parole, basta ben poco per farla esplodere.

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Di chi la colpa

Di chi la colpa Di chi la colpa La faccenda della cosidetta nube tossica che ha colpito alcune zone industriali al nord di Milano, desta giustificatamente molto scalpore: son messe a repentaglio le vite di molti cittadini di oggi e forse anche di domani (nell’eventualità che il composto incriminato possa produrre danni genetici ai figli e nipoti dei nostri contemporanei), i loro averi, ed i loro posti di lavoro. Scapore sì, ma stupore no. Stupore nessuno, perché mi sembra che il tragico evento rientri perfettamente bene nell’ambito dei tratti che caratterizzano l’Italia d’oggi: mancanza di senso della responsabilità da parte delle cosidette autorità costituite, incompetenza tecnica, anzi disprezzo della competenza, quasi questa fosse una qualità negativa, incompatibile con l’uso indiscriminato del potere per interessi di parte. Tale descrizione vale per molte categorie di cittadini, non soltanto anche se soprattutto di chi ha avuto il potere per lungo tempo: non dimentichiamo che le pietose condizioni della scuola e della ricerca scientifico-tecnologica italiane derivano non soltanto dall’insipienza dei ministeri ed organismi vari ad esse preposti, ma anche all’ai-ione sistematicamente distruttrice delle opposizioni, ed in particolare dei grossolani contestatori della cosidetta sinistra extraparlamentare. Una quindicina di anni fa un illustre torinese, l’ingegnere Gino Martinoli, affermava che entro pochi anni gli italiani avrebbero soltanto potuto godere dei più avanzati prodotti della scienza e della tecnologia importati da lontani lidi. Ma non avrebbero potuto partecipare alla loro creazione, né comprenderne compiutamente il funzionamento, poiché l’arretratezza delle nostre scuole ci avrebbe condannato alla decadenza culturale e a divenire una colonia di nazioni tecnologicamente progredite. A molti pareva quello un ingiustificato pessimismo: ma non sono gli eventi di Meda, Seveso e Cesano Maderno un chiaro segno dell’esattezza di quelle tristi previsioni? Alcuni affermano che la fabbrica incriminata è stata costruita in Italia piuttosto che nel Paese della multinazionale da cui essa dipende, perché essa, la multinazionale, conoscendo i rischi preferisce che essi vengano corsi da un popolo del sud piuttosto che dai civili svizzeri. Non so, ovviamente, se ciò corrisponda a realtà. Ma se anche ciò fosse vero, non penso sia il caso di stupirsene. Se siamo così ignoranti da non saper distinguere attività rischiose né da predisporre anticipatamente adeguata misure di protezione la colpa è nostra. L’accettazione della civiltà tecnologica offre ai cittadini certi vantaggi, ma comporta ben precisi rischi. L’ambiente nel quale noi viviamo deve venire continuamente difeso dall’aggressione di prodotti chimici di varia provenienza, derivanti da attività industriali, mezzi di trasporto, eccetera. Mentre tutti i Paesi avanzati, ai quali ci vantiamo di appartenere, hanno preso seri provvedimenti per trattenere entro limiti sopportabili gli inevitabili insulti del cosidetto progresso tecnologico, noi non facciamo che tavole rotonde e nominiamo ministri senza portafogli, e quindi senza mezzi di intervento, anche se sa pesse utilizzarli. E sempre si di mentica che sono necessari uomini competenti sul piano scientifico tecnico, e puliti. II caso dell’Icmesa non è il solo. Al largo di Otranto, in acque territoriali italiane nell’estate del 1974 è affondata la motonave jugoslava «Cavtat» con 900 fusti di acciaio contenenti circa 250 tonnellate di tetraetile di piombo, di estrema tossicità: se un brutto giorno quel composto raggiungerà l’acqua circostante, Adriatico e Jonio rimarrebbero inquinati. Il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite dispone di fondi di emergenza per promuovere salvataggi in casi come questi. Ma occorre che il nostro governo richieda l’intervento internazionale, ma esso si guarda bene dal farlo. Perchè? Temo dipenda dal fatto che i nostri governanti di ieri, di oggi e di domani siano troppo ignoranti per rendersi conto dell’entità del pericolo. A. Buzzati Traverso

Persone citate: Adriatico, Buzzati Traverso, Gino Martinoli, Meda

Luoghi citati: Italia, Milano, Otranto, Seveso

LaStampa 27/07/1976 – numero 159 pagina 1

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Tracce di veleno nel sangue Altre ione saranno sfollate di Marzio Fabbri

Tracce di veleno nel sangue Altre ione saranno sfollate Seveso: la gente fugge, cresce l’angoscia Tracce di veleno nel sangue Altre ione saranno sfollate Grave dichiarazione dell’assessore regionale Rivolta : “L’intossicazione è insidiosissima. Non sappiamo quali effetti abbia e come combatterla” – In allarme anche Cesano Maderno e Desio : nella sola notte di domenica altre cinque persone ricoverate – Morti centinaia di animali da cortile – Forse non basterà nemmeno bruciare la vegetazione L’esodo dai paesi minacciati (Dal nostro inviato speciale) Seveso, 26 luglio. Un altro grave allarme: la situazione nella zona di Bassa Brianza investita dalla nube tossica sprigionatasi 16 giorni fa dalla fabbrica chimica «Icmesa» va peggiorando. Si pensava che l’evacuazione della «zona A», la più colpita, fosse il massimo cui si poteva arrivare. Invece stasera l’assessore Rivolta è giunto al Comune di Seveso e ha dichiarato: «Mi spiace dover portare cattive notizie. Dai primi rapporti in nostro possesso è risultato che nelle persone colpite da forme irritative sono state trovate tracce di diossina nel sangue. E’ una sostanza insidiosissima e non sappiamo quali effetti abbia, né come combatterla. A questo punto è necessario far evacuare immediatamente anche altre zone». E’ sintomatico che proprio l’assessore regionale, l’uomo che per molti giorni aveva «cercato di non far nascere allarmismo» (come aveva dichiarato lui stesso) abbia annunciato una nuova serie di misure restrittive: estendere la zona evacuata fino ad almeno un terzo del territorio adiacente, pattugliare le strade del circondario in continuazione con auto fornite di altoparlanti che invitino i cittadini ad osservare scrupolose norme di sicurezza comprendenti tra l’altro il viaggiare coi finestrini delle vetture chiusi e con le prese d’aria non in funzione. Tutte le strade, inoltre, dovranno essere tenute costantemente bagnate per impedire il sollevarsi di sostanze venefiche. Ma non basta. Anche nei comuni di Cesano Maderno e di Desio aumenta l’allarme. A Desio, fra sabato e domenica, sono morti oltre duecento animali da cortile e cinque persone si sono presentate in ospedale con sintomi di intossicazione. L’emergenza è stata estesa ai due comuni nei quali ora è proibito consumare carni e verdure di produzione locale. L’evacuazione degli abitanti di San Pietro di Seveso si è svolta ordinatamente. Prima un’auto ha percorso il paese con gli altoparlanti in funzione, poi gli inviati del Comune sono passati casa per casa. Solo una famiglia ha cercato di rimanere. Una breve discussione, poi via anche loro. Molti se ne sono andati con i propri mezzi, mentre la maggioranza dei bambini, dai tre ai dodici anni, ha raggiunto una colonia sul Lago Maggiore. Una famiglia è arrivata al residence «Leonardo da Vinci», dove sono alloggiati i senzatetto, addirittura con la roulotte. «Le ferie iniziano dopodomani — spiega Andrea Marchetti —, e non voglio perderle». Questa mattina come tutti si è sottoposto alle analisi del sangue e non sembra preoccupato, anche se la moglie è incinta di tre mesi. «Se hanno detto che bisogna andare via — commenta — certamente avranno le loro ragioni, ma da parte mia non ho troppa paura». Racconta perché lui e i suoi vicini di casa hanno sottovalutato il pericolo. «Siamo abituati a vedere fumi puzzolenti uscire dallo stabilimento della “Icmesa”; spesso, andando a letto, gli occhi ci bruciano. Anche quel giorno pensavamo che fosse come le altre volte. Abbiamo visto morire gli animali e ci siamo preoccupati ma quando le autorità ci hanno detto che non c’era pericolo non ci abbiamo più pensato. Per noi l’ordine di evacuazione è stato una sorpresa». La gente si aggira un po’ smarrita nei corridoi del residence di lusso. Non sa che cosa pensare. Hanno ricevuto contributi in denaro dal Comune (100 mila lire per ogni capofamiglia e 50 mila lire per ogni familiare), l’albergo è pagato, hanno detto che magari fra un mese o poco più li faranno tornare a casa. La realtà, invece, è diversa. Non ci sono ancora piani definitivi, ma sarà difficile che quella gente torni nelle abitazioni lasciate stamane: in Inghilterra, quando lo stesso gas provocò 79 intossicazioni (tutte all’interno della fabbrica) gli interventi furono drastici. I macchinari furono gettati in una vecchia miniera profonda 50 metri, poi l’imboccatura venne chiusa con una soletta di cemento spessa due metri. E’ difficile pensare che dopo una zappatura, più o meno profonda, tutto possa essere considerato normale. E’ sintomatico che a Seveso e Meda i comuni abbiano iniziato la requisizione di alloggi. Proseguono, in attesa di decidere i modi per disinfestare la zona, le analisi di campioni di animali e di vegetazione provenienti da parecchie località. Una mucca che si temeva fosse stata intossicata si è scoperto che è morta perché aveva mangiato un chiodo che le aveva trapassato lo stomaco. Sono però state trovate delle foglie su cui si è depositata una dose di «tedd», il gas micidiale, superiore di ben 51 volte a quella considerata estremamente pericolosa. E’ stato anche smentito che la morìa abbia colpito i cani; esistono dubbi anche per quanto riguarda la strage di polli che in parte sembra dipendere da cause considerate normali. Quello che invece pare più grave del previsto è l’effetto che il gas ha sulle persone. Il presidente della Giunta regionale, Cesare Golfari, che domani si recherà a Roma per incontrare il ministro dell’Interno e sottoporgli una richie- Marzio Fabbri (Continua a pagina 2 in ottava colonna) Seveso. La gente fugge dai terribili effetti della « nube tossica » (Tclcfoto Ansa)

Persone citate: Andrea Marchetti, Cesare Golfari, Leonardo Da Vinci, Meda

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L’allucinante viaggio a Seveso dove muore ogni forma di vita di Francesco Fornari

L’allucinante viaggio a Seveso dove muore ogni forma di vita Case vuote, animali in agonia, l’erba che appassisce L’allucinante viaggio a Seveso dove muore ogni forma di vita Già sfollate 43 famiglie, altre dovranno andarsene – In totale, gli intossicati sono 36-11 sindaco dice: “La burocrazia ci lega le mani; se dipendeva da me, facevo sfollare il paese immediatamente” (Dal nostro inviato speciale) Seveso, 26 luglio. L’area è delimitata dal filo spinato: dietro lo sbarramento si affollano i curiosi. Da questa parte la vita continua, di là il tempo sembra essersi fermato. Mi trovo al confine con la «zona A», quella più contaminata dalla nuvola tossica uscita dal reattore dello stabilimento «Icmesa» 16 giorni or sono. Da pochi minuti è stata ultimata l’evacuazione dei quindici ettari considerati pericolosi: 179 persone (43 famiglie) hanno abbandonato le loro case per un periodo di tempo che nessuno è ancora in grado di stabilire. Se ne sono andati mestamente: qualcuno ha protestato, altri hanno accettato con rassegnazione questa ennesima beffa del destino, l’ultima dopo giorni trascorsi nell’ansia, fra notizie contraddittorie, fragili speranze, paure. I vicini li hanno visti partire sugli autobus messi a disposizione dal Comune: qualcuno ha pianto, altri si sono chiesti preoccupati: «Quando toccherà a noi?». Perché nessuno, qui a Seveso, oggi si sente tranquillo. Nessuno crede che il fatto di abitare appena un paio di metri prima del filo spinato sia una garanzia sufficiente contro il nemico insidioso che li ha aggrediti. Un nemico di fronte al quale le autorità sembrano impotenti, non sanno che cosa fare. Fino all’altro ieri a queste persone era stato detto che non correvano alcun pericolo, dovevano soltanto prendere certe precauzioni, ma potevano restare a casa, anzi i loro alloggi erano un rifugio sicuro. Poi, all’improvviso, è arrivato l’ordine di sgombero: di sicuro non c’è niente, il pericolo esiste, sembra diventare sempre più grande col passare dei giorni. Bisogna abbandonare tutto, andar via. E sperare che non sia troppo tardi. Adesso le case sono vuote, le strade pattugliate dai carabinieri, con l’ordine di sparare a vista contro chiunque venga sorpreso nella zona infetta. «Per impedire i furti, scoraggiare gli sciacalli», mi dice un tenente. Ed i carabinieri vanno, a due a due, lungo le strade ricoperte da uno strato di polvere bianca, il disinfettante con cui è stata irrorata tutta l’area contaminata, e aspettano l’ora del cambio, ansiosi di andarsene da quella località maledetta, dove anche i fiori possono nascondere una insidia mortale. Ho fatto un lungo giro nella zona e ne ho riportato una sconcertante sensazione di paura. Tutto sembra irreale. Le case abbandonate, porte e finestre sbarrate, le vie deserte. Un silenzio totale, assoluto. Anche gli uccelli sono scomparsi: mi dicono che se ne sono andati fin dai primi giorni, due settimane fa, quando ancora tecnici ed amministratori comunali discutevano sulla gravità o meno del fenomeno e si interrogavano, senza risultato, sulle decisioni da prendere. Nei cortili sono rimasti polli e coniali. Le ordinanze dei . a i e o e i , o i sindaci vietano tassativamente «l’esportazione di animali, ortaggi e frutta» dalla zona contaminata, polli e conigli sono stati abbandonati alla loro sorte. Parecchi sono già morti nei giorni scorsi, avvelenati dal tossico fuoruscito dal reattore scoppiato nella fabbrica, altri moriranno sicuramente nelle prossime ore. Molti di quelli che ho visto sembravano in agonia, le palpebre abbassate sugli occhi spenti, scossi da tremiti, incapaci quasi di reggersi sulle zampe. L’erba nei prati, i fiori nei vasi, le foglie degli alberi danno una sconcertante impressione di morte. Forse la paura di questo pericolo ignoto ha giocato un brutto scherzo alla mia fantasia ma tutto, nella zona contaminata, sembra già morto. Il verde delle foglie è diverso, il colore dei frutti appesi ai rami è strano, Francesco Fornari (Continua a pagina 2 in terza colonna)

Luoghi citati: Seveso

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Donna uccisa dulla nube?

Donna uccisa dulla nube? Una domestica trentacinquenne di Seveso Donna uccisa dulla nube? Ordinata l’autopsia – Il decesso è avvenuto a Cortina d’Ampezzo dove la vittima (che soffriva d’asma) si trovava in vacanza da otto giorni – Un’inchiesta (Dal nostro inviato speciale) Cortina d’Amp., 26 luglio. La morte improvvisa di una donna, a Cortina, pone un angoscioso interrogativo. Maria Teresa Galli, 35 anni, è stata colta da collasso mentre si trovava in casa: veniva da Seveso, il paese lombardo colpito dalla nube tossica ohe s’è sprigionata dallo stabilimento chimico della «Icmesa». Soffriva di asma, pochi minuti prima che il malore la stroncasse le era stata praticata una iniezione. Le cause di questo decesso sono per il momento incerte, lo stesso medico dell’ospedale in cui la donna è stata trasportata in condizioni disperate non è in grado di pronunciarsi, il magistrato ha immediatamente disposto per l’autopsia, che è stata eseguita in serata, ma non è ancora possibile trarre conclusioni: forse occorreranno alcuni giorni. Nell’attesa che l’esame necroscopico dia una risposta precisa, si vivono momenti di estrema tensione. La nuvola di veleno che s’è estesa sulla campagna di Seveso impone tutti gli accertamenti possibili sulla drammatica fine di questa donna, che se n’era venuta a trascorrere un perìodo di vacanza a Cortina insieme con la famiglia di un industriale di Como, presso la quale lavorava come collaboratrice domestica. Maria Teresa Galli era una «pendolare»: terminato il quotidiano lavoro a Como, la sera tornava regolarmante al suo paese. Quindi, ha trascorso a Seveso anche le notti in cui dallo stabilimento della «Icmesa» s’è levata la terribile nube tossica. Otto giorni fa, ha preparato i bagagli per la vacanza in montagna, ha raggiunto la famiglia presso la quale prestava servizio. Poi, la partenza per Cortina. Maria Teresa Galli appariva sollevata, aveva infine la possibilità di lasciare quel posto su cui gravava l’incubo del veleno. A Cortina, la donna ha trascorso le giornate tra le faccende di casa e qualche passeggiata nei boschi. Le sue condizioni fisiche non destavano alcuna preoccupazione, a quanto sembra. C’era, però, quella forma di asma che si trascinava da tempo e che ogni tanto la metteva in difficoltà: da Seveso, s’era portata le medicine, nell’eventualità che la cogliesse una delle crisi ricorrenti. Nei giorni scorsi il malanno non le ha dato eccessivi diGiuliano Marchesini (Continua a pagina 2 in quarta colonna) Maria Teresa Galli

Persone citate: Marchesini, Maria Teresa Galli, Seveso Donna

Luoghi citati: Ampezzo, Como, Cortina, Seveso

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Esodo dai paesi di Marzio Fabbri

Esodo dai paesi Esodo dai paesi (Segue dalla 1′ pagina) sta urgente di intervento, ha sottolineato che è la prima volta nel mondo che avviene un fatto del genere. «Gli effetti — ha poi precisato l’assessore alla Sanità — sono ancora abbastanza misteriosi». L’assessore ha aggiunto che molto probabilmente non verranno usati i lanciafiamme per distruggere la vegetazione perché il calore sviluppato potrebbe dare inizio a reazioni chimiche imprevedibili. Bisognerà sradicare tutte le piante e portarle negli inceneritori che, avendo una temperatura di oltre 800 gradi, dovrebbero essere sufficienti a distruggere il veleno. A Seveso si aspetta l’arrivo di un gruppo di militari del reggimento anti Nbc (Nucleare batteriologico chimico) di Rieti che sono dotati eli speciali equipaggiamenti. Il problema della delimitazione della zona (per il momento non si è ancora riusciti a stabilire l’area in cui gli effetti del gas sono stati avvertiti) è stato affrontato anche dal direttore della Coldiretti della provincia, Nino Pisoni. Innanzitutto ha specificato che i danni, alle sole colture, senza considerare gli animali morti, ammontano già a 800 milioni. «Sono però andati distrutti campi — ha spiegato — al di fuori sia della zona A, della B e della C. Per questo è necessario non porre limitazioni preconcette». Pisoni annuncia che la Coldiretti, insieme alle amministrazioni comunali e ai sindacati, si costituirà parte civile per ottenere il risarcimento dei danni e anche la condanna penale di chi è responsabile dell’inquinamento e di chi ha consentito che simili lavorazioni pericolose si svolgessero alla Icmesa. Il sequestro di una serie di fascicoli riguardanti autorizzazioni comunali è già stato compiuto. Nel frattempo — ha concluso — sono stati chiesti contributi alla Regione per gli allevatori colpiti che hanno bisogno di fondi per comperare foraggi non contaminati. Proprio a Seveso si è aperto il problema di una stalla con 40 bovine che deve essere evacuata domani. Gli animali resteranno sul posto ma non si sa chi darà loro da mangiare e provvederà alla mungitura. Per ii momento lo sgombero riguarda solo questa azienda agricola. Ma se, come probabile, verrà ulteriormente esteso, sarà necessario disporre una organizzazione anche per questo tipo di problemi. Ancora due annotazioni di cronaca: all’interno della «Ic¬ mesa» i professori Zurlo e Chiappino della Clinica del Lavoro stanno compiendo esami per accertare se sia possibile consentire agli operai di rientrare; l’agenzia di stampa «Italia» afferma stasera che il gas tossico veniva prodotto abusivamente: «Il processo di lavorazione non era conosciuto, se non in minima parte, dalle autorità preposte e le analisi di laboratorio per individuare la tossicità di queste sostanze è rimasta praticamente bloccata presso l’Università di Pavia dal 1972». Marzio Fabbri

Persone citate: Chiappino, Nino Pisoni, Pisoni

Luoghi citati: Italia, Pavia, Rieti, Seveso

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La nocività del gas spiegata dal “Times” di Mario Ciriello

La nocività del gas spiegata dal “Times” La nocività del gas spiegata dal “Times” (Dal nostro corrispondente) Londra, 26 luglio. Il redattore scientifico del londinese Times richiama l’attenzione su un documento pubblicato nelle ultime 24 ore a Stoccolma e la cui lettura dovrebbe indurre le autorità italiane ad affrontare con realistico pessimismo le conseguenze della nube tossica su Seveso e Meda. Il documento non si occupa dell’Italia, ma descrive i danni inflitti alla fauna e alla flora, nonché agli uomini, da eguali sostanze venefiche durante la guerra in Vietnam. Pubblicato dal famoso International Peace Research Institute di Stoccolma e intitolato Ecological consequences of the second Indochina war, il testo porta la firma del professor Arthur Westing docente di botanica al «Windham College», nel Vermont, in America. Studiato il volume ed esaminate le notizie da Milano, il redattore scientifico del Times, Pearce Wright, scrive che «per quanto riguarda le piante», i danni, nella zona colpita dell’Italia Settentrionale, «potrebbero durare per molti anni»: e aggiunge che «è quasi impossibile valutare gli effetti a lungo termine sui bambini e sugli adulti contaminati». Wright ricorda che la sostanza sprigionata la scorsa settimana è uno dei tre agenti chimici usati dagli americani e chiamati con i nomi di tre colori: «orange», «white» e «blue». Il veleno dilagato in Italia è quello definito «orange» che, come «white», consiste di preparati che «uccidono interferendo con il normale meccanismo di crescita». Il testo del professor Westing descrive «orange» come un «contaminante estremamente tossico». Nel Vietnam del Sud, oltre quattro milioni di acri furono irrorati con questa sostanza sia per distruggere la vegetazione sia per affamare i guerriglieri. «Quasi inevitabilmente», si legge sul Times, lo scoppio ha fatto sì che la contaminazione in Italia sia più alta di quella creata dalle «predeterminate irrorazioni» in Vietnam. L’agente «orange», ammazzando uno su dieci degli alberi e tutte le mangrovie, ha trasformato estese zone del Vietnam in desolate paludi «per un tempo indeterminato». Mario Ciriello

Persone citate: Meda, Peace, Pearce Wright, Windham, Wright

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Viaggio allucinante a Seveso di Francesco Fornari

Viaggio allucinante a Seveso Viaggio allucinante a Seveso (Segue dalla 1* pagina) l’erba sembra sul punto di appassire. La natura è stata violentata nel suo intimo e non trova più la forza di reagire. La vita vegetale si va spegnendo, lentamente ed inesorabilmente. Qualche chimico l’aveva previsto del resto: si tratta, in effetti, dello stesso veleno usato dagli americani in Vietnam per distruggere le foreste che offrivano riparo ai partigiani. Gli aerei a bassa quota irroravano la boscaglia con l’infernale sostanza e pochi giorni dopo piante, erba, fiori tutto era morto. Distrutto, bruciato. Scomparso per sempre. Questo sta per accadere a Seveso, nei quindici ettari della «zona A». E quello che non distruggerà il veleno, verrà forse distrutto dagli uomini. Si sta discutendo sui sistemi che dovranno essere usati per bonificare il territorio. Scienziati si sono riuniti a Ginevra per trovare una soluzione, sono arrivati tecnici ed ufficiali americani della Nato, già impegnati nel Vietnam — dopo la guerra — per risolvere lo stesso problema. Circola con sempre maggiore insistenza la voce che bisognerà affidarsi al fuoco: soltanto le fiamme sembrano offire sufficienti garanzie contro l’insidioso nemico che si annida nelle zolle, su ogni filo d’erba, nelle spore dei vegetali. E le case? Fino all’altro ieri sembravano un «rifugio sicuro», oggi non più. Dovranno essere bruciate con tutti i mobili e le suppellettili? Guardo le finestre sbarrate e penso alle massaie che ogni giorno, con amore, hanno pulito i mobili, spazzato i pavimenti, lavato i tendaggi. E tutto questo oggi sembra perdere ogni importanza, non ave: più alcun significato. Tutto assurdo, inutile, vano. Ma il pericolo non è soltanto qui, dietro a questo filo spinato. Circa trecento conigli sono morti fra ieri e oggi nella zona di Desio, a parecchi chilometri di distanza. Spinta dal vento, la nube si è dissolta nell’aria, è caduta su altri territori. Quali saranno le conseguenze? Si ha l’impressione che sinora le cose siano state prese troppo alla leggera: soltanto dopo sedici giorni si è pensato di far evacuare la zona, ma ancora non è stato dichiarato lo stato di calamità. Perché? Troppo facile la risposta che mi è stata data in alcuni ambienti ufficiali: per non creare uno stato di allarme nella popolazione. Per ora la responsabilità grava ancora sulle spalle dei sindaci dei due comuni (Seveso e Meda) più colpiti. Dice il primo cittadino di Seveso, Francesco Rocca: «Fosse dipeso da me, avrei fatto allontanare gli abitanti già dieci giorni fa. Ero pronto a farlo, ma dovevo essere autorizzato». Certe decisioni un sindaco, anche se ri¬ tiene che siano le più idonee e sicure, non può prenderle di sua iniziativa, altrimenti rischia l’incriminazione per abuso di potere. La burocrazia che per troppi giorni ha legato le mani degli amministratori comunali rischia adesso di far perdere altro tempo prezioso. Tecnici, commissioni di studio, esperti di questo o quel ministero continuano a riunirsi: discutono, fanno comunicati a volte in contraddizione Ira loro. Se è vero che all’inizio non ci si era resi conto subito della pericolosità di quanto era avvenuto, oggi questa scusa non regge più. Il pericolo c’è, è addirittura visibile (36 persone ricoverate all’ospedale per un male «misterioso», centinaia di animali morti). Ogni ulteriore indugio è criminoso. Non è sufficiente aver steso qualche metro di filo spinato per debellare il pericolo: anche questo provvedimento, semmai, è stato tardivo. Francesco Fornari

Persone citate: Francesco Rocca, Meda

Luoghi citati: Desio, Ginevra, Seveso, Vietnam

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PERICOLO DI MORT

PERICOLO DI MORT PERICOLO DI MORT Restano 120 kg di veleno Il gas tossico che ha inquinato la zona compresa ira Seveso e Meda, nel Milanese, era prodotto abusi-‘ vamente: il processo di lavorazione mediante il quale nella ditta Icmesa venivano fabbricati gas come il triclofenolo non era conosciuto, se non in, minima parte, dalle autorità preposte e le analisi di laboratorio per individuare la tossicità di queste sostanze sono rimaste praticamente bloccate presso l’u- ‘ niversità di Pavia dal 1972. Queste le conclusioni alle quali è giunta l’indagine condotta. dalla . Regione Lombardia e che sono state comunicate’ nel corso di una conferenza stampa dal presidente Cesare Golfari ai giornalisti. A Cortina, intanto, un avviso di reato è stato notificato alla consorte del dottor Francesco Zucchi per aver, praticato l’iniezione sulla domestica Maria Teresa Galli, 35 anni, giunta cadavere domenica mattina verso le 9 alla clinica «Crignes» di Cortina. La comunicazione, firmata dal pretore dottor Aniello Lamonica, dovrebbe riguardare il reato di omicidio colposo. *~ , \ t ■ ,’ La salma, a guanto si è appreso, non presenta alcun segno esteriore caratteristico dei decessi da avvelenamento, mentre è noto che la domestica soffriva da molti anni di una forma di asma a causa della quale era periodicamente costretta a ricorrere a iniezioni. Oggi si è presentato l’assessore regionale alla Sanità, Vittorio Rivolta, per comunicare i risultati delle prime analisi a Seveso. « Purtroppo — ha subito spiegato Rivolta — non ho buone notizie». L’assessore ha continua- Seveso, 27 luglio. Nell’Icmesa, lo stabilimento di Seveso attualmente sigillato, ci sono ancora circa 120 chili di sostanza altamente contaminante. Sarà possibile rimuoverla senza pericolo? In caso contrario la fabbrica dovrà essere interamente sacrificata, cioè distrutta. Difficile comunque stabilire come ‘potranno procedere i lavori di decontaminazione. Oggi a Seveso verranno montati i nuovi recinti di filo spinato che allargheranno più a sud la zona A, quella infetta. Già ieri sera, stando alle prime dichiarazioni, sui campi di mais della bassa Brianza sarebberòv’dovuti entrare in funzione ; i lanciafiamme dell’N.B.C, il gruppo dell’esercito preparato ad affrontare situazioni di guerra nucleare, batteriologica e chimica, partilo in mattinata da Rieti. Un contrordine però all’ultimo momento ha bloccato l’uso dei lanciafiamme. «Sono contrario — dice il colonnello dei carabinieri Vitale, clic comanda i 350 uomini presenti a Seveso — all’uso dei lanciafiamme; si rischerebbe di distruggere anche quello che può essere salvato ». 11 fuoco del resto, a più di quattromila gradi, sembra essere l’unico strumento capace di distruggere il Tcdd che non è solubile, né degradabile in alcun modo. « Sembra, si viaggia purtroppo ancora soltanto con i sembra. Di fronte all’inattaccabilità di questa sostanza tutta la struttura della fabbrica e dunque in pericolo. Sei anni or sono in Inghilterra quando si verificò un analogo incidente, la fabbrica venne abbattuta c tutte le macerie, persino il materiale usato per la decontaminazione, venne seppellito in una miniera la cui imboccatura fu tappata con uno spesso strajo di calcestruzzo. Se cosi fosse, 230 persone — tanti sono i dipendenti ■ dell’Icmesa — rimarrebbero senza lavoro. Per questo i rappresentanti sindacali vogliono essere certi che la distruzione sia presa in considerazione solo come ultima ipotesi. L’Icmesa è di proprietà di una multinazionale svizzera, la Roche, in Lombardia ha altri due stabilimenti e potrebbe farsi carico dell’assorbimento delle maestranze. Di ripresa della produzione comunque si potrà parlare forse soltanto fra un paio d’anni. DALL’INVIATO SALVATORE ROTONDO Seveso, 27 luglio. Pont St-Martin, 27 luglio. Giuliano Naria, 29 anni, indicato come uno degli appartenenti al commando che uccise il procuratore di Genova Coco e due agenti della sua scorta, è stato arrestato stamane alle 10,30, a Gaby, una piccola località in Valle d’Aosta, vicino a Pont Saint Martin. Alla azione hanno partecipato agenti dell’antiterrorismo di Torino, Milano e Genova. Naria non ha opposto resistenza. Si è arreso agli agenti che lo attendevano all’uscita di casa. Già da alcuni giorni gli agenti erano sulle tracce del brigatista. Erano riusciti ad individuarlo seguendo la sua fidanzata, Rossella Simone, 33 anni’, dì Alassio,’ che tre giorni fa aveva perduto i documenti in un incidente stradale. Tramite questi documenti, i carabinieri sono riusciti a giungere fino a Naria. Pochi giorni dopo la strage, di Salita Santa Brigida, infatti, i militari dell’Arma del capoluogo ligure iniziarono indagini per riuscire a scoprire gli amici del brigatista rosso. Essi poterono cosi accertare che Giuliano Naria era fidanzato con una ragazza di Alassio, Rossella Simona che lo aveva conosciuto a Geno; va durante gli studi universitari al termine dei quali si era laureata in economia e commercio. La ragazza, nata ad Alassio l’8 novembre 1943, ufficialmente risiede nella cittadina rivierasca in viale Hambury 73, ma da alcuni anni vive a Milano, dove lavora presso una grossa azienda di ricerche statistiche. Stamane gli agenti hanno circondato una villetta a tre piani, dovè l’amica del brigatista aveva preso in affitto dal primo luglio un appartamento al piano terra. Quando il brigatista è uscito di casa, alle dieci e trenta, gli agenti lo hanno fermato. Naria si’ è subito arreso. Ogni reazione sarebbe stata inutile, vista la preponderanza, di forze messa a disposizione dall’antiterrorismo per questa azione. (Proprio in seguito alla segnalazione della possibile presenza di Naria, il ministero degli Interni aveva affidato il comando di tutte le caserme, dei carabinieri della Valle, al dottor discuoio). Il brigatista e la sua amica sono stati condòtti nella caserma di Pont Saint Martin. Sono stati trattenuti alcune ore, poi, con una adeguata scorta, sono stati trasferiti a Milano, a disposizione del giudice Lombardi. Oggi il magistrato terrà, alle 16, una conferenza stampa. Rossella Simoni era incensurata. Ora è stata tratta in arresto sotto l’accusa di favoreggiamento. L’inchiesta sull’assassinio del procuratore di Genova è affidata alla magistratura di Torino. Non si conosce anora il perché del trasferimento del brigatista a Milano. Contro Giuliano Naria ex operaio dell’Ansaldo di Genova, la magistratura torinese ha emesso una quindicina di giorni fa mandato Tutti gli evacuati sottoposti ai prelievo del sangue to dicendo testualmente: « Il primo rapporto della clinica dermatologica indica che la patologia in atto è specifica: in una parte dei colpiti da diverse forme è stata rilevala la presenza di diossina nel sangue. Mi vado convincendo che quello che stiamo combattendo è un nemico insidiosissimo, che non si riesce in alcun modo a valutare. I primi esami sono stati tali da rivelare che la zona infetta è più profonda di quella precedentemente definita “zona A” ». « I sindaci, quindi — ha continuato — dovranno dare disposizione di recintare tutti i prati, di apporre nuovi cartelli di zona inquinata, di predisporre servizi di innaffiamento costante di tutte le vie e degli accessi alle case, di rallentare la velocità del traffico. Entro domani sera avremo a disposizione altri cento esami di laboratorio, sulla scorta dei quali decideremo che cosa altro fare. Nel frattempo automobili con altoparlanti dovranno annunciare per le strade il rispetto assoluto e scrupoloso dei provvedimenti che verranno tradotti al più presto in ordinanze. Ai margini della nuova zona infetta le macchine dovranno transitare con i finestrini e le prese d’aria chiusi ». « Passare nella zona con i finestrini chiusi »: viene in mente la gente a cui, per sedici giorni, si è permesso di mangiare i frutti di una terra contaminata, di respirare un’aria tossica. Vengono in mente i militari che hanno montato le recinzioni attraverso i prati infetti e che tuttora presidiano, senza alcuna protezione speciale, i 200 mila metri quadrati di terreno proibito. Allucinante: con una correzione di comodo si evitano nuovi sfollamenti. Nel nuovo triangolo smussato, infatti, vive soltanto un allevatore. Ezio Zanon, rimasto solo in casa per accudire al bestiame, una quarantina di mucche, galli e conigli. Entro questa sera anche Zanon dovrà lasciare la zona. Gli altri abitanti, invece, quelli dell’angolino in basso a. destra, , potranno rimanere. Alle bestie di Zanon — hanno assicurato — pe?iserà l’ufficio d’igiene. Interviene il vicesindaco di Desio. Varisco: « Due chilometri più a Sud delle zone ritenute pericolose noi abbiamo riscontrato un gran numero di casi di infezione. Un solo agricoltore ha 180 capi morti, tra conigli e galline, ad un altro ne sono morti tredici. Due cani sono morti per gastroenterite e altri due con lesioni cutanee. E’ la prova evidente che i limiti delle zone infette sono in realtà molto più ampi di quelli indicati ». Frattanto da Milano il presidente della Regione, Golfari, chiede leggi speciali sullo stato di calamità. Informa che le lavorazioni dell’Icmesa erano abusive e che le analisi promosse dal Comune su alcuni prodotti della fabbrica erano bloccate dal 73 all’Università di Pavia. ini-OItM azioni; pubblicitaria

StampaSera 27/07/1976 – numero 157 pagina 1

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Giorno per giorno mentre il pericolo la morte su Seveso veniva “ignorato,. di Remo Lugli

Giorno per giorno mentre il pericolo la morte su Seveso veniva “ignorato,. Questa la cronaca di un incredibile susseguirsi di omissioni, errori e silenzi Giorno per giorno mentre il pericolo la morte su Seveso veniva “ignorato,. (Dal nostro inviato speciale) Milano, 27 luglio. « Se non me ne fossi accorto io, loro l’avrebbero detto? ». La domanda la pone a se stesso il dottor Aldo Cavallaro, direttore del Laboratorio di Igiene e Profilassi dell’Amministrazione provinciale. E’ un interrogativo terribilmente scottante: « loro » sono la Icmesa, la fabbrica di Meda dalla quale sabato 10 luglio si sprigionò la tremenda nube tossica, e i tecnici di Zurigo della Givaudan, proprietaria dell’Icmesa, che hanno compiuto gli esami chimici; e la scoperta di Cavallaro è quella relativa al tetraclorodìbenzo-diossina, un veleno che qualcuno classifica più potente di tutti gli altri. Aldo Cavallaro non sa rispondersi: « Non so, continuo a chiedermi, se quel giorno non avessi manifestato i miei sospetti sulla diossina, come si sarebbero poi comportati ». Di fronte a quella precisa ipotesi del chimico milanese, i responsabili dell’Icmesa dissero: « Potrebbe essere come lei dice: i nostri esperti, a Zurigo, stanno studiando la cosa ». Quel giorno era domenica 18 luglio, erano già passati otto giorni dall’incidente, la gente stava lentamente intossicandosi, gli animali domestici incominciavano a morire a decine. Gli esperti dell’Icmesa e della Givaudan sapevano già che cosa era in realtà successo? Ci sono motivi per sospettarlo. Speravano forse di minimizzare l’accaduto, di mantenere la verità in un alone di mistero, con la convinzione che tutto si sarebbe risolto con modesti danni agli animali da cortile e con qualche allergia a un po’ di abitanti? Il dott. Cavallaro, riandando alle origini del fatto, sì convince di una cosa: «Quelli della Icmesa avrebbero dovuto chiamarci subito, sindaci, autorità sanitarie, e dirci chiaramente: “Datevi da fare, ordinate lo sgombero della gente, c’è molto pericolo “. E invece ci hanno lasciati nell’incertezza, nell’ambiguità, facendoci perdere tempo prezioso ». Proviamo a seguire lo sviluppo degli eventi ascoltando il racconto di due prota¬ gonisti, il sindaco di Seve- so, Francesco Rocca, dirigen- te industriale, e il sopraccitato dott. Cavallaro. L’Icmesa (sessanta dipendenti) è in territorio di Meda, ma sul confine con Seveso, e poiché quel giorno il vento spirava da nord verso sud-est, Meda fu praticamente risparmiata e furono invece investiti Seveso e Cesano Moderno. Racconta il sindaco Rocca: «Soltanto la domenica pomeriggio, cioè oltre ventiquattr’ore dopo il fatto, io seppi casualmente da due tecnici dell’Icmesa che sarebbe stato opportuno raccomandare alla popolazione di non mangiare ortaggi del luogo perché erano stati contaminati da un diserbante diffusosi con una nube. Il lunedì mattina, assieme al sindaco di Meda, diedi incarico all’Ufficiale sanitario del Consorzio fra i nostri Comuni di fare una ispezione. Il martedì sera avemmo il risultato: si parlava di danni alle colture e non alle persone ». Giovedì 15, si verificano i primi casi di bambini ammalati e il sindaco Rocca emette una ordinanza che viene notificata ai cittadini, famiglia per famiglia, perché non tocchino frutta e verdura. L’indomani fa anche piantare una palizzata per delimitare la zona che sembra più colpita. «Sabato 17 il dott. Uberti, ufficiale sanitario aggiunto di Seveso — racconta il dott. Cavallaro — mi chiede di effettuare degli esami su del fogliame. Era preoccupato perché i bambini presentavano manifestazioni cutanee e i conigli morivano. Pensava fosse tricloro-fenato-sodico. Nel pomeriggio mi sono recato allTcmesa. I tecnici mi hanno spiegato come era accaduto l’incidente: un anormale sviluppo di calore del tricloro-fe- nolo che aveva causato una esplosione con fuoruscita di vapori. Quando ho cercato di entrare nel capannone in cui si era verificato il fatto, i tecnici mi hanno con insistenza dissuaso, dicendomi che si potevano essere formati dei prodotti più tossici. Da questo momento ho incominciato a preoccuparmi molto». Alle 11 di sera il dott. Cavallaro, tornando a Milano, va in biblioteca e si studia tutto quello che concerne il tricloro-fenolo. Apprende che alle alte temperature si può formare il terribile tedd, tetracloro – dibenzo ■ paradiossina. Una sostanza che non viene prodotta in nessun laboratorio chimico del mondo, nemmeno per motivi bellici, perché inutile in quanto, una volta cosparsa su un territorio, rende impossibile la penetrazione delle truppe. La domenica mattina Cavallaro e il pretore vanno nello stabilimento Icmesa, il chimico della Provincia pronuncia quel nome lungo e micidiale. Gli altri non cadono dalle nuvole: «Sì — ammettono —, può essere, stiamo studiando». Da quanto tempo l’avevano sospettato? Mercoledì 21 il pretore arresta l’ing. Zwehl, direttore generale dell’Icmesa, e il dott. Paoletti, direttore della produzione. Nel frattempo, i tecnici del Laboratorio dì Igiene e Profilassi della Provincia sono andati a Zurigo, alla Givaudan, e ne tornano con una boccetta contenente tedd in soluzione: serve per i parametri degli esami che vengono iniziati febbrilmente su foglie, cereali, acqua. Si lavora anche di notte, presso l’Istituto di Farmacologia e Farmaengnosia, sotto la direzione dei professori Galli e Cattabem. I dosaggi sistematici con campionature prese sui luoghi contaminati, mettono in evidenza fino a due milligrammi di diossina per chilogrammo di erba, quantitativo già molto preoccupante. Ora si sta allargando la zona A, di evacuazione, per cercar di rincorrere il nemico in- visibile. Ma fin dove è arriva- ta questa nube? Si hanno no- Uzie di conigli morti in aree sempre più distanti. E intan- to si accavallano le voci. an-che di carattere medico: gli effetti di questo tossico pos-seno palesarsi anche dopo treo quattro settimane. Dunque, l’incubo continua. Al pericolo reale di contaminazione si sovrappongono gli allarmi assurdi: cittadini di Seveso partiti per andare in ferie sono stati respinti da alberghi e Remo Lugli (Continua a pagina 2 in quarta colonna)

Luoghi citati: Milano, Seveso, Zurigo

LaStampa 28/07/1976 – numero 160 pagina 1

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Morte su Seveso di Remo Lugli

Morte su Seveso Morte su Seveso (Segue dalla 1″ pagina) pensioni; in un campeggio di San Benedetto sul Tronto avrebbero negato l’ingresso ad una famiglia con roulotte; sarebbero stati respinti persino dei mobili spediti da una fabbrica locale. Rispondono a verità queste assurde dicerie che circolano con insistenza nei paesi colpiti? Auguriamoci di no, che siano soltanto voci. «Per carità — dice il sindaco dì Meda, Fabrizio Malgrati —, non vogliamo diventare anche una zona depressa». Ci sono, pronti per entrare in azione, i militari del Gruppo NBC (Nucleare – batteriologico ■ chimico), che sono dotati di lanciafiamme al napalm. S’è prospettata l’ipotesi di bruciare tutta la vegetazione nell’area contaminata. Il dott. Cavallaro avverte che sarebbe un errore gravissimo. «Per distruggere il tedd occorrerebbero mille gradi, omogenei, in tutti i punti, cosa ben difficile da realizzare. In caso contrario, il tossico, per moto convettivo, si disperde nell’atmosfera per scendere poi in un altro punto. E poi, non sappiamo quali altre reazioni potrebbe dare: la chimica è una scienza che dà continuamente sorprese. La diossina è stata scoperta non molti anni fa negli Stati Uniti, perché il tricloro-fenossi-acetato, il defoliante, manifestava talvolta un elevato grado di tossicità. Studiandolo, si è capito che questa tossicità era dovuta al tedd». Un incidente, questo della lcmesa, che poteva essere prevedibile, perché un altro analogo era accaduto nel ’52 in Inghilterra e i dirigenti avrebbero quindi dovuto prendere ogni precauzione perché le conseguenze non varcassero i limiti della fabbrica. Ma l’Icmesa non era certo una ditta modello. Più volte l’amministrazione provinciale l’aveva ripresa, dal 1971 in poi, per irregolarità in campo ecologico. «Ogni volta che abbiamo eseguito un sopralluogo, in seguito a qualche esposto — dice il direttore del laboratorio d’igiene e profilassi della Provincia — l’abbiamo sempre trovata in I difetto. L’abbiamo più volte diffidata e denunciata: l’ultima volta, al procuratore della Repubblica di Monza, in data 5 settembre scorso per inquinamento idrico. Ci risulta che negli ultimi tempi, sotto questo aspetto, stava mettendosi in regola». Remo Lugli

Persone citate: Cavallaro, Fabrizio Malgrati, Meda

Luoghi citati: Inghilterra, Monza, Seveso, Stati Uniti

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Altro dramma per la gente di Seveso viene respinta per paura di contagio

Altro dramma per la gente di Seveso viene respinta per paura di contagio La nube tossica provoca irrazionali episodi di intolleranza Altro dramma per la gente di Seveso viene respinta per paura di contagio Inflessibili gli albergatori e i gendarmi svizzeri al valico di Chiasso – Preoccupante calo degli affari: nessuno acquista merci della zona – Appello del sindaco che teme un aumento della disoccupazione – Cordone sanitario sempre più ampio e rigoroso Danni incalcolabili per la Bassa Brianza (Dal nostro corrispondente) Milano, 27 luglio. Per gli abitanti di Seveso e degli altri Comuni della Bassa Brianza, colpiti dalla contaminazione di due settimane fa, alla preoccupazione per la nube tossica se ne sta aggiungendo un’altra: la gente ha paura di loro, teme che possano essere veicoli di chissà quale infezione e vuole tenerli lontani. E’ avvenuto alla frontiera svizzera e anche in numerose località di villeggiatura del litorale adriatico e della riviera ligure. Alcune famiglie che avevano prenotato da tempo il periodo di ferie si sono sentite trattare da appestati: «Eccovi indietro la caparra, ma per favore non venite». Lo stesso al valico di Chiasso: letto sul passaporto che il viaggiatore era residente a Seveso il gendarme è stato inflessibile. Ma non basta. Le industrie di questa zona di Bassa Brianza hanno visto diminuire enormemente i loro affari. Nessuno o quasi compera più, non solo generi alimentari, ma neppure mobili, lampadari, tappeti, generi che da sempre hanno fatto di questo territorio, costellato di piccole industrie e laboratori artigianali, uno dei più ricchi d’Italia. Il grido d’allarme per questa situazione lo lancia il sindaco di Seveso, Francesco Rocca. «Mi rivolgo ai giornali per appellarmi all’opinione pubblica del Paese. E’ necessario che si sappia che i cittadini di questa zona, anche quelli che dovessero essere intossicati, non sono in nessun modo pericolosi per gli altri. Per carità — aggiunge — alle altre disgrazie che ci sono piovute addosso non aggiungiamo anche quella di essere isolati dui resto del mondo con una sorta di cordone sanitario. Si deve sapere anche che non è pericoloso entrare nei territori dei Comuni né tantomeno acquistare prodotti che da qui vengono. Il mio terrore — conclude — è quello di creare una sacca di diI soccupazione dovuta ùd un tiI more irrazionale della nube». In effetti l’impressione che ; intorno a Seveso e al suo ter¬ ritorio si stia stendendo un cordone sanitario, non solo psicologico, ma anche fisico. c’è ed è forte. Partendo da Milano sulla superstrada per Meda, fatti pochi chilometri si comincia ad incontrare cartelli che ammoniscono: «Attenzione, zona inquinata, chiudere i finestrini e le prese d’aria». Ma avvicinandosi alla periferia del paese lo spettacolo è ancora più inquietante. Militari in tenuta da combattimento stanno posando reticolati, oltre sette chilometri, per impedire l’accesso a chiunque. Il generale Antonio Arzà, comandante del terzo Corpo d’armata, questa mattina ha fatto il punto sull’intervento dell’esercito e sulle possibilità di impiego dell’unità Nbc (Nucleare biologica chimica). Il generale ha spiegato che i militari specializzati sono giunti ieri pomeriggio in elicottero a Milano da Rieti, dove è la loro sede, completi di attrezzatura di lanciafiamme. Sul loro impiego esistono però molte perplessità. Si teme infatti che gli 800 gradi di calore sviluppati dalla fiamma al napalm invece di distruggere tutto sviluppino i nuove reazioni chimiche sul tipo di quella avvenuta nello stabilimento Icmesa. Per il momento dunque l’esercito si è limitato a recintare la zona infetta. Altri interventi dovranno essere coordinati con la Regione e le autorità sanitarie. Per quanto riguarda la sicurezza dei militari addetti alle operazioni è stato assicurato che non corrono alcun rischio in più di quello degli altri cittadini che sono fuori dalle zone ad alto tasso di inquinamento. Per quanto concerne l’intervento della Nato, due ufficiali della Setaf di Vicenza hanno effettuato prelievi di terreno e li stanno analizzando. Altri casi invece tra la popolazione civile. Oggi altre tre donne sono entrate all’ospedale di Niguarda con chiari sintomi di intossicazione. Per i bambini ricoverati con ustioni da cloro al viso con tutta probabilità bisognerà ricorrere ad operazioni di plastica. C’è però almeno una possibilità che la terribile intossicazione da diossina possa essere combattuta. Il primario dermatologo che si è installato nelle scuole di Seveso ha intenzione di iniettare ad un cane, sofferente per intossicazione da Tcdd, una sostanza che potrebbe favorire l’eliminazione della diossina per via renale. Per il momento è solo un tentativo teorico che potrebbe anche rivelarsi inutile, ma vale la pena di farlo. In altri casi di intossicazione da piombo e altri metalli pesanti ha dato buoni risultati e potrebbe servire anche in questa occasione. Oltre agli ambulatori medici è in funzione da ieri anche un ufficio veterinario che raccoglie notizie sulle morti di animali ormai anche da paesi lontani oltre venti chilometri. E’ stato accertato comunque che nella sola Seveso dall’inizio della contaminazione sono morti 460 animali, in massima parte conigli e pollame. Nessun caso invece tra i bovini. C’è anche chi denuncia danni inesistenti e rischia di essere denunciato per tentata truffa. Oltre a questi danni per il momento non ancora stimabili, e a quelli alle colture che dovrebbero aggirarsi intorno agli 800 milioni, ci sono i danni arrecati dalla nube all’industria. Hanno chiuso i battenti cinque piccole industrie che occupano in totale poco più di 400 persone. Ce ne parla il sindaco Rocca: «Per valutare i guasti arrecati all’economia, a parte i veri e propri danni patrimoniali, bisogna innanzitutto tenere conto del fatto che molte famiglie realizzavano notevoli risparmi cibandosi di verdura del loro orto e di animali da cortile da loro allevati». Anche se nulla è andato distrutto il solo fatto di dover ricorrere ai negozi ha causato danni alle economie familiari. Per questo in serata l’amministrazione comunale e i sindacati hanno sollecitato dai ministeri del Lavoro e del Commercio e dell’Industria una serie di interventi; in primo luogo a favore delle industrie chiuse una moratoria sulle scadenze delle cambiali e delle tratte; un piano economico di credito agevolato per le altre fabbriche danneggiate che pure non hanno sospeso la produzione, un contributo a fondo perduto per le aziende che potrebbero assorbire eventuali disoccupati e infine un contributo ai Comuni per le spese sostenute in questo periodo. In pratica dunque si chiede l’applicazione di una serie di misure che qualifichino la zona come disastrata. «E’ importante — ha concluso il sindaco Rocca — che si prenda in esame il problema dei posti di lavoro. Magari aiutando altre aziende che possono assorbire la mano d’opera divenuta eccedente. Qui si vuole lavorare, gli operai sono disposti persino a tornare all’Icmesa; non vogliamo che passata la nube ci si scordi di noi e al danno dell’intossicazione si aggiunga la beffa della disoccupazione». Marzio Fabbri La domestica di Seveso morta Sotto inchiesta la donna che praticò l’iniezione Cortina, 27 luglio. Un avviso di reato è stato notificato alla moglie del dott. Francesco Zucchi, per aver praticato l’iniezione sulla domestica Maria Teresa Galli, 35 anni, di Seveso, giunta cadavere domenica mattina verso le 9 alla clinica « Crignes » di Cortina. La comunicazione, firmata dal pretore dr. Aniello Lamonica, dovrebbe riguardare il reato di omicidio colposo. Il giudice è probabilmente partito dall’ipotesi che a provocare la morte della donna possa essere stata l’iniezione stessa, naturalmente in attesa dei risultati dell’autopsia eseguita dal prof. Sante Davide Ferrara, anatomo-patologo dell’università di Padova. (Ag. Italia) La micidiale diossina La diossina, così la si chiama oggi questa sostanza dalla formula esoterica (2,3,7,5 tetraclorodibenzodiossina o tcdd) che nasce dal triclorofenolo, è una specie di sputnik accelerato all’estremo. Basti dire che quando entra nell’organismo è capace di indurre un enzima del fegato, il dt-diaforasi, ad aumentare 17 mila volte. Inoltre è capace di far aumentare 13 volte un altro enzima, il P-450. Questi due dati matematici sono la culla della speranza, in merito alla nube che si è sprigionata a Seveso. Fanno presumere che l’organismo metta in opera le sue difese anche le più recondite, contro questo aggressore chimico, che nessuno usa, ma che si forma incidentalmente per il concorso di circostanze imprevedibili. Così è avvenuto nella fabbrica di Seveso dove una valvola non ha funzionato, consentendo la formazione della diossina. La moria degli animali era scontata: vi sono larghe esperienze al riguardo, sono cose che gli esperti sanno. Ma l’uomo, il bimbo, la donna? Vi è solo un’esperienza in merito: in tre allevamenti di cavalli nel Missouri si ebbe un avvelenamento da diossina. Un avvelenamento singolare, dovuto al desiderio dell’allevatore di non far mangiare polvere ai suoi cavalli, per cui aveva incaricato una ditta di cospargere la pista di un olio, di rifiuto ovviamente, che purtroppo veniva da un’industria impegnata nella fabbricazione del triclorofenolo, la sostanza madre della diossina. Morirono 48 cavalli, nello spazio di due anni, degli 85 che battevano la pista. Ma solo due bimbi e tre adulti ebbero qualche disturbo, per lo più lesioni cutanee, e in un caso cistite. La prudenza tuttavia è di norma in questi casi, perché si possono verificare le «fresh mutations», così si chiamano le modificazioni del dna cellulare che senza trasmettere danni genetici possono indurre gravidanze imperfette. Perciò è consigliabile non concepire per tre mesi. Chi guarda le norme inglesi, statunitensi, russe, italiane in merito al controllo delle sostanze chimiche, non rileva differenze. Ormai tutti adottano gli stessi test: batteri, protozoi, midollo osseo, linfociti, mutazioni dominanti letali, capacità riparativa del dna cellulare. Sono test che richiedono esperienza e tempo. Si calcola che nel mondo si possono analizzare, attraverso tutti i laboratori esistenti, solo 200 sostanze. Tuttavia sono branche in continuo sviluppo. Qualcuno pensa che l’uomo possa diventare come i microbi e le cellule tumorali, che si abituano i primi agli antibiotici, le seconde ai farmaci antitumorali. Prof. Carlo Sirtori Seveso. Alcuni abitanti della «zona tossica» in attesa di sottoporsi all’esame del sangue

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Dagli Usa due unità speciali per bonificare Seveso e Meda

Dagli Usa due unità speciali per bonificare Seveso e Meda Inchiesta di tecnici americani nelle 2 zone Dagli Usa due unità speciali per bonificare Seveso e Meda Una interpellanza dei senatori comunisti al governo sull’autorizzazione all’« Icmesa » per produrre « sostanze di rilevante pericolosità » Roma, 27 luglio. Dovranno arrivare dagli Usa le unità della Nato richieste dal nostro ministero della Difesa per la bonifica delle zone inquinate dalla nube di gas tossico sprigionatasi dalla Icmesa di Seveso. Le uniche due unità della Nato specializzate nel disinquinamento chimico sono infatti statunitensi e di stanza negli Stati Uniti. Si attendono i risultati del sopralluogo che la commissione d’inchiesta, composta dal sottocapo di Stato maggiore, generale Pozzi, e da due ufficiali tecnici americani, sta effettuando nella zona. Per quanto riguarda il reparto italiano «Nbc» (Nucleare – biologico – chimico) inviato da Rieti, dove ha sede il battaglione, a Seveso, al ministero della Difesa si precisa che il suo compito è soltanto quello di intervenire con i lanciafiamme per l’eventuale distruzione della vegetazione inquinata. Ma le autorità regionali e lo stesso ministero della Sanità hanno manifestato molte perplessità sul ricorso a questi sistemi anche per difendere le abitazioni nelle quali la popolazione sgombrata ha lasciato tutti i propri averi. Continua la ridda di ipotesi sulla reale utilizzazione dei diserbanti prodotti dalla Icmesa, al ministero della Difesa però non viene confermata la voce che fossero impiegati come defolianti per uso bellico ed è, comunque, escluso che il nostro esercito ne sia l’acquirente. Da stamane il ministro della Sanità, Dal Falco, ha presieduto riunioni con i massimi dirigenti del dicastero e con il direttore del’Istituto superiore di sanità, Francesco Pocchieri, per fare il punto della situazione sulla base dei dati che continuano a pervenire dai tecnici dell’Istituto superiore di sanità inviati nella zona. Al ministro della Sanità, il senatore Bruno Luzzato Carpi ha scritto una «lettera aperta», pubblicata dall’Acanti.’ di stamane, per sollecitare un maggiore sforzo per il superamento di «reticenze, mezze parole, di tentativi, almeno ci sembra, di nascondere la verità». «Mi auguro — aggiunge Luzzato — che non sia “in altre faccende affaccendato” forse preoccupato di succedere a se stesso, o peggio ancora in vacanza, o disinformato o a meno che non si consideri dimissionario come da piìi parti, e a gran voce, si reclama. Non credo proprio che il suo disinteresse sino a ieri sia di buon auspicio per il nuovo modo di governare atteso dal nostro Paese». Un gruppo di senatori comunisti, primo firmatario il senatore Petrella, hanno presentato un’interpellanza al governo. Essi vogliono sapere: «Se e in qual modo gli organi dello Stato effettuano l’opera di prevenzione di eventi che, collegati allo svolgimento dell’attività produttiva, possano avere effetti assai gravi se non catastrofici per le perso ne e l’ambiente; se facendo riferimento anche al caso dell’Jcmesa, le autorità governative abbiano gli strumenti adeguati e opportunamente li usino per conoscere e controllare i cicli produttivi che presentino gradi di pericolosità apprezzabili, se siano stati adoperati i poteri che competono all’autorità di governo allorché è stata autorizzata l’Icmesa a produrre sostanze di rilevante pericolosità e se si sia provveduto ad informare la popolazione dei Comuni interessati e le autorità locali». Altre richieste riguardano: il motivo del ritardo e della «inefficienza» dell’intervento delle autorità di governo, un impegno che tenda alla tempestiva utilizzazione degli organi tecnici per prevenire eventi di tal genere e quali provvedimenti «ri intendono adottare per garantire alle comunità colpite la sicurezza sanitaria e il risarcimento dei danni che le popolazioni hanno sofferto». Il ministro Dal Falco riferirà, alla commissione Igiene e Sanità della Camera, sulla situazione determinatasi in Brianza, su richiesta della nuova presidente, Maria Eletta Martini, con l’approvazione di tutti i gruppi politici. Il presidente della Camera, Ingrao, ha già autorizzato la commissione Sanità ad incontrarsi con l’assessore alla sanità della Regione Lombardia e con i sindaci dei paesi colpiti dalla nube tossica.

Persone citate: Bruno Luzzato Carpi, Francesco Pocchieri, Ingrao, Luzzato, Maria Eletta Martini, Meda, Petrella, Pozzi

Luoghi citati: Lombardia, Rieti, Roma, Seveso, Stati Uniti, Usa

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La “nube,, raggiunge Cesano Maderno Altre 900 persone dovranno sfollare di Marzio Fabbri

La “nube,, raggiunge Cesano Maderno Altre 900 persone dovranno sfollare Dopo aver investito Seveso e Meda, il terribile veleno penetra in nuove zone La “nube,, raggiunge Cesano Maderno Altre 900 persone dovranno sfollare Lo sgombero avverrà nei prossimi giorni – Gli animali da cortile ed i bovini saranno abbattuti – Istituito un consultorio per le donne incinte: i medici suggeriscono di evitare gravidanze che potrebbero essere contaminate – I colpiti sono ora 46 (Dal nostro inviato speciale) Seveso, 29 luglio. La zona della Bassa Brianza contaminata ormai diciannove giorni fa dalla fuoruscita di gas tossici dallo stabilimento « Icmesa », si va estendendo allargando: entro la fine della settimana, o al più tardi nei giorni della prossima, quasi 900 persone abitanti nei comuni di Seveso e di Cesano Maderno dovranno lasciare le loro case. Gli animali da cortile e i bovini saranno abbattuti mentre cani, gatti e altri animali domestici potranno seguire ì proprietari nella loro destinazione provvisoria che sarà ancora, quasi certamente, il residence « Leonardo da Vinci » di Bruzzano, come per i 400 senzatetto già sfollati lunedi e martedì. Una decisione definitiva per questo secondo e più massiccio sgombero sarà comunque presa quando torneranno da Roma, dove sono stati invitati dalla commissione competente della Camera, l’assessore alla Sanità della Regione Lombardia rivolta, il sindaco di Seveso Rocca, quello di Meda Malgrati e altri esponenti politici locali anche appartenenti alle opposizioni. Al municipio di Seveso sono già pronti per affrontare il nuovo sgombero; a rimanere senza casa dovrebbero essere esattamente 322 adulti e 86 bambini appartenenti a 114 nuclei familiari. Questa gente, in un primo tempo, era stata inserita nella cosiddetta « zona B », e cioè in quella che doveva essere interessata solo indirettamente dalla contaminazione. E’ risultato invece che il micidiale « tcdd » è presente in maniera massiccia anche in quest’area e minaccia gli abitanti. Nella « zona B », secondo i rilievi più recenti, rimangono ancora 760 persone (di cui 160 bambini) divise in 225 famiglie. Massiccio anche l’esodo previsto in una fascia del comune di Cesano Maderno che confina a Nord con Seveso. Di qui dovrebbero andarsene 497 persone che occupano una zona abbastanza limitata, ma abitata densamente. Pare che con queste ulti- me decisioni il settore in cui il veleno sta compiendo la sua azione tossica sia stata finalmente delimitata con precisione sufficiente attraverso i prelievi e gli esami di campioni di terreno e soprattutto attraverso la localizzazione delle case in cui si è avuta moria di animali da cortile, in massima parte conigli. A questo proposito sembrerebbe che i decessi tra le bestie siano in leggera diminuzione rispetto ai giorni scorsi: da un calcolo approssimativo è possibile affermare che è andato distrutto circa il 5 per cento degli animali da cortile presenti in zona. Indenni, finora, i bovini. Per quanto riguarda la situazione sanitaria degli abitanti si è appreso che dall’inizio dell’intossicazione col lettiva sono state ricoverate a Niguarda 46 persone, una ventina delle quali tuttora degenti. Nel nosocomio, stasera, è stato ricoverato un ragazzo di 12 anni, Antonio Sartor: ha mangiato frutta avvelenata dal gas. Le sue condizioni preoccupano i medici che gli hanno riscontrato una forte infiammazione al fegato di origine tossica. Il giovane abita con i genitori nella zona tra Seveso e Cesano Maderno. La commissione per i problemi sanitari istituita presso l’assessorato regionale alla sanità ha comunicato che negli accertamenti compiuti sugli abitanti della « zona A » non sono stati rilevati danni agli organi presi in esame: fegato, reni, midollo osseo. Sono in corso altre 1100 analisi. In merito ai 500 soggetti che hanno avuto necessità di rivolgersi a specialisti in malattie della pelle la commissione ha osservato sintomi diversi da quelli che si riscontrano in altre affezioni della pelle. Nausee e dolori di testa sono transitori e malgrado i pazienti restino in osservazione i medici non li considerano gravi e ritengono che non porteranno cicatrici. Ancora più approfondito il lavoro in relazione all’eventualità di danni genetici. Una ventina di donne incinte è stata visitata alla clinica Mangiagalli di Milano e da domani tutte le maggiori di 14 anni potranno presentarsi ad un consultorio allestito alle scuole di Seveso dove in primo luogo saranno sottoposte ad esami per accertare se sono incinte. I medici del consultorio, subito dopo, consiglieranno mezzi contraccettivi più idonei di caso in caso: secondo illustri genetisti è opportuno per il momento evitare gravidanze in donne che potrebbero essere state contaminate. Alla ricerca di quello che si può fare per bonificare la zona inquinata tutti i contributi vengono accettati. Il professor Rappe, chimico organico svedese, esperto in diossina, è arrivato stamane e per tutto il giorno ha percorso le campagne prelevando campioni. Tecnici inglesi a loro volta sono al lavoro. Un contributo autonomo (e non si sa ancora quanto utile) è giunto da un chimico di un’altra città che ha consigliato al Comune di irrorare la campagna con acqua di mare: secondo lui questo farebbe diminuire l’inquinamento di almeno il 50 per cento. In margine a questi dati c’è la tragedia della gente, della popolazione che talvolta rimane senza casa, talaltra senza lavoro e comunque da questa esperienza ha la vita sconvolta. Vittima della nube tossica, ma anche dell’ignoranza degli altri, è Rosa Mongiovì, 43 anni, originaria di Agrigento, venuta al Nord 20 anni fa con il marito Antonino Marsolo. Vive in una casa prefabbricata, isolata in mezzo alla campagna, in piena «zona B». L’abitazione è decorosa, anche se non ancora terminata: pareti in falso mogano, sedie di damasco tuttora coperte di cellophane, tappezzeria alle pareti, sopra il divano un arazzo. Il marito è stato operaio alla « Autobianchi » di Desio fino al ’73 quando, in un incidente sul lavoro, gli si sono schiacciate tre vertebre. Ora vive con un busto d’acciaio. La moglie e la figlia, Daniela di 12 anni, hanno cercato di tirare avanti ricavando un orto da un angolo del giardino. Prima della « nube », Duona parte dei prodotti riuscivano a venderla ai fruttivendoli di Seveso. Rosa Mongiovì, segnata dalla fatica, è incinta di tre mesi, ma fino a poco fa, quando quelli del comune glielTianno proibito, continuava a zappare i suoi pomodori e le sue melanzane. Ora non può toccare nulla, ma non recrimina. Quello che l’angoscia è che la ditta « Gabel » di Rovallesoa (Como) non le dà più la possibilità di lavorare a do¬ me micilio per le 20 ore che le erano consuete. Rosa Mongiovì e la figlia, infatti, dalle 5 del mattino all’una di notte chine su due macchine da cucire, confezionavano lenzuola e asciugamani. Ora non più perché la ditta che fornisce il lavoro teme l’inquinamento e ha deciso di rinunziare alla loro collaborazione. E’ una economia familiare che salta in aria. Per fare questo lavoro hanno comperato un furgone, a rate. Fra pochi giorni scade la cambiale, se non la pagano è la rovina. La donna non sapeva a chi rivolgersi. E’ andata dal veterinario condotto di Seveso, Massimo Margarini, ma anche lui non può far nulla. Tutti i giorni va a visitare le poche bestie della donna, una vacca, tre manze, tre torelli e tre vitelli, che non possono più mangiare l’erba, forse inquinata. Ma soldi per comperare il foraggio non ce ne sono. La donna ha le lacrime agli occhi: «Ditelo, per favore, che non siamo degli appestati, che vogliamo solo continuare a lavorare come abbiamo sempre fatto, che non ci spingano alla disperazione. Se non paghiamo la cambiale ci portano via le terre e allora veramente mi resteranno solo gli occhi per piangere», dice singhiozzando. Marzio Fabbri i e o i a a , n Seveso. Un bimbo piange spaventato dall’iniezione del vaccino (Tel. Associated Press)

Persone citate: Antonino Marsolo, Antonio Sartor, Gabel, Leonardo Da Vinci, Meda, Meda Malgrati, Mongiovì, Rosa Mongiovì

LaStampa 30/07/1976 – numero 161 pagina 8

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Gli sfollati via di casa per almeno due anni

Gli sfollati via di casa per almeno due anni Gli sfollati via di casa per almeno due anni SALVATORE ROTONDO Seveso, 30 luglio. Sono oltre 500 i casi di intossicazione provocati dalla nube di veleno in . Bassa Brianza. L’ambulatorio di Seveso, preso d’assalto da centinaia di persone, continua a stornare provette per le analisi (che vengono compiute nei laboratori di Milano) ed i risultati, purtroppo, sono sconfortanti. Martedì sera, in una riunione tecnica con i medici provinciali, il professor Dioguardi, primario dell’Ospedale Niguarda, aveva reso noto ufficialmente il numero delle persone infette: 500. Oggi la cifra: sembra essere già quasi raddoppiata Altre 700 persone intanto, a Seveso e Cesano Maderna, dovranno lasciare le loro abitazioni. Scienziati c tecnici sono concordi che la contamina, zione più grave è avvenuta nel giro di pochissimi giorni, forse due: tutta la nube trasportata dal vento si è depositata sul terreno, non risparmiando’ vegetazione, strade e case. Ma l’allarme è stato dato con incredibile ritardo e la gente, alla quale si è permes-so di rimanere o di transitare nella zona infetta, è stala ancora contaminata, sfiorando con la pelle il veleno, mangiando addirittura frutti infetti o inalando le particelle di dioxina assorbite e successivamente rigenerate con il normale processo .riproduttivo dalle piante. Ora gli stessi scienziati si dichiarano impotenti ad affrontare il problema. Si era inizialmente pensato di di-, struggere la sostanza con i lanciafiamme dell’esercite caricati con il napalm. 11 Tcddo dioxina infatti non è degradarle se non a 4000 gradi di calore. Usare le armi del battaglione Nbc di Rieti, avrebbe però significato distruggere completamente la . zona, con tutto ciò che conteneva: case, alberi, campi, deposili di legname. Il secondo sistema sarebbe stato ancora più dispendioso: si trattava infatti di sterrare, per un’altezza di almeno 20 centimetri, 1 humus contaminato. ‘ Su una superficie.di 500″mila metri quadrati però il lavoro sarebbe assai arduo. La terza possibilità e quel? la che attualmente i tecnici sembrano voler prendere in (Continua a pagina 2)

StampaSera 30/07/1976 – numero 159 pagina 1

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OLTRE 500 INTOSSICATI

OLTRE 500 INTOSSICATI OLTRE 500 INTOSSICATI una gran quantità di prodotti velenosi o corrosivi. La lavorazione di queste sostanze è stata interrotta. Se rimarranno nei contenitori, finiranno per bucarli e fuoruscire ». (Segue dalla 1′ pagina) considerazione ed è stata proposta da una ditta austriaca specializzata, la Cremer-Warner: fissare al suolo il veleno usando un normale processo biochimico. In questo caso però prima che la zona torni ad essere abitabile dovranno passare due o tre anni, il tempo necessario al Tcdd per autoeliminarsi. Per la gente sfollata da Seveso, da Meda e da Cesano Maderno è una condanna durissima. Due anni almeno lontani dalle proprie <.«… per qualcosa di molto diverso da un terremoto o da un’alluvione. Per qualcosa a cui i brianzoli non riescono a rassegnarsi, come succederebbe, forse, di fronte ad un avvenimento ineluttabile. I brianzoli ora sanno che la lemesa costruiva morie senza alcun controllo, sanno che la nube si è scaricata direttamente nell’atmosfera perché l’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo in cui non sia funzionante un regolamento di tuteia. In qualsiasi altra fabbrica europea gli scarichi delle valvole di sicurezza di un autoclave, contenenti prodotti tossici, devono terminare in un neutralizzalore. Ma questa apparecchiatura di sicuiezza costa decine di milioni, ed allora la Roche’ha trovato più comodo trasferire le sue filiali in Italia, dove non esiste un rigido regolamento antinfortunistico. O meglio non esisteva fino al IO luglio, giorno dell’esplosione iieiricmcsa, ora un decreto di legge obbligherà i titolari di stabilimenti industriali a presentare entro il 13 agosto al ministero dei Lavori Pubblici domanda di autorizzazione per i propri scarichi. Un’avvertenza viene dal Consiglio di fabbrica della lemesa: « / serbatoi dello stabilimento contengono ancora

StampaSera 30/07/1976 – numero 159 pagina 2

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Suggerito l’aborto alle donne incinte di Seveso e di Meda di Marzio Fabbri

Suggerito l’aborto alle donne incinte di Seveso e di Meda Suggerito l’aborto alle donne incinte di Seveso e di Meda (Nostro servizio particolare) Milano, 30 luglio. Le preoccupazioni per gli effetti ohe la nube velenosa di Seveso potrebbe avere sui nascituri — già manifestate da parecchi scienziati fin dai primi giorni dell’intossicazione — hanno trovato oggi una conferma, sia pure cauta e indiretta, da parte dell’assessore regionale alla sanità, il democristiano Vittorio Rivolta. Rispondendo alle domande dei giornalisti, Rivolta, che illustrava il piano preparato per l’assistenza alle donne incinte, ha precisato che verranno esaminate tutte alla clinica Mangiagalli di Milano diretta dal prof. Candiani. « Saranno svolti gli esami del caso — ha detto — alla luce delle risultanze che i medici porranno in evidenza una eventuale decisione verrà lasciata alla libera determinazione delle interessate ». Forse l’assessore avrebbe voluto fermarsi qui ma, ad una domanda precisa, ha aggiunto: « Per libera determinazione intendo anche la possibilità di interrompere la gravidanza in base ai risultati emersi e nel rispetto dei singoli problemi di coscienza ». E’ la prima volta che autorità ad alto livello ammettono la possibilità che il « Tcdd » abbia causato danni e malformazioni ai feti entro le prime 15 settimane di gravidanza. Abbiamo sottoposto la dichiarazione dell’assessore al giudizio dell’Aied (Associazione italiana per l’educazione demografica) e la sorpresa è stata notevole. Ha affermato il dott. Stefano Quaranta, ginecologo: «A mio parere l’assessore è andato al di là di quanto stabilisce la legge. Per quanto so — ha aggiunto — si è parlato di eventuali danni che la ” nube ” potrebbe avere causato ai feti. Ora una decisione di interruzione di gravidanza per questo motivo sarebbe un cosiddetto “aborto eugenetico”, ben diverso dall’aborto terapeutico previsto dalla legge. Infatti la casistica che autorizza l’aborto prevede solamente “gravi danni che possono derivare alla gestante dalla prosecuzione della maternità ” ». A questo punto i casi sono due: o c’è la possibilità che le donne incinte corrano gravi rischi (e, questo, l’assessore dovrebbe dirlo chiaramente anche se in forma cauta), o i rischi gravi esistono, sia pure in ipotesi, solo per i feti e allora l’assessore suggerisca ciò che la legge non prevede. Nel corso dell’incontro con i giornalisti l’assessore ha fatto altre precisazioni. Da quanto ha detto parrebbe che finalmente, a 20 giorni dalla fuoruscita dei gas tossici, la zona contaminata sia stata individuata nel suo complesso Rimangono dubbi su un’area limitata compresa nel territorio di Cesano Maderno, ma nei prossimi giorni la situazione non dovrebbe essere molto diversa da come è stata esposta oggi: l’area inquinata dunque è di 89 ettari nel comune di Seveso e di altri 8 nel territorio di Meda. Sono già state evacuate 227 persone e altre 410 lo saranno lunedì. Il totale prevede 600 senzatetto da Seveso e 37 da Meda. Nella zona di Cesano Maderno, che dovrà essere sgomberata e recintata, non ci sono abitanti. Il punto più lontano dalla « Icmesa » in cui è arrivata la nube è oltre due chilometri. I comuni sono ora al lavo¬ ro per una sistemazione dei profughi. E’ stato dato mandato al prefetto di trovare alloggio — per questi come per coloro che li hanno preceduti — al residence « Leonardo da Vinci », anche se pare che la direzione opponga qualche resistenza. L’assessore regionale si è dichiarato contrario a fornire ai senzatetto qualsiasi certificato di immunità da infestazioni perché ogni richiesta in questo senso è « considerata assurda ». Per quanto riguarda gli animali, che si trovano nelle zone abbandonate dalla popolazione, è stato deciso di ucciderli. Il provvedimento, per ora, riguarda solo gli animali da cortile e circa 40 bovini, mentre invece per gli animali da compagnia (cani e gatti) ogni decisione è rimandata. I proprietari, naturalmente, saranno indennizzati e proprio a questo scopo la Regione Lombardia ha deciso un primo stanziamento di fondi (che non dovrebbe essere inferiore ai 500 milioni) parte dei quali saranno messi a disposizione dei comuni per rimborsare le spese finora sostenute per gli interventi urgenti. La Regione, attraverso il presidente della giunta Golfari, ha poi preso contatto con il governo al quale sono state presentate alcune richieste urgenti. In primo luogo l’emanazione di una legge speciale finanziaria e non, come era stato ventilato, il ricorso alla dichiarazione di « catastrofe » con conseguente nomina di un commissario governativo che di fatto avrebbe esautorato gli amministratori locali, gli unici dimostratisi all’altezza degli avvenimenti sin dall’inizio. Infine è stato chiesto l’avvio di un’inchiesta sulla « Icmesa » e l’istituzione di una commissione mista governo-Regione che studi immediatamente le possibilità di bonifica. L’argomento «bonifica» pare però ancora lontano da una soluzione. Numerosi scienziati stranieri ed italiani stanno cercando di dare un contributo ed è allo studio la proposta di spargere su tutto il territorio un mantello di lattice di gomma naturale che mantenga a terra le parti del micidiale « Tcdd ». Parallelamente, secondo la Regione, la società « Givaudan », proprietaria della « Roche » e quindi della « Icmesa », dovrebbe provvedere ad asportare dalla fabbrica inquinatrice qualsiasi prodotto che potrebbe essere pericoloso senza però naturalmente entrare nel reparto fonte della contaminazione, per il quale sono ancora allo studio le procedure. Comunque si assicura che dalla fine della prossima settimana commissioni di esperti dovrebbero iniziare prove di bonifica su piccole parti di territorio. Marzio Fabbri

 

 

 

 

 

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