Editoriali — 13 Gennaio 2016

Il mito della Grande nevicata
Trent’anni fa la città paralizzata

La nevicata del 1985 è un buon esempio di come funziona la nostra memoria. Basta provare a chiedere in giro, e si scopre che oggi è difficile trovare qualcuno che non la ricordi con un certo affetto, quella Milano immersa nella grande magia: l’atmosfera rarefatta, niente auto per le strade, pareti di neve alte ben oltre il metro (la precipitazione fu di circa 90 centimetri), genitori che si trascinavano grappoli di bambini a bordo di bob e slittini. E poi, gente in giro con gli sci da fondo e pupazzi di neve, dappertutto. In piazzale Brescia, i ragazzi della zona costruirono un igloo in cui si poteva stare in piedi. Nei ricordi, il meglio era quell’atmosfera da limbo: per molti era impossibile andare a lavorare e le scuole rimasero serrate, alcune per una settimana intera, in una sospensione inattesa e un po’ irreale dal quotidiano. Il tempo stesso era sospeso, quelle circa 72 ore in tanti le ricordano come lunghissime: «Ma quanto è durata? Due settimane?».

Eppure, a dispetto della memoria riconciliatrice, furono giorni duri davvero. La neve cominciò a cadere il 13, la giornata più fredda di quelle a seguire, con la minima a 13 gradi sotto zero. Ironia della storia, fino a quel momento gli sciatori milanesi si erano lamentati di un innevamento non granché nelle vicine località di montagna. All’inizio, la nevicata non sembrava niente di che, ma a sera Malpensa e Linate dovettero chiudere. Un problema, si scrisse allora, anche per Sofia Loren di passaggio in città. Ma il giornale radio delle 20 fu ancora rassicurante: «I meteorologi affermano che non vi sarà alcuna ondata di gelo dalla Russia». La neve, però, continuò a scendere implacabile. Milano si svegliò il 14 gennaio con 25 centimetri di «fiocca», le strade costellate dalle auto che dopo un incidente non avevano potuto essere spostate.

Cinquanta, sessanta centimetri, e sempre a nevicare. Nelle strade cominciarono a circolare i mezzi militari che cercavano di spazzare almeno le arterie più importanti, 650 soldati a fare quel che potevano. La polemica sui pochi spalatori fu immediata, il Comune spiegò che al consueto bando si erano presentati in pochi. E meno ancora quelli che, pur avendo dato la disponibilità, si erano poi presentati davvero.

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Poi, i crolli. Il Palazzetto dello sport a due passi da San Siro, che per i milanesi rimaneva il «nuovo» Palasport anche se aveva ormai quasi dieci anni. La copertura non resse il peso della neve, e poco prima lo stesso accadde al velodromo Vigorelli, in cui la caduta devastò il leggendario parquet. Il teatro del grande ciclismo (e anche, nel 1965, del concerto dei Beatles) non sarebbe più tornato quello di un tempo. Il Palasport, qualche anno dopo, fu raso al suolo generando le prevedibili polemiche sul fatto se potesse o meno essere salvato. Per rimpiazzarlo, nacque quello che oggi si chiama Palasharp, ma questa è un’altra storia. In realtà i crolli furono molte decine, i tetti sfondati altrettanti. Danni assai concreti (il bilancio finale riportato dal Corriere il 18 gennaio parlava di 250 miliardi delle lire di allora), ma anche schiaffoni psicologici per una Milano che si sentiva ancora la Capitale morale, dell’efficienza e del saper fare. La nevicata non finiva. E quando di riscaldamento globale non parlava ancora nessuno, ecco la teoria che ci voleva, quella derivata dal climatologo serbo Milutin Milankovic. Il tutto per dire che era alle porte una nuova glaciazione: sarebbero bastati un paio di inverni rigidi, e l’innesco della futura età del gelo sarebbe stato cosa fatta. Bastano pochi giorni per avvicinarci alla fine del mondo.

Ma quei giorni lasciarono una piccola traccia in tutti, e non soltanto nella miriade di fratturati dopo un capitombolo o dei tanti che furono centrati dai blocchi di neve che si staccavano dai tetti. Piero Colaprico e Pietro Valpreda ambientarono in quella Milano uno dei gialli del maresciallo Binda, appunto «La nevicata del 1985». Mentre Morgan, non ancora video star, dedicò all’evento il terzo album dei Bluvertigo. Sì, la nevicata del 1985 fu dura davvero.

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(1) Reader Comment

  1. Elia Dalcanto

    cosa che non succede ora

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